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fagoshi ha inviato un messaggio dal titolo:
%%%STORIA%%% Il guardone di merda e... ed ha ricevuto
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messaggio inviato in data:
21/Agosto/2005 21:30:03
Saluti a tutti voi...
...oggi ho iniziato -e terminato- questa storia; purtroppo assomiglia già ad altre mie, e forse è un po' lunga.
Poi mi sono detto: ma in questo sito si viene soprattutto per leggere!
Ringrazio sin d'ora dell'attenzione di chi l'avrà e mi scuso sin d'ora con chi, invece, s'annoierà.
Dunque...
IL GUARDONE DI MERDA E...
Era una bellissima giornata d'estate, una di quelle che non puoi passare in nessun altro posto, risiedendo in una città costiera, se non sulla spiaggia; ed infatti la spiaggia era piena zeppa di turisti desiosi di svagarsi sulla sabbia, nell'acqua o passeggiare tra l'una e l'altra rinfrescandosi solo i piedi.
Per me era una vera manna, una delizia da guardare: ebbene sì, ero uno di quelli che si nasconde e spia le persone quando queste non sanno d'essere osservate... ero un guardone.
E che guardone... non ero molto bello, ma avevo un paio d'occhi chiarissimi e grandi, molto grandi, parevano fatti apposta per guardare, anzi: guardonare...
Avevo deciso di passare tutta la giornata a guardare, ma per me non c'era gusto vedere tutte quelle belle ragazze sulla rena, ancora troppo vestite per i miei gusti, ancora in atteggiamenti troppo normali per me.
Mi nascosi nel solito posticino: un angolino totalmente coperto di vegetazione, prospicente ad un altro, simile ma conosciuto da molti e ben raggiungibile... l'ho creato IO, e non senza fatica... e, come una pianta amorevolmente curata, iniziò a dare i suoi frutti, tanto che decisi di portare una videocamera per potermi rivedere i momenti salienti delle mie spiate.
Fu una giornatona piena, così piena che non ebbi nemmeno il tempo di mangiarmi i tramezzini che mi ero portato; ero ancora lì, nel pomeriggio avanzato, a riprendere: varie coppiette che s'appartavano a far sesso, qualche ragazza che si cambiava il costume, un deficiente che -purtroppo- s'è venuto a masturbare proprio qui, eccetera...
Stavo per raccogliere tutto l'armamentario quando, in lontananza, vidi arrivare una figura femminile.
Fantastica... sembrava qualcuna incredibilmente bella... viene proprio QUI!!!
Una ragazza bellissima, non so come render l'idea.
Alta almeno 1,90, statuaria, formosa. Non era solo grossa, era stupendamente proporzionata e si muoveva con una agilità incredibile: doveva essere un'atleta, o qualcosa di simile.
Lunghissimi capelli biondo-rossi, appena ondulati, si muovevano al vento che la sua agilissima falcata creava: sembrava quasi passeggiare lestamente come in una sfilata, in effetti invece andava come solo può andare qualcuno se corre.
La pelle era chiarissima: tra tutte le bellezze abbronzate era evidente già da lontano; invece di dare un effetto pallido, su quel corpo l'idea che dava era di estrema purezza... IMPRESSIONANTE.
La vidi sparire all'ingresso del viottolo che porta in questo cantuccio, alla fine arrivò vicinissima a me.
Un'amazzone. Se sono davvero esistite, lei era una di loro.
Si fermò nel piccolo spiazzo d'erba bassa, circondata da alte frasche, si guardò attorno per qualche istante.
Non era una culturista, no, ma aveva una muscolatura molto ben definita: addome piatto, ma con addominali in rilievo; braccia lunghe e apparentemente esili, ma mosse così rapidamente che lasciavano intendere una forza ed un allenamento non comune.
Così le sue lunghissime gambe... ed i suoi seni: dovevano essere davvero sodi, poiché con tutti i movimenti che aveva fatto sinora non avevano nemmeno sobbalzato.
Feci un confronto quasi immediato con quelle coppiette che avevo filmato prima: ogni tocco si propagava come un'onda sul petto, come se fossero piene d'acqua; questa qui, invece... si accinse a togliere il reggiseno! Si pose le mani dietro la schiena, slacciando il fermo: lasciò sfilare il reggiseno con noncuranza, il suo petto non sembrò abbassarsi nemmeno d'un millimetro.
I suoi capelli, leggermente mossi, erano praticamente quasi asciutti; il reggiseno invece lasciò sgocciolare un rivoletto d'acqua mentre lei lo torceva tra le dita.
L'appese su un ramo lì accanto e, manco a dirlo, si sfilò anche il costume.
Il cuore lo sentivo in testa, tanto forte mi pulsava: una selva di peli color ebano chiarissimo spuntò fuori con prepotenza: il costume la teneva compressa verso il pube, tanto che i primi istanti credei che indossasse un assorbente... strizzate anche le mutandine del costume, s'acquattò nell'erba verdissima con un gesto d'una rapidità sconcertante.
Uno zampillo le sgorgò dalla vulva, si rilassò con una pisciata liberatoria, trattenuta chissà da quanto tempo, sparata in una conchetta naturale in quel minuscolo praticello.
Che film, che film... questa cassetta è eccezionale, pensavo: quando la farò vedere al gruppo li manderò in visbilio...
I miei pensieri furono bruscamente interrotti: mi sentii strattonato per i capelli, preso per un braccio e buttato violentemente bocconi sul prato.
