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La spada di Damocle

Parte I inviata da Packy e caricata in data 24/Aprile/2003 01:19:45


Quel giorno, iniziai con le consegne alla cucina della mensa dell’istituto, la mia mansione al college era quella del fattorino interno, in ogni caso mi dovevo occupare anche di vari servizi, dopo la cucina, recandomi ai piani superiori passai presso la direzione e non feci a meno di sbirciarci dentro, ritornai sui miei passi e vidi una bellissima donna, bionda, alta, con un paio d’occhiali, i quali ne risaltavano i suoi lineamenti, elegante, anzi oserei dire sexy, gonna nera fino alle ginocchia, camicetta bianca ornata con dei delicatissimi pizzi, fisico da paura, collant e tacchi a spillo, fui rapito da quell’icona, restai li imbambolato, al richiamo della segretaria di direzione mi destai e lei ridendo “Ma cosa hai? Mai visto una professoressa? Carina non trovi”, e io “Carina? Ma è stupenda”, in quel mentre lei uscì e fece in tempo a vedermi li che la fissavo e si presentò “Salve, io sono la nuova insegnante di arti grafiche e visive, e tu chi sei? Uno studente?” io realizzai e le spiegai che il mio rapporto con il college non era lo studio, ma bensì il lavoravo, e lei “Ah, ecco interessante, allora ci vedremo spesso…” io non la feci finire e le chiesi “Ma cosa insegni veramente?”, e lei “In particolare insegno la fotografia, e mi hanno dato il compito di riempire quelle ore del dopo scuola delle ragazze…” e io quasi sfacciato, “Cosa fotografi in particolare?” lei un po’ seccata “Signorino sei un pochino curioso non trovi? Eh eh non immagini nemmeno lontanamente quali sono i miei soggetti preferiti e adesso scusami, a proposito io mi chiamo Francesca e tu?”, “Chi io? Io mi chiamo Giorgio..” e uscì dalla porta. Alle mie spalle la segretaria di direzione Cinzia mi disse “Lasciala perdere quella, ha qualche cosa di strano, dammi ascolto..”, io ancora confuso “Ma come si fa a non farci caso, è stupenda”, uscendo dalla porta mi ripromisi di non pensarci, passarono alcuni giorni e lei non la vidi più, evidentemente le sue ore d’insegnamento occupavano la fascia sul tardo pomeriggio, io lavorando di più alla mattina non mi era possibile incontrarla, e credo fosse un bene, e il vecchio proverbio –occhio non vede, cuore non duole- calzava a pennello con la mia situazione, ne ebbi la prova, quando il venerdì dopo fui chiamato a riparare la vetrina dell’albo nell’atrio principale, lessi i vari annunci e uno mi colpì, citava- CERCASI COLLABORATORE QUALE MODELLO, gli interessati sono pregati di contattare l’insegnante di arti grafiche o annunciarsi in portineria, verrete contattati- pensai cacchio questa è lei, lessi e rilessi il volantino e poi mi convinsi che non era per me, lei avrebbe cercato qualche bel fisico, io non mi consideravo mingherlino, ma da li ad aver una linea da palestra ce ne voleva ancora, e decisi di lasciar perdere, cercando il cacciavite lasciato per terra mi voltai e vidi due splendide gambe, alzai lo sguardo e me la trovai davanti, non so la mia reazione, ma lei sorrise e disse “Cos’hai sei pallido, ho visto che leggevi il mio annuncio, che ne dici? T’interessa? “ io cercai d’articolare qualche vocabolo, unicamente per non far la figura da pirla e abbozzai un mezzo discorso “Ma cosa, cioè che tipo di modello cerchi, o meglio cosa si deve fare?”, e lei “Senti qua non è il luogo, questa sera finisco lezione alle 17.30, raggiungimi in aula verso le 18.00, sai dove insegno?” e io d’istinto senza rendermi conto “Si, al terzo piano, aula 304…” realizzai che confermandogli l’aula lei avrebbe capito che io mi ero dato da fare, infatti, lei sorridendo “Mhmm, bene, allora ti sei informato, ma dimmi, t’interessa la fotografia oppure qualche cosa d’altro?” la sua schiettezza e il suo stile mi stava confondendo, in quelle frazioni di secondi, la squadrai da cima a fondo se al primo incontro la trovai stupenda, oggi, dire che era strafiga era poco, scarpe con tacco, aperte sul davanti, collant semi trasparente, a quella visione mi sarei chinato e gli avrei leccato delicatamente le punte delle dita, ma la circostanza me lo impediva, salendo, gonna in seta viola, pazzesco, magliettina attillata e scollata, i suoi capezzoli m’arrivavano alle mie spalle, e più su, fino alla sua statura di circa un metro e novanta il suo viso, rossetto rosa lucente, gli occhiali, i quali le davano un’aria colta, capelli biondi lunghi, ma ora raggruppati in una coda, le arrivavano a metà schiena, quei secondi interminabili furono interrotti da lei che continuò “…allora ci posso contare, vedrai saprò coinvolgerti, bye”.

