Theresa
Parte II inviata da Mick e caricata in data 15/Febbraio/2003 18:56:50
Mentre Theresa era assorta nei suoipensieri, un omiciattolo alto solamente un centimetro inconfronto a lei stava guardando allibito e terrorizzato quellatitanica figura. Era atterrato da pochi minuti, aveva appenasuperato la dogana, quando iniziò a scatenarsi il finimondo. Orastava contemplando la causa di tale sconquasso, era ad unaventina di metri dai suoi piedi, una decina di centimetri nellasua scala. Le altre persone attorno a lui, quelle che avevanopotuto, erano corse via in preda al panico; lui non ci erariuscito e così rimaneva lì incantato a guardare le possentigambe d'ebano svettare verso il cielo. Sicuramente la gigantessanon lo stava degnando della minima attenzione, era una cosatroppo infinitesima rispetto a lei. Ad un tratto qualcosa simosse, vide i muscoli della coscia destra contrarsi, lentamente,come per sottolineare la loro incredibile potenza. Il piede sisollevò sopra di lui, occupando interamente il suo campo visivoe passò via, andando a ricadere con un forte boato un centinaiodi metri alle sue spalle, seguito subito anche dall'altro. Lagigantessa era passata, e si stava allontanando rapidamente indirezione della città. Il minuscolo osservatore avrebbe dovutoalloggiarvi per qualche giorno, ma forse non sarebbe riuscito atrovare una sistemazione. Theresa si stava dirigendorisolutamente verso il centro della metropoli, in quel momentostava attraversando i suburbi, disseminati di un reticolo distrade semideserte e bassi edifici forse abbandonati. Connoncuranza, la giovane ragazza vi camminava sopra sbriciolandocon la massima facilità anche le più resistenti travi dicemento armato. Distrusse una centrale di smistamento dell'energiaelettrica: ora probabilmente una parte della città era senzacorrente, migliaia di persone erano intrappolate all'interno deigrattacieli. Aveva una gran smania di raggiungere il cuore dellametropoli. Dovette però fermarsi in corrispondenza di un vastoparcheggio. Centinaia di automobiline colorate e scintillantiaffiancate su quel vasto spiazzo di cemento, erano grandipressappoco come il dito più piccolo del suo piede. Proprio nonpoteva resistere. Così impaccate, pensava, doveva riuscire aschiacciarne quaranta in un colpo solo. Cercando di immaginare l'espressionedei proprietari delle macchine e del custode del parcheggio, calòil suo immenso piedone su quei fragilissimi scarafaggi di metallo.Riusciva a sentire facilmente, sotto la spessa pelle della pianta,ogni singola auto crepitare sotto il suo peso insostenibile primadi essere letteralmente spalmata sull'asfalto e di sprofondareassieme ad esso. Fantastico! Peccato che con una decina di passiavrebbe finito l'intero parcheggio. Ad un tratto notò all'estremitàopposta dello spiazzo una macchina che stava tentando di fuggire.Decisamente non le andava che qualcuno provasse a sottrarle unaparte del divertimento che aveva trovato: con una rapidità e unaprecisione di cui lei stessa si sorprese raggiunse la macchinafuggitiva e riuscì a catturala tra l'alluce e il secondo dito lepiede. Il piccolo automobilista era inesorabilmente in trappola,non avrebbe potuto fare niente per evitare la fine. L'ultima cosache sentì fu lo stridore delle lamiere stritolate nella morsadelle dita della gigantessa. Avendo punito il temerario, Theresatornò a dedicarsi alle altre auto parcheggiate, avendo cura dinon lasciarne nemmeno una integra.
