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[ replica ] Goldberg ha inviato un messaggio dal titolo: Nuovo Racconto: GlobalGTS ed ha ricevuto 3 repliche.
messaggio inviato in data: 17/Ottobre/2010 18:22:11

Il primo amore non si scorda mai, e nemmeno il primo approccio col mondo della macrophilia, che per me fu proprio questo sito. E' anche per questo che voglio condividere quì questa mia nuova storia, sperando che sia di buon auspicio per la ripresa di questo sito.
La storia che vi accingete a leggere vuole essere un nuovo approccio al genere Gts, quindi se cercate storie pretestuose e scontate, fate pure a meno di leggerla. Buona lettura!



Prologo

Non pensavo ci volesse così tanto, forse è perché siamo in tanti..
Posso sentire le urla di dolore, sono strazianti, specie di quelli che sono stati mutilati.. Io fortunatamente, se di fortuna si può parlare, sono scivolato subito per la gola, i suoi denti non mi hanno sfiorato.
I suoi denti, gli stessi denti bianchi che mi abbaiarono nel suo sorriso la prima volta che la incontrai, l’inizio della fine..


Entrando nella sala per i colloqui ero abbastanza emozionato, ero senza lavoro da circa tre mesi, e le ristrettezze economiche cominciavano a pesare. Sembrava una bazzecola: ,dovevamo prestarci ad uno studio sociologico, e la paga era più che ottima. Non sapevo in cosa consisteva, ma la parola “sociologico” accostata a studio, non incuteva lo stesso timore di “medico”,”scientifico” o “militare”.
Aspettai circa cinque minuti su quella comoda poltrona di pelle scura. L’intero studio era arredato con molto gusto, e le finestre enormi davano l’opportunità di godere dello splendido panorama marittimo di Palermo. La mia attenzione venne richiamata dal suono della porta che si aprì, e si concentrò per intero sulla mia splendida ospite: era alta circa un metro e settantacinque, vestita con un elegante tailleur nero, con sotto una camicetta bianca che lasciava intravedere un florido seno, e con molto gusto esibiva appena un filo di trucco, per non intaccare la bellezza del viso: i suoi occhi azzurri erano profondi, e incorniciati sapientemente fra due ciuffi che scendevano ai lati del viso, dalla chioma nera sistemata in un’elegante treccia. Non fui completamente in sua balìa finché non sorrise: quel sorriso angelico mi conquistò più del suo florido seno, della bellezza del suo viso, o del suo incedere sexy e fiero.
<<Buongiorno, signor Pedretti..>> esordì.
<<Buongiorno signorina, può chiamarmi Fabio..>> risposi sfoderando il mio miglior sorriso, almeno secondo me.
Lei mi sorrise, e allungò la mano che prontamente strinsi, prima di farmi cenno di accomodarmi, e prendere posto dall’altro lato della scrivania.
<<Benvenuto alla GlobalGTS, il mio nome è Chiara Repetti, molto piacere.. >>
<<Il piacere le assicuro è tutto mio..>> risposi da perfetto cascamorto.
Lei sorrise alla battuta malcelata, e proseguì: <<Veniamo al dunque, perché abbiamo molto da fare entrambi suppongo..>>
<<Certamente..>> risposi pensando che andare a svaccarmi sul divano del mio amico a fumarci qualche canna è davvero un gran da fare.
<<Bene, qui alla GlobalGTS conduciamo ricerche in vari campi, ma il progetto per cui lei è qui è un esperimento “sociologico”. In pratica i partecipanti saranno trasferiti per tre mesi in una nostra struttura, e verranno studiati i loro comportamenti e le reazioni a degli stimoli esterni che man mano verranno indotti..>>
<<Non mi sembra una cosa molto difficile.. Per me va bene..>>
<<Ottimo, io stessa sarò la coordinatrice del progetto, e sarò con voi per tutta la durata dello studio.>>
<<Non potrei chiedere di meglio.. >> dissi prendendo il contratto che mi aveva appena passato, esibendo una nonchalance insolita per me. Firmai senza fare troppa attenzione, in fondo tre mesi a tremila euro al mese, e in sua costante compagnia erano un ottimo incentivo, e per di più quel suo sorriso fece sparire le mie fievoli inibizioni.
La penna scorreva sui vari campi tratteggiati, firmando la mia inesorabile condanna..



Le urla più strazianti si erano smorzate, la morte liberatoria era sopravvenuta per quei poveri disgraziati, e la mia attesa continuava, lasciandomi solo la possibilità di pensare, di ricordare..

Ricordo il giorno della partenza: in cinquanta radunati all’hotel Villa Igiea, uno dei più lussuosi alberghi di Palermo nel quale sono soliti alloggiare i personaggi famosi. Chiara era lì, avvolta nel suo solito tailleur, che a quanto pare era la divisa femminile della GlobalGTS, e dopo essersi accomiatata dai familiari dei partecipanti allo studio, si avvicinò al nostro gruppo sorridendo e ci accompagnò alla sala congressi, scherzando allegramente per il breve tragitto percorso a piedi.
Una volta arrivati salì sul palco, e c’illustrò brevemente il nostro minisoggiorno in hotel, spiegandoci che ci sarebbe stato somministrato un vaccino antimalarico per prepararci alla partenza.
Mi girai verso la ragazza seduta al mio fianco,una biondina con un bel seno, e un naso un po’ troppo grande rispetto al suo viso, ma che non stonava affatto. Dubitavo che avessimo firmato qualche consenso al riguardo, mi rispose con una vocina da uccellino che era una delle voci del contratto che avevamo firmato, ma che io non avevo letto.
Un ottimo inizio davvero..

