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jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo:
Racconto: L'incantesimo ed ha ricevuto
3 repliche.
messaggio inviato in data:
04/Novembre/2006 13:39:39
CIao a tutti! è tanto che non ci si sente:) beh per salutarvi a tutti e farvi capire quanto vi voglio bene, vi riposto una storia che aveva riscosso successi con la nuova parte aggiunta. sono deciso ad ultimarla, datemi solo tempo:)
un salutone a vegy:) che a quanto pare mi riacchiappato per questo forum, a Dolceluna che ultimamente mi mancava e a Packy, del quale mi gusto i collages sempre migliori:) Saluto anche Di3go e diciamo tutti i soliti amiconi con cui facciamo belle conversazioni nel forum:)
Ciao anche ate Grey,e buon inizio d'inverno a tutti:) ehehe CIAO!
Racconto: L’incantesimo
Parte I
Era un normale pomeriggio a casa di Riccardo. Lui se ne stava tranquillo a giocare sul grande tappeto della sala da gioco con un suo amico mentre le rispettive mamme prendevano un caffè insieme, sedute sulle comode poltrone. Sembrava un momento di gioco come tanti altri ma Riccardo, per la prima volta della sua vita, stava provando una strana sensazione che lo faceva stare imbambolato a guardare la madre del suo amichetto.
Non si riusciva a spiegare il perché di quella insolita attrazione! Solitamente fissava con quell’insistenza solo i giocattoli più abiti, e invece quel giorno fissava quella giovane signora mora ed abbronzata. Tra l’altro si rendeva conto che la mamma del suo amichetto gli piaceva ancora di più dei giocattoli.
<< Ehi! Ricky! Sveglia! Sono arrivati Schreder ed i suoi scagnozzi!>> gli esclamò l’amico facendo abbattere il pupazzetto di un ninja su Michelangelo( uno dei turtles).
Riccardo però non batté ciglio, e continuò a guardare la donna che se ne stava seduta davanti a lui, con le gambe accavallate: indossava una camicia bianca ed una gonna nera che le lasciava scoperte le gambe lisce e sensuali che terminavano con due piedi dalla forma perfetta e regale, con dita lunghe smaltate di rosso ed arco plantare pronunciato, calzati da due sandali neri di cuoio splendente. Riccardo provò la nuova e piacevole sensazione di un formicolio in basso e continuò a contemplare la donna che parlava con sua madre, del tutto disinteressata a lui.
Fu in quel momento che Riccardo pensò:<< che bella!>> e si gettò ai suoi piedi sorridente, iniziandole a schioccare sonori bacetti sul dorso del piede.
<< Ma che fai Riccardo!>> esclamò la donna cercando di sottrarre i piedi dall’abbraccio del bimbo:
<< Sono sporchi! Ti prendi le malattie!>> continuò , sollevando i piedi in aria, sopra la testa di Riccardo.
<< Riccardo! Ma che modi sono! Che ti viene in mente!>> tuonò la madre dandole una bella sculacciata, con il viso rosso dall’imbarazzo.
Bastò quel bruciore improvviso a trasformare il viso sorridente di Riccardo in una smorfia di dolore e pianto, mentre l’amichetto rideva divertito.
<< Scusalo! Non so che gli sia preso!>> disse la mamma di Riccardo.
<< Ma no figurati! Poverino!voleva solo giocare!>> rispose cordialmente la donna.
La madre lo portò in camera e lo fece sedere sul letto, chinandoglisi davanti ed asciugandogli le lacrime. Riccardo si calmò e allora la madre disse:
<<Quelle cose da sporcaccione non si fanno ricordatelo! Eh ora per punizione resterai qui in camera fino all’ora di cena!>>
Riccardo rimase da solo in camera e si sdraiò sul letto un po’ arrabbiato e offeso. Stava quasi per addormentarsi quando vide un baglioretto sul soffitto, e poi una piccola sfera di luce svolazzare verso di lui. Riccardo si alzò dal letto intimorito ma ecco che la lucetta brillante si soffermò davanti al suo viso e si rivelò essere una fatina, tutta vestita di bianco, con lunghi capelli biondi e occhi azzurri grandi e dolci.
<< Sei una Fata!>> esclamò Riccardo entusiasta, e lei rispose:
<< Si piccolo Riccardo! E sono qui per aiutarti!>>
Riccardo pendeva dalle sue labbra.
<<Dunque, dato che poco fa hai imbarazzato tanto tua madre e ti sei fatto prendere in giro dal tuo amichetto per esserti messo a baciare i piedi a quella signora, io sono qui per farti un incantesimo, in modo che mai più nella tua vita avrai la tentazione di rifare una cosa del genere! Così nessuno si arrabbierà più con te!>>
Riccardo annuì, allora la fatina sollevò la sua bacchetta magica in aria, la fece volteggiare disegnando sottili linee luminose nell’aria mentre pronunciava una formula magica nella sua melodica lingua. Poi un lieve bagliore avvolse Riccardo che si osservò emozionato le mani, tutte luminose e la fata spiegò cosa aveva fatto:
<<Ecco qui! D’ora in poi, tutte le volte che toccerai o sarai toccato da un piede femminile diventerai all’istante piccolo piccolo! Più piccolo di me pensa! Delle dimensioni di una formichina, e dovrai restare tale per un giorno intero, in modo che con il tempo imparerai comportarti in maniera educata ed elegante con le ragazze! Ma ricorda, questo incantesimo si infrangerà il giorno in cui ti innamorerai, e lo capirai perché toccando il piede della tua lei non ti rimpicciolirai!>>
La fatina fece una breve pausa, poi continuò:
<<Ma fai attenzione! Perché quando ti capiterà di rimpicciolirti( e ti capiterà se ho capito che tipo sei!) sarai in serio pericolo e dovrai essere molto prudente! Ora ti saluto, e buona fortuna!>>
E fu così che la fatina scomparve in un lampo, lasciando Riccardo un po’ confuso e spaventato.
Qualche giorno dopo, però, Riccardo ebbe la conferma che l’incantesimo era vero e che non aveva sognato. Infatti era a scuola e la sua maestra Beatrice stava spiegando storia passeggiando avanti ed indietro per la classe quando, malcapitatamente, fermandosi davanti al banco di Riccardo ( che stava in prima fila) gli calpestò il piedino con la suola del suo sandalo infradito ed in un baleno Riccardo scomparve ai suoi occhi! Inutile dire il trambusto che ci fu quanto penarono sia la madre che la maestra di Riccardo che però, prudentemente, si rifugiò dentro il suo zaino per un giorno intero e poi riapparve in camera sua, dove la madre lo aveva messo insieme al suo zaino.
Tutti gli chiesero spiegazioni e lui raccontò della fata e del suo incantesimo, ma nessuno ci credette veramente, anche se la maestra Beatrice continuava a dire che era scomparso in un attimo e che non riusciva a spiegarsi il fenomeno.