Tentai di rialzarmi, ma quando fui gattoni sentii un calcio tremendo prendermi da dietro i testicoli, quasi svenni per il dolore ricadendo disteso.
Dopo alcuni istanti passati a riprendere fiato decisi che non era il caso di rischiare mettermi nuovamente gattoni e mi rigirai, lentamente, finendo supino.
Lei mi guardava con un'espressione incazzatissima, i pugni chiusi lievemente distaccati dai fianchi, un piede più avanti dell'altro, e da quella posizione mi sembrava ancor più alta di quanto fosse.
““Brutto stronzo guardone del cazzo, io ti fracasso le ossa, ti spacco!””.
Più che al contenuto badai alla voce: soave, dolce anche nella concitazione dell'arrabbiatura, non bassa ma nemmeno squillante.
““Non rispondi, eh?! Se credi di cavartela con poco sbagli di grosso!”” e si chinò serrandomi le spalle con le mani e quasi alzandomi di peso, mi trascinò per un metro rimettendomi bocconi per terra.
Sentii un suo piede poggiarsi sulla mia testa e premere, non troppo forte ma con decisione: la mia faccia s'inzuppò della sua urina che ristagnava nella conca erbosa, e la tenne così per alcuni minuti, tanto per esser certa che, per quel tempo, avevo dovuto respirare e bagnarmi di quelle condizioni.
Tolse il piede e lo usò per voltarmi supino, lo poggiò sul mio stomaco e mi guardò negli occhi, beffarda.
““È bello sentire il tuo respiro spaventato sotto la pianta del piede”” -commentò- ““...che stomaco molliccio... non sei un gran che come maschio, non mi meraviglia che ti metta a spiare le femmine...””.
Mi sentii offeso: indurii gli addominali per quello che riuscivo, come reazione d'orgoglio.
“Oh, oh... sentilo, l'atleta...” e montò sul mio povero stomaco con tutto il suo peso.
Mi sentii schiacciare le viscere, l'aria che avevo in gola uscì senza rumore e non avevo fiato per urlare, né per dire altro.
Vedevo solo quella splendida ragazza in equilibrio sul mio stomaco, su un piede solo, senza nemmeno usare le braccia per equilibrarsi: sembrava stesse facendo la cosa più naturale di questo mondo.
Scendendo dalla mia pancia, con voce tranquilla: ““È una vera fortuna che mi sia accorta di te prima d'aver finito, qui: quel flaccido stomaco dev'essere riempito con urgenza...””
Non capivo che intendeva, quando mi si chinò affianco carezzandomi la pancia con una mano, delicatamente e con lentezza.
Era un tocco d'una dolcezza intensa... si portò su di me e vidi quella meravigliosa selva di peli avvicinarsi alla mia bocca, credevo di sognare!!!
Ma non si fermò se non sedendosi sulla mia faccia, mettendo la splendida vulva proprio sulla verticale dei miei occhi, poggiando il sedere sulla mia faccia.
Sentivo la pelle liscissima del suo ano poggiarmi sul naso, immobile, non lasciandomi respirare... la vista era splendida, ma stavo soffocando.
Si chinò appena davanti e così sugli occhi non v'era solo la vista della sua splendida vulva: due tette sodissime viste da sotto, non v'era traccia della piccola piega che, a chi meno, a chi più -ed a chi troppo- si forma sotto il seno quando s'è in posizione eretta; poco più su il suo angelico viso, con gli occhi fissi nei miei...
Lei li osservava, beata, e doveva accorgersi del fatto che, strabuzzandoli sempre più, mi mancava l'aria.
Entrai in quella fase che, anche se non immetti aria nei polmoni, li senti espandersi e contrarsi come se lo stessero facendo: non potevo resistere più... una violenta scoreggia vibrò da quella rosea apertura direttamente nel naso: vibrante, lunga e terribilmente odorosa d'uovo, mi riempii i polmoni che, oramai allo stremo, accettarono di buon grado anche questa ventata.
Dopo altri interminabili momenti si sollevò da me un po'; potei espirare l'“aria” che avevo dentro e sentii quella puzza uscirmi da dentro... ““Adesso preparati al peggio: sono venuta qui dietro per farla e TU adesso la mangi, chiaro?””. ---No! Non è chiaro per niente! Adesso basta, eh?! Lasciami stare!--- e mi rialzai lentamente come ella si alzò da me.
Mi stava di fronte ed era più alta di me di 20 centimetri e più, statuaria e bellissima come non mai.
Come feci per andarmene un suo pugno affondò nel mio stomaco e mi piegò in due come un'erbaccia; mentre stavo così un violento calcio sui testicoli mi fece prima inginocchiare lentamente, poi stendere completamente a terra.
Con l'aria da saputella e la voce d'una che dice qualcosa di scontato: ““Forse non hai capito: se non fai esattamente quello che ti dico ti lascio qui massacrato di botte tanto che se passa qualcuno ti scambia per uno scarico abusivo d'una macelleria.””
Mi stesi supino, ansimante, ma senza rispondere.
Visibilmente stufata vibrò un fortissimo colpo col calcagno sulla mia mano sinistra facendo scrocchiare le dita tutte in un sol colpo, quasi contemporaneamente -stando eretta sulla mia povera mano- poggiò l'altro piede sulla mia bocca senza violenza ma premendo abbastanza da non permettermi di gridare.
