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jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo:
STORIA: CHIMICA AL LICEO (PARTE SETTIMA) ed ha ricevuto
5 repliche.
messaggio inviato in data:
14/Marzo/2004 22:21:22
ciao a tutti! sono spiacente della lentezza con cui riesco a postare le nuove parti di questa storia che devo ammettere mi ha preso abbastanza. Purtroppo non ho il tempo materiale per poter scrivere quanto vorrei! spero vi piaccia! le parti precedenti sono indietro sul forum , entro dicembre :) ciao alla prox
Chimica al liceo (parte settima)
<< Bene, grazie a Dio siete ancora interi!>> esclamò la professoressa V posando poco lontana da noi la lente di ingrandimento, poi con naturalezza si spinse un po’ più lontana dal tavolo con la sedia e prese un telefono portatile, che era appoggiato sulla credenza alle sue spalle. Allontanandosi mi diede modo di poterla vedere nel suo insieme e mi resi conto che indossava un accappatoio , e che aveva ancora i lunghi capelli biondi bagnati che le scendevano fino a sotto le spalle, incorniciandole il bel viso. Valeria , senza riavvicinarsi iniziò a comporre un numero, dicendo :
<<G., faccio un po’ di chiamate per vedere se riesco a rimediare un rimpicciolitore entro oggi, come mi hai chiesto nel pomeriggio…>> poi rivolgendosi a me, spostando lo sguardo in un punto indefinito vicino alla professoressa G, (probabilmente senza riuscirmi a vedere ) disse :
<<Non ti preoccupare Riccardo! Probabilmente alcune mie amiche potranno esserci d’aiuto, in caso contrario, cmq , andremo a ritirare il rimpicciolitore della professoressa G tutti e tre insieme domani pomeriggio… mi occupo io di voi nel frattempo, potete stare tranquilli!>>
Capii da quella parole che la Prof G aveva già raccontato sua collega tutta la situazione e mi senii improvvisamente imbarazzato al pensiero che le avesse anche detto il motivo per cui mi ero rimpicciolito. Stavo per voltarmi verso l’alto per rivolgere quella domanda alla professoressa G quando la voce della prof V squarciò l’aria :
<< Ciao carissima! …>> disse la donna tenendosi il telefono all’orecchio e guardando nella nostra direzione , con un aria distratta;
<<…scusa se ti faccio subito una domanda un po’ diretta ma vado di fretta, magari in serata ti richiamo e ci facciamo una bella chiacchierata..>> continuò a dire la professoressa mentre con molta disinvoltura sollevava le gambe ed incrociava i suoi immensi piedi nudi sul tavolo, praticamente davanti a noi.
Osservai quelle piante larghe e rosee, profumate di doccia schiuma alla camomilla accompagnato da un lieve odore acre, rimanendone incantato. La professoressa G sembrò non esserne infastidita e se ne restò seduta li, a poca distanza dai talloni rotondi e levigati della sua gigantesca amica, che continuando a parlare al telefono muoveva nervosamente le sue dita lunghe e carnose, divaricandole e stringendole di continuo.
La professoressa G mi prese tra indice e pollice e mi posò sul suo ginocchio, dicendomi :
<<…se tutto va bene in serata o domani torniamo normali tutti e due, contento?>>
Io non seppi cosa rispondere, mi limitai a fare un bel sorriso di circostanza, pensando che , in fondo, a me non andava affatto di tornare normale; ero eccitato e ormai abituato a quella vita in mezzo alle gigantesse e mi resi conto che in realtà sarei voluto solo tornare alle mie vecchie dimensioni di 3 centimetri, sufficienti per poter interagire con il mondo e sentirsi qualcosa di più che un microbo!
<<…Per caso hai un rimpicciolitore?.. ah, va bene, non fa niente, grazie lo stesso…>> sentii dire dalla professoressa V che subito compose un altro numero guardandoci sorridente li vicini ai suoi piedoni:
<< tranquilli..la lista di chiamate è ancora lunga!>> ci disse.
Anche se i talloni della prof V erano posati davanti a noi, le sue piante , e in particolare le sue dita erano praticamente sopra le nostre teste, e seppure la situazione metteva una certa tensione alla professoressa G, io ero affascinato dal mio punto di vista : davanti a me i piedi della prof V coprivano gran parte della visuale mentre in lontananza vedevo il suo viso, piccolo e distante. La prof G, però pensò di alzarsi e spostarsi un po’ più in là, così mi prese nel palmo della mano e camminò verso il centro del tavolo:
<<So che vorresti rimanere li vicino, ma non sopporto quest’odore!>> mi disse.