Per i successivi due giorni venimmo invitati a rimanere nelle nostre stanze singole, completamente forniti di ogni comfort, libero accesso al frigobar e alla tv satellitare, con i pasti serviti in camera, e il personale a nostra disposizione: un sogno!
Venne il giorno della partenza, e ci ritrovammo con gli altri partecipanti, tutti entusiasti del trattamento ricevuto. Ci fecero questo benedetto vaccino, e venimmo condotti sul pullman, e da lì in aeroporto dove uno splendido jet privato della GlobalGTS ci attendeva, nella sua splendida livrea argentata.
Venimmo fatti accomodare e venne servito da bere, qualunque cosa volessimo, tranne alcolici,dovevamo pur fare uno studio, a che stimoli avremmo potuto rispondere se fossimo stati ubriachi?
Io presi un succo di frutta, e cominciai a leggere il mio quotidiano sportivo, ma in breve gli occhi cominciarono a farsi pesanti, e scivolai nel sonno senza quasi accorgermene..
Quando riaprii gli occhi, era così buio che non riuscivo a capire dove mi trovassi: andai a tatto, muovendomi con cautela.. Non ero più sul comodo sedile dell’aereo, e questo era chiaro. Cominciai a urlare:<<Ehi!! Fatemi uscire!!>> Attesi qualche istante, né una risposta, né un suono di passi. Urlai più forte ma con lo stesso esito di prima. Lasciai cadere le mani lungo il corpo, e toccai la pelle nuda delle mie cosce. Ero completamente nudo, nemmeno le mutande mi avevano lasciato. Decisi di mantenere la calma e la lucidità, erano la mia unica risorsa in questa situazione.
Mi girai e cercai di capire dove mi trovavo: quella su cui stavo in piedi era una superficie solida, ma non mi sembrava cemento, nemmeno legno, era un po’ troppo morbida.
Continuai brancolando nel buio, e mi misi in piedi per tentare di stabilire l’altezza. La mia testa non cozzò su nessun tetto, e allungai le braccia verso l’alto, ma nemmeno stavolta trovai il tetto, nemmeno saltando.
Presi a misurare la stanza dove mi trovavo, memore dei famosi undici metri del dischetto del rigore, cominciai a camminare a passi più o meno regolari: feci dodici passi tenendomi al muro di quello strano materiale, e arrivai a otto passi, trovando l’altra parete. Presi a misurare la larghezza: cinque passi. Cominciai allora a cercare a tentoni delle aperture, che fossero finestre, o feritoie, o una qualunque dannata cosa che mi facesse uscire da quella situazione.
Non trovai nulla sulle pareti, e tentai col pavimento, cercando una botola, ma nulla di che.
Urlai di nuovo, ma nessuna risposta sopraggiunse.
Mi lasciai cadere in un angolo, e per non farmi sopraffare dallo sconforto presi a considerare tutto quello che avevo a mia disposizione: circa otto metri per cinque. Nessuna botola,finestra,porta o feritoia. Tetto troppo alto per essere raggiunto. Di positivo c’era che non c’era nulla di sconosciuto rinchiuso lì con me.
Il mio incrollabile ottimismo..
Un fascio di luce m’investì di botto, inducendomi a chiudere gli occhi per la troppa luminosità. Mentre cercavo di riabituare gli occhi alla luce, un suono metallico gracchiò fuori da qualcosa posto in alto nella stanza, e una voce esordì: <<Numero 37!>> era una voce distorta dall’amplificazione, ma pur sempre una voce di donna.
<<Numero 37..>>ripeté la voce.
<<Non mi chiamo numero 37, ho un nome.. >>
<<Da ora in poi sarai chiamato solo numero 37.Così è deciso.>> sentenziò la voce.
<<Dove cazzo mi trovo? Cos’è questa storia? Dove sono tutti?>> urlai in direzione della luce-
<<Numero 37 ti verranno dati degli abiti. Indossali.>>
<<Ti ho fatto delle domande cazzo!>>
<<Non ti è dato sapere numero 37.Indossa gli abiti. Chiudo.>>
Anche la luce si spense, e subito una luce in fondo si aprì sul tetto, rivelando luce naturale, o almeno una via d’uscita. Corsi in quella direzione ma solo per vedere un fagotto cadere di sotto, e la botola richiudersi.
Raggiunsi il fagotto, e a giudicare dall’altezza della luce, il tetto doveva trovarsi almeno a 5 metri da terra.


Raccolsi il fagotto e cercai di capire cosa fosse: un unico pezzo e due scarpe. Misi le scarpe da parte e cercai di capire il senso di quello strano abito: c’erano gli spazi per le braccia e per le gambe, una zip centrale:una sorta di tuta da meccanico. La indossai, perché qualunque cosa accadesse non volevo essere nudo quando avrei incontrato gli altri. Dopo aver alzato la zip, presi le scarpe, che erano abbastanza larghe da infilarle senza lacci, che non c’erano.
Presi a camminare, impaziente, avanti e indietro. Ma davvero potevano farci questo per un cazzo di studio sociologico? Da perfetto coglione non avevo letto il contratto prima di firmarlo, e questo era il risultato.
Chissà perché mi venne in mente “voce d’uccellino”. Non avevo conosciuto nessuno oltre lei, sempre se fare una domanda a qualcuno vuol dire conoscerlo. Chissà perché pensavo a lei, quando avrei potuto e dovuto pensare alla mia famiglia, ai miei amici. Eppure era voce d’uccellino quella che mi veniva in mente adesso. La immaginavo terrorizzata, urlare nel buio, piangere, ma qualcosa destò la mia attenzione.
Sentii di nuovo il gracchiare metallico: <<Ora dormirete, quando vi sveglierete sarete nella vostra nuova destinazione..>> Stavolta parlava al plurale, quindi era un messaggio standard per tutti.
Ma io non avevo sonno, come avrei potuto dormire in una situazione del genere? La risposta arrivò da sola:
senti qualcosa sfiatare in qualche parte della stanza, e cominciai quasi subito a tossire: gas!
Scivolai seduto in un angolo, era impossibile e inutile resistere, e mio malgrado chiusi gli occhi.




