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L'Ostaggio

Parte III inviata da Packy e caricata in data 26/Marzo/2004 23:15:12


Mi coricai stanco e fortemente provato da quell’allucinante e allo stesso tempo intrigante avventura avuta con Samantha, malgrado fossi stato provato psicologicamente presi sonno, quasi immediatamente.
La notte trascorse senz’alcun’ulteriore sorpresa, il mattino presto, molto presto mi destai, ero indolenzito, e il mio corpo, qua e la, era rossastro se non addirittura bluastro, evidentemente le bordate della mia bambinaia prese la sera prima, m’avevano causato svariati ematomi e molti lividi. L’orologio a muro in cucina segnava le 6.00, la luce solare si stava diffondendo un po’ ovunque nel salone, tutto taceva, solitamente Samantha era sua abitudine alzarsi verso le sette, il sabato francamente non lo sapevo. In ogni caso, io ero in gabbia, piccolo, solo in quella paurosa nuova sproporzionata realtà. Avrei dovuto aspettare i suoi comodi, e poi francamente cosa sarebbe cambiato, da ieri sera io non ero più in grado di gestirla.

Ora il mio destino dipendeva da lei, per le due ore successive, fino a quando la radiosveglia non suonò mi cimentai in alcuni calcoli, sulle mie reali proporzioni confrontate alla possente stazza e statura di Samantha, infatti, io ero alto solo 7,5 cm, calcolato che, normalmente, la mia statura era paragonabile ad 1,7 metri, e lei essendo alta almeno 1,90 m, mi doveva apparire alta almeno 42 o 43 metri, e in quanto al peso francamente non fui in grado di stimarlo, ma solo al pensiero di essere spiaccicato m’angosciava. Non appena sveglia, dopo essere andata in bagno, s’avvicinò alla gabbia, si chinò leggermente e disse “Buongiorno, il mio maialino ha dormito bene?” prima che io potessi rispondere replicò “Spero di si, ho il dubbio che per te oggi sarà una giornata pesante eh eh, allora perché quel broncio?…Ahhh ho capito, sei arrabbiato con me! Ma perché? Spero che non sia solo perché con un ditino ti ho obbligato a leccarmela? E poi sei tu che ti sei cacciato nei miei boxer!”. Io con orgoglio ribadii “Si sono incazzato nero,… e poi mi hai fatto pure male..” e voltandomi su me stesso per mostrargli i lividi aggiunsi “..guarda, cosa mi hai fatto!”. Io sperai in una sua reazione di dispiacere, invece, ebbi esattamente l’effetto contrario “Sai Giorgino, visto che grazie a te ho rotto il ghiaccio, stasera si replica.. “ allibito a ciò che udivo notai pure che nel frattempo si era infilata una mano nei pantaloncini e più la discussione andava avanti più il ritmo dei movimenti nei boxer aumentava, si stava paurosamente eccitando. Io ero disperato, dovevo calmarla, ad un tratto s’avvicinò di più e con voce flebile “Ti ho sognato eh eh non hai nemmeno idea….

Mhmm… ma lo sai che sono bagnata sotto…”. Dicendo questo, lentamente sbloccò il fermaglio del piccolo cancello della gabbia, io mi resi conto che i dubbi della sera prima si stavano tragicamente trasformando in realtà, cioè che io ero diventato nient’altro che un giocattolino sessuale, da usare a discrezione. Cercai rifugio nella parte più lontana della gabbia rispetto all’apertura, malgrado mi muovessi velocemente, lei con possenti movimenti del suo avambraccio fece addirittura volare l’enorme letto della Barbie. In un colpo d’occhio avvolto dalla morsa della sua mano fui estratto violentemente. Al suo cospetto mi disse “Bambino cattivo, non vuoi far felice la tua padroncina. Vedi tu ti lamenti che sono rozza con te, ma è tutta colpa tua, se tu ti opponi io devo punirti, vedi ora senti come ti sto stringendo…”, tutto accadde in un lampo, mi sentii esplodere, e urlai “Ahhhhhhh ti prego non farlo, ti scongiuro, io….”, e finalmente allentò la presa ridendo, “Vedi se non vuoi farmi le cosine che io desidero, io te lo faccio fare con la forza, con le conseguenze del caso… possiamo fare subito una prova, così vedo se hai capito…”. Io ribadii “Che prova?”, una risata di piacere “Eh eh, è più facile fartelo vedere che spiegartelo”. Depositato sul tavolino in cristallo, si tolse la maglietta, restando completamente a dorso nudo, mostrando nella sua bellezza le gigantesche tette, gettata la maglietta sulla poltrona mi prese nuovamente posandomi in terra a pochi metri dei suoi enormi piedi, poi lei dinanzi a me si sedette sul parquet, appoggiando la schiena contro il divano e allargando le cosce, scostò i pantaloncini mostrando la sua gigantesca vagina, la delicata peluria era fradicia, l’odore stava imperversando un po’ovunque, mi guardò e con un dito appoggiato sulle labbra vaginali disse “Qui, subito, e lecca eh eh…”.

