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jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo:
RACCONTO: l'incantesimo(parte III) ed ha ricevuto
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messaggio inviato in data:
28/Giugno/2006 15:16:03
Ecco la terza parte, aspetto vostri pareri e commenti, ciao:) e grazie ancora
Racconto: L’incantesimo (parte III)
Nella stanza spoglia penetrava attraverso le tende un tenue bagliore di luce. Riccardo si guardò intorno, provò a muovere il braccio destro, ma un dolore lancinante lo fece rimanere immobile. Ricordò dell’incidente e sperò fortemente di non aver fatto male a nessuno, poi, la porta si aprì ed entrò un infermiera. Mentre quest’ultima si avvicinava al suo letto, guardandolo con i suoi occhi azzurri ed un sorriso splendente sul viso, Riccardo la riconobbe e disse:
<< Ma…ma tu sei…la fata!>> si portò la mano a sinistra alla bocca per paura di poter sembrare pazzo dicendo una cosa del genere, ma l’infermiera si accostò al suo letto e lo guardò con gli stessi occhi grandi e dolci della fata, poi disse, dandogli una carezza sulla guancia:
<<Certo che sono la fata!>>
Riccardo continuò a guardarla, rapito dalla sua bellezza e la ragazza disse:
<<Non potevo mica apparirti da infermiera a dieci anni! Saresti scappato via!>> e rise divertita.
Riccardo le chiese:<< Sei reale? Esisti nel mondo o esisti solo per me? Ti prego rispondimi!>>
<<Chi può dire cosa esiste e cosa non esiste? Un pensiero esiste? Esiste un sogno? Esiste la speranza? Non esiste solo una dimensione della vita.>>
<<Se non sei una fata, allora cosa sei?>>
<< Puoi chiamarmi in tanti modi, angelo o venere… sono ciò in cui gli uomini credono, ciò che reputano perfetto e divino. In effetti credo di essere semplicemente la tua idea di perfezione.>>
<< Ti ho creata io? La storia dell’incantesimo è tutta una mia creazione? Un mio sognare ad occhi aperti?!>>
<< No, non direi proprio.>>
<<Allora che cos’era?!>>
<<Magia.>>
Sul viso di Riccardo si dipinse una smorfia di delusione, e poi disse:
<< Ho capito, sono tutto matto!>>
La fata si sedette accanto a lui sul letto e gli poggiò una mano delicatamente sul petto:
<<Ciò che era considerata magia ora è scienza. Pensa all’elettromagnetismo! Solo seicento anni fa era considerata pura magia! Pensa agli aerei, ai deltaplani! Nessuno avrebbe mai creduto che l’uomo sarebbe riuscito a volare! Invece ora sono cose normali, cose di tutti i giorni! Chi ti dice che la tua mente non possiede un potere che un giorno sarà considerato reale e scientifico, invece che magico?>>
<< Cosa vuoi dire?>> chiese Riccardo confuso ma catturato.
<<Voglio dire che tutto ciò che hai vissuto è reale, come lo sono io.>>
<<Quindi io mi sono rimpicciolito realmente tutte quelle volte?>>
<< Esatto, e inconsciamente eri tu stesso a volerlo. Era il potere della tua mente a far realizzare quella magia.>>
<< Con Laura invece non è successo…perché dovrei amarla?>>
La fata sorrise, rialzandosi dal letto:
<<So che adesso la odi profondamente, ma ricorda che il confine tra odio e amore è assai sfumato.>>
<< E adesso cosa devo fare?>> chiese Riccardo protendendosi un po’ dal letto, vedendo la fata camminare verso la porta:
<<Cerca le risposte alle domande che ti fai! Addio Riccardo!>>
La fata uscì dalla stanza e Riccardo restò con lo sguardo fisso sulla porta a pensare alle parole che lei gli aveva detto. C’era solo una cosa da fare: verificare che lui si rimpiccioliva davvero e l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo era Alessia, perché la sua amichetta si era divertita tante volte con lui ed i ricordi erano così nitidi che non potevano essere falsi.
Riccardo si alzò dal letto e si ritrovò un po’ traballante sulle gambe, aveva un dolore ottuso al braccio e al costato, ed indossava un semplice pigiama da ospedale. Camminò verso la porta della stanza senza riuscire ad escogitare una soluzione che l’avrebbe portato al più presto da Alessia. Ma mente tendeva la mano verso la maniglia la porta si aprì ed apparve sua madre.