Passarono gli anni e Riccardo divenne un bel ragazzo di 20 anni, castano scuro, con un bel corpo asciutto e muscoloso, ambito dalle ragazze e costante studente universitario. Alle sue spalle aveva centinaia di esperienze di rimpicciolimenti e nonostante a volte se la fosse davvero vista brutta, reputava quelle avventure molto eccitanti e non le disdegnava affatto.
L’unico problema era che con le ragazze con cui stato insieme e con cui era andato a letto doveva stare attentissimo a non sfiorare i loro piedi per non scomparire sul più bello, cosa che gli era successa spesso, con l’unico risultato che le ragazze si spaventavano e quando venivano a sapere del suo incantesimo lo mollavano nel giro di pochi giorni.
Un pomeriggio di fine giungo, Riccardo stava studiando nella biblioteca della sua università quando si sedette al suo stesso tavolo una ragazza riccia, molto carina.
<< Ciao! Ti spiace se mi siedo qui!>> gli chiese.
<< No , no! Prego!>> rispose Riccardo, la ragazza gli sorrise e si sedette.
Il tavolo era da quattro posti e la ragazza si sedette sul lato opposto e sull’angolo opposto rispetto a Riccardo in modo da stare più larghi entrambi. Il problema si presentò quando la ragazza, avendo davanti a lei una sedia vuota, si sfilò i sandali e appoggiò i suoi bei piedi nudi su di essa.
Riccardo istintivamente sussultò, ma la ragazza non lo notò.
Riccardo guardò la ragazza, vestita con una magliettina bianca che evidenziava il suo seno rotondo, una gonna corta rosa e quelle belle estremità posate accanto a lui. La trovò bellissima, e poi il suo viso un po’ ovale, le guance pronunciate e gli occhi verdi timidi, lo stregarono.
Non sapeva perché, ma Riccardo se ne uscì con questa frase:
<<Attenta eh! Per me in questo momento sei pericolosissima!>> sorrise dando un’occhiata ai piedi della ragazza, che lo guardò di rimando un po’ stranita dicendo un po’ imbarazzata:
<<Come scusa?! Ti danno fastidio i miei piedi?!>>
<<No no! Assolutamente! Ma non sai della mia maledizione?!>>
La ragazza rispose sarcastica:<< Ehm… no, non ti conosco!>>
Riccardo annuì e disse:<< Pensavo che la mia fama mi precedesse! Scusami! Non volevo disturbarti!>> e si rimise a studiare.
La ragazza però ormai si era incuriosita:<< eh no! Ora mi devi spiegare tutto, non riuscirei più a studiare pensando che sono seduta al tavolo con ragazzo così enigmatico!>> disse avvicinandosi un po’ a Riccardo.
Quest’ultimo sorrise e le tese la mano, presentandosi e lei sorrise a sua volta gli tese la sua, dicendo:
<< Piacere, sono Laura!>>
Riccardo continuò: <<ti va un caffè?>>
<< Si,perché no!>>
E i due si incamminarono verso il bar. Prese le tazzine si sedettero ad un tavolino all’aperto, l’uno di fronte all’altro e parlarono del più e del meno, fino a quando Laura non riportò il discorso sulla “maledizione”:
<< Allora, ma non me lo vuoi proprio confessare il tuo segreto?! Sei forse feticista? Guarda che per me non ci sono problemi, sono una con la mente aperta, non essere imbarazzato!>>
Riccardo rispose:
<<Bhe, non proprio, però la mia maledizione ha a che fare con i piedi…si…>>
Laura chiese insistente:<< E di cosa si tratta?>>
Riccardo lo spiegò e Laura restò con gli occhi spalancati dalla sorpresa.
<< Non ci posso credere! Ciò è, se adesso io ti toccassi con il piede tu diventeresti microscopico?>>
<<Beh, non microscopico! Semplicemente piccolo…mi pare introno a un centimetro, tipo una formica!>>
<< Microscopico, appunto! Per me una formica è microscopica, non so per te!>> rispose Laura.
Riccardo annuì e sorrise:<< In effetti!..>>
<< Cavolo che maledizione! E come fai a cavartela ogni volta?!>>
<<Ormai ho mille escamotage, anni e anni di esperienza!>>
<< E non ti sei mai fatto male?>>
<< Mai seriamente, altrimenti non starei qui a parlartene, perché farsi male seriamente quando sei alto 1 cm significa essere calpestato!>>
<< Oh mio Dio! E qual è stato il momento peggiore che hai vissuto?>> chiese Laura curiosa.
<< Sai, non ho mai trovato una curiosa come te!>>
<< Raccontami ti prego è così strano ed intrigante! Anzi, se non mi racconti quello che hai vissuto ti tocco con il piede!>> disse lei ridendo e allungando scherzosamente il piede verso la gamba di Riccardo. Lui reagì irrigidendosi e Laura notò l’espressione seria del suo volto e disse:
<< Scusa…sto scherzando troppo…ma sono davvero interessata alle tue esperienze e poi il pensiero di avere questo strano potere di rimpicciolirti con un tocco dei miei piedi mi fa sentire emozionata come una ragazzina!>>
<< Non preoccuparti! Mi fa piacere vedere il tuo entusiasmo, tutte le ragazze con cui ho parlato di questa storia o mi hanno mollato(se erano mie fidanzate) o mi hanno appoggiato un piede in faccia(se erano mie amiche). E in ogni caso nessuna mi è sembrata essere così interessata.>>
Laura rise:<< Ti confesso che sarei anche io tentata di metterti un piede in faccia, senza offesa naturalmente, ma solo per vedere quanto diventi piccolo!>>
<< Lo puoi anche fare! Ma poi non potrà più raccontarti le mie “micro-avventure”!>>
<<No, no! Allora mi trattengo! Dai , dimmi quand’è stata la prima volta che ti è successo di rimpicciolirti?>>
Riccardo allora iniziò a raccontare:
<<Ero piccolo, avrò avuto dieci anni e stavo in classe a seguire la lezione di storia. La mia maestra, Beatrice, aveva l’abitudine di camminare su e giù nell’aula mentre spiegava e spesso si fermava davanti al mio banco, che era in prima fila e centrale. Ricordo che quel giorno, che era fine maggio, la maestra indossava una camicia, dei jeans di quelli che andavano di moda negli anni ottanta, tutti stretti, e dei sandali infradito. Eh niente, io me ne stavo seduto a sentirla quando lei è venuta al mio banco e ci si è appoggiata ma distrattamente mi ha calpestato il piede. Ricordo che sentii la larga suola del suo sandalo pesare sul mio piede solo per qualche istante perché lei subito se ne accorse e risollevò il piede ma in una frazione di secondo mi sono ritrovato sul pavimento con l’enorme piede della maestra sospeso sopra la testa. Provai una sensazione di paura totale nel vedere quella suola sporca e consumata espandersi sopra la mia testa come fosse una nuvola scura nel cielo. Poi la maestra posò il piede a terra, poco più in la da dove aveva calpestato il mio piede e dove mi trovavo io; all’impatto del suo piede con il pavimento si scatenò un terremoto, tanto che persi l’equilibrio e caddi a terra. Quando mi rialzai vidi gli enormi piedi della donna posati a pochi metri da me, con quelle dita colossali! Non arrivavo nemmeno a metà dell’altezza del polpastrello del suo alluce! Mi sentii un niente! Poi la maestra iniziò a spostare il banco preoccupata nel non vedermi più e i miei compagni di classe accorsero. Fu così che tra lo stridere del banco spostato e il terremoto causato dai passi, riuscii a raggiungere il mio zaino, ad arrampicarmi nella tasca bassa e ad infilarmici dentro. Credo che mi salvai solo grazie alla mia prontezza di riflessi.