Allontanandosi verso le scale si voltò e con l’indice alle labbra m’allungò un bacio, salì le scale, e io la seguivo con lo sguardo, fino al punto che mi fu possibile scorgerla. Inutile dire che oltre a non fare più niente quel giorno parve interminabile, le lancette non giravano, ma la pazienza fu premiata, mancavano cinque minuti alle 18.00 e mi presentai alla porta dell’aula 304, lei non mi aveva visto ancora, stava armeggiando con un cavalletto tre piedi al quale alla sommità vi aveva fissato un apparecchio fotografico, devo dire strano, non essendo esperto non diedi molta importanza alla cosa, in ogni caso il corpo macchina era completato da un obbiettivo particolare non era come quelli tradizionali, pensai ad un nuovo modello digitale, bussai, lei alzò lo sguardo mi fissò e disse “Ciao, lo sapevo che non mi avresti fatto il bidone, bene, accomodati che ti spiego, presi posto in un banco dell’aula e mi accinsi ad ascoltarla, e lei armeggiando con l’apparecchio disse “Allora io sto cercando una persona di fiducia, con questo intendo dire un collaboratore fidato, in effetti io ho necessità di un uomo quale modello, dovrei dire modellino eh eh…” io non capivo a cosa si riferisse come modellino, e lei divertita dal mio sguardo continuò “…ti spiego, io non ho una dimora fissa, mi sposto ogni sei, nove mesi, al massimo un anno scolastico, sai nella mia attività sono una specialista, dicevo con questo mio ritmo sono sempre in cerca di nuovi soggetti io ritraggo il maschio in situazioni molto particolari, sai io trovo la sottomissione inferta da una donna l’estrema essenza affascinante e eccitante..” dicendo questo si avvicinò e mettendomi una mano dietro la nuca, m’afferrò i capelli tirandoli verso il basso, obbligandomi di riflesso ad alzare verso il suo viso autoritario il mio sguardo, e chinandosi allungò l’altra mano in mezzo alle mie gambe fino a toccarmelo, e disse “Per questo lavoro devo capire se ti piacciono le donne e poi,,mhmmmm,,,si si le donne ti piacciono..” lo capii, in quanto non essendo fatto di ferro mi venne di sasso e lei continuando divertita “….bene ora dimmi ti andrebbe di provare questa esperienza, essere un oggetto da divertimento per donne? Vedi io nella mia carriera mi sono fatta delle regole, i miei dipendenti, dovrei dire i miei schiavi devo essere dei volontari se no non se ne fa niente, allora dimmi, non ti tenta l’idea di annaspare con il tuo corpo in un mio collant ancora caldo e doverci restare per una notte intera, oppure dovermi lucidare le scarpe con la lingua e il tutto senza possibilità alcuna di ribellarsi, oppure dove dormire in una gabbia per uccellini e aver come coperta unicamente un paio dei miei slippini, e allora cosa ne dici, ti tenta?”, il suo fascino stava smantellando quelle difese naturali che tutti hanno, in quegli istanti non realizzai nemmeno quello che mi stava dicendo e annuendo, tacitamente accettai, felice lei esclamò “Stupendo, allora spogliati che voglio fari una bella foto….”, io confuso “Ma, come qua a scuola?” e lei “Si solo una foto e poi continuiamo a casa mia eh eh”, mi spogliai e mi misi in posa, ero impacciato, ma che volete, con una donna così questo e altro, scattò la foto e un raggio mi colpì, non successe niente di particolare e gli chiesi “Ma che razza di macchina fotografica è? “ e lei “Silenzio, aspetta devo vedere se l’intensità va bene, no devo fartene un’altra..” stesso bagliore, devo dire che alla seconda foto un leggero formicolio lo stavo percependo, e lei “Wow perfetto”, non capivo cosa stesse facendo, dopo avermi quasi abbagliato con quel raggio, s’affrettò verso la sua borsetta a pigliare uno strano oggetto, pensai ad un telefonino, non appena lo afferrò sentii un ronzio, l’aggeggio era composto di una pulsantiera piccola ed una piccola rotella, si girò di scatto verso me e disse:

“Bene ora vediamo se funziona…” si sentì il ticchettio del piccolo volante, subito mi sentii come cadere, le pareti dell’aula e il soffitto si stavano allontanando pure Francesca, ma capii, ero io che stavo rimpicciolendo, ad un tratto la mia decrescita si fermò, ridendo lei venne s’avvicinò e dalla sua imponenza disse “Sorpresa!”, capii che la mia decrescita era legata all’aggeggio che poc’anzi avevo visto, io ero terrorizzato, mi venne sopra, la sua mole era impressionante, si chinò allargando le gambe, mettendo in bella vista le sue mutandine e continuò “..stamani ho notato come mi fissavi le dita dei piedi, è un’occasione per approfondire la cosa non trovi? Odorameli, ubbidisci ah ah”, la sua voce tuonante alle mie orecchie era tremenda, avevo paura, ma lo spettacolo era sublime, via e via che m’avvicinavo il suo puzzo di piedi m’inebriava, il nylon della calza era spesso, e la puzza atroce, io in piedi riuscivo a sovrastargli il ditone del piede, la scura trasparenza del tessuto lascia intravedere la lacca rosso fuoco delle unghie, dopo alcuni minuti la mia nuova padrona disse “Bene per ora può bastare, ti faccio tornare normale” in un batter d’occhio mi ritrovai alto 1,70, io allibito “Ma come io credevo volessi….”, e lei divertita “Oh, non ti preoccupare, tu ora sei mio, d’ora in poi ad ogni mio comando farai quello che ti ordinerò, ti vesti e vieni a casa con me capito?”, io a quel gioco non ci stavo e le risposi “Fottiti, io questo lavoro per te non lo faccio, mi vesto e non se ne parla più, scusami, se solo avessi saputo…” lei vedendomi armeggiare con i miei vestito esclamò con ira “Allora non hai ancora capito, e girando la manopola nuovamente mi rimpicciolì, anzi ancora più piccolo, sarei stato alto non più di un centimetro, Francesca guardando vagamente dove m’aveva visto sparire disse “Vedi ora sono io che decido la tua esistenza, con questo io ti raggiungo in ogni dove, funziona con il ponte radio dei cellulari e la fotografia di prima era nient’altro che un irradiamento il quale ha eccitato le tue cellule del tuo corpo, le quali reagiscono ad una determinata frequenza, e il telecomando ce l’ho io, e tu anche se me lo rubassi non lo potrai mai utilizzare e protetto da un codice, dovessi distruggermelo e fuggire io a casa ne ho degli altri e poi verrei a catturarti con facilità, quindi tu ora ti vesti e come un cagnolino mi segui a casa oppure ci vuoi venire alto 5 cm infilato nelle mie mutandine?”, dicendomelo si era scostata la gonna in seta e toccandola continuò “Non immagini nemmeno quanti stronzetti come te, bloccati nei miei slip ho portato a spasso, e ora riproviamo, ti faccio ritornare normale e poi ne discutiamo eh eh eh eh”, in un baleno ripresi la mia statura, la situazione mi stava letteralmente sfuggendo, mi guardai attorno, la sua minaccia dopo quello che avevo visto e subito era reale e decisi di ottemperare al suo diktat, mi sentivo impotente, come un topolino in gabbia, una volta vestito mi si avvicinò e in modo sensuale disse “Tu sei un mio collaboratore, però attento, da collaboratore a piccolo schiavo per signora il passo è breve, sai nella mia carriera ho avuto a che fare anche con uomini