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jryan^ ha inviato un messaggio dal
titolo:
Storia:
La via della Felicità(parte I) ed ha ricevuto
2
repliche.
messaggio inviato in data:
07/Febbraio/2007 23:40:42
Non sono stato influenzato dal film di muccino :)
ma suona bene
La via della Felicità(parte
I)
Piccolo, minuscolo, più piccolo di quanto avessi mai
immaginato, ed ora era possibile!
Anni di studio, di
lavoro, anni in cui la vita a volte aveva perso, ai miei
occhi, la sua bellezza, anni di giorni sempre uguali,
all’inseguimento del sogno e ora, finalmente ce l’avevo
fatta.
Una grande azienda di ingegneria medica aveva
creduto in me e nella mia idea, avevo inventato il Direct
View(DVW) uno strumento portentoso. Non voglio annoiare voi
tutti sul funzionamento dell’apparecchio, vi basti sapere che
un essere umano e nello specifico, un medico, poteva essere
rimpicciolito a dimensioni tali da poter entrare in una
capsula manovrabile delle dimensioni di una cellula ed essere
inoculato in un qualsiasi paziente, per compiere degli
interventi mirati tramite laser. Era iniziata l’era della
nano-chirurgia.
Io fui uno dei pionieri delle navigazioni
umane, così vennero battezzati i lunghi viaggi nelle capsule
che permettevano di esplorare ogni micrometro del corpo umano.
Al mio fianco lei, Alessandra, da sempre mia collega di studi
all’università ed ora mia collega e socia nel
lavoro.
Provavamo l’uno per l’altra una profonda amicizia,
un rispetto quasi referenziale: io adoravo la sua serietà,il
suo metodo, la sua disciplina, lei era incantata dalla mia
creatività, dall’inventiva, dall’audacia. Lei era bellissima,
e seppure i miei occhi e il mio istinto non potesse fare a
meno di notarlo, gli anni di conoscenza e di lavoro fianco a
fianco la facevano apparire ai miei occhi come una sorella. Lo
stesso era per lei, e niente avrebbe mai potuto
dividerci.
Nel 2020 eravamo in viaggio negli Stati Uniti
per fare delle dimostrazioni del DVW nei più importanti
ospedali americani.
Arrivavamo vestiti elegantemente con le
nostre attrezzature ed eravamo accolti dal fior fiore dei
business man delle grandi cliniche del paese. Dopo i
convenevoli Sara preparava l’attrezzatura ed indirizzava il
raggio rimpicciolente su di me, mi miniaturizzava alle
dimensioni richieste e poi forniva della capsula adatta alla
dimostrazione; ce ne erano di vari tipi e di vari dimensioni,
naturalmente tutto dipendeva dal tipo di intervento. Poi era
lei ad inocularmi nel paziente che si era offerto per la
dimostrazione o mi inoculava in se stessa, per mostrare ai
colleghi degli stati uniti , attraverso le telecamere digitali
di cui era fornita la capsula e attraverso monitor lcd, ciò
che ero in grado di vedere, ciò che potevo fare grazie alla
mia invenzione.
In una di quelle lunghe settimane di tour
negli Stati Uniti, arrivammo in un lussuoso Hotel di Miami,
era estate e il caldo era terribile. Eravamo esausti ma
volemmo uscire per andare a mangiare qualcosa, fu il caso a
costringerci in camera, perché un acquazzone improvviso si
abbatté sulla città.
Ne approfittai per fare una doccia e
sdraiarmi sul letto per leggere degli articoli sul pc, in
molti parlavano di me.
Alessandra era nella stanza accanto
alla mia, e si stava mettendo a suo agio. Avevamo
l’appuntamento al ristorante dell’hotel per la tarda serata,
per un veloce pasto.
Mentre sfogliavo le pagine web e
scorrevo gli articoli che parlavano del DvW, presi
l’apparecchio che aveva fatto la mia fortuna e me lo rigirai
tra le mani.
<< Come avrei fatto se questo non fosse
esistito…se non fosse apparso nella mia mente, così, per puro
caso!>>
Ci ripensai un po’, in fondo non era un caso;
da quando ero nato avevo fantasticato di essere piccolissimo
per potermi sentire sormontato dalle gigantesse dei miei
sogni, dalle ragazze e dalle donne che mi attraevano con tanta
grazia e fascino. Da sempre avevo inseguito questo sogno ed
ero riuscito a renderlo utile per il mondo intero.