Restai in attesa ore mentre sentivo la maestra chiamare a casa, chiamare la polizia, e in fine, verso l’ora di pranzo, parlare con mia madre che era accorsa preoccupatissima. Poi mia madre prese lo zaino e mi ritrovai ballonzolato a destra e a manca mentre lei mi trasportava fino a casa. Mise lo zaino vicino al mio letto in camera e fu allora che io provai ad uscire dalla tasca per farmi vedere, ma appena raggiunsi il pavimento la vidi che si voltava ed usciva dalla stanza, così mi misi ad aspettare pazientemente. Tutto qui!>>
<<Incredibile! Per essere un bambino sei stato in gambissima!>> esclamò Laura.
<< Grazie!>> rispose Riccardo, che si sentiva un po’ strano ad aver raccontato quella cosa ad una completa sconosciuta.
<< E qual è stata la volta in cui te la sei vista brutta?!>>
<< Ce ne sono state tante…>>
<< La peggiore!>> insistette Laura.
Riccardo allora ci pensò su, poi disse:
<< Al liceo…>>
Parte II
<<Era il terzo anno, mi pare. Il nostro professore organizzava delle interrogazioni di gruppo, in cui ognuno di noi aveva due partner. Lo scopo era fare ricerche, approfondire un argomento e portare una specie di tesi su ciò che lui ci assegnava. Il gruppi vennero sorteggiati da una scatoletta, dato che l’obbiettivo era anche far fare amicizia a persone della classe che non si parlavano dal primo. Io, per pura casualità capitai con due mie amiche: Alessia e Elena. E ti confesso che ne fui felice, perché Alessia era bellissima: castana, occhi grandi e verdi chiarissimi, viso alla Liv Tayler con un po’ di lentiggini leggere leggere sul viso, fisico perfetto, con un sedere che ti assicuro era un capolavoro…ehm… scusa, magari a te questo interessa!>>
Si interruppe Riccardo sorridendo a Laura, che alzando gli occhi al cielo ed appoggiandosi con il meno alla mano aperta disse:<< Non ti preoccupare, ci sono abituata!>>
<<Allora…dicevo, Alessia era davvero bellissima, e aveva anche dei piedi bellissimi; un trentasette con le dita perfette ti assicuro, divini!>>
Laura l’interruppe:<< Allora lo vedi che sei feticista?>>
Riccardo riprese giustificandosi:<< Beh, feticista è un parolone! Semplicemente mi piacciono, tutto qui! Tu non guardi le mani ai ragazzi?! Lo fanno tutte!>>
<< Si le guardo, ma non è che le trovo eccitanti!>>
<< Fino a quando non ti toccano!>> disse con una lieve spacconeria Riccardo, Laura fece cadere l’argomento:<< Dai, vai avanti!>>
<<E poi c’era Elena, una ragazza forse un po’ volgare nei tratti e nei modi , ma con un viso scolpito, occhi marroni penetranti, labbra carnose, ed un bel fisico, con mani e piedi molto sensuali anche lei…forse un po’ più grandi di quelli di Alessia, ma non saprei dirti il numero. Fatto sta che decidemmo tutti di andare a studiare a casa di Alessia, così nel primo pomeriggio ci ritrovammo da lei,che ci portò in camera sua. Ci mettemmo a studiare, ma la cosa scomoda era che Alessia in camera non aveva la scrivania, perché di solito studiava in cucina, così ci disse. Quindi io mi trovai costretto a mettermi seduto sul pavimento , con i libri posati davanti, mentre Alessia ed Elena si misero comodamente sedute sul letto davanti a me, con i libri sulle gambe. Ora, era primavera e così le mie amiche si tolsero le scarpe; Alessia si liberò degli stivali e dei gambaletti, posando entrambi ai piedi del letto, praticamente sotto il mio naso, e non ti dico che odorino acre mi dovetti sorbire! Mentre Elena si levò le scarpe da ginnastica e restò con i suoi fettoni avvolti da due calzini bianchi di spunga con le suole tutte ingrigite a forma della sua pianta del piede.
Puoi intuire la mia agitazione! Seduto la sotto , con spianate davanti alla faccia le rosee piante dei piedi di Alessia e i piedoni di Elena! Istintivamente mi tirai un po’ indietro…>>
Laura l’interruppe:<<Ma loro non sapeva della tua “maledizione”?>>
<< No, non era mai capitata l’occasione in classe al liceo che mi rimpicciolissi e di conseguenza non ne avevo ancora parlato mai a nessuno!>>
<< Ah, ok!>>
<<Allora, mi tiro un po’ indietro e Alessia mi prende in giro dicendo:<< Che c’è mi puzzano i piedi?!>> ma poi ci mettiamo tutti a studiare a sfogliare enciclopedie e a scrivere la tesina in brutta su un fogliaccio di carta. Io mi concentro e no penso al rischio. Dopo tutto il pomeriggio, esausto, come d’altronde le mie due amiche, mi sdraio sulla moquette mentre Elena finisce di scrivere un pezzo di tesina, sotto dettatura di Alessia. Io me ne sto sdraiato rimbambito dopo aver sfogliato mezza enciclopedia, e mi tengo ancora il libro abbracciato sul petto. Ad un certo punto Alessia mi dice:<< Controlli un attimo la data (di non so quale battaglia)?>> e nel dirmelo, con tutta naturalezza mi appoggia il piede nudo sul braccio. Io nemmeno riesco a realizzare quello che ha fatto, sento solo una lieve sensazione di soffice calore sull’avambraccio e poi mi ritrovo microscopico sul pavimento. Alessia ed Elena balzano in piedi spaventate:
<< Dove cavolo è finito!>> esclama Alessia.
<< Che scherzo è?!>> dice Elena.