““Dopotutto è meglio così: mi diverto di più... non vedo l'ora di fracassarti le costole sotto i miei talloni: durante gli allenamenti non è permesso far veramente male, io invece voglio vedere quanto resisti prima di morire... allora?””
Il suo piede sapeva di mare, sentivo alcuni granelli di sabbia attaccati grattarmi le labbra e la parte inferiore del naso, la pelle liscia della pianta spingeva sulle mie gengive, sulla bocca ancora aperta nell'atto, non riuscito, di gridare pel dolore.
Per farle intendere che avevo capito, che m'ero arreso, non potevo alzare la mano sinistra, affondata nel terreno erboso -ma tutt'altro che morbido- sotto il suo tallone, né la destra, imprigionata dietro la schiena.
Quasi d'istinto cominciai a muovere la lingua, a leccare quella sapida pianta delicata quanto forte; dal sorriso di potere di lei m'avvidi che aveva compreso la mia resa.
Sollevò il piede sinistro dalla mia bocca, mantenendo però il destro ben calcato sulla mia povera mano.
---...ti prego, mi fa malissimo, ahia...--- Si levò dalla mia mano, ma non feci in tempo a fare nessun movimento oltre a quello di liberarmi l'altra mano da dietro la schiena che fece la stessa cosa in maniera speculare, a quest'ultima.
Mentre il mio lamento di dolore veniva nuovamente soffocato dal suo piede: ““Sai, non mi va l'idea che uno zozzo come te possa permettersi di sfiorarmi la pelle con le mani provando piacere: almeno così sono sicura che non lo farai. Non è per cattiveria, ma... capisci?”” Si levò da me: avevo le dita sorde, le sentivo gonfiarsi pian piano avvolte in quel calore della tumefazione violenta.
Si stava accovacciando su di me, ma non aveva ancora finito di chinarsi che, spavaldo, allungai le mani sui suoi glutei, toccandola languidamente, seppur provando dolore.
---Scusami, ma sei la più bella ragazza che abbia mai visto; ti supplico, non cacarmi in bocca e non farmi più male, non lo faccio più...--- Stando china, non dando nessun segno d'aver ascoltato le mie parole, prese le mie mani e le pose all'altezza delle mie orecchie e vi pose, senza curarsi della posizione chiusa delle dita, le piante dei piedi, la parte dura vicino alle dita, di fatto standovi sopra. ““Ecco, così stai fermo con queste mani... ed ora apri la bocca.”” Non era possibile, era un sogno... ma che sogno? Mi vogliono cacare in bocca: un incubo... ma che incubo? Una creatura così non esiste negli incubi, e forse nemmeno nella realtà... mentre tutti questi pensieri m'attraversavano la mente, lentamente aprii la bocca.
Lei finì di chinarsi facendo combaciare quello splendido deretano sulla mia faccia: mai sentito un sedere così sodo, duro... alcune scoregge ancor più fetide di quella che m'aveva sparato nel naso sibilarono, stavolta silenziosissime, nella mia bocca; le sentivo come un tiepido respiro, addirittura piacevole, dato che il fetore tremendo lo avvertii solo quando le espirai dalle narici.
Sentii la pelle appoggiata attorno alle mie labbra dilatarsi, avvertii qualcosa di caldo e solido nella bocca: un sapore schifoso m'invase quando quest'oggetto bitorzoluto entrò in contatto colla mia lingua.
Era veramente un grosso stronzo duro, mi riempiva tutta la bocca.
Lei continuò ad espellerlo anche quando la mia bocca fu piena, a questo punto cominciò a sollevarsi pian piano, senza interrompere la cagata.
Si sollevò e mi fissò con le braccia conserte, sempre in piedi sulle mie dita, guardando la sua merda che per metà era nella mia bocca e per metà sporgeva fuori.
““Mastica.”” Non disse altro, attese. Cominciai a masticare, inghiottendo i piccoli bocconi che riuscivo a fare: era uno stronzo duro e suddiviso in boli che, più che masticare, semplicemente separavo ed inghiottivo interi; man mano che la parte rimanente entrava in bocca lo sentivo sempre più morbido fino ad avere difficoltà, sentendomi la bocca tutta impastata ed appiccicosa.
Quand'ebbi finito e stavo per dire qualcosa lei m'interruppe, chinandosi nuovamente: ““Non ho ancora finito, ne ho almeno altrettanta.”” Mi riempì nuovamente la bocca, stavolta la cacca era un po' meno, ne sporgeva fuori giusto un po' dalla bocca piena.
Siccome esitai, tolse un piede dalla mia mano e lo pose sulla mia bocca spingendo l'escremento dentro, un poco d'esso debordò dalla bocca impiastrandomi le labbra.
Ripresi ad inghiottire, quand'ebbi finito mi spalmò quel po' di merda che le era rimasta attaccata sotto la pianta su tutta la faccia, rendendola marrone, completando di pulirsi bene sul mio stomaco e sul mio torace.
Si rivestì, noncurante di me, quand'ebbe finito mi disse: ““Domani mattina tu verrai a questo luogo (mi descrisse bene dove), così vedrò cos'altro fare per te... non penserai che abbia finito, dopo quello che hai fatto! Guardone...””.
Annuii, pensando tra me che era davvero scema se contava sulla mia presenza spontanea... ma ero io lo scemo.
Spostò delle fronde e prese la mia telecamera: ““Fortunatamente l'ho intravista proprio appena finito di pisciare; trovarti poi è stato un attimo... questa viene con me, è la mia assicurazione che verrai. O vuoi che tutti i tuoi concittadini vedano come sei stato trattato da una femmina?””