<<
Forse è il destino che mi ha regalato le mie fantasie…>>
dissi tra me e me , osservando l’oggetto simile ad una penna
nella mia mano. Mi sentii terribilmente triste. Avevo
inventato lo strumento in grado di realizzare i miei desideri,
ma non avevo avverato il sogno. Una vuotezza simile alla
malinconia che si prova quando si parte da un posto che non si
sa se si potrà rivedere, mi avvolse nella sua flebile e fredda
stretta.
<<Ho il sogno nelle mie mani, e non posso
renderlo vero…>> mi dissi. Eppure la mia mente cominciò
a viaggiare; avrei potuto rimpicciolirmi alle dimensioni
massime consentite dall’apparecchio, ovvero, intorno ai 3
millimetri e sarei potuto correre nella stanza accanto, ad
adorare Alessandra e la sua maestosa bellezza. Ma che idea
assurda era!
3 millimetri ! non avrei potuto interagire con
nessun’altro al mondo, avrei rischiato morti orrende, e per
cosa? Per una fantasia erotica? Seppure quella fantasia aveva
fatto la mia fortuna, se non l’avessi controllata mi avrebbe
distrutto. Ciò che desideriamo troppo, ciò che ci rende
inquieti e insoddisfatti è possibile che ci distrugga. Ma non
è forse vero che la vita è tutto un inseguire di volta in
volta obiettivi più alti, per assaporare sempre nuovamente il
sapore della felicità?
E se la mia felicità mi avesse fatto
rischiare la morte? Ne valeva la pena? O ancor più
semplicemente, ne avrei mai avuto il coraggio?
Pensare che
forse il desiderio più importante nella mia vita non si fosse
mai realizzato a causa della mia paura mi fece
trasalire.
Afferrai la cornetta del telefono e digitai il
numero della stanza di Alessandra:
<<Ciao Ale, ti
spiace raggiungermi in camera?>> chiesi, e la voce mi
tremò per l’emozione, la ossessiva e morbosa emozione che mi
faceva battere il cuore all’impazzata.
<< Oh, si
Riccardo, dammi cinque minuti ok?>>disse lei con la sua
voce rilassata.
<< Si, fai con calma…>> risposi
io.
<< C’è qualcosa che non va?>> mi chiese
lei, che mi conosceva troppo bene per non riconoscere un tono
nuovo nella mia voce.
<<No, non ti preoccupare,
voglio offrirti un drink!>>
<<Allora arrivo
subito!>> rispose lei sorridendo.
Riagganciai la
cornetta e guardai il DvW nella mia mano. Ripensai alle
centinaia di volte in cui ero stato rimpicciolito da
Alessandra, pensai al vederla enorme svettare davanti a me,
mentre una moltitudine di persone mi osservavano incredule, io
avevo occhi solo per lei, solo grazie a lei potevo sopportare
l’essere piccolo. Ripensai a quando con naturalezza,
sorridendo con le labbra carnose, afferrava la capsula in cui
mi trovavo e se la portava alla bocca, a come i polpastrelli
delle dita della sua mano facevano cigolare la capsula, a cosa
provavo quando vedevo la sua bocca spalancarsi, con i grandi
denti bianchi che schiudendosi mi mostravano la larga e
soffice lingua sulla quale mi depositava con cura, e poi il
buio ed il sussulto che provavo quando mi deglutiva. Una volta
dentro ritornavo in me, ricominciavo a lavorare seriamente. Ma
nello stesso istante in cui ritornavo al suo cospetto
riemergendo nella sua saliva o uscendo da un ago di siringa da
lei posizionato nelle su vene, il mio cuore impazziva, lo
faceva ogni volta che i suoi occhi blu mi investivano con la
loro divina bellezza.
Non esitai, settai il DvW su 3
millimetri, troppo pochi per potersela cavare, ma abbastanza
per potersi ancora orientare in un mondo gigantesco, poi alzai
in piedi, gettai a terra l’accappatoio e guardai la mia
immagine riflessa nello specchio dell’armadio: un corpo
muscoloso ed asciutto, per un istante pensai di dire addio a
me stesso, poi mi imposi di proseguire sulla strada della mia
felicità, ed azionai il rimpicciolitore su di me.
L’apparecchio cadde morbidamente sul materasso mentre io mi
ritrovai in piedi, da solo, sull’immenso pavimento; la porta
della stanza si aprì, Alessandra era
arrivata.
CONTINUA….