Io vedo le due ergersi colossali sopra di me e scrutare il pavimento incredule. Sollevo le bracci per farmi vedere ma Alessia guardandosi intorno e chiamandomi spaventata muove un passo in avanti; vedo il suo piede enorme posarsi davanti a me e cado a terra, andando a sbattere al secondo dito del piede di Alessia, inconsapevole delle mie dimensioni. Sto per rialzarmi , appoggiandomi al polpastrello del dito ma Alessia si volta verso Elena e lo fa roteando il piede sull’avanpiede, così mi ritrovo investito dal suo alluce che fortunatamente invece di passarmi sopra e schiacciarmi mi fa cadere all’indietro. Mi ritrovo così tra l’alluce ed il secondo dito del piede sinistro di Alessia. Ricordo come oggi la sensazione di impotenza che provai nel guardare in alto verso il viso della mia amica che era quasi invisibile da li giù, attraverso il varco tra la massa delle sue dita! Il caldo era soffocante e l’odore terribile. Dopo qualche secondo Alessia mosse un altro passo e vidi il piede sollevarsi da me e la sua vasta pianta del piede sfilarmi sopra la testa in tutta la sua maestosa potenza. Il suo tallone si abbatte distante da me e io faccio un respiro di sollievo e sto per voltarmi e correre al sicuro sotto il letto quando una massa bianca enorme fa ombra tutt’intorno a me: era Elena. Alzo lo sguardo e faccio appena in tempo a vedere il suo piede abbattersi su di me. Sento il suo calzino soffice ricoprirmi il corpo e comprimermi terra, penso di morire ma la pressione non aumenta, ero finito sotto la sua pianta del piede si, ma sulla zona del calzino più bianca, dove lei nei non poggiava il peso. Fu comunque terribile!>>
<<Mio Dio!>> disse Laura sconcertata:
<<E poi come è andata a finire?!>>continuò
<<Per farla breve poi pure Elena ha tolto il piede da sopra di me e qualche minuto dopo Alessia mi ha visto:<<Non ci posso credere! Ma è lui quello?!>> disse osservandomi dalla sua incredibile altezza indicandomi ad Elena. Poi le due si chinarono e riconoscendomi spalancarono bocca ed occhi incredule. Elena disse:<< Ma sei piccolissimo! Ma come è successo?!>>
Naturalmente non potei risponderle ma Alessia fu abbastanza brava e gentile da posarmi sul comodino ed avvicinarmi l’orecchio per farsi spiegare tutto. Quando finii il mio racconto Alessia lo riferì ad Elena ed entrambe scoppiarono a ridere, a dire il vero sollevate dal fatto che fosse ormai un’abitudine per me! Poi Alessia chiamò a casa mia per dire che rimanevo a dormire da lei ed il giorno dopo tornai normale. Inutile dirti le volte che mi hanno ricattato o le volte in cui per gioco, soprattutto Alessia mi ha piantato una bella pedata addosso. Da quel giorno tutti vennero a sapere della mia “maledizione”, ma nel complesso Alessia ed Elena mi hanno sempre voluto bene e reputato un buon amico, e quindi, in fondo, sono contento di aver potuto condividere con loro questa mia particolarità!>>
<<Incredibile!>> disse Laura.
<< Quindi te la sei vista brutta perché stavano per schiacciarti!>>
<<Esatto.>> rispose Riccardo.
A quel punto vi fu un po’ di silenzio. Laura tratteneva a stento un sorriso entusiasta. Riccardo la guardava con un espressione interrogativa:
<< Cosa c’è?>> le chiese, e Laura rispose mettendosi il dito indice in bocca, e mordicchiandone l’unghia, un po’ imbarazzata, con le sue belle guance tinte di rosso:
<<Sono curiosissima!>>
<< Di cosa? Vuoi che ti racconti qualcos’altro?!>>
<<No…vorrei…vorrei toccarti con il piede!>>
A quella richiesta Riccardo sentì il cuore battergli all’impazzata. Cos’aveva quella ragazza di tanto strano ed affascinante rispetto alle altre?! Cosa la spingeva ad osare tanto con lui? Nelle fantasie di Riccardo, comunque, una ragazza come Laura era sempre stata l’ideale, un sogno! Una ragazza che vuole rimpicciolirti! Che non lo fa per sbaglio o per dispetto, ma perché sembra che la cosa le piace e la emozioni!
Fu con questi pensieri nella testa che Riccardo rispose:
<< Se vuoi farlo ti do il permesso…ma poi devi prenderti la responsabilità di custodirmi per un giorno. Non voglio certo rimanere un giorno rimpicciolito in mezzo all’università!>>
Laura rispose entusiasta, mentre già si sfilava il sandalo destro:<< Davvero posso?!>>
Riccardo le rispose:<< Beh, magari non qui… andiamo in un luogo un po’ appartato!>>
Ma Laura lo fissava negli occhi con uno sguardo ammaliante e aveva già sollevato il piede nudo fino all’altezza del viso di Riccardo. Dai tavolini a fianco qualcuno si voltò incuriosito, una ragazza rise. Poi le dita del piede di Laura si posarono morbidamente sulle labbra di Riccardo e premettero fino a sentire i denti. Lui respirò l’aroma dell’estremità sublime di lei, che continuava a guardarlo intensamente; sembrava gli stesse dichiarando il suo amore. Poi lei sistemò meglio il piede e posò il suo soffice avampiede sulle labbra di Riccardo, andando a finire con le dita fin sopra il naso, afferrandolo tra alluce e secondo dito. Riccardo tremava dall’eccitazione. Poi la voce di Laura, con un tono del tutto nuovo disse:
<<Mi sembri sempre uguale!>> e allontanò il piede, ricalzò il sandalo e si alzò dal tavolino dicendo:<< Scusami, ora devo proprio andare!>> e se si allontanò a passo svelto.
Riccardo rimase immobile, seduto sulla sedia, con gli occhi persi nel vuoto. Un compagno dell’università gli diede una pacca sulla spalla e gli disse:
<< Hai capito il nostro Don Giovanni! Hai fatto colpo dai retta a me!>>
Riccardo restò in silenzio, ricordò le parole della fata e si chiese sussurrandolo appena tra le labbra, ancora pregne del calore del piede dei Laura:<< la amo…?>>
Il giorno dopo ed il giorno dopo ancora Riccardo non incontrò Laura all’unniversità, poi passò tutto il week end e lui non riusciva a smettere di pensarla.
Il lunedì successivo arrivò all’università e camminò per i corridoi verso il bar. Alcuni passanti lo osservavano incuriositi. Qualcuno tratteneva un sorriso, altri lo fissavano seri. Riccardo pensò che probabilmente Laura avesse sparso la voce sulla sua “maledizione”.
“Ecco, adesso anche qui tutti lo sanno! Che stupido sono stato!” pensò Riccardo.
Arrivato nei pressi del bar notò che c’erano i giornali gratuiti dell’università freschi di stampa, ne afferrò uno come sua consuetudine e poi si andò a prender un caffè. Lo bevve senza gustarlo e si apprestò a raggiungere la biblioteca, si sedette e solo allora lesse i giornale.
In prima pagina c’era un titolo: “Ricerca sui Disturbi di Personalità nel campo del Feticismo e del disturbo di Personalità, di Laura M.”
A Riccardo si gelò il sangue nelle vene. Senza nemmeno respirare o battere le palpebre, iniziò a leggere con affanno l’articolo che parlava di lui, seppure non venisse fatto il suo nome era ovvio che tutti sapevano. Laura lo descriveva con la freddezza di uno scienziato che parla di una cavia, e con la professionalità di un medico che parla di un caso clinico raro ed interessante.