<< Ricky! Ti sei già alzato?>>
<< Ciao mamma…>> disse Riccardo.
<< Devi rimanere assolutamente a riposo vieni! Torna a letto! Hai passato tutta ieri sera e sta notte in uno stato confusionale e i medici vogliono tenerti un po’ sotto controllo!>>
Così la donna riaccompagnò il figlio a letto e quest’ultimo quando si fu seduto sul materasso disse:
<<Devi portarmi dei vestiti, devo parlare assolutamente con una persona!>>
La madre scosse il capo:<< non se ne parla! Non ti muovi di qui! Caso mai chiamo io questa persona e la facciamo venire qui!>>
Riccardo osservò la madre che lo guardava con i suoi occhi scuri preoccupati; era una donna sulla quarantina, mora, con i capelli fino alle spalle, il corpo magro e longilineo. Era alta e dall’aspetto elegante, con i tratti del viso raffinati. Indossava un abito leggero di cotone, chiaro, che si metteva splendidamente in contrasto con l’abbronzatura della sua pelle, imbrunita dai lunghi pomeriggi passati in giardino a leggere. Un’idea si delineò nella mente di Riccardo e abbassò lo sguardo verso i piedi della madre e li vide belli come al solito, lunghi e magri, con le dita affusolate e le unghie smaltate di uno splendente bianco. Si chinò e tese la mano verso di essi, per toccarli ma la madre indietreggiò:
<< Che intenzioni hai?!>>
Riccardo la guardò in viso e vide l’espressione severa della donna; un brivido gli percorse la schiena mentre in mente gli tornarono i ricordi di quando si era trovato rimpicciolito ai suoi piedi. Ricordò di quando, dopo l’incidente a scuola, aveva raccontato alla madre cosa gli era accaduto e dell’incantesimo, di come lei gli accarezzò la gamba con il piede per vedere se si rimpiccioliva davvero e di come lui si era sentito spaventato a ritrovarsi minuscolo al suo cospetto. Ricordò di come la madre rimase sorpresa nel vederlo così piccino e di come si prese cura di lui amorevolmente, ricordò anche il giorno in cui lei usò l’incantesimo per punirlo, e allora chiese:
<<Mamma…tu ricordi quella volta quando avevo quindici anni in cui tornai ubriaco a casa alle 4 di notte?>>
La donna annuì e disse accennando ad un sorriso:<< Certo che me lo ricordo! Scemo che non sei altro!>>
Riccardo continuò:<< E ricordi quale fu la mia punizione?>>
La madre assunse un espressione seria e restò un po’ in silenzio. Riccardo la guardò negli occhi fremente, senza riuscire a capire se la donna stesse esitando perché non ricordava affatto la punizione oppure perché se ne vergognasse. Infatti , vedendolo rientrare in quello stato, lei gli era andata incontro in vestaglia, a piedi nudi e gli aveva tuonato addosso:
<<Credi che sia questo il modo giusto di comportarsi? Cosa vuoi diventare un criminale?!>>
Riccardo le aveva risposto:<< Eh dai mamma! Non rompere ! tanto ti sarai ubriacata mille volte anche tu! È divertente!>>
Lei allora aveva gridato:<<Bene! Allora se ti diverte tanto adesso ti divertirai anche a subirne le conseguenze!>>
Fu allora che Riccardo sentì le lunghe dita del piede destro di sua madre strusciargli sullo stinco, graffiandolo un po’ con le unghie un po’ lunghe; si ritrovò rimpicciolito e la madre l’osservò dall’alto:
<< Ecco fatto! Ora sarai mio schiavo fino a quando tornerai normale!>> e nel dire questa frase sollevò il suo immenso piede per andare a posare poi il suo alluce sul piccolo corpo del figlio. Riccardo si trovò compresso supino sotto la massa di carne dell’alluce della madre, che lo pressò al suolo senza remore. Riccardo pensava di soffocare la donna non sembrava essere preoccupata, gli disse con la voce ferma:
<<Leccami il piede se vuoi essere perdonato!>>
Riccardo esitò frastornato e lei disse nuovamente:<< se non lecchi ti tengo li sotto fino a quando il mio peso non ti avrà fatto scomparire! A te e alla tua cialtroneria!>>
Riccardo allora leccò, provando un ribrezzo incredibile. La donna allora lo lasciò libero, ma la punizione continuò per le ventiquattr’ore avvenire, in cui lo trattò alla stregua di uno scarafaggio.
