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jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo:
Storia: Avvenne per caso ed ha ricevuto
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messaggio inviato in data:
20/Ottobre/2007 13:00:34
Avvenne Per Caso(I)
Arrivammo a casa si Marco per pranzo. Avevamo intenzione di mangiare qualcosa, guardare un po’ di tv e poi metterci a finire il lavoro per l’università.
Appena arrivati però, trovammo la madre di Marco in casa; Daniela. Lei, una quarantenne mora, avvocatessa in carriera, solo di rado riusciva a pranzare a casa e passare un po’ di tempo col figlio, ma quel giorno , a quanto pareva, aveva tutto il pomeriggio per starsene a casa.
La salutai e lei mi chiese come andava il progetto universitario che io e suo figlio portavamo avanti, poi ci mettemmo tutti a cucinare.
Io apparecchiai la tavola mentre Marco cucinava la spesa appena comprata dalla madre che invece si era seduta a tavola e ci aveva detto:
<<Voi preparate e poi io rimetto in ordine, ok?>>
<<ok mamma.>> rispose Marco. E la donna si mise comoda sulla sedia, distendendo le gambe sul tavolo che avevo appena finito di apparecchiare.
Osservai le sue gambe lisce e sensuali e mi sentii in imbarazzo. Daniela indossava una gonna corta e le sue cosce erano in bella vista, come il suo petto d’altronde, a stento trattenuto da un reggiseno che spuntava con i suoi pizzi dalla camicetta sbottonata. Non so se era perché mi vedeva come un ragazzino amico di suo figlio, fatto stà che io non sapevo più dove guardare per quanto fosse nuda.
Daniela, poi, iniziò a parlare con me del più e del meno e io mi ritrovai a doverle rispondere senza guardarla, fingendo di essere occupato a fare qualcosa, dato che avevo notato che, ogni volta che spostavo lo sguardo su di lei i miei occhi cadevano sul suo seno, sulle sue gambe o sulle sue scarpe nere con il tacco alto, che lei si faceva dondolare un po’ ai piedi nudi.
Mentre Marco cucinava gli cadde un cucchiaio e io mi apprestai a raccoglierlo; fu allora che lanciata un occhiata verso Daniela, vidi le sue mutandine di pizzo che spuntando dai due glutei sodi andavano a coprire a stento la sua vagina lasciando spuntare una nera peluria.
Deglutii nervosamente rialzandomi e mettendo il cucchiaio nel lavandino, poi mi sedetti, soprattutto per nascondere l’erezione che avevo.
Seduto a tavola però mi ritrovai con i piedi della donna poggiati praticamente davanti al viso. Alle mie narici arrivò un buon odore di cuoio accompagnato dall’odore dolciastro delle estremità della donna, che se ne restò comodamente seduta con le gambe stese sul tavolo ed i piedi a pochi centimetri dal mio piatto.
<< Allora, a che punto siete con il vostro progetto?>> ci chiese Daniela.
Marco rispose:<< Tutto bene…domani lo consegniamo.>>
<<Ah! Sono contenta…e avete parlato con il professore? È quello che voleva?>>
Risposi io:<< Beh, si, abbiamo seguito per filo e per segno tutte le sue indicazioni. Dovremmo riuscire a prendere un ottimo voto, non si preoccupi!>>
<< Bene! È quello che volevo sentirmi dire! E non vi preoccupate, che io oggi pomeriggio non vi do nessuna noia, me ne vado a fare una passeggiata in centro e vi lascio studiare in pace!>>
<<oh! Non si preoccupi!>> dissi io cortesemente.
In breve mangiammo senza parlare d’altro, evidentemente eravamo tutti e tre affamati. Poi andammo in salotto e mentre Marco si tuffò su un divano per sdraiarsi e iniziare a girare i canali io mi sedetti sul divano restante insieme alla madre.
Non appena Daniela si fu seduta si sfilò le scarpe e fece per distendersi sul divano poggiando i piedi sulle mie gambe. Nervoso balzai in piedi e dissi:
<< Chi vuole un caffè?>>
<< Io!>> rispose Marco sollevnado una mano stancamente, già quasi addormentato.
<< anche io grazie.>> disse Daniela, mentre appoggiava i piedi sul soffice cuscino dove ero seduto.
Andai in cucina e cercai di calmarmi.
“ Ma cazzo! Non si rende conto questa?! Sono un uomo mica un pupazzetto! E prima le tette di fuori e poi le mutande all’aria e adesso i piedi sul pisello! E che è?! A questo punto è una mignotta!” mi misi a pensare mentre preparavo la moka e la mettevo sul fuoco. Sudavo e avevo il pene durissimo, tanto che non riuscivo nemmeno a camminare tanto bene. Aspettai che il caffè fosse pronto per tornare in salotto e servirlo a tutti, e naturalmente, poi, mi sedetti sul divano.