Tolta la telecamera rotolò per terra l'involto coi tramezzini.
Curiosa, l'aprì, sorrise. Li gettò con noncuranza nella buca dove aveva pisciato e li calpestò per bene coi piedi nudi trasformandoli in un molle impasto di pancarrè, maionese, salse e würstel schiacciati, ed un po' d'urina. ““Hai già mangiato qualcosa di meglio... ciao...”” , e se ne andò.
Rimasi lì nascosto fino a notte, quando potei lavarmi in mare e tornare a casa.
La mattina, deciso, andai nel luogo in periferia che mi aveva descritto: entrai in un vecchio casolare abbandonato che avevo girato in lungo ed in largo negli anni passati; una botola in pietra aperta però mostrava una scalinata della quale nessuno conosceva l'esistenza.
Stranamente era illuminata da delle candele messe a distanze regolari, scesi un bel po' prima di trovarmi in una enorme stanza dove tutto era gigantesco.
Vidi qualcuno in lontananza, mi avvicinai con circospezione.
Era un ragazzo alto quasi 2 metri, s'aggirava pure lui con fare disorientato ed alla fine mi vide.
^Chi sei tu? Dov'è la mia ragazza? Maledetto furfante, io t'ammazzo!!!^ e prese a rincorrermi.
Cominciai a scappare, anche se ero 1,70 ero più veloce di lui ed anche più agile, lo distanziavo soprattutto girando attorno alle gambe di quelle sedie e quei tavoli antichi e giganteschi, scappando tra vasi enormi ed oggetti giganti. Ebbi però l'infelice idea di correre su un tappeto: era come correre su una moquette a pelo lunghissimo e lui, di falcata ampia, mi raggiunse.
M'assalì con una serie di cazzotti alla quale io risposi con gran vigore, il vigore della paura, adrenalina pura.
Mi stavo difendendo bene ma lui, più alto e prestante di me, stava avendo la meglio.
Ad un tratto si fermò poiché una voce di ragazza iniziò a strillare da un angolo buio.
Corse rapidamente verso la direzione dell'urlo, da sotto un mobile scuro spuntò una ragazzina bionda e tutta curve, terrorizzata da cosa non lo so.
^E tu che ci fai qui???^ . Lei non riusciva a rispondere, balbettava, piangeva... ne approfittai per nascondermi, trovando sotto un mobile un grosso xilofono con relativi bastoncini; sembravano più delle mazze da baseball... presi coraggio e, così armato, mi diressi verso la scalinata che avevo disceso, ma non riuscivo a trovarla.
---Ma com'è possibile??? Era qui intorno, ne sono sicuro...--- istintivamente guardai in alto il muro al quale ero di fronte e mi accorsi che era un gradino, il primo della scalinata.
---MA CHE CAZZO È SUCCESSO?!?!?!--- urlai. Quel tizio se ne accorse e rapidamente s'avvicinò, ma io brandii la bacchetta con l'intento di spaccargliela in testa.
Non ce ne fu bisogno: anche lui s'avvide che la scalinata era “strana”, accantonò il desiderio di menarmi, almeno finché non ci avesse capito qualcosa.
^Tu hai rapito la mia ragazza!!! Dov'è?^. ---Ma non è questa qui? Pare che ti conosca bene...---. Infatti ricordavo d'averli filmati nei preliminari ed in pieno amplesso, ma non avevo certo intenzione di dirglielo... ^Non è questa, la mia ragazza è alta quasi quanto me -e me la descrisse- . Mi ha telefonato dal cellulare dicendo che uno stronzo la tiene prigioniera qui... allora, dov'è?!^.
---Guarda che non ne so un cazzo, passavo per caso ed ho visto la botola... e questa, allora, chi è, se posso domandare qualcosa anch'io???---.
Si sentì aprire una gigantesca porta alta una ventina di metri. ““Te lo dico io chi è, è la sua amichetta, e tu lo sai bene, guardone...””
Era la sua voce. Entrò, meravigliosa, ma alta praticamente 20 metri.
““Non chiedetemi cosa v'è accaduto, tanto non ve lo dico. In ogni caso vi spiegherò cos'è che vi aspetta...””. Tirò sopra di noi una reticella che s'aprì senza darci scampo, ci si avvicinò e ci tirò fuori, poggiandoci in una grossa scatola di metallo che aveva contenuto biscotti.
Sopra l'orlo di questa, a 3 metri d'altezza, posizionò un televisore piccolo, oserei dir normale, collegato ad una videocamera.
LA MIA! Ed erano di dimensioni normali, questi oggetti... con uno stuzzicadenti ammorbidito coi denti ed una lente premette i pulsanti giusti e partì la cassetta che avevo registrato, anche se non dall'inizio... c'erano questi due innamorati che scopavano a tutto spiano, poi la scena di lei ed io... mi sentii morire!
Terminata la cassetta, senza proferir parola, lei prese televisione e telecamera in una mano e li sbriciolò, chiudendola.
Stava lacrimando in silenzio, una ragazza fortissima come lei, piangeva.