prepotenti e maschilisti, questi hanno iniziato a lavorare per me e poi alla minima cattiveria li ho rimpiccioliti e così li ho lasciati, e poi li ho dati in pasto a signore senza scrupoli, non so per quanti giorni sono sopravvissuti, attento a non far quella fine anche tu, e forse non sai due cose, mi capitasse qualche cosa a me, una mia amica ha l’ordine di rimpicciolire tutti i miei schiavi che ho in giro, compreso tu, e secondo, per rimpicciolirti definitivamente, mi basta cancellare il codice relativo alla tua frequenza e non potresti mai più ritornare normale, come vedi sono in una botte di ferro, e posso divertirmi con te, unicamente ricattandoti, e adesso andiamo!”

La professoressa abitava fuori città, impiegammo un mezz’ora buona per arrivare a casa sua, durante il viaggio, si divertiva a mostrarmi le sue splendide gambe, in ogni caso devo dire che era ancora più bella, sapendola anche dominatrice, lei vedendomi pensieroso e assente esclamò “Ma cos’hai? Ti turba l’idea di dover ubbidire, sottostare al giogo di una donna? Vedrai se farai tutto come devi io son convinta che di divertirai, l’importante è prendere tutto con la giusta filosofia eh eh eh..” prendendomi per una mano, me la portò in mezzo alle sue gambe e facendomi toccare i suoi slip chiese “Hai sentito come sono fradicia, gli uomini mi piacciono, ma averli sul mio palmo, mi fa bagnare in modo pazzesco e sai tu sei carino come ragazzo, non hai un fisico da palestra e non sei certamente un attore in quanto a fascino, però mi piaci, se farai il bravo non è detto che qualche bella scopata vecchia maniera ci possa scappare che ne dici? Ricorda però, ti do un consiglio quando sarai di dimensioni ridotte ubbidisci alla lettera agli ordini di tutte le donne che incontrerai, il mondo femminile è un universo pieno di sfaccettature e insidie, e alle amanti dei diciamo “Lillipuziani” non piace essere contraddette, sai non saresti il primo a finire nel cesso oppure spiaccicato da qualche parte, questo è l’unica consiglio che posso dirti, ecco siamo arrivati.” La palazzina di tre piani era di recente costruzione, ed era collocata in una zona molto tranquilla, entrammo e capii subito che li si doveva pagar una cifra per starci era molto lussuoso, arrivammo in casa e con sorpresa notai che non viveva da sola, al bancone della cucina vi era una ragazza, stimai sulla ventina al massimo, stava mangiando, si voltò e disse “Ciao mamma, e dimmi chi è lo stronzetto li, un altro dei tuoi giocattolini ?”, Francesca  “Si diciamo pure così” e aggiunse “Lei è mia figlia, Sonia, ha diciannove anni e ogni tanto dovrai restare con lei, e devo dire che con voi piccini è un pochino stronza..”, Sonia rivolgendosi a me “Avvicinati..” notando la mia riluttanza il suo tono mutò e rivolgendosi alla madre disse “Ehi mamma, non hai ancora insegnato al moscerino l’educazione e le nostre regole..” e poi rivolgendosi a me “Hai sentito l’ordine stronzetto?”, io memore della discussione durante il tragitto dalla facoltà a casa loro, m’avvicinai, lei allungò una mano e m’afferrò il mento obbligandomi ad aprire la bocca come fossi un cavallo e poi m’ordinò “Fuori la lingua, mhmmm, si può andare, ma mamma non ne avevi uno migliore da portarmi?”, Francesca m’ordinò di spogliarmi e poi esclamò alla figlia “Ehi signorina, questo non è tuo, lo preso per me, siamo in questa città solo da dieci giorni sii paziente, a proposito dove hai cacciato l’omiciattolo che ti ho dato due settimane fa?”, e lei impacciatamene “Bhé sai com’è, l’altro