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jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo:
Storia:Avvenne Per Caso (III) ed ha ricevuto
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messaggio inviato in data:
26/Ottobre/2007 13:13:08
Avvenne Per Caso (III)
Daniela uscì dalla stanza e io e Marco ci ritrovammo da soli, sul piano della scrivania.
<<ma che cazzo fai?!>> ringhiò Marco avvicinandomisi.
<<Niente….perchè?>> chiesi io perplesso.
Marco era teso e nervoso:
<<Che cazzo baci? Deficiente?>> continuò a dirmi mentre mi si faceva incontro.
<<Ma niente… che devo fare? Tua madre continua a stuzzicarci e alla fine reagisco in maniera strana!>>
<<Che vorresti dire? Che mia madre è una puttana?>>
Disse sferrandomi un pungo poderoso, io lo schivai facendo un passo indietro. Il sentirmi attaccato mi fece andare su tutte le furie e reagii istintivamente, piegandomi in avanti e colpendo Marco sullo stomaco con un pungo rapido che gli spezzò il fiato.
<<Si, è una puttana va bene?! Vaffanculo!>> dissi mentre Marco si piegava in due e iniziava a rotolarsi a terra per il dolore.
Lo guardai ansimare e imprecare e poi mi avvicinai a lui per aiutarlo dicendogli:
<<Scusa, non volevo farti male! Cerchiamo di stare calmi!>> e lo aiutai a risollevarsi. Marco non disse una parola.
In quel momento rientrò Daniela. La donna depose sulla scrivania una decina di suoi gioielli e poi una confezione di prodotto per pulirli e dei batuffoli di ovatta:
<<Ecco qui…>> disse mentre ci porgeva due stuzzicadenti:
<<Mettetevi al lavoro, voglio vedere i miei anelli e orecchini brillare! Piccoli come siete dovreste riuscire a pulire bene anche le piccole intarsiature di questo anello. Datevi da fare!>>
Guardai i gioielli davanti a me, tutti un po’ opachi, e tutti aveva parti annerite, probabilmente a causa dello smog. Sbuffai e guardai Marco, che si comportò come se io non esistessi. Prese lo stuzzica denti, vi arrotolò intorno un pezzettino di ovatta e poi porse l’estremità con l’ovatta alla madre che vi versò sopra un po’ di prodotto. Così Marco si mise al lavoro.
Daniela a quel punto spostò lo sguardo su di me, standosene appoggiata con i gomiti al bordo della scrivania e facendo penzolare le sue due enormi tette a pochi centimetri da noi.
<< dai, muoviti.>> mi disse, e io presi lo stuzzicadenti. Daniela però mi fermò e disse:
<<Anzi, aspetta, ho un altro lavoro per te. Vieni con me, qui ci pensa Marco.>>
E così dicendo Daniela mi afferrò tra indice e pollice e camminò fuori dalla stanza.
Percorso il corridoio Daniela si fermò davanti alla porta del bagno, la aprì e vi entrò. A quel punto mi posò sul bordo del lavandino e si sedette sul water.
Mi guardai intorno senza capire cosa volesse che facessi nel bagno profumato di limone e perfettamente in ordine, poi la vidi divaricare le gambe.
Mi si gelò il sangue e le gambe mi iniziarono a tremare dalla paura. Daniela mi guardava sorridendo e stava con le gambe aperte seduta davanti a me, mostrandomi le mutandine:
<<So che non vuoi altro. È da quando sono arrivata a casa che mi mangi con gli occhi.>> disse la donna.
Restai immobile a guardarla mentre il cuore mi batteva all’impazzata. Lei si sollevò dal water e si sfilò le mutande, facendole scivolare fino ai piedi. Poi con le mani si tirò su la gonna e si risedette, allargando le gambe e distendendo i piedi fino al lavandino ove mi trovavo, posando le sue enormi estremità ai miei lati. Guardai dinnanzi a me e vidi la sua enorme vagina umida e rosea, le piccole labbra dischiuse. Daniela fece scivolare la mano su di essa e cominciò a massaggiarsi piacevolemente.
<<Tieniti pronto, finirai qui dentro.>> mi disse stuzzicandosi il clitoride e massaggiandosi sempre con maggior veemenza.