Giorno 1

Una brezza calda, carica di aromi che non riuscivo a comprendere, si abbatteva su di me, perfettamente cadenzata . Indugiavo nell’aprire gli occhi,preferivo stare in quel momento d’illusione, immaginandomi di stare su un’amaca, in una bella spiaggia caraibica, cullato dal vento sulla spiaggia bianca, ma sapevo che non ero lì, e mio malgrado mi costrinsi ad aprire gli occhi.
Tutto ma proprio tutto avrei immaginato, ma davvero mai avrei creduto possibile questo: il naso un po’ troppo grande sul viso di “voce d’uccellino” era lì, su di me, attaccata al resto del viso della sua padrona.
La biondina stava lì dormendo beatamente, così innocente e bella, e così spropositatamente gigantesca!
Mi guardai in giro velocemente, e capii subito la verità: le sbarre spartane della testiera del letto svettavano su di me come querce, e il bordo stesso del letto mi appariva lontano. Ero io quello minuscolo.
Mi lasciai cadere seduto a qualche passo da lei, osservandola riposare. Era inutile svegliarla e catapultarla in un incubo, come può essere trovarsi di fronte una sorta di gnomo lì seduto a fissarti. Senza contare che anche lei aveva passato qualcosa di spiacevole come la prigionia. Si sarebbe svegliata da sola, meglio lasciare continuare i suoi sogni ancora un po’.
Sfruttai quel momento per guardarmi bene, non sapevo nemmeno cosa indossavo. Era una tuta simile a quella dei meccanici, bianca e con una grossa striscia blu che copriva il sopra delle braccia, e i lati delle gambe, così come il colletto. All’altezza del cuore si trovava un cerchio in blu con dentro il numero 37 dello stesso colore.
Anche “voce d’uccellino” aveva una tuta bianca, con il rosa al posto del blu. Anche lei il 37. Chissà in base a cosa avevano fatto questi abbinamenti, ma mi era andata benissimo così.
La osservai ancora un po’: quel seno ben formato che si alzava e si abbassava al ritmo del respiro, le labbra leggermente imbronciate, e i capelli biondi tinti, o almeno non del suo stesso biondo ben visibile nelle sopracciglia non troppo sottili, e nella porzione di ricrescita che riuscivo a vedere dalla mia prospettiva, e quella spruzzata di lentiggini che non mi dispiacevano affatto.
Ma ecco, un movimento impercettibile delle palpebre annunciava un imminente risveglio. I suo occhi si aprirono lentamente, e potei individuare il momento esatto in cui le cornee si allargarono per focalizzarsi su di me, la piccola figura seduta a pochi metri, almeno per me. Si tirò subito in piedi, urlando:
<<Ommioddio! Chi sei? Cosa sei?>> e guardandosi attorno aggiunse: <<Dove siamo?Dove ci troviamo?>>
Aspettai che si calmasse un attimo, e mi misi in piedi, facendole segnale con le braccia portandomele al petto e rilasciandole: respira, rilassati.
Parve capire subito, e la vidi ispirare profondamente ed espirare altrettanto forte. Ripeté il gesto finché il suo respiro si fece regolare, e venne a sedersi sul letto, ad una certa distanza da me.
Non tolse gli occhi da me mentre mi avvicinavo a lei, con passo calmo ma deciso.
<<Ciao, io sono Fabio..>>
Lei allungò una mano, come per voler controllare che non avessi fili sopra che mi muovessero.
Sorrisi: <<Sono una persona vera, non un burattino, te lo assicuro..>>
Lei sorrise, e posò la sua mano sul letto, aprendo il palmo in modo che potessi salirci, e mi disse: <<Io mi chiamo Giada..>>
Salii sul palmo, tenendomi al pollice per non cadere, e restai estasiato mentre mi avvicinava al suo viso, notando il colore verde puro dei suoi occhi. Era davvero bella.
Mi raccontò brevemente che aveva fatto lo stesso percorso, la stanza buia, il vestito gettato dalla botola, il messaggio al megafono, e il gas finale.
<<Bene,-dissi- ora che sappiamo come siamo arrivati qui diamoci un’occhiata intorno.>>
<<Mi sembra sensato.. Comunque noi due abbiamo parlato lì in hotel, ricordi?>>
<<Certo, bella figura da deficiente.. >> dissi ripensandoci.
Lei sorrise mostrando anche i denti laterali oltre i soliti quattro davanti di un sorriso finto. Tutti bianchissimi e perfetti. E non le puzzava il fiato, cosa che con la differenza di proporzioni sarebbe potuta essere una gran bella scocciatura.
Tenendomi con cura nella mano destra chiusa su di me, cominciammo a girare la nostra sistemazione:
il bianco era il colore delle pareti di entrambe le stanze,e predominante in tutta la casa: una camera da letto e una cucina soggiorno. Il mobilio davvero spartano: un tavolo e una sedia in cucina, una cucina a gas, un pianale e un armadietto, tutti bianchi. Oltre al letto matrimoniale invece, nella camera da letto si trovava un comodino, e un divanetto biposto bianco, tanto per cambiare.
Il piccolo bagno ospitava un wc, un bidet, e una vasca provvista di doccia estraibile, il tutto in una cornice di piastrelle bianche.
Immaginai che il bianco fosse stato scelto come colore per dar risalto ai “piccoletti” come me, e individuarli facilmente. Questa supposizione fu suffragata dalla presenza dei sensori di movimenti in ogni angolo, e quei finestroni neri specchiati che campeggiavano in ogni stanza, mi ricordavano senza dubbio quelli delle sale interrogatori da film americani. Non eravamo soli.
Provammo ad uscire dalla porta d’ingresso ma era sbarrata, e quella sul retro dava su di un giardinetto che aveva del grottesco: oltre ad essere attorniato da mura bianche e lisce alte tre metri, l’erba era quella che si può trovare nei modellini di trenini, finta e lucida. Valeva lo stesso discorso del bianco: nell’erba finta non puoi nasconderti.
Oltre ad una sdraio , un tavolino basso e un ombrellone, anche lì c’erano i sensori, lo specchio nero, la telecamera e anche un altoparlante.
Rientrammo in casa ridendo di queste cose, ci sembravano un attimino esagerate.
Guardammo nel frigo in cucina: 6 uova, un imballo con delle fettine, della lattuga, pomodoro, 6 bottiglie d’acqua minerale con la marca appositamente tolta. Ridemmo anche di questo.
Andammo a metterci sul divano, e lei mi tenne in mano come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Parlammo un po’ di noi: anche lei era un’eterna “alla ricerca di lavoro”, e venivamo da background molto simili. Nessuno dei due era un modaiolo, ed entrambi adoravamo leggere. Quasi trasalii quando mi chiamò “Harry Chinaski”, come il protagonista del racconto di Bukowski rimpicciolito da una strega per usarlo come giocattolo erotico.
<<Spero che non mi riserverai lo stesso trattamento.. >> le dissi fra il divertito e l’impaurito.
<<Chi lo sa..>> chiosò lei ridendo di gusto.
Una luce gialla si accese sopra lo specchio nero, che in breve divenne uno schermo, e subito cominciò un video filmato. La bellissima Chiara della GlobalGTS ci dava il benvenuto.
Tutta sorridente ci spiegava che le nostre dimensioni erano queste per testare la reazione delle donne a particolari stimoli. Ci disse che a fine studio saremmo tornati normali, ma che fino alla durata potevano subire dei cambiamenti. Non ci era permesso uscire dai nostri appartamenti, né interagire con gli altri partecipanti. Il cibo sarebbe stato recapitato ogni giorno, così come la biancheria pulita.
Lo studio si sarebbe svolto in dodici settimane, con un progetto diverso ogni settimana, chiamati “Moduli”.
Il modulo 1 consisteva nell’instaurare un rapporto fra i due della stessa squadra. Erano previsti dei mini compiti bonus, che se effettuati correttamente avrebbero portato un bonus economico di circa trecento € per ciascuno.
Dopo averci augurato un buon proseguimento, lo schermo ridivenne specchio e restammo lì da soli ad analizzare l’enorme mole d’informazioni ricevute. Eravamo in due, dovevamo conoscerci, e potevamo guadagnare trecento euro per ogni minimissione superata, senza dover lavorare, oltre al sostanzioso mensile. Cosa avremmo potuto volere di più?