In un primo momento, intenta a girare il caffè e poi a berlo assaporandolo e facendomi i complimenti, Daniela restò seduta in maniera composta. Non appena ebbe posato la tazzina nel vassoio, però, disse:
<<Buonissmo! Bravo Riccardo! Lascia tutto qui che riordino io! Adesso un riposino e poi via!>>
E di nuovo le sue gambe si sollevarono ed i suoi piedi, questa volta, si posarono morbidamente sulle mie cosce.
Sentii il calore delle soffici piante dei suoi piedi attraverso il jeans e osservai due belle estremità; saranno stati un trentotto, curati, con unghie ben tagliate e leccate di uno smalto trasparente, dita lunghe , arco plantare pronunciato e pieno di piegaturine vellutate, tallone rotondo e morbido.
<<Ti da fastidio?>> mi chiese Daniela vedendomi così interessato ai suoi piedi.
Risposi:<< no! Si figuri!>> e tacqui. Lei restò con i piedi piantonati su di me e poi chiuse gli occhi.
Guardai le sue gambe e le sue cosce, vedevo nuovamente le sue mutandine e la peluria della sua vagina. Riposando, Daniela si mosse un po’ e facendolo accadde che la gonna le si tirò su e io potei vedere i suoi glutei sodi, attraversati dal perizoma, accarezzati dal cotone della gonna. Inoltre muovendosi, i suoi piedi finirono sopra il mio pene e sentii le sue dita premerci sopra. Le scostai i piedi da li sopra e lei continuò a dormire, come Marco d’altronde.
Quando ci fummo riposati abbastanza Marco si alzò e andò in camera dove avevamo tutto il materiale e io le seguii, mentre Daniela restò a dormire ancora per un po’.
Io e Marco ci rimettemmo al lavoro , sentendo Daniela che nel frattempo si era messa a riordinare la cucina, a quanto pareva a piedi nudi, dato che sentivamo i soffici tonfi dei suoi passi invece che il ticchettio dei suoi tacchi.
<< Allora, cerchiamo di fare le cose per bene.>> dissi a Marco.
<< se vogliamo far funzionare questo coso, dobbiamo far si che l’intensità sia tale da rompere i legami molecolari.>>
<< Facile a dirsi!>> disse Marco.
<< Dobbiamo cercare di convogliare di più il laser, potremmo usare anche la lente dei tuoi occhiali.proviamo no?>>
<< Ma non serve! Dobbiamo solo scrivere il lavoro e mettiamo per iscritto quello che manca, al prof andrà bene.>> disse Marco.
Annuii, ma mi sembrava di lasciare il lavoro a metà. Fu in quel momento che entrò nella stanza la madre di Marco, che passando sul corridoio ci aveva sentito.
<< Marco! Dai retta a Riccardo e cercate di fare le cose per bene! La media è importante!>>
Marco rispose con insofferenza:
<<Mamma, ma che ne vuoi sapere tu?! Hai studiato giurisprudenza, tu queste cose nemmeno le sai!>
Daniela allora disse avvicinandosi al macchinario che avevamo messo sulla scrivania:
<<No che non le so, ma so che le cose vanno fatte fino in fondo! Allora, spiegatemi che dovete fare!>>
Marco imprecò scocciato dalla madre e io , per educazione risposi:
<<è uno studio su uno strumento in grado di restringere la materia, utile in campo medico, e che quindi non abbia effetti collaterali sugli esseri viventi. Con lo studio e la ricerca siamo arrivati al punto che, in teoria, a una certa intensità e a un certo voltaggio, dovrebbe funzionare. Dovremmo però restringere il punto di fuoco, in modo da convogliare più energia in un solo punto, ma non abbiamo gli strumenti ottici per farlo.>>
<< e perché?>> chiese Daniela.
<< perché costano troppo!>> risposi io francamente.
<< Però, pensavo che con gli occhiali di Marco, forze potevamo fare un ultima prova!>> dissi.
<< E fatela!>> esclamò Daniela.
Marco allora disse:<< mamma, tu non hai capito niente di quello che ti ha detto. Te lo ripeto in maniera più facile: questo raggio rimpicciolisce le persone e le cose! Capito? Anche se convogliamo il raggio con i miei occhiali, su chi vuoi che lo usiamo?? Per il compito basta e avanza quello che abbiamo fatto. Un trenta non ce lo toglie nessuno!>>
Daniela restò un attimo in silenzio pensierosa, poi disse:
<<è questo che sbagli! Non sei ambizioso! Guarda che li fuori sono tutti pronti a fregarti! Quindi devi essere sempre un passo avanti, non devi mai accontentarti!>>
<< Riccardo! >> esclamò Daniela girandosi verso di me:
<<Fate questo esperimento! Forza!>> e così dicendo prese gli occhiali di Marco e me li diede.
Io annuii e sistemai la lente di fronte al laser.