^...amore... io... io non volevo tradirti, giuro: è stata una scappatella di merda, un flirt, un niente, io...^ ““Sta’ zitto, almeno, schifoso! Ma fammela vedere, questa bellissima ragazza... che ha più di me? È gracile, bassa, piccola, delicata, ed avrà si e no 18 anni. Tu, anzi, noi, quasi 10 di più”” Allungò la mano per prenderla ma questa, terrorizzata, cominciò a scappare da una parte e l'altra della scatola. Quando finalmente la prese, con due dita, la sollevò per i lunghissimi capelli biondi, strillante come un'aquila. La fissò per qualche istante e poi, come fosse una ciliegina, se la pose in bocca e la masticò. Quand'ebbe finito tirò indietro le dita che aveva sempre tenuto unite e tirò i capelli biondi con qualche traccia di sangue e tessuti in faccia al suo ex-ragazzo.
““Però... non male la ragazzina: dolcissima e succosa, sembrava un piccolo delizioso datterino... buona!””.
Non riuscivo a credere che stava capitando sul serio, anche adesso il cuore mi pulsava fortissimo per la paura... lei si chinò sulla scatola di biscotti: senza togliersi il costume, che indossava identicamente a quando la vidi andar via l'ieri, scostò appena la stoffa da un lato, facendola insinuare ad un lato delle sue grandi labbra, e cominciò a pisciare.
Il getto amarissimo e salato ci colpiva entrambi, quasi scottandoci, pian piano eravamo immersi sino al bacino dalla sua pipì.
““Ecco... da bravi, bevete pure: non avrete altro, d'ora in poi!””. Si allontanò lasciandoci lì.
Il tempo passava, volevo tentare qualcosa ma non sapevo cosa, almeno uscire da lì... ci guardammo sconsolati, uniti solo dalla disavventura comune. Decidemmo di uscire facendo la scaletta ma ognuno voleva uscire per primo, promettendo d'aiutare poi l'altro. ---Sei più alto e più robusto di me, ed io dovrei sorreggerti per farti uscire? Perché non mi sollevi tu, mi sembra più semplice!---. Invece non voleva, tentennava... tanto fece che invece fu lui a salirmi sulle spalle ed ad aggrapparsi al bordo della scatola. Fu su, scavalcò e stava per calarsi sotto quando gli dissi: ---Vai a trovarmi una corda, un laccio da scarpa o qualcosa di simile, e...--- ^...e vaffanculo!!!^ e saltò giù. Lo sentii allontanarsi e lo maledissi... non riuscivo a stare più in piedi; in quella squallida piscina (mai nome fu più adatto: lago di piscia...), seduto con la piscia fino al collo, m'appoggiai alla parete metallica e chiusi gli occhi, addormentandomi complice il tepore del liquido in cui ero immerso.
Il giorno dopo mi svegliò la sua voce: ““E tu, da solo, che fai? Lui dov'è? L'hai aiutato ad uscire, e lui t'ha abbandonato, ben ti sta... con che razza di merda m'ero messa!”” Mi sollevò con tutto il recipiente e lo rovesciò per terra, in un angolo, lasciandomelo sopra capovolto. Beh, almeno ero all'asciutto, avevo la pelle grinzosissima e bianchita, non potei far che togliermi tutti i vestiti, fradici, altrimenti non sarei mai asciugato... sentii delle esclamazioni, dei rumori: l'aveva trovato, il suo ex... provai un certo piacere, anche nella situazione nella quale mi trovavo.
Il pavimento di quel lugubre stanzone era di pietra scura ed irregolare, il barattolo non vi poggiava bene e riuscii a sgusciar fuori, istintivamente -e con molta cautela- mi diressi dove provenivano i rumori di lotta.
NON CI POSSO CREDERE: era tornata di statura normale e stava pestando a sangue il traditore ritrovato con una serie di colpi e calci da far invidia a Bruce Lee.
Affianco alla scalinata enorme c’era una porticina, perfettamente mimetizzata, aperta, e dietro v’erano le scale che avevo disceso per entrare in quel luogo.
Lo ridusse veramente male, ma ancora cosciente: a quel punto iniziò ad ingrandirsi, a “crescere”, sino all'altezza di 6 o 7 metri.
““Troppo facile schiacciarti quando sei grande come una merda, voglio sentirti spezzettare istante per istante!””. Cominciò a camminare, indossava un paio di stivaletti con tacco duro, alla texana: gli passò e ripassò vicino senza toccarlo, fino a quando cominciò, un passo ogni tanto, a stritolargli le mani, le braccia, i polpacci... il pavimento si stava macchiando di sangue sempre più, finché lui rimase quasi esanime per terra.
““Non sei degno nemmeno dei miei escrementi, -disse- questi altri andranno benissimo per te!””, si diresse verso un grosso sacco e mentre s'avvicinava ricominciò ad ingrandirsi sino a tornare sui 20 metri.
Prese il sacco e lo aprì, rinvenendo una discreta quantità di torte di vacca completamente secche: ne tolse circa la metà, prese il corpo lamentante del poveraccio, straziato negli arti ma intero pel resto, e l'infilò nel sacco, rimettendovi le torte che v'aveva tolto e richiudendolo.
““Adesso sì che c'è merda in questo sacco...””. Lo pose per terra e ci mise su la suola, premendo pian piano.
Per varie volte lo premette sin quasi a metà del suo volume, lo rotolò e lo rivoltò sotto il tacco e la suola, facendogli emettere varî fruscii; finché, lentissimamente, abbassò il tacco salendovi sopra completamente e girandolo alternativamente come per spegnere una cicca.
Quando lo schiacciò così udii come se qualcuno schiacciasse delle foglie ben secche, capii che quel suono erano le ossa sbriciolate attutite dal contenuto paglioso del sacco.