“Ovvio è che il rifiuto delle sue stesse pulsioni sessuali, probabilmente indotto dalla società o da una figura importante nella vita del soggetto, lo hanno portato ad escogitare a livello inconscio una sorta di punizione. Poiché l’età della presa di coscienza della propria sessualità era infantile, anche la punizione escogitata ha caratteristiche puerili. Il soggetto infatti racconta con spigliatezza che una fata gli è apparsa e ha fatto cadere su di lui una “maledizione”, secondo la quale, lo stesso contatto con l’oggetto del desiderio lo porterebbe alla rovina. Seppure poi questa punizione da lui autoimposta e vissuta con la massima convinzione che sia reale, lascia comunque l’opportunità di esprimere, forse in maniera anche più estrema, la sessualità rifiutata a livello conscio.”
<< Non può essere!>> disse Riccardo tra i denti, quasi in un ringhio, con la mano che gli tremava mentre accartocciava il giornale.
“Non può essere tutto finto! Non mi sono rimpicciolito perché la amo!”
E si sentì ridicolo a fare quel pensiero quando dentro di lui bruciava un odio profondo nei confronti di quella laureanda in psicologia; “ giornalista da quattro soldi.”
Prese a correre verso la macchina, giudò veloce lontano dall’università e avrebbe voluto correre da Laura ed affrontarla. Ma non sapeva dove abitava, ne tanto meno quale fosse il suo cognome.
Pensò ad Alessia, la sua amica del liceo. Certo! Sarebbe corso da lei e le avrebbe chiesto se quello che ricordava fosse accaduto davvero oppure no. Guidò veloce e mentre raggiungeva la casa dell’amica fece il numero del cellulare della madre , per chiederle, per avere conferme. Doveva sapere! Le lacrime gli offuscarono la vista, vide solo all’ultimo gli stop di una macchina davanti a lui. Sentì un boato, si risvegliò in ospedale, confuso e con il braccio rotto. Stava bene, ma continuava a non capire.
Parte III
Nella stanza spoglia penetrava attraverso le tende un tenue bagliore di luce. Riccardo si guardò intorno, provò a muovere il braccio destro, ma un dolore lancinante lo fece rimanere immobile. Ricordò dell’incidente e sperò fortemente di non aver fatto male a nessuno, poi, la porta si aprì ed entrò un infermiera. Mentre quest’ultima si avvicinava al suo letto, guardandolo con i suoi occhi azzurri ed un sorriso splendente sul viso, Riccardo la riconobbe e disse:
<< Ma…ma tu sei…la fata!>> si portò la mano a sinistra alla bocca per paura di poter sembrare pazzo dicendo una cosa del genere, ma l’infermiera si accostò al suo letto e lo guardò con gli stessi occhi grandi e dolci della fata, poi disse, dandogli una carezza sulla guancia:
<<Certo che sono la fata!>>
Riccardo continuò a guardarla, rapito dalla sua bellezza e la ragazza disse:
<<Non potevo mica apparirti da infermiera a dieci anni! Saresti scappato via!>> e rise divertita.
Riccardo le chiese:<< Sei reale? Esisti nel mondo o esisti solo per me? Ti prego rispondimi!>>
<<Chi può dire cosa esiste e cosa non esiste? Un pensiero esiste? Esiste un sogno? Esiste la speranza? Non esiste solo una dimensione della vita.>>
<<Se non sei una fata, allora cosa sei?>>
<< Puoi chiamarmi in tanti modi, angelo o venere… sono ciò in cui gli uomini credono, ciò che reputano perfetto e divino. In effetti credo di essere semplicemente la tua idea di perfezione.>>
<< Ti ho creata io? La storia dell’incantesimo è tutta una mia creazione? Un mio sognare ad occhi aperti?!>>
<< No, non direi proprio.>>
<<Allora che cos’era?!>>
<<Magia.>>
Sul viso di Riccardo si dipinse una smorfia di delusione, e poi disse:
<< Ho capito, sono tutto matto!>>
La fata si sedette accanto a lui sul letto e gli poggiò una mano delicatamente sul petto:
<<Ciò che era considerata magia ora è scienza. Pensa all’elettromagnetismo! Solo seicento anni fa era considerata pura magia! Pensa agli aerei, ai deltaplani! Nessuno avrebbe mai creduto che l’uomo sarebbe riuscito a volare! Invece ora sono cose normali, cose di tutti i giorni! Chi ti dice che la tua mente non possiede un potere che un giorno sarà considerato reale e scientifico, invece che magico?>>
<< Cosa vuoi dire?>> chiese Riccardo confuso ma catturato.
<<Voglio dire che tutto ciò che hai vissuto è reale, come lo sono io.>>
<<Quindi io mi sono rimpicciolito realmente tutte quelle volte?>>
<< Esatto, e inconsciamente eri tu stesso a volerlo. Era il potere della tua mente a far realizzare quella magia.>>
<< Con Laura invece non è successo…perché dovrei amarla?>>
La fata sorrise, rialzandosi dal letto:
<<So che adesso la odi profondamente, ma ricorda che il confine tra odio e amore è assai sfumato.>>
<< E adesso cosa devo fare?>> chiese Riccardo protendendosi un po’ dal letto, vedendo la fata camminare verso la porta:
<<Cerca le risposte alle domande che ti fai! Addio Riccardo!>>
La fata uscì dalla stanza e Riccardo restò con lo sguardo fisso sulla porta a pensare alle parole che lei gli aveva detto. C’era solo una cosa da fare: verificare che lui si rimpiccioliva davvero e l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo era Alessia, perché la sua amichetta si era divertita tante volte con lui ed i ricordi erano così nitidi che non potevano essere falsi.
Riccardo si alzò dal letto e si ritrovò un po’ traballante sulle gambe, aveva un dolore ottuso al braccio e al costato, ed indossava un semplice pigiama da ospedale. Camminò verso la porta della stanza senza riuscire ad escogitare una soluzione che l’avrebbe portato al più presto da Alessia. Ma mente tendeva la mano verso la maniglia la porta si aprì ed apparve sua madre.
<< Ricky! Ti sei già alzato?>>
<< Ciao mamma…>> disse Riccardo.