Marco, sbuffando prese un soldatino di metallo e lo mise su di una sedia, a pochi metri dalla scrivania e dal laser. Daniela si mise alle mie spalle, pronta ad assistere all’esperimento.
<< Dunque, se tutto va bene, adesso quel soldatino dovrebbe rimpicciolirsi!>>dissi
<<Vai Riccardo, prova!>> disse Marco.
Spinsi il pulsante di avviamento e il laser investì il soldatino; fu in quel momento che notai che il soldatino di metallo rifletteva i raggi e non li assorbiva. Urlai:
<<oh porca puttana!>> e spinsi il pulsante di spegnimento, ma appena lo feci, d’un tratto mi sembrò di cadere nel vuoto. Mi ritrovai a precipitare verso il pavimento della camera di Marco e vi atterrai per poi rimbalzare due volte e rotolare in fine sul fianco: ero diventato piccolissimo e fortunatamente, l’essere così leggero non mi aveva fatto schiantare. Mi volai e vidi marco, riverso al suolo, anche lui piccolo come me. Il pavimento era una distesa immensa, come un deserto e la scrivania ci dominava imponente come una montagna.
<< Marco! Come stai?!>> esclamai, mentre correvo verso di lui. Lo raggiunsi e lo rivoltai sulla schiena, lo vidi ansimante, doveva essersi fatto male nell’atterraggio. Tossì:
<<sto bene…solo mi si è spezzato il fiato nel volo! Dov’è mamma?>>
Allora mi guardai intorno e gridai:<< Signora Daniela?! Signora Daniela?? Dov’è?>>
Fu in quel momento che sentii un odore dolciastro che già avevo sentito prima, l’odore dei piedi di Daniela. Mi voltai e vidi gli enormi piedi di Daniela posati sulla moquette , mastodontici, con i polpastrelli delle dita premuti al suolo. Alzai lo sguardo e seguii le gambe chilometriche fino alle mutandine di pizzo e alla gonna, oltre la quale, sfocata, si vedeva la sagoma della testa della donna, parzialmente nascosta dal seno. Non avevo mai visto una donna da quella prospettiva, ed era terrorizzante, era come se fossi diventato una formica.
Agitai il braccio per capire se Daniela ci vedesse e la vidi rispondere salutandomi dall’alto.
<<vedo che ha funzionato!>> disse, e la sua voce ci raggiunse distorta da echi e rimbombi sinistri che la fecero assomigliare alla voce di un mostro.
<<Oddio! È enorme!>> disse Marco vedendo la madre svettare sopra di noi, colossale.
<< Come faccio per farvi tornare normali?>> ci chiese chinandosi sulle gambe, e avvicinandoci involontariamente la sua immensa vagina appena coperta dalle mutandine.
<< Scusami Marco…non guardo eh!>> dissi io imbarazzato. Marco mi lanciò un occhiata sconcertata e offesa,e poi gridò alla madre:
<<Non sarai mai capace a farci tornare normali! Serve chiamare qualcuno bravo!>>
Daniela ripetè la domanda:
<< MI sentite? Come faccio a farvi tornare grandi normali?>>
Marco rispose di nuovo ma Daniela proruppe:
<< Ma siete diventati muti??>>
E abbassò il viso sopra di noi per guardarci con i suoi immensi occhi neri. Ci vide agitarci e muovere la bocca e allora disse:
<<ah! Sono io che non vi sento! Siete troppo piccoli! O cavolo!>> e si sollevò velocemente, frustandoci involontariamente con i suoi capelli neri.
<< Aspettate, qui, non muovetevi!>> disse e poi fece un passo per scavalcarci; vidi la sua immensa pianta dei piedi sfilarci sopra la testa e poi il tallone posarsi pesante alle nostre spalle, con un boato assordante che ci costrinse ad attapparci le orecchie con le mani mentre il terreno vibrava sinistro.
Daniela uscì dalla stanza e tornò con un foglio di carta. Ce lo posò davanti e poi prese dalla scrivania un porta mine ed una lente di ingrandimento.
Si inginocchiò in terra davanti a noi e presa una mina la sbriciolò tra l’indice e il pollice per poi far cadere i pezzettini su di noi. Ci riparammo e poi prendemmo quelle piccole mine che seppur spezzettate erano grandi come una nostra gamba.
<< Scrivete quello che devo fare>> disse.
Fu marco ad iniziare a scrivere mentre Daniela aspettava. Poiché era un lavoro lungo, Daniela si alzò e si sedette sulla sedia della scrivania, dicendoci:<< quando avete fatto fatemi un segno!>> e accavvallò le gambe mentre si accendeva una sigaretta.
Ci ritrovammo a scrivere sul pezzo di carta sul quale Daniela aveva parzialmente appoggiato un piede, mentre sopra le nostre teste penzolava l’altro.
Continua…