Io mi ero bloccato, e lei vedendomi titubante aggiunse “Vedi, sei disubbidiente, allora ti spiego, se me la lecchi senza far storie, dopo di faccio il bagnetto, ti do la colazione e ti lascio tranquillo fino ad oggi pomeriggio, lo sai arrivano le mie amiche eh eh a conoscerti e ad assaggiarti, se no, leccare la lecchi ugualmente su questo non ci piove, però, niente bagno, ne colazione, ma bensì una bella passeggiata in slip con me… allora, che si fa?”. Impotente e consapevole che la seconda alternativa era a dir poco allucinante, m’assoggettai ai suoi voleri, iniziai a leccare, era grondante, mentre lei con un’espressione di piacere frammista a soddisfazione mi fissava, e in più per rincarare la dose se la stava massaggiando delicatamente, causandole eccitazione, ad un tratto una pressione alle mie spalle e lentamente mi sentii sprofondare sempre più contro le sue immense labbra, io cercai di reagire urlando invano “Ma che fai, no non……”. Fui avvolto da una massa calda e umida, mi stava spingendo al suo interno, a mo’ di fallo in plastica, mi mancava il respiro, ogni tanto però qualche boccata d’aria mi raggiungeva, infatti, con i movimenti regolari delle sue dita se la allargava a sufficienza, permettendo all’aria fresca di raggiungermi, non sapevo fino a che punto fossi al suo interno, oramai le sue dita facevano pressione sul mio culo. Giù in fondo ero asfissiante, l’unico tentativo era di dimenarsi per fargli capire la mia disperata situazione. Come se mi lesse nel pensiero, afferrato ad una gamba fui estratto velocemente, come velocemente mi trovai sospeso davanti ai suoi occhi, il liquido vaginale che mi avvolgeva, m’impediva di mettere a fuoco il suo viso lentigginoso. Una moina “Mhmmm, ma lo sai che sei uno sporcaccione, mhmm uno sporcaccione molto intrigante…”, dicendomi questo iniziò a percuotermi di lingua, mi fece passare tutto. Un’esperienza terribile, se penso anche al fatto che il fragrante odore di figa mitigava solo in parte il suo alito pesante. Passato al setaccio di lingua, mi depositò sul palmo, e scrutandomi attentamente disse “Wow, sei stato stupendo mhmm, e come promesso ora il bagnetto e poi colazione, e dopo in gabbia, ma dimmi sei sicuro di non voler venire per negozi con ,in mutandina?”. Io incapace di parlare, negai alzando le braccia.

Era mezzogiorno passato da molto, devo dire che Samantha fu di parola, infatti, fui lasciato in gabbia, solo, in quell’enorme casa silenziosa. In lontananza si percepiva il ticchettio della vecchia pendola che si trovava nello studio di Lorena, a tratti si udiva pure il cinguettio degli uccelli che svolazzavano in giardino, io ero li seduto sul letto, o meglio di quanto ne rimaneva. Nel catturarmi non era andata per il sottile, opporsi a lei, per me sarebbe stato un suicidio, avrei sempre perso. La tattica che dovevo adottare d’ora in poi era convincerla della mia buona fede, su quanto successo la sera prima e sul fatto che Lorena, mia moglie, si stava sbagliando sul mio conto. I miei pensieri vennero distolti improvvisamente da un vocio, che veniva su dal viale e che si faceva sempre più nitido e chiaro, come pure lo stridore del ghiaietto, certo, queste dovevano essere Samantha con le sue amiche, viepiù s’avvicinavano al villino i loro discorsi frammisti a risate e schiamazzi vari si facevano sempre più chiari, il rumore della chiave nella toppa, e aperta la porta d’entrata, la quiete a cui mi ero abituato, si trasformò in una cacofonia. Non so quante persone fossero, non erano ancora entrate in sala, udii solo una domanda fatta a Samantha da una delle accompagnatrici “Senti, io non è che creda poi tanto alla balla dell’uomo tanto piccolo da stare in una voliera per canarini..”, e prontamente la risposta “Vedrete voi stesse con i vostri occhi, seguitemi e stupitevi!”. Le due ragazze accompagnate dalla mia “bambinaia” si misero attorno alla gabbia rotonda, i loro sguardi lasciavano trasparire sbigottimento e incredulità, almeno fosse stato tutto irreale, purtroppo no, io volgendogli lo sguardo per osservarle meglio, mi girai su me stesso, questo non per sbigottimento, bensì per timore. “Ciao…”, una delle due amiche iniziò così, e io “Ciao!”, e lei continuò “Io sono Prisca e lei è Jessica, wow, fico, ma allora è tutto vero, anzi…”.