Giorno 5

Cinque giorni erano trascorsi nella più totale serenità, al punto da chiedermi se avessi davvero vissuto l’esperienza della stanza buia: due esperienze così diverse!
Il rapporto con Giada si stava evolvendo naturalmente. Senza i classici disturbi sociali come la tv, la radio, la conversazione era l’unica cosa che riempiva le nostre giornate.
Stavo imparando a conoscere questa ragazza, e mi piaceva vegliarla nel sonno, guardarla dormire. Era un tipo intelligente, era solare, arguta, forse un po’ timida. Arrossiva quando mi accompagnava al bagno, perché giocoforza dove almeno sorvegliarmi, dato che potevo cadere nel water. Le mie dimensioni erano un pericolo costante.
A proposito, avevamo stabilito che dovevo essere alto fra i diciotto e i venti centimetri. Mi piaceva guardarla cucinare, e poi mangiare insieme parlando di tutto, dalla stupidità della moda alla musica ska.
Mi piaceva guardarla accelerare la masticazione per poter dire quello che doveva, non poteva farne a meno. Avevamo trovato in un cassetto un minitavolo con una mini sedia , e un minicorredo di tutto. Sedevo quindi comodamente con la mia sediolina ed il mio tavolino di fronte a lei.
Avevano pensato proprio a tutto.
Quella notte lei si era addormentata come suo solito prima di me, dandomi un bacio sulla sommità della testa. Questa cosa un po’ m’imbarazzava, ma non mi dispiaceva in fin dei conti.
Restai a guardare il soffitto, steso ad una certa distanza da lei, per ovvie ragioni. Cominciai a fantasticare su un futuro, magari con lei, una volta finito lo studio. Immaginavo una casa piena di libri, un piccolo balconcino fiorito, ma sono pur sempre un maschio.. Fantasticavo di fare l’amore con lei, di stringere quel seno così accattivante, che faceva capolino dalla zip aperta procurandomi sempre un’erezione ogni volta che lo guardavo. Anche il sedere era bello: tondo, un po’ burroso, come piace a me.
Mi addormentai pensando al suo corpo nudo..
..Mi svegliai senza capire dove fossi.. Un breve stordimento iniziale dal quale mi riebbi quasi subito. Scostai quelli che capii essere i suoi capelli, tentando di farmi largo in quella sorta di giungla bionda, ma inciampai, e caddi.. sul soffice!
Lei voltandosi era finita a pancia in giù vicino a me, e mi trovavo sotto l’incavo del suo collo, coi capelli che scivolavano su di me. Caddi proprio nel suo seno. Non osai muovermi al momento, vuoi per l’imbarazzo, vuoi per non svegliarla restai completamente immobile. Ero proprio incastrato nell’insenatura, perfettamente nel mezzo. Giada non diede segno di accorgersene, e il suo respiro restò normale.
Mi guardai attorno, estasiato dalla visione di quella pelle candida, dalla perfetta rotondità, e dal disegno simmetrico che madre natura le aveva donato.
Non riuscii a trattenere le mani, che sfiorarono quel bene di Dio di cui erano circondate, assorbendone il calore, mentre io ne assaporavo l’aroma inebriante. Ero in una sorta di trance mistica, dalla quale purtroppo venni repentinamente risvegliato.
Giada avvertì la mia presenza, e balzò a sedere così velocemente da non lasciarmi tempo di uscire, e restai incastrato a testa in giù nel suo seno, ma non finì lì. Mettendosi a sedere, si creò un vuoto nella sua tuta, ed io scivolai dentro, finendo appiccicato alla pancia, quasi abbracciandola per non sprofondare ulteriormente.
<<Ferma!>> urlai. Se si fosse mossa ancora sarei sprofondato più in giù, e sotto queste tute non avevamo intimo..
Si arrestò, mi sentì fortunatamente. <<Infila la mano nella zip e prendimi, terrò gli occhi chiusi, prometto!>>
<<Si, ti prego, non guardare..>> disse con quel tono così imbarazzato.
Sentii le sue dita afferrarmi, e trascinarmi fuori. Chiusi gli occhi un attimo prima di uscire dalla scollatura ovviamente, non potevo perdermi quello spettacolo! Li riaprii trovandomela di fronte di un colore rosso pomodoro, imbarazzatissima.
<<Calmati.. Non è successo niente, nulla che non abbia già visto comunque..>> cercai di buttarla sul ridere.
Lei mi guardò per la prima volta, e non seppe trattenere un sorriso prima di dire: <<Si, ma le mie sono più belle..>> non poteva trattenersi dal dirlo per carattere, ma sprofondò con la faccia nel collo per l’imbarazzo.
Era splendida.
Le spiegai com’era andata, e la cosa la sollevò un pochino da un lato, ma si preoccupò del fatto che avrebbe potuto schiacciarmi. La tranquillizzai con una battuta: <<Le hai troppo piccole per schiacciarmi, ti ci vorrebbe almeno una sesta!>>
Scoppiò a ridere e mi mise giù. Ridemmo per diversi minuti, finché il monitor che era stato spento fin dal messaggio di benvenuto, si accese, con la classica luce gialla che annunciava “l’inizio delle trasmissioni”.
Mi prese, e andammo a sederci sul divano. La schermata era diversa, tutta rossa, con una scritta in bianco al centro: “Missione settimanale”.Aspettammo qualche secondo, e spuntò la ricompensa prevista: cinquecento euro! Avevo capito che doveva essere di trecento, ma lungi da me l’idea di rifiutare cinquecento euro. Aspettavamo la missione, solo quella, che non si fece attendere.
Chiara apparve sorridente, in una bella poltrona, sembrava quasi un messaggio di propaganda politica, con quegli ambienti caldi che dovrebbero suscitarti una certa familiarità, e informalità. Non avevano lasciato nulla al caso quelli della GlobalGTS.
<<Salve coppie, siamo quasi alla fine del primo modulo. Avete avuto modo e tempo di familiarizzare, ora è giunto il momento della prima missione. So che vi avevo detto che la ricompensa media è di trecento euro, ma vista la sfida che vi attende, ci è sembrato corretto alzare leggermente la posta in palio. Quello che vi chiediamo per conseguire lo scopo è forse una delle cose più antiche e naturali del mondo. Sto parlando del SESSO.>>fece una pausa.
Notai Giada sbiancare, e anche io ebbi un tuffo al cuore, ma il messaggio proseguiva: <<Vi chiedete come fare vista la differenza d’altezza? Quello sta a voi.. Avete tempo fino a domenica a mezzanotte. Ovviamente scandiremo noi la fine. Buon proseguimento..>>
Lo schermo si spense, e restammo nella penombra, in silenzio. La osservai, e vidi che era imbarazzata da morire. Non osai parlare. Quei soldi non mi sarebbero dispiaciuti. Fu lei a prendere la parola:
<<Cosa pensi di fare?>> la domanda mi stupì.
<<A me i soldi non dispiacerebbero affatto, ma è una cosa delicata.. Scegli tu, senza pressione.. >>
Tacque. Si alzò, e allontanandosi disse: <<Voglio stare da sola..Devo riflettere >>
Non dissi nulla. Restai lì.
Bella sfida davvero …