Quando levò lo stivale il sacco, che era d'una juta biancastra, era completamente appiattito e macchiettato qua e là di quel po' di sangue che lo sterco secco non era riuscito ad assorbire.
Con noncuranza poi prese il sacco e lo buttò nell'enorme caminetto presente nella stanza, sempre acceso.
““Tocca a te, adesso. Schiacciarti mi spiacerà, ma non troppo...””
---Aspetta! Mi ammazzi così, come se non valessi nulla? Voglio dire, è vero che davanti a te sono piccolissimo, anzi sei tu che sei grande, no... uffa, almeno spiegami che cazzo sta succedendo! Io non ci capisco più niente!!!---.
““E va bene... dopotutto, da poltiglia non potrai più nuocermi...””.
Il suo tono di voce s'era tranquillizzato, era dolce. Si chinò, mi raccolse facendomi scivolare sul suo palmo e mi sollevò, portandomi in un altro luogo. Era una grossa stanza da letto, arredata coll'identico genere di mobilia del salone nel quale ero: legno scurissimo, mobili del '600 od anteriori.
Mi posò su uno strano comò, accanto ad un letto sul quale si distese su un fianco come su un triclinio romano, col viso rivolto verso di me e distante appena 4 o 5 metri.
““Sono un'amazzone, una vera amazzone, discendente proprio della stirpe delle Amazzoni. Puoi non credermi, ma -dato quello che hai visto- saresti sciocco a farlo. Quel che si dice delle amazzoni non è tutto: sono gigantesche sì, ma possono anche “ridursi” a grandezza quasi normale, circa 2 metri od 1,90 al minimo. Io sono una delle poche rimaste, rimango sempre in incognito poiché, oggigiorno, diverremmo solo fenomeni da baraccone.””. ---Discendente? E come vi riproducete?--- Rimase alquanto stupefatta della domanda, non se l'aspettava... ““Oh, è un problema del tutto secondario... anzi, non è proprio un problema: potendo acquistare una statura normale non abbiamo alcuna difficoltà ad accoppiarci, e comunque da noi nascono solo femmine, ovviamente amazzoni. Io m'ero prescelta il mio maschio, purtroppo s'è rivelato un deficiente e traditore: per fortuna le poche volte che ci ho fatto sesso non sono rimasta gravida... infatti l'amazzone che nasce ha anche una o 2 caratteristiche del padre, in pratica avrei avuto quasi certamente una figlia stronza!””
Mi guardò, vide che ero interessatissimo al suo discorso, dimentico del fatto che di lì a poco avrei dovuto morire. Me lo ricordò.
---Non l'ho dimenticato, mi sono semplicemente rassegnato. Sono stato vicinissimo alla morte tante volte, proprio per il mio vizio di guardone, tante volte...--- Ero sempre nudo, oramai asciutto, dinanzi a lei vestita del costume da mare. Mi girai e rigirai, mostrandomi. ---Queste sulla testa sono tante cicatrici: innumerevoli bastonate, sprangate, vasi in testa ed oggetti che mi sono buscato tutte le volte che sono state scoperte. Il naso è col setto deviato e mi mancano 3 denti: spiavo una coppia fare sesso da su d'un ramo che s'è rotto, e lui era un pugile professionista. Guarda la schiena: ho spiato un'orgetta tra “bravi ragazzi” che m'hanno trascinato legato con l'auto per 3 kilometri. Zoppico un po’, ho avuto le braccia ingessate varie volte... doveva arrivare il momento in cui qualcuno m'avrebbe ammazzato: per la verità m'aspettavo un colpo di pistola o qualcosa del genere...---. Ora era lei che m'ascoltava attentamente. ---...sei troppo bella, bellissima: non sono stufo di vivere ma se sarai tu la mia fine, ben venga!---.
Rimase muta per parecchio. Poi parlò, in tono rassegnato: ““Puoi capire, da ciò che t'ho detto, che nessuno deve sapere chi sono, non lo hanno mai saputo nemmeno quelli che sono padri di amazzoni...”” il suo tono di voce cambiò all'improvviso, irritato: ““...se stai cercando d'impietosirmi per salvarti ti sbagli di grosso! Chiaro?!?!?! Tra un po' mi confesserai che non hai mai scopato o che sei un alieno, con quegli occhioni quasi alla E.T., non è così?””.
Il comò era più in alto del letto, saltando da esso riuscii a fare la distanza tra me e lei cadendole giusto tra i seni, furioso, tirandoci poi una serie di cazzotti fortissimi, che però non erano altro che solletico per lei. ---NON SONO UN ALIENO, NON SONO UN ALIENO, NON SONO E.T.!!!--- D'istinto lei, da sdraiata su un fianco, si mise supina e mi fu più facile rimanerle sopra le tette. Continuavo a tirarle quegli inutili pugni sotto il suo sguardo incredulo fino a quando, passata la sorpresa, con voce dolce, rincarò: ““E riguardo all'aver o meno scopato?””.
Già stanco, col fiatone della sfuriata, a quella frase gli ultimi pugni non furono che scomposto sbracciare, scivolai lentamente bocconi giù tra i due seni, affranto, con un mugolio di pianto. Lei non si mosse, stette semplicemente ferma, con me che stavo tra quei seni stupendi. Erano sodi, durissimi: ma anche caldissimi, di una certa avvolgente sofficità, come mai avevo sentito. Pian piano mi sentii stringere da quelle tette enormi, stringere ma con dolcezza e lentezza. Provai a guardare davanti e vidi che mi osservava; le sue spalle si muovevano lentamente e capii che aveva posto le mani affianco ai suoi seni e li stava massaggiando delicatamente l'uno contro l'altro, con in mezzo me.