La situazione era sempre più drammatica,il mostro si addentrava sempre di più nella città e non c'eraalcun modo per fermarla. L'esercito era stato allertato, ma inmezzo ai palazzi non c'era modo di agire. E poi era tutta davalutare l'efficacia delle armi, anche di quelle nucleari controun simile nemico. Le mosse della ragazza erano seguite, a debitadistanza, da un elicottero della polizia che teneva costantementeinformato il comando centrale, oltre al Pentagono, dei movimentidella gigantessa (quasi ce ne fosse bisogno). La zona in cuistava entrando si stava facendo sempre più popolata. I pilotidel velivolo guardavano ipnotizzati quel colosso femminileprocedere sicuro calpestando agevolmente edifici di dieci pianiche non riuscivano in alcun modo ad arrestarne la marcia. Interipalazzi venivano sbriciolati completamente o quasi sotto i suoipassi, ad una velocità incredibile, molto più rapidamente diquanto riuscissero a fare le più attrezzate compagnie didemolizioni con gli esplosivi. Nell'arco di un solo secondo unpalazzo alto trenta metri (grande per la gigantessa quanto unascatola da scarpe), passava dalla sua forma originaria a poco piùdi una nube di polvere e detriti. I più grandi grattacieli dellacittà non distavano che poche decine di passi dalla smisuratavenere nera. Oramai gli edifici si facevano troppo alti perchépotesse camminare agevolmente; decise pertanto di passare ad unadelle più grandi arterie di comunicazione della città, unsentierino per i suoi piedi lunghi 40 metri per di più gremitodi gente in preda al panico che non sapeva dove fuggire. L'elicotteroche la seguiva da dietro, non poteva fare altro che osservare leauto spiaccicate che rimanevano incollate alle enormi piantecircondate qua e là da chiazze rosse che due secondi primacostituivano delle persone. Finalmente Theresa aveva raggiunto ilcentro della città, si trovava circondata da alcuni grattacieli,nessuno dei quali era più alto di lei. Si avvicinò al piùelevato: le arrivava circa all'altezza del collo, era ricopertoda vetrate riflettenti che mostravano a Theresa quanto grandefosse il suo corpo. Immaginò quale dovesse essere lo stato d'animodelle persone al suo interno, imprigionate in quella fragilissimacostruzione di cristallo di fronte a quell' enorme giovaneragazza desiderosa di fare nuove esperienze. Immaginò il terroredi quegli uomini che prima non avrebbero esitato un attimo adisprezzarla come il peggiore relitto umano e che ora eranocompletamente in sua balia. Volle stringere in un poderosoabbraccio tutti quegli esseri indifesi: al primo contatto con lesue tette grandi più di una casa le vetrate andarono in frantumie la struttura cominciò a vacillare. Ovviamente non eraabbastanza per Theresa: strinse di più; ora il grattacielo sistava per davvero deformando, le sue mammelle cominciavano asfondare i piani più alti dell'edificio. Le sembrava di sentirequalche omiciattolo aggrapparsi ai suoi capezzoli; sorrise, oraera lei che comandava il gioco. Strinse ancora più forte: oramaitutta la parte superiore del grattacielo era irrimediabilmentedeteriorata e cominciava a franare giù. Purtroppo il giocattolosi era rotto: tanto valeva romperlo del tutto. Con un paio dicalci, il resto della costruzione rovinò a terra. Voleva oraprovare che effetto faceva sedersi sopra un palazzo. Ne individuòuno di una cinquantina di piani che pareva fare proprio al casosuo.
Con la massima naturalezza vi si abbandonòsopra, non appena il suo fondoschiena toccò la sommità, ilcolpo fatale si propagò per tutti i piani della strutturafacendo esplodere vetrate e pareti verso l'esterno; in pochisecondi si ritrovò seduta su un mucchietto di macerie. Non siera mai divertita tanto in vita sua: aveva una città giocattolotutta per lei. Rimanendo seduta, prese di mira altri palazzi: duefurono letteralmente divelti dal suolo sotto i colpi dei suoipoderosi talloni, altri due furono disintegrati con altrettantipugni. Solo in quel momento vide il grattacielo che facevaveramente per lei Era alto più di cento metri, unparallelepipedo a base quadrata possente ma abbastanza slanciatocon la punta affusolata: tutto ciò di cui aveva bisogno persoddisfare i suoi desideri. Si rialzò e, guardando fissa la suaprossima vittima, si incamminò verso di essa, travolgendo variedifici più piccoli. Centinaia di persone rimaste all'internodel grattacielo videro la titanica ragazza avvicinarsiinesorabilmente, scomparire sotto il suo piede alcuni veicolifermi sulla strada di sotto, mentrela sua coscia muscolosa sifermava a pochissimi metri dalle vetrate. Theresa si era fermataproprio sopra al - fino a poco tempo prima - imponente edificio,la cui punta era una decina di metri più bassa del suo inguine.Rimosse con facilità alcune antenne per le telecomunicazioni,lasciando a nudo la punta di metallo del grattacielo: sicuramentedoveva essere più resistente dell'aereo che aveva trovato pochedecine di minuti prima. Gli atterriti occupanti intrappolati all'internovidero l'enorme ginocchio della gigantessa piegarsi in avanti,molto lentamente, finché una tremenda scossa, la prima delletante, non li gettò a terra.
