Sfiorando un sogno
Parte II inviata da Jryan^ e caricata in data 22/Febbraio/2003 00:15:22
Feci qualche passo in avanti. Vedevo in lontananza i divani innalzarsi rettangolari ed imponenti, come montagne all’orizzonte. Il pavimento si estendeva per chilometri , a perdita d’occhio ed io mio sentii alla stregua di una formica , finita troppo lontana dal suo sicuro formicaio. Il salotto era illuminato dalla calda luce di due lampade posizionate in cima ad un immenso mobile. L’aria era pervasa da un odore dolce e penetrante e tutto era immerso in uno strano silenzio. <BR><BR>Camminai per qualche minuto rimanendo abbastanza vicino al battiscopa ed arrivai ad un angolo. Ricordando la serata precedente, da quella parte ci sarebbe dovuta essere la porta della cucina, così voltai:<< AAAAAAAAH! >> urlai sussultando. Ero stato colto di sorpresa. Mi ero trovato davanti gli immensi stivali neri di Dolceluna…che spavento. Per un attimo avevo creduto di essere ai piedi della gigantessa, con pochissime possibilità di salvezza. Appena mi fui tranquillizzato un po’ passai sotto quelle enormi calzature odorose e continuai il mio viaggio verso la porta della cucina.<BR><BR>Fatti pochi passi dagli stivali di Dolceluna sentii il pavimento tremare. Dei boati subito dopo si susseguirono sempre più vicini; il suono mi era famigliare, l’avevo già sentito la sera prima, quando Dolceluna si era avviata in cucina scalza. Il suono era lo stesso, solo, amplificato. Sentii un brivido percorrermi la schiena al pensiero di vedere arrivare quella bellissima dea scalza dalla porta. Mi immaginai i suoi bei piedi nudi calpestare il pavimento intorno a me, ed il suo viso lontano. D’un tratto Dolceluna apparve dalla porta, posò il suo immenso piede destro davanti a me e poi mi scavalcò. Io la osservai immobile mentre le sue piante rosee si innalzavano, ad ogni passo, davanti a me. La Gigantessa si fermò vicino al tavolo, poco distante da me; posò un barattolo di vetro sul tavolo e lo guardò per un po’, sorridente e agitando le dita dei piedi. Io mi appoggiai con le spalle al battiscopa e solo allora notai nel barattolo delle piccolissime creature agitarsi. Erano i miei amici, proprio come pensavo. Ero talmente lontano che non riuscivo ne a sentirli ne a riconoscerli. Dolceluna, aprì il barattolo e vi infilò dentro indice e pollice per poi tirare fuori, tenendolo per la gamba, Danile. Il poverino si agitava ed urlava a squarcia gola. Dolceluna lo avvicinò ai suoi occhi e disse:<< Non aver paura piccolino…se farai quello che ti dico non ti farò del male! >> Daniele continuava ad agitarsi e lo sentii gridare : << Lasciami andare stronza! >>. Vidi l’espressione , prima maliziosa, di Dolceluna, trasformarsi in un ghigno di disprezzo. Restai immobile e osservai con la bocca spalancata, Dolceluna posare ai suoi piedi Daniele che libero dalla morsa della gigantesca mano della ragazza prese a correre alla ricerca di qualche nascondiglio. Dolceluna sembrò non preoccuparsi, con lentamente fece qualche passo nella mia direzione. Il terreno vibrava terribilmente ed io , temendo di finire schiacciato corsi a nascondermi sotto i suoi stivali. Mi accovacciai tra la punta ed il tacco, tremando. Vidi un piede di Dolceluna posarsi a pochi metri da me, indietreggiai spaventato, poi gli stivali si sollevarono da me velocemente. Temei di essere visto e mi aggrappai al tacco. Dolceluna camminò fino al divano e li riposò gli stivali a terra per indossarli. Io presi a correre per allontanarmi mentre i piedi di Dolceluna scendevano nelle calzature. Passai sotto il divano e mi affacciai dall’altro lato per vedere dove fosse Daniele. Lo vidi in lontananza, correva veloce verso un mobile , nella speranza di sfuggire alla gigantessa, ma neanche tre secondi dopo Dolceluna gli fu addosso. Gli posò pesantemente la punta dello stivale davanti costringendolo a cambiare direzione. Daniele tornò sui suoi passi, esausto e sudato ma ecco che l’altro piede di Dolceluna gli piombò davanti; si sentì in trappola e alzò lo sguardo verso la gigantessa che immensa, svettava sopra di lui. Fui colpito dall’infinita piccolezza di Daniele confronto agli enormi stivali di Dolceluna.