Valeria continuò a fare chiamate per una mezz’ora , poi attaccò il telefono ,si alzò in piedi ,e avvicinatasi al tavolo , svettando sopra di noi, disse :
<<Mi spiace piccoli! Ma nessuna delle mie amiche ha un rimpicciolitore da prestarci! Temo dovrete aspettare domani!...>> fece una breve pausa pensierosa, poi continuò:
<<… se non fossero già le sette passate sarei potuta andare a chiedere nei negozi qui sotto se potevano esserci d’aiuto, ma ormai e tardi ed è meglio non far sapere a tutti di come siete ridotti!>>
La professoressa G annuì tranquilla, tenendomi seduto nel palmo della sua mano. Io sorrisi, quasi felice di essere costretto ad aspettare ancora.
<<Per oggi , penso, possiamo essere contenti del fatto che vi ho salvato dalle grinfie di quelle due ragazzine! E non la passeranno di certo liscia…>> disse lanciando un’occhiata d’intesa alla piccola collega che ricambiò. Io,mi sentii responsabile di tutto quello che si era venuto a creare, e pensai che la minaccia fosse rivolta anche nei miei confronti,tra l’altro la professoressa V continuò:
<< e per quanto riguarda te , Riccardo, credo proprio che la professoressa G ti riserverà un trattamento speciale!>>
Guardai esitante la prof G e lei sorridendomi disse :
<<penso proprio sarai il mio schiavo a tempo indeterminato… ogni volta che vorrò! Devi farti perdonare no?>>
<< Bene..>> interloquì la professoressa V, probabilmente senza nemmeno essersi accorta che la prof G mi stesse parlando:
<<Ora scusatemi ma devo preparare la cena per mia figlia che tra poco tornerò stanca da nuoto! Se non le faccio qualcosa di buono non mangia perché è fissata con le diete!>> così dicendo, con naturalezza, Valeria, prese la professoressa G (che mi strinse nel suo pungo chiuso) tra indice e pollice e nell’altra mano afferrò un bicchiere dalla credenza :
<<A voi vi sistemo qui! Sarete al sicuro e al riparo di occhi indiscreti!>> disse mentre ci depositava sul fondo del bicchiere.
<<Certo, è come se vi stessi mettendo in gabbia ma non offendetevi, vi porterò una buona cenetta più tardi!>> continuò e poi ci posò sul frigorifero, in mezzo a decine di barattoli di pelati e sottoaceti. Si assicurò di nasconderci bene e puntualizzò che non voleva che la figlia ci vedesse, sia per motivi di riservatezza sia perché di sicuro ci avrebbe infastiditi;
<<ha diciassette anni! È in pieno scontro con me! quindi se le dico di lasciarvi stare di sicuro le vi prende e vi porta in discoteca con lei!>>
Così, io e la professoressa G ci ritrovammo da soli, isolati in quella cella di vetro fredda e scivolosa. Sentivamo solo Valeria trafficare per la cucina e canticchiare a bassa voce le canzoni che provenivano dal televisore in salotto.
La professoressa G si sedette con la schiena appoggiata al bordo del bicchiere e mi depositò davanti ai suoi bei piedi smaltati, Io, con naturalezza mi avvicinai alle sue enormi estremità e mi sedetti sul suo alluce. A quel punto la donna mi disse :
<<Prima , sentendo l’odore dei piedi di Valeria ho pensato che probabilmente ti ho asfissiato l’altro giorno quando ti ho quasi calpestato sotto i miei piedi sudati ed accaldati dopo la spesa!>>
io le feci cenno di no.
<<eh, lo so, a te piace come odore! Adesso mi puzzano?>>
io, allora mi protesi verso la fessura che tra l’alluce ed il secondo dito, sentii un odore acre e forte e così risposi alla prof :<< si!>>
<<è naturale ! oggi pomeriggio avrò camminato per due ore in tutta la casa di Valeria! Appena arrivata a casa si è tolta la giacca e l’ha letteralmente lanciata sul letto per poi andarsi a fare la doccia, io allora sono uscita da li e sono scesa dal letto con non poca fatica. Poi mi sono messa a camminare verso il bagno ma appena arrivata l’ho vista uscire ed andare in cucina, così l’ho dovuta raggiungere li dove finalmente mi ha visto! E , come sai, ero scalza!>>
così dicendo la professoressa G sollevò il suo enorme piede, mostrandomi la sua pianta ingrigita e sporca.
<< vedi?>> mi disse.