Theresa mandò un sospiro di piacere:finalmente qualcosa di adeguato per le sue dimensioni! Quindi,facendo la massima attenzione a non rompere subito il giocattolo,cominciò il movimento ritmico, inizialmente lentissimo: conincredibile soddisfazione si stava scopando un intero grattacielo,fino a ieri non credeva che la sua carriera avrebbe fatto un talebalzo in avanti. La gente all'interno era in preda al panico piùtotale: l'edificio ondeggiava e vibrava paurosamente, ma lastruttura riusciva ancora a reggere bene i colpi della suasmisurata amante. Theresa si guardò intorno: decine e decine dicuriosi si erano radunati nelle vie vicine fino quasi ai suoipiedi per vedere quello straordinario spettacolo. Alla gigantessafaceva piacere che così tante persone potessero vedere quantostava godendo, mentre gli uomini che prima spadroneggiavano su dilei erano ridotti a microbi indifesi. Ormai c'era quasi: la puntadel grattacielo era inondata dai suoi effluvi, vastissime crepesi stavano aprendo sui pilastri dell'edificio, non riusciva piùa trattenere i suoi altissimi ululati di piacere. Con un ultimo,profondissimo colpo, scaricò gran parte del suo peso sulgrattacielo quasi completamente diroccato che rovinò a terra inpochi secondi. Il conseguente orgasmo fu devastante, un fiume dienergia si liberò all'interno del proprio corpo; capì che stavacrescendo ancora, inarrestabilmente. Quando aprì gli occhi sirese conto che le sue dimensioni erano più che raddoppiate, gliedifici attorno, o meglio, sotto di lei erano ancora piùridicoli di quanto lo fossero già prima. Se prima nutriva deidubbi residui sulla sua invulnerabilità ora era perfettamenteconvinta che niente avrebbe potuto anche solo minimamenteintralciarla. Ancora sotto l'effetto dell'euforia raggiunta nelrapporto con il grattacielo, cominciò una danza selvaggia suquello che rimaneva della città. I palazzi che non venivanocolpiti direttamente dalla gigantessa cadevano a causa delleimpetuose scosse sismiche provocate dallo spostamento del suocorpo. In un paio di minuti furono rasi completamente al suoloparecchi chilometri quadrati di tessuto urbano. Esausta ecompletamente soddisfatta, Theresa si abbandonò a sedere sullostrato di macerie che aveva appena creato.
Tom era uno delle centinaia di superstitiall'immane distruzione che si era appena verificata. In un lassodi tempo brevissimo aveva perso sia la casa che il lavoro e tuttoa causa del colosso mollemente adagiato a prendere il sole pochecentinaia di metri davanti a lui. Terribile ma bellissima, quellaragazza aveva distrutto la sua vita, assieme a quella di migliaiadi altre persone. Il futuro per lui non esisteva più, tutta lasua mente era occupata da quella grandiosa femmina. Avrebbevoluto possederla, pur essendo per lei solo una formica. Sirendeva perfettamente conto di questo, tuttavia continuava adavanzare tra i calcinacci verso di lei, senza tentare minimamentedi fuggire come i suoi simili. Non riusciva a capire il perché,ma era attratto dalla sua immensità. Come fare per stabilire uncontatto con tale "madre natura"? Idea folle: scalareil suo corpo
probabilmente non si sarebbe nemmeno accorta dilui. Ma vista la situazione in cui si trovava, valeva la pena ditentare una simile impresa. Proprio davanti a lui, torreggiava ilpiede sinistro della gigantessa, reclinato su un fianco. La suapianta era un muro posto quasi verticalmente, ma la rugositàdella spessa pelle poteva dare un accesso alla scalata. Costeggiòl'enorme estremità fino a circa metà della pianta, osservòancora una volta il viso della gigantessa: aveva gli occhi chiusi,probabilmente non lo avrebbe nemmeno sentito inerpicarsi su dilei. Attaccò dunque la scalata, l'enorme piede occupavapraticamente tutto il suo campo visivo, la pendenza era ineffetti elevatissima, ma il grip che riusciva a trovare sullapelle della ragazza era sufficiente per salire. La prima decinadi metri fu coperta da Tom con grande fatica. Dopo essersifermato per riprendere fiato riuscì a ripartire con nuovo vigore:oramai il tratto più duro era superato: stava cominciando aimparare a muoversi su quel terreno ed inoltre era giunto all'iniziodell'arco plantare: lì le cose sarebbero state sicuramente moltopiù facili. Ad un certo punto, con sua grande sorpresa, l'omiciattoloiniziò a percepire uno sgradevole cambiamento: la curvaturadella pelle stava iniziando a cambiare ed in breve si ritrovò alcentro di una sorta di piccola valle. Theresa stava iniziando acorrugare la pianta del suo piede.
Tom riuscì a malapena a voltarsi versoil suo volto prima di rimanere immobilizzato al centro di unaimmensa ruga. La ragazza, ne era sicuro, stava guardando propriolui, con un'aria di divertita curiosità. Non stava affattoscomodo in quella posizione, la pelle della gigantessa non era ilmassimo della morbidezza, ma non lo pressava insopportabilmente.Si chiedeva che cosa avrebbe fatto la dea nera che lo tenevasotto il suo dominio, ora che era stato scoperto. La risposta nontardò ad arrivare: iniziando a contrarre lentamente le dita delpiede, Theresa aumentò la pressione sul piccolo uomo che orastava iniziando a soffrire. Sul volto della gigantessa, ora erastampato un sorrisetto cinico; Tom sapeva perfettamente che seavesse aumentato ancora di più la pressione, come sicuramenteera in grado di fare, il suo corpo sarebbe esploso diventando un'insignificantemacchietta rossa dispersa in quell'immenso piede. Ora ilsorrisetto cinico si era tramutato in un ghigno crudele: Tomcapiva che era vicina la sua fine. Tentò di urlare, ma nonriusciva più a respirare. Con lo sguardo fisso nell'espressioneferoce della gigantessa, cercava di divincolarsi: tutto inutile:in un istante le dita del piede si divaricarono in avanti per poicontrarsi di nuovo con forza: CRUSHHH.
Fine.
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