<BR><BR><< Non puoi sfuggirmi… >> disse Dolceluna porgendo al piccolo ragazzo la punta del suo stivale sinistro. Daniele indietreggiò tremando e mettendosi una mano sul naso per proteggersi dal forte odore di cuoio e di piede. << Se vuoi che non ti uccida, almeno per ora, lecca il mio stivale! >> tuonò Dolceluna. Daniele indietreggiò ancora e Dolceluna innalzò davanti a lui la vasta suola sporca del suo stivale : << addio… >> sussurrò tra le labbra. Daniele si vide spiaccicato sotto quella enorme suola e allora inginocchiandosi pregò Dolceluna di non schiacciarlo. La gigantessa posò il piede di nuovo davanti a lui, così vicino che colpì l’omino con la punta dello stivale, facendolo rotolare indietro di qualche metro. << Oh!scusa piccolino…adesso però alzati e lecca i miei stivali! >>Daniele si rialzò subito, da lontano mi sembrava che sanguinasse, ma non riuscii a capire bene dove si fosse ferito; speravo solo che il sadico gioco di Dolceluna finisse e che la bellissima dea dedicesse di risparmiargli la vita, almeno per il momento. Daniele salì sullo stivale di Dolceluna e cominciò a leccare la pelle sporca ed amara. Dolceluna gli muoveva le dita sotto, rendendogli difficile, anzi , quasi impossibile l’adempiere in pieno alla sua opera. Dopo qualche istante, infatti, Daniele cadde a terra; stava per rialzarsi ma Dolceluna lo schiacciò sotto la suola dello stivale. Sentii un agghiacciante “crack” e guardai attonito verso lo stivale della gigantessa che non si alzò dal corpicino di Daniele per parecchio. Quando Dolceluna risollevò il piede vidi solo qualche gocciolina di sangue cadere dalla suola e raggiungere il terreno. Mi sentii impotente ma allo stesso tempo rabbioso, così presi a correre verso la gigantessa, infuriato, volevo gridarle contro tutta la mia rabbia ma la vidi prendere il barattolo dove restavano, terrorizzati, Luca e Marco. Mi fermai come se non volessi credere al fatto che Dolceluna stesse per schiacciare un altro mio amico. Per un attimo le vidi il bel viso e gli occhi penetranti che sembravano fissare il vuoto, come se una parte di lei fosse dispiaciuta per Daniele, ma un attimo dopo, avvicinandosi il barattolo al viso disse : << Avete visto che fine ha fatto il vostro amichetto? Bene, se ci tenete alla pelle allora cercate di mettervi in testa che siete miei schiavetti. Io posso fare di voi ciò che più desidero ma se sareste servizievoli allora ,forse, vi risparmierò. >><BR><BR>Poi , tenendo i miei amici in mano camminò verso la porta della cucina e scomparve.Io mi ritrovai di nuovo da solo in salotto, con calde lacrime che mi solcavano il viso.Non avevo idea di dove fosse andata Dolceluna e neanche quanto fosse lontana. Dopo qualche minuto, però sentii dell’acqua scorrere: la gigantessa era in bagno, forse si apprestava a farsi una doccia.Nonostante la situazione nella mia mente si disegnarono stupende fantasie e presi a correre. Volevo vederla, non m’importava se per la mia eccitazione sarei finito pestato, dovevo inseguire il mio sogno.Oltrepassata la porta della cucina mi ritrovai in un lungo corridoio sui cui lati si aprivano quattro porte.Quella alla mia destra, dall’altro lato del pavimento, portava in cucina; era aperta e vi proveniva una luce fioca. Le altre sembravano chiuse. Camminai verso la porta più vicina, rimanendo sempre vicino al battiscopa. Ero a pochi passi quando si aprì e il corridoio venne invaso di luce; davanti a me passò Dolceluna : era nuda, teneva un asciugamano nella mano destra. Restai impressionato dalla sua bellezza e la vidi aprire la porta del bagno , dal quale provenì un sordo scroscio d’acqua. Sembrava una cascata. La gigantessa si richiuse la porta alle spalle, anzi , la lasciò leggermente accostata.Mi affrettai per raggiungere il bagno ma sentii delle urla provenire dalla camera di Dolceluna. Lei, infatti, uscendo aveva lasciato la porta della sua camera aperta, e ora sentivo le voci dei miei amici. Cambiai direzione ed entrai nella gigantesca camera da letto.