La osservavo da lontano, sprofondato nella pelle bianca del divano, pensando a che razza di prova si erano tirati fuori..
Come si poteva chiedere a delle persone che si conoscevano da così poco, di fare qualcosa di così personale come può essere il sesso? Non pensavo proprio potesse trattarsi di questo, quando parlavano degli stimoli esterni a cui ci avrebbero sottoposti.
E’ pur vero che conservavamo sempre il nostro libero arbitrio. Stava a noi scegliere o meno di aderire. A me personalmente, l’idea di fare sesso con una donna gigantesca suscitava un vespaio di sensazioni contrastanti. Da un lato, quale uomo non gioirebbe di vero cuore di fronte ad un seno enorme? O ad un sedere? O alla vagina? E di contro, come avrei mai potuto soddisfarla? Che sesso avremmo potuto fare senza che potessi penetrarla? Nemmeno nei miei peggiori deliri post chimici avevo minimamente pensato ad una situazione del genere. Eppure la fantasia non mi è mai mancata..
Intanto la osservavo seduta di là in cucina. Bistrattava l’unghia del pollice della sua mano destra, in evidente difficoltà. Mollava l’unghia solo per afferrare una ciocca bionda, e cominciare a torturarla. Era gigante in confronto a me se parliamo in termini materiali, ma era così piccola in quel momento da farmi tenerezza. Avrei voluto alzarmi, andare lì e abbracciarla. Era quello di cui aveva bisogno, e mi sentivo davvero una nullità nel non poterglielo dare. Scivolai quasi senza accorgermene nel sonno, trascinandomi dietro tutti i miei pensieri.
Sognai me stesso, stavolta delle mie vere dimensioni. Mi aggiravo per la casa che normalmente mi appariva gigantesca, trovandola piuttosto piccola in realtà . Entravo in cucina, dove trovavo Giada accovacciata con la testa fra le braccia, e i capelli in una morbida cascata disordinata a coprirne il viso. Anche se non potevo vederla piangere, lo capivo dai rantoli sommessi, singhiozzi che lei stessa cercava di limitare. Mi portai alle sue spalle, e feci quello che avrei davvero voluto fare. Feci scorrere le mie braccia sotto le sue, facendole incrociare sotto il suo seno,ancora scosso dal pianto. Le sue mani afferrarono subito le mie, e istintivamente si girò affondando il volto nel mio petto, stringendosi forte alla mia schiena. Le accarezzai i capelli, lasciando che si calmasse, prima di sfiorare le sue guance, asciugando simbolicamente le sue lacrime. Con un dito spostai il suo mento verso l’alto, mentre scostavo i capelli da un lato, per guardare quei suoi occhi verdi che apparivano ancor più vividi dopo aver pianto. <<Va tutto bene,non c’è nulla di cui preoccuparti, si sistemerà tutto..>>. La sentii stringersi ancor di più a me. Una parte di me sapeva che tutto ciò non poteva essere che un sogno, ma mi andava bene così. Sarei potuto stare così per ore..

Una pressione sotto le braccia incrociate contro il petto mi risvegliò. Era lei, Giada: <<Ehilà dormiglione! E’ quasi sera, sono ore che dormi.. >>
Mi tirai su, guardando la luce che entrava dal giardino. Diceva la verità. Mi stropicciai gli occhi, e schiarii la voce prima di parlare: <<Come stai?>>
Il suo sorriso dolce si affievolì in un piccolo broncio. Era inginocchiata davanti al divano, e si sedette più comodamente, prima di espirare profondamente.
<<Non bene..>> disse lasciando la testa cadere sul braccio, quasi a volersi proteggere dal mio sguardo. Mi sentivo io il gigante in questo momento.
<<Guarda che non dobbiamo fare nulla per forza.. E’ una nostra decisione, punto. Sono solo soldi, carta straccia alla fine. Chi se ne frega! Ci rifiutiamo e vaffanculo! Nessuna paranoia.>>
Sollevò la testa dal braccio, puntando quegli occhioni verdi su di me: <<Dici davvero? Per te non è un problema rinunciare ai soldi?>>
<<Me ne frego dei soldi. Per cinquecento fottuti euro non voglio che tu faccia quello che non vuoi, né che tu sia infelice. Neanche se fossero cinquecentomila. Lasciamo trascorrere il termine e andiamo avanti!>>
Mi afferrò di slancio con entrambe le mani, portandomi al viso, e mi strinse forte. Vidi le lacrime lì per cadere: <<Ehi, non ci pensare nemmeno a piangere, non mi va proprio una doccia salata!>>
Scoppiò a ridere, asciugandosi prontamente le lacrime. I suoi occhi brillavano ancora di più dopo aver pianto. Non ero mai stato attento a questi particolari, che mi stava succedendo? E’ possibile che questa nuova proporzione mi portasse a fare più attenzione a cose che normalmente darei per scontate? Era meglio non soffermarsi troppo su queste riflessioni, meglio vivere il momento, il mio personalissimo motto da sempre.

Cenammo in tranquillità quella sera. Chiacchierammo sui bimbiminkia che crescono con le nuove generazioni. Ridevamo dei loro cappellini poggiati sulla zucca, tutti vestiti uguali, che sembrano fatti con lo stampo. E delle ragazzine vestite come prostitute a dieci anni. Ripensando ai nostri tempi, quando fino ai quattordici anni il mondo di noi maschi era il pallone, e le donne con le bambole, o le biciclette, con le calze bianche. Un discorso da vecchi nostalgici per farla breve. Fu una bella cena, ci eravamo lasciati alle spalle il peggio, quel silenzio freddo, pesante. Molto meglio così, avrei avuto la possibilità di provarci una volta finito il nostro progetto. Non per i soldi in palio, ma perché anche lei lo voleva. Mi sarei sentito un “Puttano”. Tre mesi in fondo, non sono poi tanti..