Prisca si dimostrava più intraprendente rispetto a Jessica, che per il momento, ancora allibita, stava solo a guardare, infatti, la porticina dell’enorme prigione fu aperta, memore dell’esperienza vissuta la mattina con Samantha, restai immobile, ad attendere l’inevitabile, fu meno traumatico rispetto alla prima volta, questo anche perché evidentemente senza una mia opposizione, i movimenti dell’avvenente signorina furono più delicati. Dalle mani sudate e dalla pelle molto calda che aveva, supposi che all’esterno doveva far molto caldo. Dalla sua morsa sporgevo con metà busto, sotto avevo le gambe perfettamente libere, lei non esitò ad avvicinarmi il più possibile al suo sguardo, e continuando a masticare la chewing-gum con curiosità mi scrutò con attenzione e poi rivolgendosi alle altre esclamò “Ma guardate, il pisellino che carino,…”. Allargando la presa mi ritrovai libero nella sua mano, e nello stesso momento mi trovai percosso dal suo enorme indice dell’altra mano, dopo avermi torturato un poco disse a Samantha “Ma è stupendo, ma lui è veramente il marito della dottoressa? Lo ha ridotto così per punizione, e così te lo ha affidato in sua assenza, wow” , Samantha annuì. Dopo i convenevoli, seppi che Prisca conosceva mia moglie, perché sua madre aveva a che far con il laboratorio, non avevo ancora capito chi fosse, in quegli istanti pensai fosse meglio non indagare in merito.

Poco dopo mi ritrovai sul bancone della cucina, avevano deciso d’assaggiare della crema al cioccolato. In quegli attimi, approfittai nell’osservare accuratamente le due ragazze, le quali portavano delle ciabatte infradito e indossavano dei completini molto leggeri, attraverso i quali si potevano intravedere pure le sagome della loro biancheria intima. Prisca era una graziosa biondina, tettona e anche un pochino in carne, ma devo dire alquanto piacente. Jessica era mulatta, lineamenti latineggianti, doveva avere delle origini sud americane, al contrario di Samantha e Prisca era piuttosto taciturna. Il suo approccio con me fu del tutto tranquillo, quasi non volesse esporsi oppure offendermi “Ciao io mi chiamo Jessica, e non devi aver paura di me, ma stai tranquillo, Prisca non è cattiva, ogni tanto esagera,…” il colloquio venne bruscamente interrotto dalle sue amiche “Ehi Giorgio io e Samantha abbiamo deciso di farti fare un bagnetto nella crema..” Prisca fissandomi con un fare da stronza aggiunse “entri da solo oppuree…”. Io consapevole che opporsi era vano m’incamminai verso la ciotola di Prisca, un’ombra e mi trovai preclusa la via dalla possente mano mulatta di Jessica la quale “No, adesso voi due basta, non potete fargli questo, non vi pare già abbastanza quel che sua moglie gli ha fatto?”. Io sbirciai attraverso le dita per capire la reazione delle altre due aguzzine. Una risata “Su dai Jessica che palle, non rompere, e lasciacelo. L’unica volta che possiamo fare quello che vogliamo con un maschietto. Dai lasciati andare un pochino, non te lo ammazziamo mica eh eh, se non ti va puoi andar fuori dai ciglioni”. Jessica non aveva il carattere di Prisca, la quale si sentiva forte spalleggiata da Samantha. La mia protettrice levò la mano e mi disse “Scusa, ma non posso aiutarti, purtroppo devo lasciarti in loro balia.”