<BR><BR>I vestiti della Gigantessa giacevano sparsi ovunque , sul letto, sulla scrivania e sul pavimento. Appena entrato mi ritrovai davanti l’odoroso collant di Dolceluna, fui tentato di afferrarlo e avvolgermici , per godere del tepore e del profumo inebriante, ma vidi , in alto, sulla scrivania il barattolo con i miei amici. Luca e Marco si agitavano: mi avevano visto e ora mi chiedevano aiuto. << Ehi! Riccardo! Siamo qui! Aiutaci!!>> urlò Marco, Luca invece agitava le braccia.Io risposi ai loro richiami : << arrivo ragazzi! >> e presi a correre verso la scrivania; non avevo idea di come sarei salito fin lassù, non sapevo come aiutare i miei amici ad uscire dal barattolo però correvo; volevo dargli speranza… almeno.Luca gridò : << Ma perché cazzo sei piccolo anche tu?!! >> il suo tono era disperato. Non risposi, non sapevo cosa rispondere in fondo.Arrivai ai piedi della scrivania; ormai dei miei amici sentivo solo le voci e il rumore della doccia era lontano ma continuo, potevo non preoccuparmi di Dolceluna per un po’.I cassetti erano enormi e non avevo nessun appiglio. Tra l’altro la scrivania sarà stata alta 30 metri, forse più. << Come faccio? Non ho nessun appiglio e tra l’altro nemmeno l’allenamento per una calata del genere. >> mi dissi. Presi a guardarmi intorno, andai a curiosare sotto la scrivania e poi dall’altro lato, quello vicino al muro ; li , forse era possibile salite. La tenda della finestra , era per me come una rete, e fiancheggiava la scrivania fino alla sommità. Feci un bel respiro e poi iniziai a salire. Non era troppo faticoso e nemmeno difficile dato che il tessuto mi dava appigli comodi.<BR><BR>Non so quanto impiegai per salire, so solo che appena misi piede sulla superficie della scrivania i miei amici urlarono di gioia e che allo stesso tempo il rumore della doccia cessò.Un brivido mi percorse la schiena quando sentii i boati dei passi di Dolceluna che già era sul punto di tornare in camera. Mi nascosi sotto una camicia spiegazzata , i boati si fecero vicini , poi però si allontanarono nuovamente. Corsi verso i miei amici e mi appoggiai al barattolo; Luca e Marco avevano visi invecchiati, tesi e i loro occhi emanavao una rassegnata tristezza: << come state?! >> chiesi io osservandoli con il cuore in lacrime e deciso a tentare il tutto e per tutto per salvarli; << devi farci uscire di qui! Ti prego… una volta liberi scapperemo insieme! >> urlò Marco che sembrava molto più lucido di Luca. Ascoltate le sue parole , però , io mi resi conto della situazione difficilissima; anche se fossi riuscito a liberarli e che , nella più improbabile ipotesi, fossimo riusciti a sfuggire da Dolceluna, non avremmo risolto, ugualmente, nulla: saremmo stati dei minuscoli ominidi sul pianerottolo di una palazzina in attesa dell’inesorabile. <BR><BR> << Aiutaci! >> urlò Luca, loro volevano solo scappare, e nonostante la speranza fosse quasi nulla io decisi di tentare ugualmente. Iniziai a girare intorno al barattolo, ero frenetico, cercavo ovunque un’idea per raggiungere la sommità del barattolo, ma tutti gli oggetti a mia disposizione erano troppo grandi e pesanti. Di colpo Marco disse : << Siamo vicini al bordo… se solo riuscissi a spingerci un po’… cadremmo da qui su , il barattolo si romperebbe e saremmo