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dolceluna ha inviato un messaggio dal titolo:
piccola ispirazione per due righe ed ha ricevuto
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messaggio inviato in data:
14/Maggio/2006 03:02:53
Oggi scivo solo un paragrafetto perche ci ho daffare, devo rubare il leccalecca ad un bambino e dipingere delle striscie pedonali finte sulla Piacenza-Brescia.
Sono in camera mia e ho scelto un completino giallo acceso. Un top a canotta senza maniche e una minigonna. Il pancino prende aria e lo specchio mi dice occheiii!!! Mi piaccio vestita così. Faccio in tempo a farmi un paio di complimenti ed ecco che suona il campanello. Urcavè! Ha fatto velocissima la sorellina. Saltello nell’ingresso senza mettermi né scarpe né pantofole, scosto il mio anti-fuga improvvisato da sotto la porta col piede e poi, pettegola, guardo dallo spioncino perché mi piace vedere la faccia da tonno di quelli che stanno sul pianerottolo ad aspettare che qualcuno apra. E cosa vedo? Ma non è Ale! E questo chi è? Un tipo con la faccia convinta e la scritta NoUser sulla maglietta! Io non lo conosco ‘sto tizio, ma ha un’aria antipatica, così mi domando se il rimpicciolitore funziona anche attraverso lo spioncino, è un aggeggio ottico in fondo, no? Il campanello suona ancora. Ho capito!!! Con quella faccia è sicuramente un rappresentante del Folletto!! Hehe! Vado a raccogliere il rimpicciolitore sul tavolino dove c’è il vaso di Roby. Un’occhiata a Roby, sembra esanime, ma credo che viva ancora. Torno nell’ingresso in tempo per vedere il tipo che si gira per andarsene. Punto veloce il rimpicciolitore sullo spioncino e premo il pulsante. Guardo nuovamente nello spioncino e non vedo più nessuno… Boh? Ce l’avrà fatta? Apro la porta in tempo per sentire i passi di Ale che sale la penultima rampa di scale. Riconosco il battito dei tacchi dei suoi stivaletti estivi. Il mio sguardo scorre veloce per tutto il pavimento alla ricerca del tizio, mi dispiacerebbe, ma mi dispiacerebbe proprio tanto che finisse schiacciato. Intanto Ale ha girato sul penultimo pianerottolo, vedendomi, e ha cominciato a salire l’ultima rampa di scale. Lei mi saluta mentre io guardo il pavimento in cerca di qualcosa che si muova: “Ciao Mela! Mi aspetti sul pianerottolo adesso? Che gentile!”. Le rispondo distratta: “Entra Ale, mi è caduta una roba, la trovo e ti raggiungo.” “Ti aiuto, di che si tratta?” risponde lei posando il piede destro sul pianerottolo, dopo aver salito l’ultimo gradino. In quell’istante lo vedo. Si dibatte disperatamente agitandosi con una gamba maciullata sotto il tacco sottilissimo dello stivaletto di Ale. Lei alza il piede sinistro e lo posa accanto al destro, del tutto ignara della tragedia che si consuma sotto il suo dolce peso. “No, lascia…” le dico. Do un colpetto alla porta e le faccio cenno di entrare. Lei sorride e non se lo fa ripetere. Cammina col suo passo sicuro lasciandosi alle spalle un’altra di quelle mini tragedie che gli esseri umani si lasciano dietro continuamente per il solo loro esistere. Io mi chino, raccolgo il piccolino tra due dita e melo avvicino al viso. Lo guardo e vedo che cerca di dissimulare una smorfia di dolore. La gamba è del tutto stritolata, i tacchi di Ale non perdonano, ma lui cerca di restare impassibile, fa il duro. Eppure la sua debolezza e la sua fragilità si vedono tutte. Tuttavia non provo pena per lui, chissà perché? A differenza degli altri piccolini non sembra affatto eccitarsi alla mia vista. E non sembra nemmeno spaventato. Io non ho mai visto nessuno capace di inibire così tanto le emozioni, questo non si concede nulla, poverino. Fatto sta che se non mi fa vedere un po’ di terrore, io non mi diverto.