Io capii che adesso ero solo, un poderoso colpo di pugno fece vibrare il tavolo di marmo, il boato mi fece ripiombare nella realtà “Adesso muoviti e facci vedere come sguazzi bene nella crema eh eh”. Raggiunsi la scodella m’issai, m’issai faticosamente sul bordo, era a circa due metri, questa manovra mi fu facilitata da una spintarella di Prisca, la quale mi fece letteralmente piombare nel budino cremoso, sguazzando udii Jessica imprecare e subito dopo sentii sbattere la porta d’entrata, evidentemente non condivideva appieno la faccenda. Le due guardandosi in faccia sbottarono con una fragorosa risata *Eh eh, così ce ne resta di più per noi eh eh, ehi guarda lo stronzetto cerca di uscire e voilà,…”, si divertivano ad impedirmi di raggiungere il bordo con delle leggerissime spintarelle, le mie sorti vennero un attimino lasciate al caso in quanto le due troiette gustandosi il budino parlavano del più e del meno, ogni tanto Prisca con il cucchiaino si divertiva a mettermi sotto. Fortunatamente il budino lo finì rapidamente, ora quel che rimaneva ero io, fradicio e qua e la qualche traccia di cioccolato. Lei esclamando “Mhmmm, adesso godiamoci il biscottino eh eh, su, piglia il cucchiaino che voglio leccarti tutto.”
Il pomeriggio si svolse in parte su quei toni, leccate, torture, sevizie e umiliazioni d’ogni genere. Sul finire Samantha si cimentò pure a raccontare in ogni dettaglio la faccenda dei boxer della sera prima come pure quanto successo la mattina. Prisca allibita ascoltava con avidità, io ero li, sul tavolino di cristallo della sala, a grattargli i piedi.

Faceva molto caldo, il puzzo di piedi era frammisto all’odore di sudore della loro cute. Visto l’ora piuttosto tarda, ero convinto che Prisca ci avrebbe lasciato, io non ne potevo più, tutto il mio corpo era cosparso di lividi ed ematomi, ero sporco, non capivo cosa fosse peggio, il mio puzzo oppure il loro, inoltre la barba, mi grattava in ogni dove, infatti, dopo una settimana era cresciuta assai, io la odiavo, proprio perché la ritenevo antigienica. Improvvisamente Prisca si levò in piedi e dopo aver bisbigliando alle orecchie di Samantha, le due esplosero in una fragorosa risata. “Eh eh eh eh, su dai Prisca, io sono convinta che non aspetta l’ora eh eh”. Non mi era ancora chiaro cosa le due avessero in mente, la risposta non tardò ad arrivare, Prisca con semplicità estrema m’afferrò alla gamba sinistra, e sollevato all’altezza della sua bocca, penzolante a testa in giù, venni accuratamente leccato a dovere e poi, disse “Carino, io devo scappare, però prima voglio farti provare qualche cosa di mio….”, dicendomi questo si era alzata il gonnellino ed aveva allargato a sufficienza l’elastico delle sue mutandine. I miei disperati tentativi d’oppormi suscitarono un’antipatica ilarità delle due stronze. Allucinante fu il dopo, io sempre bloccato dalla sua poderosa morsa, fui calato e issato più volte, la giù sotto faceva caldo umido, le sue fragranze vaginali erano pure frammiste a quell’antipatico odore acre d’urina.

Finalmente, dopo aver osservato attentamente le tracce delle sevizie che il mio esile corpo testimoniava, Prisca con noncuranza mollò la presa facendomi precipitare su uno dei cuscini del divano, superfluo dire che il tutto mi causò un pauroso shock, il quale evidentemente mi fece perdere i sensi, non so quanto tempo restai incosciente, mi svegliai su un morbido panno profumato, la puzza che aveva contraddistinto l’intero pomeriggio era sparita, anch’io d’altronde ero pulito. Alzai il capo e in lontananza di fronte a me allungata sul divano vi era Samantha che stava guardando un film alla TV. Il mio risveglio venne notato e lei prontamente s’avvicinò e accarezzandomi disse “Finalmente, io e Prisca eravamo preoccupate…”, non so come feci a trovare la forza d’urlare “Preoccupate un cazzo, voi due m’avete quasi ammazzato, senza citare tutte le porcherie che ho subito, e tu ti sei divertita se non sbaglio?”. Lei con un sorriso mal celato “Bhé si, effettivamente, non posso negarlo, in ogni caso Prisca quando ti ha visto incosciente sul cuscino, a cambiato atteggiamento, stronza e arrogante si, ma non crudele, mi ha detto di salutarti e se puoi di scusarla, domani io e lei al pomeriggio andiamo in piscina, ti prometto che tu resterai qua tutto tranquillo nella tua gabietta OK? Ora ti metto a dormire e stai tranquillo, con me non dovrai più temere.”