liberi! >> << Ma sei pazzo? Morireste all’impatto! >> ringhiai io infastidito. Marco scosse il capo, sicuro: <<siamo leggeri… la gravità su questo pianeta è sempre la stessa! >>esitai , poi ricordai ; non ero mai stato un asso in fisica , ma quel “9.81” mi era rimasto sempre in mente. Marco aveva ragione, eravamo leggeri e mi rincuorai anche se la nostra leggerezza in realtà non ci garantiva di restare tutti interi una volta precipitati da 30 metri di altezza.Come uno stupido spinsi il barattolo ma naturalmente non lo spostai di un centimetro. Mi guardai intorno , atterrito guardai fuori dalla finestra: vedevo le fronde dei castagni del parco agitarsi , in balia di un vento forte e sibilante. Mi stavo per arrendere, ma poi esclamai : << il vento! >>Se fossi riuscito ad aprire la finestra , di sicuro questa si sarebbe spalancata per il vento e avrebbe colpito il barattolo, scaraventandolo a terra. Corsi a controllare la finestra, sorrisi, era socchiusa e c’era, in realtà solo uno spigolo incastrato nella tenda. << grazie al cielo! >> urlai, mi voltai verso Marco e Luca : << forse riesco ad aprire la finestra, state pronti! >> dissi, poi saltai sulla tenda. Dopo un volo impressionante mi aggrappai al tessuto, salii un pochino ed eccomi allo spigolo, con tutta la mia forza iniziai a dare strattoni alla tenda, sperando di liberare la finestra ; non accadde. Restai un po’ appeso, poi mi contrassi un ultima volta e diedi un altro strattone; la finestra si spalancò e il vento freddo invase la stanza. Il barattolo fu colpito, lo sentii schiantarsi a terra e rompersi. Chiusi gli occhi pensando a che fine orrenda potessero aver subito i miei amici, poi il vento gonfiò la tenda; un’accelerazione tremenda mi spinse verso l’alto, lasciai la presa e mi trovai in volo. Atterai sul letto soffice , sul piumone. L’impatto fu violento, ma stavo bene…solo un po’ rintontito. Mi sollevai con le braccia e corsi verso il bordo del letto per vedere se Marco e Luca ce l’avessero fatta. Mi sporsi e vidi il barattolo rotto… nient’altro. I due erano spariti, si erano andati a nascondere da qualche parte. <BR><BR>I miei capelli erano agitati dal vento che allo stesso tempo , sibilando, non mi aveva fatto sentire i pass di Dolceluna che irruppe nella camera. Indossava un accappatoio bianco , i capelli bagnati le scendevano sul viso. Era scalza e vederla davanti apparire così all’improvviso mi terrorizzò.Veloce chiuse la finestra , poi guardò il barattolo rotto ai suoi piedi e tuonò: <<vi consiglio di venire allo scoperto subito insulsi insettini! >> attese un po’ e nessuno si fece vivo, in compenso o mi nascosi dietro una piega del piumone. <BR><BR> << bene, nascondetevi, così non farete altro che ritardare l’inevitabile; finerete sotto i miei piedi senza che io me ne accorga, proprio come insetti troppo presuntuosi. >> continuò a dire Dolceluna, poi sembrò dispiaciuta, si passò una mano sulla fronte e sbuffò. Si avvicinò al letto e ci si lasciò cadere sopra.<BR><BR>Nell’attimo in cui la vidi scendere , immensa ,su di me pensai che sarebbe fintia. Restai a bocca aperta, aspettando l’inesorabile morte sotto il peso di Dolceluna. Quasi la accettai, poi però una parte di me reagì, non potevo lasciarmi strappare la vita così, senza riuscire nemmeno a capire cosa pensasse Dolceluna di me. Stavo per lanciarmi, saltare, in ogni caso reagire , ma fu inutile. Fui sommerso dall’enorme accappatoio bianco, all’altezza del seno di Dolceluna. Un peso immenso mi comprimeva sul piumone , ma allo stesso tempo qualcosa di enormemente morbido non mi schiacciava: questa fu la mia sensazione. Dolceluna sospirò e poi restò immobile, fregando tra loro i bei piedi. Io restai prono, compresso sotto il suo gigantesco seno. Era soffice, caldo, compatto. Nonostante la paura non potei non eccitarmi. Maledii