Dico, ma se uno di voi si concentra e si immagina di trovarsi di fronte ad una gigantessa tipo me, avrà un po’ di paura, spero! E si ecciterà un po’, a meno che giovedì scorso non abbia deciso che la faccenda non lo eccita più… Boh?
Comunque ho già deciso di lui. Avrà un giorno e mezzo di prigionia (un po’ particolare) e poi, se sarà in buona salute, lo restituirò alle sue dimensioni reali e lo libererò. Lo lascio scivolare sul palmo della mia mano, la chiudo leggermente a pugno e distendo il braccio lungo il fianco. Poi entro in casa e chiudo la porta. Intanto sento Ale che mi chiede: “Posso andare in bagno?” “Vai pure, ma in quello di servizio che nell’altro c’è troppo casino!”. Tra me e me penso a Fabio un po’ troppo in vista sulla lavatrice del bagno principale… Chissà se è ancora vivo?
Approfitto della pipì di Ale per andare a disfarmi di questo esserino inutile. Arrivo in cucina di fronte al lavello, prendo un bicchiere grande di vetro e lo riempio d’acqua lasciando tre millimetri dal bordo. Porto il mio pugno ancora chiuso sul bicchiere e lo apro di colpo lasciando cadere questo tipo anonimo nell’acqua. Immediatamente la gamba maciullata espande una chiazza rossa nel liquido, restando deforme ed inerte mentre l’altra si agita come le braccia per restare a galla. Lo guardo. Mi guarda. Non c’è nulla di nulla tra noi, non l’ho mai visto prima eppure lo sto uccidendo. Mi sento pericolosa per l’intero genere umano, e ne provo un sottile piacere. Guardo la sua gamba che Ale ha straziato e, fredda, dico: “Bisogna disinfettare.”. Porto il bicchiere alle labbra e bevo un sorso d’acqua, intanto i miei occhi lo seguono e lo vedono agitare i tre arti rimasti per allontanarsi da me. Mi sento soddisfatta e penso: “Allora non ce la fai a nasconderti proprio tutto! Un po’ di terrore ti scappa!” Poso il bicchiere sul tavolo. Apro un’anta in basso, sotto il lavello e prendo l’alcool denaturato. Mi avvicino con la bottiglietta e assaporo un altro scatto di paura nel mio piccolo nuotatore, paura che si trasforma in dolore quando verso l’alcool nell’acqua fino a ripristinare il livello originario. La sua smorfia di dolore è chiarissima e mi fa scappare una risatina divertita. “Cazzo ti ridi cogliona?!” Mi grida Ale dal cesso. Non le rispondo. Prendo un pezzettino di domopak e lo tendo sul bordo del bicchiere come la sottile pelle di un tamburo, lo assicuro con un elastico e ci guardo attraverso. Adesso è vera paura! Un alone giallo mi dice che l’esserino ha lasciato andare l’urina che aveva in corpo. Sono davvero feroce. Sollevo il bicchiere senza distogliere mai il mio sguardo dal suo, apro lo sportello del freezer, impassibile ci poso dentro il bicchiere e dischiudo le labbra solo per sussurrargli, dolcissima: “Byebye piccolino, a domani!” Si agita furente, disperato, lottando col vetro, con l’alcool e con il domopak, tutte barriere indistruttibili per lui, mentre lo sportello inesorabile si chiude come un sepolcro di ghiaccio. E tutto buio. Lui sente ancora aprirsi lo sportello di sotto del frigo E la mia voce attutita che grida ad Ale “Ti va un Bacardi Breezer?!”, Mentre la mia mano, non ancora soddisfatta gira sul massimo la manopola che regola la potenza del frigo.
Baci a tutti!
Monica