““Non me la sento di rimpicciolirmi a grandezza normale, ma voglio comunque fare qualcosa per te... dopotutto è merito tuo se ho smascherato quel traditore in tempo: la lealtà del maschio è fondamentale per conservare il carattere di ferro amazzone, il traditore è anche un vigliacco ed avere una figlia da lui sarebbe stata la peggior cosa per la nostra stirpe: si sarebbe quasi certamente rivelata con prepotenza, si sarebbe fatta scoprire...”” Smise di massaggiarmi e mi prese delicatamente ponendomi su uno dei suoi seni.
Poggiavo bocconi su un capezzolo con l'aureola liscia e scura grande più della mia faccia, la guardai in viso: aveva un'espressione placida e tranquilla, pareva disposta a lasciarmi fare ciò che volevo. Timidamente cominciai a passare la lingua su quel capezzolo enorme: visto che mi lasciava fare leccai la punta, che non m'entrava nemmeno in bocca, con gran foga, carezzando colle mani la liscissima aureola. Lei reclinò lentamente la testa all'indietro e mi sentii sollevare tutto dato che i suoi seni si sollevarono ad una sua lunga e profonda inspirazione... passai all'altro seno, poi vagai per il suo corpo... le diedi baci dappertutto, anche sul viso: labbra carnosissime che, per baciarle tutte, impiegai 10 minuti... discesi pian piano sul suo torace: quanto forte batteva il suo cuore! Mi fermai ad ascoltarlo, beato, con l’orecchio attaccato su, con la testa che sfiorava il suo durissimo seno sinistro... mi diressi più giù, verso la meravigliosa selva di peli per baciare e leccare; lei dischiuse un po' le gambe e... scivolai giù, aggrappandomi ai peli. Con pazienza lei mi raccolse, si rigirò e pose le gambe in verticale contro lo schienale del letto. Mi depose sulle grandi labbra che in quella posizione erano praticamente in piano... leccai ed esplorai sino a trovare il clitoride che spuntava meravigliosamente dalla parte superiore della figa.
---(E adesso che faccio?) -pensai- (Il clitoride dev'essere questo, ma per me adesso ha le dimensioni di un grosso cazzo! Mi sembrerebbe d'essere frocio! Non posso...)--- . Ma il fortissimo odore era di femmina, ero sdraiato sulle grandi labbra umide e stavo avendo un'erezione tremenda. Lei, forse perché mi vide indeciso, fors'anche perché credesse di darmi qualche impedimento, allargò completamente le gambe sino ad allora appena dischiuse.
Quelle enormi labbra si scostarono facendomi cadere in mezzo, sentii un calore dolcissimo su tutto il tronco e le gambe... il mio cazzo, durissimo, era certamente poggiato sulla vagina, anche se lei non lo sentiva. Non capivo più nulla, presi il suo clitoride in bocca e lo succhiai a lungo, senza pudore, senza pensieri. Lei gemeva e godeva, improvvisamente unì le mie braccia alzate sopra la mia testa e mi inserì dentro la sua vagina, facendomi sprofondare dentro. Mi trovai immerso in quella crema caldissima sin quasi al collo, con le braccia appoggiate sulle sue grandi labbra... decise d'alzarsi in piedi e, mantenendomi con il medio e l'indice poggiati ognuno su una spalla, si mise a gambe lievemente divaricate, poggiata colla schiena contro il muro. Ebbi paura quando allentò le dita poiché scivolai un po' fuori dalla vagina -uscii quasi fino al mio stomaco-, ma quando mi sospinse nuovamente dentro capii che stava masturbandosi con me.
Il mio cazzo era durissimo ma, col su e giù, ogni volta si piegava a seconda del senso in cui scorrevo: mi piaceva da morire ma faceva anche male, forse per questo durai quasi mezz'ora... VENNI! Venni meravigliosamente, con quella carezza caldissima che mi scorreva sul torso, sulla schiena, su tutto il corpo, lei nemmeno se ne accorse tanto godeva e continuò per qualche minuto ancora finché non ebbe un orgasmo spaventoso, delle contrazioni vaginali terribilmente forti che mi fracassarono tutte le costole.
Ansimante ancora di goduria, sudata, mentre mi manteneva ancora dentro colle dita mi disse: ““Adesso è meglio che esci, non vorrei che venissi dentro di me...”” Non pensai tanto a non rispondere, giacché dovevo dire qualcosa per sfogare il dolore che le costole spezzate mi davano:---...sono già venuto, potevi farmi uscire prima di schiacciarmi a questo modo!!! Ahia...---.
Si bloccò, impietrita. Chinò la testa verso la vulva: aveva uno sguardo di fuoco. ““COME TI SEI PERMESSO?!?!?! DENTRO DI ME, SEI VENUTO??? MALEDETTO MAIALE!!!””. Era un bell'affronto, almeno per lei. Per me era la prima volta, che ne sapevo se venivo e dove cazzo dovevo schizzare! Si staccò dal muro, sempre tenendomi dentro colle dita sulle spalle, fece qualche passo e si fermò, in piedi.