l’accappatoio che mi separava da quella pelle profumata, dal capezzolo che forse al contatto con il mio corpicino sarebbe divenuto turgido. Dolceluna ebbe la buona idea di sollevarsi per mettersi più comoda; era completamente ignara della mia presenza, si sollevò sulle braccia e slacciò l’accappatoio, per poi lasciarlo cadere sopra di me. Nuda e bellissima si sdraiò sul letto , affondando la testa nel cuscino. Sopra di me si posarono le sue gambe , credo fossi sotto il suo polpaccio. La bella Gigantessa incrociò i piedi e guardò il soffitto , stanca oppure solamente in cerca di relax. Io iniziai a strisciare via da sotto il suo polpaccio e poi sotto l’umido accappatoio, alla ricerca di una via d’uscita. Quando fui libero la luce mi abbagliò; restai un attimo fermo, in piedi , con le mani poggiate sulle cosce , ansimante. Una volta che i miei occhi si furono abituati alla luce vidi le immense piante dei piedi di Dolceluna sovrastarmi. Erano carnose , rosa. Il tallone rotondo e a vedersi soffice, le dita lunghe con i bei polpastrelli tondi. La ragazza muoveva sensualmente le dita, le divaricava e le fletteva lentamente. Fui rapito da quello spettacolo e mi sentii piccolissimo. L’odore del docciaschiuma già scemava e l’odore buonissimo dei suoi piedi arrivava , dolce, alle mie narici. Non potei resistere. Mi avvicinai al suo tallone ( unica parte raggiungibile del suo piedone) , vi posai le mani sopra , tremavo e il cuore mi batteva all’impazzata. Sentii la pelle liscia sotto il palmo delle mie mani e iniziai ad accarezzare lentamente, con gli occhi socchiusi: mi sembrava di essere in un sogno; era come pregare, sentire quella pelle calda sulle mie mani: stavo adorando una dea.<BR><BR>Non so se Dolceluna sentisse il mi tocco leggero, fatto sta che la sua pianta si contrasse mostrandomi lo stupendo spettacolo delle mille piegaturine. Non esitai e baciai quella stupenda estremità , a quel punto Dolceluna sobbalzò. Come era possibile, un essere tanto grande e potente si era agitato per il tocco delle labbra di un così piccolo ed insignificante insetto. Alzai lo sguardo; ero dominato completamente dai piedi colossali di Dolceluna; avrei voluto che quell’attimo non fosse mai finito, ma la gigantessa si mise a sedere sorpresa, voleva controllare cosa ci fosse li, sul letto insieme a lei, voleva verificare se stesse sognando o no; quel bacio e quel tocco le era sembrato famigliare : << Sembra Riccardo.. >> pensò. Ma il caso volle che, mettendosi a sedere, Dolceluna abbassasse un piede su di me. Stavo per rimanere pestato sotto la sua pianta , fiducioso che mi avrebbe sentito , ma poi di nuovo, quella parte di me che voleva preservare la vita a tutti i costi mi fece balzare indietro. Il piede si posò alle mie spalle ed io scivolai , urlando giù dal letto andando a cadere in uno stivale nero e buio. Scivolai fino alla punta dove l’aria non era nemmeno respirabile, poi sentii Dolceluna esclamare : << Ti ho visto! Dove ti sei nascosto? >>La gigantessa credeva di aver visto una delle sue piccole vittime che , incautamente e con presunzione , la era andata ad infastidire mentre riposava. Si alzò dal letto, rimanendo nuda e bellissima e iniziò a cercare , vogliosa e arrabbiata i piccoli Marco e Luca. Cercò ovunque ma non nei suoi stivali.<BR><BR>I miei due amici , che avevo aiutato rischiando la vita, si erano fatti pochi scrupoli e stavano già correndo nel corridoio quando Dolceluna li iniziò a cercare per la camera. Io , invece, per metà felice , e per metà asfissiato , grondavo di sudore in quel buio stivale. Non avevo idea di come sarei riuscito ad uscirne, e già vedevo il piede di Dolceluna infilarsi, scendere lentamente, con le dita strette e poi ricoprirmi …per sempre.<BR><BR>continua...<BR><BR>
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