Daniela a quel punto mi avvicinò il piede e mi tenne l’alluce sospeso davanti dicendo:
<< voglio che ti arrampichi e arrivi fino alla mia fica strisciandomi sulle gambe e leccandomele.>>
Io lo feci. Mi arrampicai sul suo alluce e subito iniziai a leccare la sua pelle dolce, procedendo carponi sulla sua gamba chilometrica. Daniela sospirava di piacere mentre continuava a masturbarsi. Poi l’eccitazione prese il sopravvento; non ero ancora arrivato al suo ginocchio che la donna m’afferrò nella mano e mi portò dinnanzi alla sua immensa vagina.
Mi ci premette sopra e mi ci strofinò, sentii la sua pelle liscia e umida scivolarmi su tutto il corpo, poi il suo dito medio mi spinse all’interno fino alle spalle:
<<mh…sento il tuo corpicino dentro di me…>> disse sospirando. La donna continuò a muoversi e a godere fino all’orgasmo. Io fui solo massacrato dalla sua veemenza e quando lei fu soddisfatta, semplicemente levò la mano da me e restò seduta, accarezzandosi le cosce. Io rimasi infilato nella sua immensa vagina fradicia. Era come se lei la tenesse contratta per sentirmi li dentro, e non mi sembrò volesse tirarmi fuori da li. Infatti, poco dopo, Daniela si alzò e si ritirò su le mutande dicendo:
<<Tu resti li schiavetto. Ora mi accompagnerai a fare la spesa. A Marco diciamo che sei di qua a pulire il lavandino. Reggiti forte.>>
Cercai di urlarle di tirarmi fuori da li, che ero contuso ed esausto, ma lei mi lanciò solo un sorriso per poi farmi precipitare nel buio delle sue mutandine nere di pizzo.
La donna tornò in camera del figlio, lo salutò e poi scese in salotto dove indossò le scarpe eleganti con il tacco a spillo per poi afferrare la borsa e uscire da casa.
Ad ogni suo passo io venivo massaggiato dalla soffice pelle della sua vagina e lei sembrava assaporare con piacere la sensazione del piccolo solletico che le facevo ad ogni suo passo.
Mentre Daniela percorreva un marciapiede sentii che i suoi passi rallentavano e che la sua vagina iniziasse a bagnarsi di nuovo. La donna fece dei passi più piccoli, stringendo di più le gambe e schiacciandomi dentro la sua vagina, per percepirmi meglio. Sentii che iniziava a contrarsi ritmicamente e ad ansimare, in finse venne di nuovo.
Fui investito dai suoi umori che mi fecero scivolare fuori dalle sue mutandine e con essi colai sulla sua coscia.
Mi guardai intorno per un istante e vidi il marciapiede desolato e la città colossale ergersi tutt’intorno a me.
Daniela sentì che colavo sulla sua coscia e così con la mano si pulì e al contempo mi afferrò.
<<non ce la facevo più, sentirti li ad ogni passo è stato irresistibile. Devo trovarti un altro posto o non possiamo andare in giro.>>
Mi guardò sdraiato nella sua mano, invischiato e emaciato. Mi fece un sorriso e disse:
<<ti stai divertendo eh?>>
Io la guardai con astio e sussurrai:
<<troia…aspetta che torno normale e vedrai che fine fai! In galera!>>
Lei mi disse:<< mi ringrazierai quando tornerai normale…se deciderò di farti tornare normale! Sai, non mi dispiace affatto l’idea di avere un amichetto di mio figlio come schiavo personale.>>
<<vaffanculo… le dissi.>> lei corrugò la fronte e disse:
<<era un insulto?>> aspettò la mia risposta ma io la ignorai.
<<Era un insulto?>> mi chiese nuovamente alzando la voce.
<<Bene piccolo verme schifoso. Ho appena avuto un idea per farti portare rispetto.>>
La donna si sfilò la scarpa e mi ci fece cadere dentro. Rotolai sulla tomaia odorosa e caldissima e guardai in alto verso il corpo svettante di Daniela ed il suo viso arrabbiato:
<<Se sarai vivo quando mi toglierò la scarpa, desidero avere le tue scuse immediate!>>
Poi l’enorme piedone della donna oscurò il mio campo visivo e piombò nella scarpa. Fui investito dalle sue dita che mi travolsero. Mi ritrovai compresso sotto i polpastrelli morbidi e Daniela si rimise a camminare.
Continua…