Stavamo sdraiati sul letto, con lei voltata su un fianco, mentre io stavo a testa in su. Parlavamo del suo sogno di aprire un caffè letterario, un po’ bohémien come idea, ma mi piaceva molto. Io avrei lavorato lì, come barman, uno di quei personaggi istrionici, capaci di affascinare le masse. Solo conversazioni profonde, cocktail ricercati, nessuna birra commerciale,solo prodotti di nicchia. Eravamo concordanti anche sul nome: “Bukowski”. Speravamo in una maggior fortuna da vivi magari..
<<Che ne dici dei tavoli su vecchie botti?>>le chiesi.
Non rispose, pensai non mi avesse sentito, e mi girai. Si era addormentata, così di botto. Aveva avuto una giornata particolarmente travagliata dal punto di vista psicologico, era normale crollasse.
Io ovviamente non avevo nessun sonno, avendo dormito così a lungo. Mi avvicinai a lei, e mi sedetti a poca distanza dal suo viso. Con la bocca socchiusa dormiva già profondamente, poggiata sulle mani unite sotto al volto. Restai lì a guardarla incantato. Da questa prospettiva gnomica potevo davvero osservarla..
Mi alzai e poggiai una mano sulla fronte, un po’ come a cercare di dare sollievo alla sua testa così malridotta da quella giornata. Mi sembrò quasi che si rilassasse su tutto il viso. Passeggiai lasciando che la mia mano tesa continuasse a sfiorarla. Le sue sopracciglia con la ricrescita lì dov’erano state sfoltite. Le sue palpebre rilassate, e le ciglia affusolate. Il suo naso particolare, un po’ troppo grosso forse, ma che non dispiaceva affatto. Indugiai qualche attimo di fronte alle sue narici, lasciando che l’aria calda si abbattesse sulle mie mani. Sorrisi, mi ricordava molto quegli aggeggi del bowling da cui esce l’aria.
Mi trovai quindi di fronte alla sua bocca. Non era più socchiusa, giaceva in un sorriso appena accennato, che suscitava tenerezza. Poggiai una mano sul labbro superiore, ancora un po’ inumidito, e tiepido. Una sensazione stranissima mi spinse ad avvicinarmi, e in una sorta di inebriante mistero m’inginocchiai, e feci istintivamente quello che avrei voluto fare da tempo. La baciai. Lasciai le mie piccole labbra sulle sue.
Non poteva di certo sentirmi, e preferivo rischiare se questo era il prezzo per questo bacio rubato.
Inaspettatamente quelle labbra si schiusero, e la sua voce mi si abbatté sopra come un tuono in piena notte. <<Cosa stai facendo??>> disse rizzandosi a sedere.
Caddi per la differenza di pressione sul letto, e rialzandomi non provai a mentire: <<Ti chiedo scusa. Non avrei dovuto, ma eri così bella che non ho potuto trattenermi dal baciarti.>> dissi abbassando la testa e vergognandomi come un ladro colto in flagrante. Non dissi nulla, non provai a scappare e nemmeno a nascondermi.
Fu del tutto inaspettato quello che accadde: sentì la sua mano sfiorarmi la testa, e accarezzarmi su tutto il corpo col dorso delle dita. Un po’ per la vergogna di essere stato scoperto, un po’ per il gesto inaspettato mi strinsi ancor di più in me stesso, mentre le sue dita mi avvolgevano teneramente. Le mie braccia di scatto si abbracciarono a quelle dita mentre sentivo il suolo mancarmi sotto i piedi. Alzai la testa un attimo prima che le sue labbra si posassero sul mio volto, ricoprendolo per intero.
Ricambiai quel bacio come meglio potevo, mentre le mie braccia cercavano di abbracciare il suo intero volto. Una sensazione bellissima.
<<Non dire nulla..>> fu il sussurro che uscì dalla sua bocca. Non dissi nulla, per la prima volta forse nella mia vita. Lasciai che il suo dito s’insinuasse nella mia tuta, facendo scivolare giù la zip. Tirai fuori le maniche mentre lei con la mano libera tirava giù fino in fondo la sua lampo, mettendo in mostra il seno che con il chiaroscuro della camera era anche più bello. Si stese comodamente sul letto, lasciandomi adagiato sul suo viso. Cercavo come meglio potevo di baciarla, ma cominciai a scivolare, non avevo certo la forza di Yuri Chechi nelle braccia. Continuai a baciare il suo mento, e giù sulla sua gola candida. Mi liberai della tuta, che ormai penzoloni per metà mi rallentava solamente. Non pensai nemmeno a quello che facevo, ero solo istinto. Scivolai ancora indietro, nella sua scollatura, mentre le sue mani allargavano la tuta mettendo in mostra tutto lo splendore di cui disponeva. Abbracciai un seno come meglio potevo, accingendomi a baciare il capezzolo che turgido si ergeva per me. Capii dai suoi sospiri sommessi che la cosa le piaceva, e cercai di marcare la mano aiutandomi con le braccia, stringendolo e bistrattandolo un po’.
Mi sentii brevemente sollevare per poi ridiscendere, tenendomi al capezzolo per non cadere. Mi girai velocemente indietro e capii cos’era successo: si era sfilato il resto della tuta, e ora svettava in tutta la bellezza del suo corpo nudo, mi sembrava quasi di scorgere delle perline dei suoi umori nella peluria pubica. Era troppo per me..
Continuai a scendere a ritroso, baciando e leccando ogni centimetro di pelle nuda su cui poggiavo. Sentii il suo stomaco gorgogliare mentre mi trovavo sopra, e continuai a scendere, incurante di tutto. L’ombelico poco profondo mi fece quasi inciampare, ma la sua mano sinistra mi sostenne, mentre l’altra sfiorava delicatamente il suo seno. Baciai ancora il suo ombelico, e più giù il suo basso ventre. Guardai in alto, verso il suo volto, che mi osservava con gli occhi socchiusi. Era come se aspettassi un suo segno, un invito ad andare fino in fondo. La pressione della sua mano sulla schiena arrivo poco dopo, e mi spingeva in basso.
Scivolai nella conca creata fra la sua mano e il suo pube, scomparendo in gran parte alla sua vista. Ero lì, ero davvero come Harry Chinaski in quel momento, ma non ne ero per nulla spaventato, e quel fiore carnoso di fronte a me permeava l’aria di un odore dolce, melenso. Lasciai scivolare le mie braccia sotto le sue grandi labbra, verso l’alto, per andarsi a incontrare sul suo clitoride. L’incontro delle mie mani coincise con un piccolo smottamento del suolo su cui mi trovavo. Doveva essere una sensazione che fino a quel punto era solo stata sfiorata, niente a che fare con due mani così piccole da poter carezzare il clitoride. Lo sentivo crescere e scaldarsi sotto i miei massaggi, le mie carezze, e fuoriuscire lentamente dal suo guscio di pelle. Lo guardai affiorare, e lo baciai, ritrovandomi stretto fra le sue cosce, che istintivamente si serrarono su di me. Lo baciai come potrei baciare una ragazza, con la stessa passione, mentre le mie mani lo accarezzavano come potrei fare con il volto della mia amante. Potevo sentire il suo respiro affannato scandito da gemiti malcelati, e la pressione crescente delle sue cosce su di me mi avvertiva del suo imminente orgasmo, che non tardò ad arrivare. Un lungo “Siiiiiiiii” fra il sussurrato e il graffiante accompagnò la caloria che s’innalzava dal suo sesso intero. Mi lasciai scivolare dalla sua presa, e guardai brevemente quella bocca inferiore pronta ad accogliermi. Vi appoggiai sopra una mano, che come in una pozza di melassa affondò senza sforzo, trasmettendomi tutto il calore che s’irradiava dal suo corpo. Feci scivolare dentro anche il braccio, il gomito, e a metà dell’avambraccio afferrai con il braccio libero la sua mano e la forza a tenermi, guidandola verso le mie gambe. Giada lo capì subito, e senti il suo sostegno dietro, sulle ginocchia, pronta a sostenermi. Fu allora, che senza esitare mi addentrai ance con l’altro braccio dentro di lei, allargando quelle labbra il giusto per affondare anche la testa. Avvertii la sua mano sollevarmi, e mettermi in posizione orizzontale, lasciandomi il modo di decidere da me.