Un violentissimo getto d'urina, sparato da un'apertura poco sopra quella in cui ero ancora immerso, mi sommerse la faccia quasi facendomi annegare, oltreché quasi strappandomi la pelle dal muso: non avevo provato ciò nemmeno quando spiai quella coppia entrata nottetempo nella biblioteca e lui, un omaccione, mi sparò in faccia la lancia antincendio ad alta pressione. Cercavo d'urlare e di respirare, tutto ciò che facevo era inghiottire tantissima piscia, e respirarla, pure... quando finì ciò che s'udiva erano i miei polmoni che, convulsamente, si svuotavano dell'urina.
““Non avrei dovuto lasciarti fare! Ti do un po' di sollievo e tu ne approfitti per... per...””. Tolse d'improvviso le dita ed io scivolai lentamente dalla sua vagina, stavo per cadere quando mi aggrappai ai peli. Così appeso rimasi quando cominciò a camminare, incurante di me che le penzolavo dalla fica.
S'avvicinò al bordo del letto e vi si sedette lentamente. Quando fui a pochi metri dal materasso mi lasciai andare per poi tentar di scappare ma i rimbalzi che feci sul materasso rubarono gli istanti preziosi che mi sarebbero serviti per ciò: mi sentii schiacciare, la sua vulva mi premeva chiusa su gambe e bacino, il torace era schiacciato da quella zona liscia che è tra figa ed ano e la faccia, proprio sotto quest'ultimo. Non ero morto schiacciato perché non ero finito sotto uno dei suoi glutei sodissimi... un violentissimo scorreggione, sparato proprio in faccia, senza vie di fuga: entrò prepotentemente nella mia bocca e nel mio naso, gonfiando a dismisura i polmoni: sarei certamente esploso se non fossi stato contenuto dall'angusto spazio nel quale ero imprigionato; due piccoli spari: i miei timpani che si sfondano ad opera della sua flatulenza che trovò le mie orecchie come unica via di fuga.
La sentivo muovere le gambe, ero spremuto da ogni suo movimento... quando infine s'alzò vidi che s'era cambiata le scarpe: due zeppe di legno senza tacco, con suola perfettamente piana.
Non mi guardò negli occhi, adesso: era arrabbiatissima da non farsi incantare ma comunque non voleva rischiare nessun senso di pietà; mi prese distrattamente con una mano e mi buttò sul pavimento come volesse liberare il letto da una scarpa vecchia che doveva stare per terra. Mi scansò con un piede facendomi finire su uno straccio, dicendo: ““Non voglio nemmeno sentire la tua puzza, indi non ti brucerò nel camino: questo straccio sarà seppellito nel campo, nel posto dove normalmente accumulo il letame””. Ero steso bocconi quando lei schiacciò completamente le mie gambe sotto una sua zeppa, semplicemente con un passo, quasi fossi un insetto. Feci male a contorcermi per il dolore, a stirare le braccia tremanti sopra la testa, come per afferrare qualcosa dinanzi a me e trascinarmi via da quella stretta: l'altra zeppa spiaccicò le mie braccia sino ad un po' più su del gomito. Stavo perdendo molto sangue, sarei morto subito... ma ero ancora cosciente quando mi rigirò a pancia in su.
Non potei fare a meno d'osservarla in tutta la sua maestosa bellezza quando si chinò lestamente su di me, facendo dischiudere quella vulva fantastica... il suo ano lasciò partire ancora alcune flatulenze: stavolta dei respiri caldi, sibilanti, il cui vapore mi sentivo condensare appiccicaticcio sulla faccia... pian piano l'ano s'allargò, lasciando uscire uno stronzo enorme, duro, bitorzoluto, grande più di me.
Quando si staccò da quella meravigliosa apertura cadde di punta sul mio stomaco con violenza, schiacciandomelo assieme agli altri organi contenuti nel mio addome, poi si coricò esattamente lungo il mio corpo, finendomi sulla faccia con un tonfo sordo.
Sentii che veniva mosso perché mi coprisse perfettamente in tutta la lunghezza, poi lo sentii cominciare a schiacciare forte ed avvolgermi lentamente. Aveva poggiato il piede sulla sua merda e stava salendoci sopra... avvertii alcune cose dure, nell'escremento che stava entrandomi in gola dalla bocca lasciata aperta per il dolore: una, in particolare, la sentivo proprio sulla testa; una cosa rotonda e dura.
Il peso aumentava sempre più quando capii che tra me e la suola della zeppa c'era ben poco: questa cosa rotonda cominciò a premere con forza tremenda sulla mia fronte e credevo che me l'avrebbe sfondata... invece, improvvisamente, si ruppe come un guscio vuoto, i frammenti della cosa cominciarono a penetrarmi sulle guance e negli occhi, mentre altri pezzi duri mi sfondavano il torace.
Oltre che per me ebbi compassione anche per quella povera, stupida biondina: capii che era il suo indigerito cranio quell'oggetto rotondo che, assieme al resto delle sue ossa, mi stava spappolando.
Sentii un'altra cosa rotonda cedere all'improvviso: la mia testa.
Più nulla.
Lei, dopo aver spiaccicato quei poveri resti assieme alla sua merda, dopo esserci stata per mezz'ora su, immobile, tenne alfine fede alla sua parola: prese l'involto e lo seppellì nel letame, io non esistevo più.
Queste amazzoni... misteriose, segrete, dal carattere dolce, ma di ferro... eppure non ce n'è una uguale, anche se le accomuna una possenza senza pari... pensate un po': si dice in giro che oggi, a tanti anni da questo triste avvenimento, ve ne sia anche una con degli occhi chiarissimi e grandi, molto grandi...