L’indomani al pomeriggio Prisca arrivò alle 13, Samantha non era ancora pronta, e mentre armeggiava in camera, l’amica s’avvicinò alla mia gabbia e sbirciando tra le sbarre disse “Eccolo qua il nostro canarino in gabbia eh eh, allora vedo che ti sei ripreso dal volo che ti ho fatto fare ieri sera, mhmm, bene,….” , si stava aggirando per il salone con circospezione, ogni tanto furtivamente si voltava verso la camera di Samantha. Avvicinatasi ad una delle grandi porte finestre che davano verso la pergola del giardino l’aprì, o meglio sbloccò la chiusura, ma non l’aprì, anzi, prestò attenzione di non spostare la maniglia. Ritornata sui suoi passi, s’avvicinò nuovamente e prese il cellulare e con un leggero movimento ondulatorio della testa si scostò i capelli e portò l’apparecchio all’orecchia. Io ero li impalato, fungevo da spettatore. Dopo un breve silenzio Prisca “Si ciao mamma, sono io, allora come da programma, voi aggirate la casa e attraversate la pergola e raggiungete le finestre del salone, ne ho lasciata aperta una, e lui lo trovate in una gabbia dei canarini, non vi scappa eh eh, dovresti vederlo è stupendo,…..” mi era possibile sentire il vocio dell’interlocutrice, “…si avete tutto il pomeriggio, ho convinto la loro bambinaia a venire in piscina eh eh, bene ciao, ci vediamo stasera a casa, bye!”.

Li capii tutto, era una trappola, l’unica speranza era avvertire Samantha, senza indugio iniziai a gridare a squarciagola, ero piccolo, ma i miei versetti non potevano passare inosservati, uno scossone terribile, il letto volò letteralmente, e la gabbia oscillando paurosamente m’aveva sbattuto contro le inferiate, il contraccolpo mi stordì. Dopo avermi quasi ammazzato, Prisca ridacchiando, conscia che il contraccolpo ricevuto m’avrebbe impedito di richiamare l’attenzione della mia balia, mi diede di spalle rivolgendosi a Samantha “Senti, prendi anche il CD portatile con le cuffiette, così possiamo pure ascoltare della musica….”

Malgrado questo io ero piuttosto tranquillo, ero convinto che la mia gigantesca baby-sitter prima d’uscire di casa m’avrebbe voluto salutare ”, la mia speranza, fu vanificata quando Samantha dirigendosi nella mia direzione fu bloccata da Prisca, la quale mostrandogli l’orologio da polso le fece capire l’ora tarda che era, Samantha, annui solamente in quanto aveva già in testa le cuffiette del CD a pieno volume. Lei guardò verso di me, ma purtroppo era troppo lontana, infatti, i miei disperati tentativi d’invocare aiuto agitando le braccia furono scambiati come un saluto, in risposta lei con un sorriso, alzò il braccio in cenno di saluto e disse ad alta voce, questo perché appunto il volume della musica era alto “Ciao piccino, stai tranquillo, rientro solo questa sera.”

Poi sparì dietro l’angolo, seguita a sua volta da Prisca, la quale voltandosi con un sorriso beffardo, mi fece il tipico gesto del va a fa un culo, con il dito.