I suoi umori mi avvolgevano, e quell’odore forte ma inebriante mi diedero la spinta che cercavo. Avanzai a carponi nell’oscurità, senza paura. La carne calda e pulsante intorno a me mi sorreggeva, e fu in quel momento che cominciai a sentire la sua volontà, quella della mia gigantesca ospite. Cominciai a scivolare dentro,affondando quasi ad ogni movimento in quella densa melassa e impregnandomi di lei. Con le mani protese in avanti nel buio,sfiorai per la prima volta la sua cervice, provocando una sorta di restringimento temporaneo delle calde mura che mi circondavano. Avvertì la presa sulle mie gambe cambiare, Giada cominciava a prendere l’iniziativa. La lasciai fare, abbandonandomi alla sua volontà, come se fosse la cosa più naturale da fare, e lo era davvero. Prese a rigirarmi dentro di se, lasciandomi penetrare sempre più in profondità. Senti che usava le mie mani protese per accarezzare gentilmente la cervice, che cominciava a scaldarsi sotto la mia pressione. Aumentò la velocità quel tanto da farmi toccare appena l’estremità del suo piacere, ma in modo ripetuto e ravvicinato. Tutto intorno a me era umido, caldo,grondante del suo piacere, e cominciava a serrarsi su di me, come se volesse assorbirmi, farmi parte di se. La morsa su di me divenne così forte, da rendere quasi un miracolo ogni respiro,fu allora che mi sentii venir meno. Fu solo un istante, ma fui un tutt’uno con il suo sesso, come se fossi parte di quell’organismo pulsante e madido di piacere, che mi reclamava per la sua gioia personale.
Quasi non mi parse vero di sentire la pressione interrompersi, mentre mi tirava fuori in un effluvio di ciò che restava del suo orgasmo. Faticai a riprendere aria, tossendo un po’, mentre Giada si affannava a baciarmi sulla testa, sulle spalle, sul corpo. Lasciai che continuasse, mentre i miei polmoni riprendevano il loro ritmo naturale.
<<E’ stato stupendo, non puoi capire.. >> mi sussurrava intenta ad accarezzarmi, e ricoprirmi di teneri baci. <<Anche per me è stato bellissimo.. >> dissi accarezzando il suo volto, sorpreso da quell’espressione di cucciola adorante che ancora non le conoscevo.
<<Ora tocca a te..>> disse tramutando un sorriso adorante, in uno quasi sardonico.
Non mi opposi prima, e non lo feci adesso. Lasciai che mi mettesse sul cuscino, disteso comodamente, con le dita che mi accarezzavano dalla testa ai piedi, indugiando volutamente sul pube, evitandolo accuratamente, ma descrivendo piccoli cerchi attorno all’area calda.
Sentii le sue labbra baciare i miei piedi, farseli scivolare appena in bocca. La sensazione di una lingua calda così grande da cullare i miei piedi era impareggiabile. Avvolto dall’estasi del momento, mi accorsi a malapena di essermi addentrato fino alle cosce nella sua bocca, che sapientemente si avvolgeva su di me. La saliva che mi ricopriva e mi lavava dai suoi umori, mi faceva sobbalzare mentre calda mi avvolgeva. Aprii gli occhi in tempo per vedermi affondato fino al petto nella sua bocca avida di amore. Non ebbi nessuna paura. Lasciai che anche le mie braccia scivolassero dentro di lei, e osservai serenamente le sue narici come un soffitto prima che anche la mia testa fosse inglobata. Giacevo su quel letto pulsante e torrido che era la sua lingua, avvolto nel calore del suo respiro, in un miasma di sensazioni nuove. Così come supponevo, cominciò a farmi uscire dalla sua bocca, e intriso di saliva venivo accolto nella sua mano a coppa, pronta a ricevermi e sostenermi. Seduto come su una poltrona, ebbe vita il sogno della vita di ogni uomo. Il mio pene, fino a quel momento accuratamente evitato, si ergeva in tutta la sua altezza, e potevo avvertire tutta la sua frustrazione per essere stato trascurato. Stavolta era giunto il suo momento. Sussultò involontariamente da me, al contatto delle labbra umide di Giada che si schiudevano per accoglierlo. Potevo sentire la lingua massaggiarlo con delicatezza, e le labbra suggere con una dolcezza tale da oscurare il resto del mio stesso colpo. Solo la sensazione meravigliosa di quello che avveniva mi teneva ancorato alla realtà, prima che il familiare formicolio cominciasse a partire dai miei reni. Credo che cercai di avvertirla di essere vicino all’eiaculazione, ma non penso che la mia bocca in quel momento riuscisse a dare senso ad una parola che fosse una. Avvertii quella caloria irradiarsi da dentro di me, e infine venni, gloriosamente venni fra le sue labbra in un fiotto che mi sembrò il più violento di tutta la mia vita.
I miei occhi inebetiti dal piacere notarono lo sgranarsi di quelli verdi di Giada per la sorpresa, come pensavo aveva avvertito il mio orgasmo, per piccolo che fosse. Tornò a sorridermi teneramente, e lasciando il mio pene sgonfio e stremato, mi sorrise teneramente, prima che un involontario movimento della trachea tradisse ciò che aveva appena fatto. “Brutta porcellona” pensai sorridendo e completamente esausto, prima che inaspettatamente, si accendesse la luce sulla finestra/televisore.
Giada si alzò e mi portò con se a vedere, evidentemente grata da questa scappatoia a ciò che aveva appena fatto. Era troppo arguta per non aver notato il mio sguardo indagatore.
Il volto della sempre sorridente Chiara apparve sul monitor, congratulandosi per l’avvenuto superamento della missione. Avevamo conseguito la ricompensa con successo, ed in tempo utile. Ancora congratulazioni prima di chiudere il collegamento.
Restammo qualche secondo in silenzio, prima che Giada mi volgesse a guardarla in viso, di fronte ad un sorriso raggiante capace di creare moti indipendentisti nel mio animo.
<<Ce l’abbiamo fatta!>> esordì quasi trillando.
<<Già, e non è stato nemmeno così difficile..>> feci una pausa voluta prima di dare risalto all’ultima parte della frase <<..e non è stato nemmeno brutto..>>
Mi sorrise, genuinamente, prima di socchiudere gli occhi in una finta espressione di sfida: <<La missione è stata superata.. >>
<<Ah, su questo non c’è dubbio.. >> dissi ridendo.
<<E ora?>> mi chiese tornando per un breve attimo la cucciola tenera di prima.
<<Sono io che lo chiedo a te.. >> dissi cercando di forzare la mano.
Lei afferrò subito la mia sfida implicita, e la vidi impettirsi, spostandosi sul centro del divano. Divaricò le gambe, tenendo i talloni sul divano spostò in avanti il bacino, mentre osservavo e intuivo i suoi pensieri.
<<Ora tocca di nuovo a me.. >> disse con un sorriso smagliante.
<<Aaaah, e chi lo dice?>> aggiunsi facendo il finto offeso.
<<Beh, mettiamola così: io tengo la tua vita in pugno.. Letteralmente..>> disse calcando quest’ultima parola.
<<Se la metti così allora non posso che inchinarmi al tuo volere..>>
<<Bravo Harry, mio piccolo e bellissimo Harry Chinaski.. Portami al culmine degli opposti, da bravo..>> disse in tono di finta autorità.
<<Sono tutto tuo.. Fai di me ciò che vuoi.. >> dissi facendo un piccolo inchino col capo.
<<Vedrai, ci divertiremo, e anche tu piccolo porcellino..>> disse puntandomi il ditino contro con fare accusatorio. Aveva ragione, ci saremmo davvero divertiti..