Sormontato da quell’enorme estremità sollevai la testa fino a barcollare, ma ero estasiato, e felice della mia situazione.
<<Dato che siamo chiusi qui dentro penso prorpio che mi piacerà approfittare della tua gentilezza…>> disse sorridendo ironica la professoressa G: <<…fammi un bel massaggio ai piedi, voglio rilassarmi un po’! è stata una giornata stressante! Se non fossimo in casa della mia collega mi sarebbe anche piaciuto riusarti come giocattolo, purtroppo però ti devi accontentare di farmi da schiavo!>> mi ritrovai le enormi “fette” della prof davanti , abbastanza inclinate da permettermi di lavorare sul suo avampiede e con tranquillità ed eccitazione presi ad accarezzarle la cute polverosa eppure soffice, mentre lei muoveva le dita per il piacere, sospirando:
<< Bravo, cos’ è perfetto…e non ti azzardare a fermarti!>> disse. Io obbedii e le massaggiai prima il piede destro , poi il sinistro. Quando le braccia iniziarono ad essere affaticate, e la mia fronte brillante di sudore, non volendo smettere mi inifilai sotto i suoi piedi ed andai ad inginocchiarmi davanti ai suoi talloni , iniziandoli a baciare. La professoressa G non mi disse niente, se ne restò con gli occhi chiusi, ferma, a riposare.
La calma venne interrotta dall’arrivo della figlia di Valeria, Elisa; entrò in casa sbattendo la porta ed urlando :<< Mamma sono tonrata!>> Valeria le andò incontro e le disse che era pronto a tavola.
Le due cenarono e conversarono del più e del meno fino alle ventitrè, ora in cui, Elisa, stanca ed assonnata se ne andò sul divano in salotto per guardare la tv. Valeria ne approfittò per portarci poche birciole di pane e pezzettini di formaggio; ce li gettò letteralmente addosso e ci disse :
<<Vi bastano?>> la professoressa G fece cenno di si e Valeria fece per dire qualcosa ma Elisa la chiamò e lei ci rivolse solo un frettoloso :<<Buona notte!>> se ne andò, senza nemmeno posizionarci davanti i barattoli in modo da nasconderci.
Guardai la professoressa G perplesso e lei mi guardò a sua volta.
<< Hai visto quanto sono stata brava con te?>> mi disse la prof: << non mi sono mai dimenticato di darti l’acqua da bere, mentre, a quanto pare, Valeria non ci ha proprio pensato!>>
Mi resi conto che la situazione era abbastanza spiacevole, non bevevo dalla mattina e avevo la gola riarsa e secca, tanto da non riuscire ad assaporare i mirco bocconi di di pane e fomraggio che facevo. Anche la professoressa G era parecchio innervosita e infatti mi disse mentre masticava rumorosamente :
<<Ho una sete terribile! Spero che di non doverla sopportare tutta la notte!>>
Passò una lunga ora, in cui, sia io che la prof eravamo molto preoccupati e non facevamo altro che pensare all’acqua. Sentimmo, però, dei passi sordi farsi sempre più vicini, poi qualcuno aprì il frigo e davanti a noi apparve il viso stanco ed assonnato di Elisa, una bella ragazza bionda con lunghi capelli lisci ed occhi azzurri. Si stropicciò gli occhi e afferrò una bottiglia d’acqua, fece per voltarsi verso la credenza ma poi notò il bicchiere in cui eravamo io e la prof e protese la mano verso di noi , per afferrarlo.
La professoressa G balzò in piedi allarmata, dimenticandosi di me che inerme mi rannicchiai tra i suoi piedi, sperando di non finire schiacciato:
<< Ferma!>> urlò ma un attimo dopo fui investito da un’enorme onda di acqua gelida. Mi ritrovai a roteare in un turbine veloce, ed urtai al vetro duro. Aprii gli occhi a fatica e vidi galleggiare sopra di me la professoressa G che cercava di sbracciarsi per farsi notare dalla gigantessa. Iniziò a battere i piedi ed io fui travolto dalle masse d’acuqa che mise in moto. Non avevo più fiato e roteavo su me stesso tra miriadi di bollicine, solo a tratti ticonoscevo le sagome dei piedoni della professoressa G, sentì il fiato mancarmi in gola e svenni.
Fortunatamente Elisa vide quell’animaletto agitarsi nel bicchiere a cui già stava avvicinando le labbra e sussultò, facendolo cadere ai suoi piedi. La professoressa G si ritrovò sul pavimento, ansimante ma incolume mentre io, trasportato insieme alle gocce d’acqua andai a finire sotto il frigo, esanime.