<< Devi rimanere assolutamente a riposo vieni! Torna a letto! Hai passato tutta ieri sera e sta notte in uno stato confusionale e i medici vogliono tenerti un po’ sotto controllo!>>
Così la donna riaccompagnò il figlio a letto e quest’ultimo quando si fu seduto sul materasso disse:
<<Devi portarmi dei vestiti, devo parlare assolutamente con una persona!>>
La madre scosse il capo:<< non se ne parla! Non ti muovi di qui! Caso mai chiamo io questa persona e la facciamo venire qui!>>
Riccardo osservò la madre che lo guardava con i suoi occhi scuri preoccupati; era una donna sulla quarantina, mora, con i capelli fino alle spalle, il corpo magro e longilineo. Era alta e dall’aspetto elegante, con i tratti del viso raffinati. Indossava un abito leggero di cotone, chiaro, che si metteva splendidamente in contrasto con l’abbronzatura della sua pelle, imbrunita dai lunghi pomeriggi passati in giardino a leggere. Un’idea si delineò nella mente di Riccardo e abbassò lo sguardo verso i piedi della madre e li vide belli come al solito, lunghi e magri, con le dita affusolate e le unghie smaltate di uno splendente bianco. Si chinò e tese la mano verso di essi, per toccarli ma la madre indietreggiò:
<< Che intenzioni hai?!>>
Riccardo la guardò in viso e vide l’espressione severa della donna; un brivido gli percorse la schiena mentre in mente gli tornarono i ricordi di quando si era trovato rimpicciolito ai suoi piedi. Ricordò di quando, dopo l’incidente a scuola, aveva raccontato alla madre cosa gli era accaduto e dell’incantesimo, di come lei gli accarezzò la gamba con il piede per vedere se si rimpiccioliva davvero e di come lui si era sentito spaventato a ritrovarsi minuscolo al suo cospetto. Ricordò di come la madre rimase sorpresa nel vederlo così piccino e di come si prese cura di lui amorevolmente, ricordò anche il giorno in cui lei usò l’incantesimo per punirlo, e allora chiese:
<<Mamma…tu ricordi quella volta quando avevo quindici anni in cui tornai ubriaco a casa alle 4 di notte?>>
La donna annuì e disse accennando ad un sorriso:<< Certo che me lo ricordo! Scemo che non sei altro!>>
Riccardo continuò:<< E ricordi quale fu la mia punizione?>>
La madre assunse un espressione seria e restò un po’ in silenzio. Riccardo la guardò negli occhi fremente, senza riuscire a capire se la donna stesse esitando perché non ricordava affatto la punizione oppure perché se ne vergognasse. Infatti , vedendolo rientrare in quello stato, lei gli era andata incontro in vestaglia, a piedi nudi e gli aveva tuonato addosso:
<<Credi che sia questo il modo giusto di comportarsi? Cosa vuoi diventare un criminale?!>>
Riccardo le aveva risposto:<< Eh dai mamma! Non rompere ! tanto ti sarai ubriacata mille volte anche tu! È divertente!>>
Lei allora aveva gridato:<<Bene! Allora se ti diverte tanto adesso ti divertirai anche a subirne le conseguenze!>>
Fu allora che Riccardo sentì le lunghe dita del piede destro di sua madre strusciargli sullo stinco, graffiandolo un po’ con le unghie un po’ lunghe; si ritrovò rimpicciolito e la madre l’osservò dall’alto:
<< Ecco fatto! Ora sarai mio schiavo fino a quando tornerai normale!>> e nel dire questa frase sollevò il suo immenso piede per andare a posare poi il suo alluce sul piccolo corpo del figlio. Riccardo si trovò compresso supino sotto la massa di carne dell’alluce della madre, che lo pressò al suolo senza remore. Riccardo pensava di soffocare la donna non sembrava essere preoccupata, gli disse con la voce ferma:
<<Leccami il piede se vuoi essere perdonato!>>
Riccardo esitò frastornato e lei disse nuovamente:<< se non lecchi ti tengo li sotto fino a quando il mio peso non ti avrà fatto scomparire! A te e alla tua cialtroneria!>>
Riccardo allora leccò, provando un ribrezzo incredibile. La donna allora lo lasciò libero, ma la punizione continuò per le ventiquattr’ore avvenire, in cui lo trattò alla stregua di uno scarafaggio.
<< Mamma… te la ricordi… la punizione?!>> insistete Riccardo, standosene seduto sul letto d’ospedale. La donna allora disse:
<<Mi vuoi colpevolizzare per una cosa successa tanto tempo fa?! E poi dovresti ringraziarmi, perché con quelle maniere forti sono riuscita a farti smettere di vivere come quei mascalzoni dei tuoi amici!>>
Riccardo non poté trattenere un sorriso, si alzò ed abbracciò la madre.
<<Ma perché ti è rivenuta in mente quella storia?!>>
Riccardo disse:<< Pensavo di essere pazzo!>>
<< Ma cosa dici! Hai solamente quella qualità stravagante! Sei speciale!>>
Una lacrima solcò il viso di Riccardo che allora chiese alla madre:
<<Mamma, mi devi aiutare…se mi vuoi bene devi farlo!>>
Riccardo raccontò tutta la storia alla madre, le disse dell’articolo e anche che quando Laura l’aveva toccato con il piede lui non si era rimpicciolito. La madre restò stupefatta, quasi emozionata dalla notizia.
<<…quindi mi devi portare fuori da quest’ospedale e lasciarmi andare da Alessia, ho bisogno delle sue conferme, ho bisogno di sapere se tutti i miei ricordi sono veri! E poi devo chiederle qualcosa che tu non potresti fare! Fidati di me! Ti prego! Forse sono di fronte al primo cambiamento importante della mia vita!>>
La donna era combattuta. Era preoccupata per la salute di Riccardo, ma al contempo si rendeva conto dello stato d’animo del figlio. Ci pensò su per qualche secondo, poi gli disse:
<< Va bene! Ti do retta per una volta tanto!>>
<< Grazie Mamma!>> esclamò Riccardo che poi continuò:
<<Dato che sono conciato così e che non ho dei vestiti decenti, credo che l’ideale sia che tu mi porti fuori dall’ospedale in incognito!>>
<<Vuoi dire che ti devo rimpicciolire?!>>
<<Esatto, poi mi porti a casa di Alessia, tanto sai dove abita, mi ci hai portato mille volte!>>
<< Si si, lo ricordo bene! Quella via vicino al parco!>>
<< Proprio li, brava.>>
<< E che faccio ti lascio li? Piccolo come una mentina?!>>
<< Si, ma ora non pensare a dopo! Ci penseremo! Adesso pensa a portarmi fuori di qui!>>
Allora la donna restò in piedi e disse :<< prego! Accomodati!>>
Riccardo si inchinò ai suoi piedi e con tutta la tenerezza del mondo affondò il naso tra le sue dita dei piedi. Un attimo dopo si trovò aggrappato alle mastodontiche dita della madre che si chinò subito per afferrarlo, ma si fermò:
<< Ho paura di farti male! Hai il braccio rotto! Come facciamo adesso porca paletta!>>
Riccardo realizzò che la madre aveva ragione e che lui non sarebbe riuscito nemmeno ad arrampicarsi sulla sua mano aperta, era troppo debole e mal messo. Così fece cenno alla donna di aspettare e dopo una breve arrampicata ed una piccola scivolata, si sistemò tra l’alluce ed il secondo dito, tenendosi ben saldo con il braccio sinistro, al cuoio del sandalo infradito che in quel punto si fissava alla suola, e fece cenno “ok!”
<< Mio Dio! Vuoi startene li in mezzo!?>> gli chiese la madre sollevando il piede davanti a lei per guardarlo meglio. Riccardo annuì e lei allora disse:
<< Povero te! Attento a non farti male! Io cerco di camminare piano!>> e la donna prese a camminare osservandosi attentamente il piede, guardando Riccardo ben aggrappato.