Forse cinquanta, o centoventi minuti dopo,chi può dirlo, fatto sta che giacevamo esausti sul letto.. Giada mi aveva accuratamente e amorevolmente sciacquato sotto il rubinetto, prima di lavarsi lei stessa, permettendomi per la prima volta di guardarla. E ci sarebbe mancato, dopo quello che avevamo appena fatto..
Osservare quelle mani scivolare sul corpo nudo con tale naturalezza, mi facevano quasi dubitare di esserne stato manipolato per il suo lussurioso piacere. Quel seno solcato da innumerevoli rivoli d’acqua che fino a poco prima m’intrappolava al suo interno. I suoi seni che si stringevano su di me, guidati dalle mani bramose di una Giada che finalmente si era lasciata andare. Quei capezzoli ancora un po’ turgidi, dai quali adesso cadevano goccioline d’acqua, erano gli stessi contro cui ero stato sfregato vigorosamente, fin quasi al dolore fisico. E che dire di quella pancia su cui mi aveva spalmato, come se fossi un giocattolo nelle sue mani, mentre io stesso mi scoprivo succube totale di questa nuova situazione. Attratto dal piacere di essere giocattolo nelle sue mani, desideroso di possederla anche in quella nuova dimensione, cosa che avevo appena conosciuto per la seconda volta. Sprofondare nel suo sesso con tutto me stesso, e la consapevolezza gioiosa di ciò che mi accadeva.
Raggiungere il “culmine degli opposti” in una sorta di simbiosi estrema, in cui immerso nel denso frutto del suo orgasmo non riuscivo a trattenere il mio, lasciandomi investire dal suo calore, stretto nel suo piacere carnale, parte di lei al punto da non voler desiderare essere da nessun’altra parte nel mondo intero. Un’esperienza surreale, quasi mistica, dal cui ancora non mi ero riavuto del tutto.
E ora lì, sdraiati sul letto, il silenzio ci avvolgeva. Un silenzio carico di emozioni, di mille parole non dette, ma che erano così palesi da rendere superfluo il solo pronunciarle.
Lasciai la mia mano nella sua enorme, mentre il silenzio veniva spazzato via da tre semplici parole:
<<Credo di amarti..>> fu il flebile suono fuoriuscito dalle labbra di Giada.
Mi girai, sgranando gli occhi, incredulo a quanto sentito. La guardai, ma era troppo tardi. Con le sue ultime forze aveva sussurrato quello, o io lo avevo immaginato. In ogni caso adesso i suoi occhi giacevano chiusi in quella sua espressione assorta e beata che avevo imparato a conoscere, guardandola dormire ogni notte.
Le andai vicino, e la baciai teneramente sulle labbra.
<<Buonanotte..>> pronunciai.
Non so se per riflesso, o fu una mia impressione, ma il solito broncio che assumeva quando dormiva, era ora un sorriso sereno.
Fu la prima volta in cui fui così sicuro di una cosa nella mia vita: l’avrei amata per tutto il resto dei miei giorni..


[ replica ] gigen ha inviato un messaggio dal titolo: Continua così... ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 17/Ottobre/2010 21:24:23

Trama originale senza che nulla venga lasciato al caso, ha poco da invidiare ad un racconto che puoi trovare sugli scaffali di una qualunque libreria. Stuzzicata la curiosità del lettore, non vedo l' ora di capire l' obbiettivo reale della GlobalGTS... ;-)

[ replica ] Alessio ha inviato un messaggio dal titolo: geniale ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 25/Ottobre/2010 19:12:20

nn so che dire se non geniale. Grande, ...e grazie!!

[ replica ] Mamunia ha inviato un messaggio dal titolo: Complimenti! ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 30/Gennaio/2011 11:18:32



Goldberg ha scritto: Nuovo Racconto: GlobalGTS ed ha ricevuto 3 repliche. [***]
inviato in data: 17/Ottobre/2010 18:22:11
   gigen ha replicato con: Continua così...
   Alessio ha replicato con: geniale
   Mamunia ha replicato con: Complimenti!



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