Valeria arrivò subito, gridando:
<<Elisa che diavolo hai fatto!?>>
<< c’era… c’era un insetto nel bicchiere!>>rispose subito la ragazza, a Valeria si gelò il sangue e camminò frettolosa verso la figlia, come se la volesse schiaffeggiare, ma posò il piede nudo su di un vetro ed urlò di dolore.
La professoressa G cercò di risollevarsi sulle braccia ma tremava dalla paura, tra l’altro intorno a se sentiva i boati assordanti dei passi della collega e di Elise.
<< Presto! Accendi la luce!>> esclamò Valeria tenendosi il piede sulla cui pianta aveva un piccolo taglio sanguinante. Elise accese la luce e restò ferma allibita , dicendo :<< Mamma, ma che ti è preso?>>
Valeria si mise carponi ed iniziò a cercare tra i vetri finchè vide la professoressa G e la afferrò nella mano, piena di ansia:
<< stai bene?!>> chiese e la professoressa G annuì.
Valeria si alzò in piedi e depositò la collega sul tavolo, Elisa la guardò stupefatta e disse :<< ma è una piccola donna!>>
<< SI! Non la toccare! È la mia collega G! ha avuto dei problemi durante una lezione di chimica!>>
<< forte! >> rispose la figlia mentre avvicinava il viso e gli occhi curiosi alla piccola professoressa.
<< SU! Aiutami! Deve esserci anche Riccardo qui da qualche parte ! e speriamo che sia vivo!>>
Non mi trovarono. Valeria spiegò la situazione ad Elise e poi andarono a dormire, lasciando in cucina tutto com’era e intenzionate a continuare la ricerca di mattina. La professoressa V prese con se la prof G e la fece dormire sul suo comodino. Quando io aprii gli occhi, la casa era immersa nel buio e nel silenzio.
Sembrò un incubo; cercai in tutti i modi di capire dove mi trovavo e cercai di camminare con le mani protese in avanti , cercando un punto fermo in quel buio pesto, ricostruii quello che mi era sucdesso e mi fermai , restando sdraiato a pancia in sotto sul pavimento freddo. Sete non ne avevo più, dato che avevo bevuto moltissima acqua , in compenso però mi sentivo tutto dolorante e avevo un forte mal di testa.
Per tutta la notte continuai a strisciare senza meta in quegli spazi immensi, quando infine arrivò la mattina, vidi la rassicurante luce del sole illuminare le piastrelle del pavimento in lontanza e corsi verso di esse. Finalemente raggiunsi un punto allo scoperto e capii che avevo passato la notte sotto il frigo. Dovevo reputarmi fortunato, nessun insetto , infatti, mi aveva assalito, cosa che, se fosse accaduta, mi sarebbe costata sicuramente la vita. Dal silenzio e dall’intensità della luce mi resi conto che fosse molto presto, forse le cinque di mattina. Mi trovai davanti il vasto pavimento cosparso di vetri taglienti che brillavano, avvolte riflettendo la luce in maniera accecante. Pensai che rimanere li sarebbe stato pericoloso e mi misi a camminare verso il corridoio, sicuro che prima o poi mi sarei ritrovato davanti la professoressa G.
Le distanze sembravano incolmabili e l’orizzonte si perdeva nella vastità degli spazi; non avevo un punto di riferimento per valutare esattamente quanto velocemente mi muovessi. Raggiunsi, però, nell’arco di un paio d’ore, il corridoio e mi trovai davanti ad una immensa porta. Non avevo idea di dove andare, e, non conoscendo minimanente la casa della professoressa V, decisi di fermarmi ed attendere li aiuto.
Passati pochi minuti iniziai a sentire muovimenti lontani , per prudenza pensai di avvicinarmi al battiscopa per stare al sicuro ma in un attimo vidi la porta davanti a me aprirsi e mi si profilarono davanti le immense dieci dita dei piedi di Elisa, che indossava delle ciabatte infradito. Alzando lo sguardo cercai di vedere il viso della colossale gigantesca ma essa svettava sopra di me, ignara della mia presenza. Con voce ancora assonnata la ragazza disse :
<< Mamma! Svegliati! Dobbiamo cercare il tuo… mini allievo!>>
alle sue parole fecero eco quelle di Valeria :<< Arrivo, tu non andartene in giro per la cucina!>>
sentii il cigolio delle molle del letto della professoressa V e dopo alcuni istanti anche lei uscì dalla sua stanza, situata in fondo al corridoio; indossava una vestaglia ed era scalza. Portava con se, stretta nella mano, la professoressa G e disse :
<<Ora, Elisa, fatti da parte e lasciamo che G. vada in cucina a cercare Riccardo. Di sicuro è l’unica in grado di vederlo!>>
e posò la professoressa G oltre la soglia della porta della cucina :<< vai, ti aspiettiamo qui!>> disse Valeria rialzandosi e osservando la collega ai suoi piedi che subito si mise in cammino. Mi apprestai a correre di nuovo dentro la cucina, in modo da farmi trovare dalla professoressa ma ad un tratto si posò davanti a me l’enorme piedone di Elisa, che si era avvicinata alla porta della cucina, curiosa.