Lui si sentiva pieno di vigore e di speranza, e se era vero che i pensieri esistono, quella forza che aveva in corpo la sentiva , era tangibile. Guardava avanti a se tra i boati e le vibrazioni, tra le due mastodontiche dita dei piedi della madre che sembravano essere due enormi prue di navi che solcavano le immense distese calme dei pavimenti dell’ospedale, le sue narici erano pregne dell’odore acre di quel piede, e si sentì protetto.
Parte IV
Il citofonò suonò e fece sussultare Alessia che fino a quel momento era stata immersa nello studio. Erano circa le cinque di pomeriggio e lei sedeva alla sua scrivania con una bella tazza di tè fumante vicino al libro. Indossava un top ed i comodi pantaloni di una tuta da casa che le scendevano morbidamente lungo i fianchi e le contornavano l’eccitante profilo dei glutei sodi. Ai piedi nudi indossava delle infradito, delle quali però si era liberata durante le ore di studio, infatti dovette chinarsi sotto la scrivania per trovarle, metterle e poi correre a rispondere.
<<Chi è?>> chiese.
<< Ehm, Alessia ciao cara! Sono la mamma di Ricardo! Ti ricordi? Il tuo compagno di classe!>>
Alessia rimase in silenzio qualche istante, un po’ perplessa, poi disse:
<<…si…>>
<< Scusami, lo so che ti sembra un po’ strano, ma ho qui Riccardo che mi ha chiesto di portarlo da te! Non so, se sei libera magari te lo lascio che io devo fare alcune commissioni!>>
<< Ehm…signora, che è successo a Riccardo?>>
<<Oh, ha avuto un incidente poverino! Ma sta bene! Ora ce l’ho qui nel palmo della mano, Riccardo, dai saluta la tua amica!>>
La donna avvicinò la mano al citofono e Riccardo pronunciò un “Ciao” un po’ titubante, sicuro che Alessia non l’avrebbe sentito, la ragazza però rispose:
<<ah ok! Tutto chiaro! Riccardo è rimpicciolito! Ora mi spiego tutto! Un attimo che vengo ad aprire!>>
<<Grazie cara!>> rispose la madre.
Alessia apparve dal portone di casa sua e camminò in tutta la sua bellezza attraverso il vialetto sassoso del giardino. Riccardo l’osservò sorridendo standosene seduto sul palmo della mano della madre. I capelli castani di Alessia ondeggiavano ad ogni passo accarezzandole le spalle e quando i suoi grandi occhini verdi si posarono su di lui, Riccardo tremò dall’emozione. Sembrava di rituffarsi in un sogno, in una di quelle esperienze che ormai lontane, assumono le sfumature di una fantasia e di una situazione perfetta ed irripetibile.
<< Ciao Riky!>> disse Alessia aprendo il cancello e sorridendo.
Riccardo sollevò la mano in cenno di saluto.
<< Alessia, te lo posso lasciare?>> chiese la madre di Riccardo, che sembrava andare di fretta.
<< oh… si, non c’è problema, tanto oggi non ho impegni sono solo a casa a studiare!>>
<< Perfetto! Allora lo passo a prendere più tardi! Va bene per le sette?>>
Riccardo si voltò verso la madre e le disse:
<< Si va bene !>>
Alessia però disse:<< Ma guardi signora non si preoccupi se vuole lo riporto io più tardi o domani magari, quando è tornato normale, così lei può stare tranquilla se ha impegni!>>
Riccardo si voltò verso Alessia, sorridente, felice di tanta ospitalità nei suoi confronti. La madre disse: << Ah, va bene! Magari, se non è un problema però!>>
<< Non lo è!>>
<< Allora, tieni!>> disse la donna porgendo il piccolo figlio ad Alessia:
<< Fai attenzione è un po’ malmesso, viene dall’ospedale!>>
Solo allora Alessia notò le fasciature ed il gesso al braccio e con un espressione preoccupata osservò Riccardo scendere cautamente sul palmo della sua mano e lo racchiuse tra le dita soffici per essere sicura di non farlo cadere.
<< eccoti qui Riky, tieniti forte! Arrivederci signora!>>
<< Ciao Alessia e grazie! Ciao Riccardo!>> disse la donna voltandosi e tornando alla sua automobile.
Riccardo fu depositato sulla scrivania di Alessia e lei si sedette di fronte, avvicinando l’orecchio e chiedendo:
<< Allora che ti è successo?>>
Riccardo i sistemò un po’, sedendosi sul bordo del libro e poi disse:
<<Ah, è una lunga storia! Ma lo sai che mia madre per prendermi in mano in macchina mi stava per spezzare il gesso di netto?! Sono tutto un dolore!>>
<< Mi dispiace Riky! Spero di non averti fatto male anche io!>>
<< no no, non ti preoccupare, quando mi hai preso in mano mi è sembrato di ritornare indietro fino al liceo!>>
Alessia sorrise e confessò:<< Infatti ci ho messo un po’ per realizzare chi fosse tua madre e di quale Riccardo parlasse, poi quando ha accennato al rimpicciolimento non ho avuto più dubbi!>>
Riccardo annuì, poi si fece serio e disse:
<<Sai perché sono qui da te?>>
<<No.>>
<<L’altro giorno una ragazza di nome Laura mi ha toccato con il piede e io non mi sono rimpicciolito!>>
Alessia spalancò la bocca e sgranò gli occhi:<< Riky! Vuol dire che sei…innamorato! L’hai trovata!>>
Riccaro allora fece un sospiro e poi si apprestò a raccontare ad Alessia tutta la vicenda. Quando ebbe concluso il racconto , Alessia lo guardò teneramente e disse:
<< Che cretina questa Laura!>>
Riccardo allora disse:<< E qui entri in gioco tu! Sei disposta ad aiutarmi?>>
Alessia rispose:<< Certo Riky! Vuoi che la vado a menare?>> e sorrise.
Riccardo allora rispose: << No, niente di tutto questo. Devi aiutarmi a prendere il controllo del mio potere di rimpicciolirmi!>>
<< Ma è un incantesimo!>>
Riccardo scosse la testa e disse :<< Probabilmente è stato tutto creato dal mio inconscio. Sono io a volermi rimpicciolire quando vengo toccato da un piede femminile, anche se non me ne rendo conto, e non ho controllo invece sul ritornare di dimensioni reali…>>
<< E quindi tu ti rimpicciolisci perché ti piace, in poche parole!>> disse Alessia sorridendo. Riccardo annuì timidamente.
<< L’avevo capito io cmq!>>continuò e poi chiese: << e come posso aiutarti?>>
<<Ho in mente un piano, se tutto va bene potrei riuscire a prendere il controllo di questo mio potere, e a quel punto, non solo potrò andare da Laura e dimostrarle che è vero ciò che le ho detto, anche se è vero ciò che lei dice a proposito del mio inconscio, ma potrò vivere una vita normale, senza rischiare di rimpicciolirmi mai più.>>
Alessia disse: << Mi sembra impossibile, questo tuo rimpicciolirti fa parte di te!>>
<< lo so, è per questo che dovremmo agire duramente.>>
<< In che senso?>> chiese Alessia.