<< Mamma… te la ricordi… la punizione?!>> insistete Riccardo, standosene seduto sul letto d’ospedale. La donna allora disse:
<<Mi vuoi colpevolizzare per una cosa successa tanto tempo fa?! E poi dovresti ringraziarmi, perché con quelle maniere forti sono riuscita a farti smettere di vivere come quei mascalzoni dei tuoi amici!>>
Riccardo non poté trattenere un sorriso, si alzò ed abbracciò la madre.
<<Ma perché ti è rivenuta in mente quella storia?!>>
Riccardo disse:<< Pensavo di essere pazzo!>>
<< Ma cosa dici! Hai solamente quella qualità stravagante! Sei speciale!>>
Una lacrima solcò il viso di Riccardo che allora chiese alla madre:
<<Mamma, mi devi aiutare…se mi vuoi bene devi farlo!>>
Riccardo raccontò tutta la storia alla madre, le disse dell’articolo e anche che quando Laura l’aveva toccato con il piede lui non si era rimpicciolito. La madre restò stupefatta, quasi emozionata dalla notizia.
<<…quindi mi devi portare fuori da quest’ospedale e lasciarmi andare da Alessia, ho bisogno delle sue conferme, ho bisogno di sapere se tutti i miei ricordi sono veri! E poi devo chiederle qualcosa che tu non potresti fare! Fidati di me! Ti prego! Forse sono di fronte al primo cambiamento importante della mia vita!>>
La donna era combattuta. Era preoccupata per la salute di Riccardo, ma al contempo si rendeva conto dello stato d’animo del figlio. Ci pensò su per qualche secondo, poi gli disse:
<< Va bene! Ti do retta per una volta tanto!>>
<< Grazie Mamma!>> esclamò Riccardo che poi continuò:
<<Dato che sono conciato così e che non ho dei vestiti decenti, credo che l’ideale sia che tu mi porti fuori dall’ospedale in incognito!>>
<<Vuoi dire che ti devo rimpicciolire?!>>
<<Esatto, poi mi porti a casa di Alessia, tanto sai dove abita, mi ci hai portato mille volte!>>
<< Si si, lo ricordo bene! Quella via vicino al parco!>>
<< Proprio li, brava.>>
<< E che faccio ti lascio li? Piccolo come una mentina?!>>
<< Si, ma ora non pensare a dopo! Ci penseremo! Adesso pensa a portarmi fuori di qui!>>
Allora la donna restò in piedi e disse :<< prego! Accomodati!>>
Riccardo si inchinò ai suoi piedi e con tutta la tenerezza del mondo affondò il naso tra le sue dita dei piedi. Un attimo dopo si trovò aggrappato alle mastodontiche dita della madre che si chinò subito per afferrarlo, ma si fermò:
<< Ho paura di farti male! Hai il braccio rotto! Come facciamo adesso porca paletta!>>
Riccardo realizzò che la madre aveva ragione e che lui non sarebbe riuscito nemmeno ad arrampicarsi sulla sua mano aperta, era troppo debole e mal messo. Così fece cenno alla donna di aspettare e dopo una breve arrampicata ed una piccola scivolata, si sistemò tra l’alluce ed il secondo dito, tenendosi ben saldo con il braccio sinistro, al cuoio del sandalo infradito che in quel punto si fissava alla suola, e fece cenno “ok!”
<< Mio Dio! Vuoi startene li in mezzo!?>> gli chiese la madre sollevando il piede davanti a lei per guardarlo meglio. Riccardo annuì e lei allora disse:
<< Povero te! Attento a non farti male! Io cerco di camminare piano!>> e la donna prese a camminare osservandosi attentamente il piede, guardando Riccardo ben aggrappato.
Lui si sentiva pieno di vigore e di speranza, e se era vero che i pensieri esistono, quella forza che aveva in corpo la sentiva , era tangibile. Guardava avanti a se tra i boati e le vibrazioni, tra le due mastodontiche dita dei piedi della madre che sembravano essere due enormi prue di navi che solcavano le immense distese calme dei pavimenti dell’ospedale, le sue narici erano pregne dell’odore acre di quel piede, e si sentì protetto.
(CONTINUA…?)