La gabbia stava ancora oscillando, oramai in tutta la casa regnava una calma glaciale, avevo capito tutto, nel pomeriggio la mamma di Prisca m’avrebbe catturato, e questo con estrema facilità, la mia tutrice era del tutto ignara della perfida macchinazione della sua amica, ma chi era la madre? Dalle poche informazioni avevo capito che aveva a che fare con il laboratorio e conosceva Lorena, durante quei fugaci pensieri notai che la porticina della voliera si era sbloccata. Mi guardai attorno e notai pure che i bruschi movimenti causati da Prisca, avevano spostato lo stelo che sosteneva la voliera, ora mi trovavo con tutta la gabbia quasi sulla verticale dello schienale del divano e questo stava a pochi metri sotto la base della mia prigione. Il pensiero fu fuga, questo era possibile, per raggiungere l’uscita dovevo solo sollevare il letto e appoggiarlo contro la parete e il gioco era fatto! Così feci e con un leggero movimento sbloccai la portina e aggrappato come un ragno, aggirai all’esterno la gabbia e mi ritrovai sopra allo schienale, certo che tra il dire e il fare, stimai, il salto era più di cinque metri, inoltre dovevo sommare pure il ruzzolone sullo schienale, ad arrivare fin dove si appoggia il sedere, in totale erano circa 15-20 metri. La mia esitazione venne annientata allor quando udii un rumore venir su dal viale, era un’automobile, stavano arrivando, e li mi gettai nel vuoto, ruzzolai come un sacco, una volta in fondo mi affrettai a raggiungere il bordo e mi ritrovai nuovamente davanti ad un precipizio di una decina di metri, in terra, dimenticato, poco distante vi era un cuscino, nel frattempo udii il rumore delle portiere chiudersi, e poi viepiù un vocio femminile ad avvicinarsi, la mia esitazione anche li venne a meno e ad andatura elevata raggiunsi la verticale del cuscino, il vocio ora era quasi eclissato dal rumore di tacchi sul lastricato dietro casa, mi gettai, rimbalzai senza conseguenze e ora dovevo raggiungere il grande mobile in noce che stava in fondo al salone proprio all’entrata del locale, li non m’avrebbe trovato nessuno, inoltre da spostare era impossibile, questo pure da una persona normale.

M’affrettai, correvo, correvo a più non posso, oramai le voci, talmente vicine, erano distinte, il rumore dei loro passi quasi boati, ero a pochi metri, ecco era fatta. Devo dire che la sotto era tetro, malgrado la luce pomeridiana ne illuminasse quasi completamente tutti gli spazzi. Restando dietro il grosso piede del mobile, per non farmi vedere, ripresi le forze. Volevo vedere chi fossero le miei cacciatrici, un rumore assordante e in fondo in lontananza vidi la base della grande porta finestra scorrere, delle ombre si stagliarono sul pavimento lucido. Erano due donne, su questo non vi fu dubbio, una volta dentro il passo aumentò di ritmo fino a raggiungere la mia ex prigione, un’esclamazione “Maledizione, è scappato, ma non può essere lontano….. senti Mara, dobbiamo passare tutti i buchi nascosti, tu comincia dalle camere, che io guardo qua”, finalmente la vidi in faccia, la riconobbi subito, quel viso non si dimentica facilmente, ora mi era tutto chiaro, era la signora Ferri, presidente del consiglio d’amministrazione che controllava oltre ad svariate ditte satelliti pure il laboratorio, era la mamma di Prisca, ora avevo capito il Machiavellico intrigo teso alle mie spalle. Quella donna era bella quanto diabolica, non fosse stata, così non sarebbe mai potuta arrivare la dov’è, l’avevo sempre reputata cinica, senza scrupoli, e ora se mi trovava, coi precedenti professionali e non, avuti con lei, avrei finito d’esistere. Di definirla affascinante era poco, se non erravo doveva avere 42 o 43 anni, 1,80 metri di statura, carnagione scura, capelli neri e sguardo elettrico, sempre ben truccata. Era almeno dal mio matrimonio con Lorena che non la vedevo, il suo corpo era possente, e questo non perché io piccino la vedevo dal basso all’alto, la sua muscolazione era possente, forse stava praticando qualche sport o addirittura il culturismo. Non passarono inosservate le sue scarpe aperte, tacco a spillo, catenina sulla caviglia destra, e alzando lo sguardo verso l’alto, mini in pelle con un provocante spacco, collant, camicetta bianca in seta luccicante, abbondantemente ingioiellata, la seta della camicetta quando si metteva contro luce ne permetteva di vederle la sua splendida silhouette. In quanto a Mara, era la segretaria leccapiedi della Ferri, quello che pensava la Ferri, pensava lei, un’oca insomma, carina pure lei, ma assai limitata, e complice nella vicenda e quindi pericolosa!