Riccardo allora cercò di spiegare nel modo più convincente possibile la sua idea:
<<Il mio rimpicciolirmi è governato dal mio inconscio,e quindi non c’è nessun modo in cui io, coscientemente, possa evitarlo. Per questo ciò che può cambiare la volontà del mio inconscio deve essere necessariamente qualcosa che il mio stesso inconscio non vuole!>>
Alessia allontanò la testa dalla scrivania e facendo cenno di aspettare con le mani disse:
<<non ti seguo… cerca di dirlo in poche parole!>>
Riccardo allora disse:
<< Quello che voglio dire è che solo facendo leva sul mio istinto di sopravvivenza posso andare contro il mio rimpicciolirmi. Se fossi minacciato seriamente di morte il mio inconscio invertirà il processo e io tornerò normale!>>
Alessia guardò Riccardo con uno sguardo severo e disse:<< E che vuoi da me?!>>
Riccardo esitò e allora Alessia esclamò:
<<Non se ne parla! Non ho nessuna intenzione di provare ad ucciderti! Ma tu sei matto! E poi cosa ti garantisce che funzionerà!?>>
Riccardo allora rispose:
<<Nulla mi garantisce che funzionerà, ma ne sono convito! Ti prego! Sei l’unica che può aiutarmi!>>
<<E perché?! Non potevi buttarti da una finestra o correre su un marciapiede?! Ma come ti viene in mente di venirmi a chiedere una cosa del genere!>>
<<Perché sei l’unica dalla quale accetterei di essere ucciso.>> Rispose Riccardo con tono fermo.
Alessia lo guardò esterrefatta, non riusciva più a dire qualcosa che avesse un senso, si ritrovò a balbettare qualcosa e alla fine chiese:<< Perché?>>
Riccardo rispose con un filo di emozione nella voce:<< non lo so.>>
Alessia si alzò in piedi ed iniziò a passeggiare per la stanza nervosamente, poi tornò alla scrivania e disse:<< Non ti aiuterò.>>
Riccardo disse:<< Ti prego, la mia vita non sarà più la stessa, hanno scritto un articolo di giornale su di me! Vuoi che per tutta la vita non sia altro che il feticista dai potere paranormali?! O vuoi aiutarmi a combattere,a prendere il controllo di me stesso?>>
Alessia fissò Riccardo negli occhi e lui disse:<< Ti prego, te lo chiedo con tutto il cuore.>>
Alessia disse:<< non ce la faccio! E poi che racconto a tua madre se ti succede qualcosa?>>
<< Se vuoi scrivo, firmo o lascio un messaggio registrato in cui dico quello che ti ho chiesto di fare. Ma non ti preoccupare non ce ne sarà bisogno!>>
Alessia si mise una mano sulla fronte e sbuffò. Restando rannicchiata con i gomiti sulla scrivania, sovrastando Riccardo con le sue braccia ed il suo viso.
<< Io non ce la faccio, che vuoi? che ti metta per terra e che poi ti stampi il piede sopra!? Come pretendi che possa riuscire a fare una cosa del genere!>>
<< Allora non pensare a me come una persona! Pensa a me come ad un insetto! Abbandonami per casa e poi fai come se io non ci fossi! Lascia che tua madre giri per casa tranquillamente, deciderà i destino!>>
Alessia scosse il capo, ma ugualmente l’ afferrò delicatamente tra le mani e lo depositò a terra, poi si erse sopra di lui, colossale. lo guardò dall’alto e poi sollevò il piede destro da terra. Riccardo vide la suola immensa del suo sandalo sovrastarlo e nasconderlo al viso della ragazza. Lui abbassò lo sguardo a terra e vide l’altro piede bilanciarsi sotto pressione, costretto a mantenere l’equilibrio. Vide le dita lunghe e carnose compresse sulla suola dell’infradito, l’alluce toccare quasi il pavimento. Si sentii piccolo, insignificante, come già tante volte si ero sentito, poi vide il piede destro di Alessia scendere su di lui, veloce ed inesorabile. Tremò, chiuse gli occhi sentendo il cupo ululare del vento causato da quell’arto colossale che si stava abbattendo su di lui, poi un’esplosione: “Ciaff”, un’onda d’urto violenta lo investì e lo fece volare per alcuni metri, cadde e ruzzolò fino ad arrestarsi, nel bel mezzo del pavimento. Alessia aveva fatto abbattere il suo sandalo a pochi centimetri al lato di Riccardo.
<< oh mio Dio!>> disse tra i denti Riccardo, mentre cercava di rialzarsi, tremante e con il corpo avvolto in una stretta di dolore. Alessia gli fu sopra in pochi istanti e chinandosi disse:
<< Deficiente! Hai visto che non sei tornato normale?! Sei talmente maniaco che probabilmente il tuo inconscio vuole essere schiacciato da me!>>
Riccardo si rialzò tossendo e Alessia chiese, mutando il tono della voce:
<<Come stai? Ti sei fatto male?>>
Riccardo riprese fiato, facendo cenno che andava tutto bene.
Alessia continuò a dire:<< Basta, l’esperimetno è fallito!>> e raccolse Riccado, avvicinandolo all’orecchio. Lui disse, con la voce storpiata dalla sofferenza:
<<Alessia, può darsi che il inconscio voglia essere ucciso da te, non lo metto in dubbio. Ma quello che ti sto chiedendo è di seguire il tuo di inconscio! So quello che ti piacerebbe fare con me! Se io sono maniaco da un lato tu lo sei dall’altro! Quindi, piantala di parlare,e lasciati andare! Fai quello che faresti se io fossi così piccolo ed immortale!è questo l’unico modo in cui potrai aiutarmi!>>
Alessia si offese ed esclamò: << Brutto stronzetto! Che vai dicendo?! Non provare a mettermi sul tuo stesso piano! Capito?!>> gettò con pochi riguardi Riccardo sul letto e un’istante dopo lo fece raggiungere dal suo piede nudo. Compresse Riccardo sotto la pianta soffice e calda facendolo affondare nel materasso e dicendo:<< Mircorbo del cavolo! Chiedimi scusa! Lecca!>>
Riccardo era tutto un dolore, non aveva fiato nei polmoni ma comunque iniziò a passare la lingua sulla pelle dell’avanpiede di Alessia.
Quando Alessia risollevò il piede Riccardo la vide con il viso tutto rosso, e disse:<< vedi è questo quello di cui parlavo!>>
Alessia fece un sorriso e chiuse gli occhi annuendo. Poi disse:<< Scusami…non volevo farti male!>>
Riccardo rispose:<< si che lo volevi. Ma non fa niente! Ti ringrazio. Lasciati andare, e mi renderai felice!>>
Poco dopo Alessia fece registrar un messaggio a Riccardo, da far ascoltare ai suoi cari se le cose fossero andate storte. Poi si sedette sul letto tenendo Riccardo nel palmo della mano e disse:
<<Ho delle idee…>>
<<Sono tutt’orecchi!>> rispose Riccardo.
CONTINUA…