giorno mentre tue eri a scuola è venuta la zia a trovarci, e mi ha chiesto di darglielo, mi ha detto che il suo, che le hai regalato a Natale si è rotto è restata senza e quindi….”, la discussione s’animò evidentemente la madre non era d’accordo con l’operato della figlia, io mi ero spogliato stavo attendendo la mia sorte, fui notato e Francesca mi disse “Wow, ora vado a farmi una bella doccia e tu mi riordini la biancheria e mi aspetti fuori dalla cabina..” armeggiò con quell’aggeggio infernale e mi ritrovai rimpicciolito, questa volta mi fermò ad una statura di circa 25 – 30 cm, Sonia ridendo disse alla madre “Senti scusami, ma più tardi ci posso giocare?”, e lei:

“No so forse, però questa faccenda della zia non finisce qua, capito e adesso fila in camera tua a studiare,…” e poi rivolgendosi a me “…e tu vieni con me in camera che ti mostro quali abiti devi portarmi in bagno, slip, maglietta e calzini,..” e aggiunse “…vedi come sono stata brava, ti ho ridotto solo a 30 cm, così ti è più facile armeggiare con questi giganteschi indumenti, io vado in doccia, la ti lascio la biancheria che devi ripormi nella cesta per la lavanderia, su sbrigati”, opporsi ad una gigantessa di una decina di metri era vano, e aveva la facoltà di adattare la mia taglia a suo piacimento, e questo a seconda dei suoi capricci e desideri, mi rassegnai a dover convivere con questa sorta di spada di Damocle pendente sulla mia testa, lentamente iniziai a trascinare verso il bagno tutto quanto m’aveva ordinato non aveva ancora finito, infatti, si poteva udire lo scroscio dell’acqua unitamente al vapore che fuoriusciva dalla cabina, la porta s’aprì, era stupenda, lei vedendomi sorrise prese l’asciugamano e s’asciugò e dopo aver indossato l’accappatoio si sedette sullo sgabello e m’ordinò d’avvicinarmi fino ai suoi piedi dicendomi “Prendi l’asciugamano piccolo e asciugami i piedi.” ,la sua carnagione era leggermente abbronzata, la pelle era assai morbida, quel compito non mi dispiaceva, iniziai ad accarezzarglieli delicatamente e poi passai con l’asciugamano, dal suo sorriso, dedussi che il mio lavoro le era gradito, una volta fatto m’ordinò pure “Prendi questi batuffoli d’ovatta e puliscimi le unghie e fallo bene, se hai difficoltà prendi questo diluente apposito io ubbidii, ogni tanto alzavo lo sguardo, lei non mi perdeva d’occhio, le piaceva assoggettarmi ai suoi voleri, si divertiva pure a muovere le dita per toccarmi, notai pure che il movimento a lei preferito era quello d’allungare il ditone fino al mio uccello e toccarmelo, il tormento finì e rimpicciolito ulteriormente mi portò in cucina e mi fece mangiar qualche cosa, non m’illudevo che la giornata fosse finita, mentre mangiavo la osservai, era una donna acqua e sapone, ora aveva indossato uno scamiciato, le arrivava fino a metà coscia, si abbassò verso me e disse “Sbrigati a mangiare, voglio farti qualche foto già stasera, e adesso andiamo sul divano che voglio farti vedere qualche cosa…” il suo sarcastico sorriso non mi piaceva affatto, mi prese delicatamente in mano e mi portò sul divano, io da una parte e lei in fondo e intimandomi con l’indice d’avvicinarsi sollevò il vestitino, e lentamente si scostò le mutandine, io timoroso, annaspando tra le gigantesche rientranze del divano in pelle gli arrivai sotto, mi stava fissando e in mano aveva un apparecchio fotografico, le sequenze di click, si alternavano ai suoi ordini, “…spostati…vai indietro….prendi l’uccello con una mano….leccamela… inchinati eccetera..”, una