Tremai al pensiero che mi avrebbe potuto calpestare con estrema facilità e mi resi conto che stare li , ai piedi di quelle due immense gigantesse , rappresentava per me un grande rischio.
Aggirrai prudentmente il piede di Elisa passando a pochi millimetri dalle sue dita e mi ritrovai davanti la professoressa V, scalza, con un piede poggiato sopra l’altro, appoggiata allo stipide della porta, preoccupata.
Pensai che se fossi riuscito ad arrampicarmi sul suo piede sarei stato facilmente ritrovato dalla professoressa G, lòa quale, tornando, si sarebbe per forza di cose avvicinata alle estremità della sua collega. Capii , però che l’impresa non fosse facile e tantomeno sicura. Le dimensioni della professoressa V erano impressionanti e lei muoveva di tanto in tanto i suoi piedoni, dissuadendomi dal tentare un qualsiasi tipo di arrampicata.
<< Che fai qui impalata!>> disse d’un tratto la professoressa V voltandosi verso la figlia :
<<Preparati per andare a scuola!>>
<< Mamma, ma dove la faccio colazione?>>
<<La fai in un bar ! su, muoviti! Se non l’avessi capito io e G siamo un po’ in una situazione complicata e non vogliamo di certo intralci!>>
Elisa rispose svogliatamente :<< ok…però potevo darvi una mano!>>
<< Non se ne parla! Vai a scuola!>> ribatté autoritaria la professoressa V. Elisa allora si voltò per tornare in camera a cambiarsi; in un primo momento fui sollevato al pensiero che quella ragazza se ne andasse: “una gigante in meno a cui dover fare attenzione” mi dissi, ma quando mi resi conto di essere veramente in una scomoda posizione cambiai idea: voltandosi Elisa aveva fatto roteare sul tallone il piede a cui io ero passato davanti e ora mi stava per investire! Istintivamente presi a correre ma inutilmente poiché in un attimo fui colpito dall’enorme alluce della ragazza. Mentre girava su se stessa per tornare in camera io mi trovai schiacciato dalla forza centripeta sul lato del suo enorme dito, fino a scivolare sotto di esso e finire con l’aggrapparmi alla pelle del secondo dito, poi la ragazza si mise a camminare verso la stanza.
Quando si fu seduta sul letto io cercai di rimettermi in piedi e mi sollevai a fatica, barcollando sulle gambe tremanti. Mi trovavo tra l’alluce e l’altro dito della ragazza e alzando lo sguardo la vidi intenta ad indossare una magliettina rossa. Cercai di riprendermi dallo spavento e mi asciugai il sangue che mi colava giù dal labbro ma ero talmente dolorante che non riuscii a muovere un passo.
Mi accorsi che Elisa stesse per indossare i calzini solo quando lei sfilò il piede dall’infratido, trasportandomi con esso; strinse le dita ed io mi trovai compresso tra di esse mentre lei infilava il calzino. Tutto divenne buio e terribilmente asfisiante. Sembrava non esserci abbastanza aria da respirare e solo quando la ragazza allentò la morsa terribile delle sue dita potei cercare di fare un respiro profonodo.
Passarono pochi secondi e la ragazza indossò dei jeans e poi delle scarpe da ginnastica, si alzò dal letto e raggiunse la madre :
<< Mamma, io vado! Ci vediamo in serata!>> La professoressa V le rispose distrattamente :
<< ciao amore! A sta sera!>> e poi Elise uscì di casa, sbattendo la porta alle sue spalle.
Era la fine, ne ero sicuro! Mi trovavo sotto le dita di quella gigantessa ed ero talmente piccolo che non potevo esserne schiacciato. Lei, tra l’altro non sarebbe mai riuscita a percepirmi. Ad ogni passo le vibrazioni mi rintontivano ed il calore li, all’interno di quel calzino, aumentava sempre di più. Respiravo a fatica e mi resi conto che,probabilmente, non sarei riuscito a sopravvivere fino alla sera.
(continua)