Era passata almeno mezz’ora dal loro arrivo, il mio nascondiglio reggeva, tra due donne il nervosismo iniziava a serpeggiare, i monologhi e le minacce nei miei confronti stavano crescendo, “Dove sei, piccolo bastardo, esci, non hai possibilità di fuga, se ti arrendi, ti prometto di non ammazzarti subito…”, io ero consapevole della mia forza, loro non sapevano dove cercare. Piccino com’ero il rumore dei loro tacchi sul parquet rimbombavano come un treno, ad un certo punto i giganteschi piedi della Ferri, s’avvicinarono pericolosamente al buffet rifugio, ora si era arrogata il diritto di sbirciare nelle nostre cose private, era nervosa, i suoi sproloqui ne erano la testimonianza, “Maledizione, hei stronzetto, ora curiosiamo tra le cose private di Lorena, sappi che la odio tua moglie, maledetta, è più intelligente di me quella troia, e dal giorno che ti ha sposto, ho giurato che me l’avrebbe pagata, e vuoi sapere perché…tu mi piacevi, e solitamente quello che mi piace lo prendo, lo uso e poi lo getto via, ma non preoccuparti, una volta che ti avrò catturato eh eh recupererò il tempo perso ah ah ah.”

Io ero impotente, le due gigantesche donne erano padrone in casa nostra, anche Mara, a fascino non scherzava, gonnellino, scarpettine con un leggero tacco e magliettina aderente, insomma anche lei figa. Le due femmine stavano imperversando in casa, anche l’ufficio fu messo a soqquadro, in breve tempo era come se un’orda di ladri fosse passata da li, evidentemente il gioco era anche quello, far credere il furto casuale quale depistaggio.

Dalle loro discussioni ero quasi propenso credere che se ne stessero andando, salvo! Alle mie spalle un crepitio, mi voltai e restai pietrificato, a pochi metri da me un enorme scarafaggio si stava avvicinando, con le sue enormi chele, o arti propensi verso di me, la sua orribile faccia, m’aveva pietrificato, d’istinto, incurante di quanto stesse capitando fuori, uscii allo scoperto, inseguito dall’enorme insetto, la mia paura inibì i miei sensi percettivi, un’enorme vibrazione e poi un’ombra sopra il mio inseguitore, mi voltai e lo vidi sparire sotto un gigantesco piede femminile, lo stridore del corpo frantumarsi venne seguito dalla perfida risata della signora Ferri “Ah ah ah, la pazienza è la virtù dei forti e delle gigantesse ah ah, ma guarda qua che strani insetti girano per casa, o piccolo Giorgino, chi non muore si rivede eh, chi ha la fortuna di restar bella e sexy come me e chi invece ahimè grande come un insetto, hai visto che fine fanno gli scarafaggi con me eh eh, ti posso assicurare che se tenti di scappare rimpiangerai di non aver fatto la sua fine ora…” dicendomi questo, si divertiva rigirando la punta della scarpa ad infierire su quanto rimaneva della povera bestiola…” io alzai lo sguardo era imponente, poi lei rivolgendosi a Mara disse “Mara, dalla mia borsetta, il retino presto”, in breve tempo maneggiando il guadino ne allungò l’impugnatura telescopica e rapidamente mi catturò come una farfalla, io ero in fondo e lei sopra mi stava scrutando, e stringendomi da sotto con il pollice e indice aggiunse, “Mhmmm, sei veramente stupendo, cazzo che scoperta ha conseguito tua moglie, mi vedo già un esercito di piccoli schiavi da usare a discrezione, e tu sei il primo eh eh…”.

La sua supponenza era odiosa, tanto che gli replicai  “Cosa ti fa credere che Lorena ti riveli la sua scoperta?”. E lei ridendo “La tua considerazione mi fa credere che oltre alle tue dimensioni si è pure ridotto il tuo cervello eh eh, mio caro, tu sei la mia carta di credito, tu sei nelle mie mani e ci resterai fino a quando Lorena m’avrà dato quello che vorrò, e non preoccuparti nel frattempo mi potrò divertire, sappi che io adoro il sadomaso, e mi dispiace dirlo con te eh eh, sarà veramente stuzzicante, se farai il bravo forse riuscirai a rivedere tua moglie ah ah, nel frattempo considerati nient’altro che un lecca figa tascabile ah ah”, io ero allibito “Ma allora…..?!?!”, e lei “Si tesorino, se nelle mie mani, sei mio ostaggio”.

Continua...


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