volta finito le chiesi “Ma cosa te ne fai poi di tutte queste foto?”, Francesca sorridendo soddisfatta “Ma caro, ti metto nel mio sito in internet, nella rubrica –Little Slave Shop-, sai ho un casino di richieste per nuovi prodotti…”, io preoccupato domandai “Ma, allora significa che non mi fari più tornare alla normalità”, e lei “Ma nooo, sciocchino, cos’hai capito! Tu ti farai la tua vita, inizialmente forse sarà un attimino movimentata, fino a quando non avrò finito d’istruirti, sai è per il tuo bene, te lo ripeto, non contraddire mai, una padrona gigante, mai…”, e io ancora davanti alla sua enorme vagina continuai “Ma come fai a fidarti di loro, immagino sia un mercato proibito..”, la sua tranquillità era disarmante “Eh eh, un’attività per essere proibita deve poi anche essere riconosciuta e con la chiara prova dell’esistenza, nessuno si mette a cercare ciò che non esiste ah ah ah, e sappi che le mie donne, possiamo dire clienti sono state selezionate, non illuderti da me non scappi, e a beneficio di quanto ti ho detto poc’anzi tu domani andrai a lavorare normalmente, nessuno così potrà sospettare di niente e nei prossimi giorni ti dirò cosa fare, mi sa che con te mi divertirò a farti strisciare e lo sai che la cosa più divertente e che non puoi farci niente, ma dai non fare quella faccia, dopo tutto tu stamattina davanti all’albo avresti fatto tutto per me, adesso hai la possibilità di dimostrarlo, cioè lo devi fare, e adesso visto che sei li….leccamela un pochino..”, io non avevo ancora capito che lei su di me aveva il totale controllo, in risposta “La mandai a quel paese”, la reazione non si fece attendere, con un movimento fulmineo e mi trovai avvolto nel cotone dei suoi slip, l’ambiente era pregno di odore vaginale, in un attimo mi ritrovai inzuppato e appiccicaticcio, e lei si divertiva a massaggiarsela, i suoi leggeri movimenti titanici si stavano tramutando in un martirio, ero sfinito mi era impossibile oppormi, fregandosene completamente si mise comodo, allungò le gambe e così restò a guardare la televisione, ad un certo punto rivolgendosi a me disse “Ehi stronzetto, stai dormendo, non sento più nessun movimento, fai pure, stanotte stai li, ti tolgo solo domani mattina ah ah, notte.”, e se ne andò a dormire.

La sveglia tuonò, mi svegliai di soprassalto, un sogno pensai, i miei movimenti impacciati mi riportarono alla crudele realtà, il suo risveglio fu per me un piccolo terremoto, la pressione del tessuto si affievolì allorquando per scrutarmi introdusse un dito sotto l’elastico e si allargò leggermente gli slip “Buongiorno, vedi non ci metto molto a punirti, ti serva da lezione adesso vieni fuori, che ti vesti e poi vieni con me a scuola…”, così ritornato normale, mi vestii e ci recammo a scuola, la sensazione di essere di nuovo normale non mi era di conforto, il ricatto era reale, e la spada di Damocle era li pendente sopra la mia testa, minacciosa più che mai, nel atrio dell’istituto lei si voltò verso di me e mi disse odorandomi “Forse è meglio che vai farti una doccia, la puzza di figa che ti trascini è un pochino invadente eh eh, ma cos’hai fatto stanotte ah ah ah e adesso sparisci, e non ti preoccupare quando avrò bisogno mi farò viva,…ah a proposito, come dicono in certi polizieschi americani, non lasciare la città, sarebbe antipatico farti rimpicciolire e dover cancellare il tuo codice, byeeee!”, io sconsolato non le risposi nemmeno e pensai – puttana-!

Continua...



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