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Le colline di Hemmeltur

Parte I inviata da Jryan^ e caricata in data 16/Febbraio/2003 22:42:02


Un sole tiepido illuminava i vasti pascoli erbosi. Jennel il pastore conduceva il suo gregge tenendo in mano un lungo bastone e cantando spensieratamente. Era ormai tardo pomeriggio e dalle lontane montagne ad est giungeva un vento gelido che già faceva presagire, in quel mite ottobre, un inverno molto rigido.  

Il suo bel cane dal manto bianco correva di lato alle pecore sazie dopo le lunghe ore nei pascoli, e abbaiando le indirizzava verso la piccola e modesta fattoria del suo padrone:  una costruzione bassa, con le mura di pietra grigia ed il tetto di paglia sorretto da robuste travi di legno di quercia. Li, il giovane Jemmel viveva solo. Aveva sempre ripudiato la vita tra le folle e amava la solitudine e il suo stile di vita arcaico. Si recava alla vicina città di Ghamnel solo per motivi commerciali e li non aveva che pochi amici. Jennel era vissuto nella città per tutta l'infanzia, era figlio di una nobile famiglia e aveva ricevuto una eccellente aducazione. A 18 anni , però , si era allontanato , dicendo addio alle alte torri bianche della città e si era ritirato nelle silenziose e tranquille colline di Hemmeltur, poco lontane della città ma per nulla trafficate. Qui si dedicava alla pastorizia e nelle ore serali leggeva i libri degli antichi saggi che di tanto in tanto andava a comprare a Ghamnel.

La sua piccola casetta era illuminata dalla calda luce del tramonto e il giovane Jemmel la osservò compiaciuto , assaporando già il tepore del suo grande camino acceso e scricchiolante.Portate le pecore nel grande ovile, prese due grossi secchi vuoti e si avviò veloce verso il torrente che scendeva dalle lontane montagne ad est. Non voleva essere colto dalla sera vicino alle sorgenti, come lui anche molte altre creature dei boschi si sarebbero andate a dissetare.

Un aquila di montanga sorvolava in quel momento le rotonde e rosee colline e guardò il pastore affrettarsi verso il torrente. L'uccello volava tranquillo, tenendo le ali spiegate e lasciandosi trasportare dalla piacevole brezza, vedeva la casetta del pastore ergersi solitaria nella piccola pianura tra le colline: la porta d'ingresso dava sul pascolo e più avanti c'era il torrente , oltre il quale si ergevano ombrosi i boschi che si estendevano fino alle alture ad oriente. Tutt'intorno alla casetta c'erano colline disseminate qua e la da qualche alberello o da piccoli boschi di castagni. All'orizzonte , a sud si vedevano le grandi pianure di Gamnel mentre ad ovest si ergevano monti boscosi.

A Nord una valle conduceva nelle terre desertiche che poi finivano a strapiombo sul lontano mare.L'aquila non era affamata ma , ugualmente, sapeva che il tempo stava per peggiorare e con questo anche la visibilità e la sicurezza di un pasto. Decise così di sorvolare attentamente l'ovile, pregustando già le dolci carni di qualche piccolo agnellino. Stava per scendere un po' di quota quando scorse , nell'erba poco lontana dalla casa di Jemmel una gigantesca impronta; l'erba alta era stata pestata di recente da un enorme piede umano, sarà stato di almeno quindici metri. Intimorita si guardò intorno ed ecco che notò, qualche impronta più a sud l'enorme corpo di una Gigantessa supina , tra l'erba, svenuta; aveva dei lunghi capelli biondi , mossi , che le coprivano il volto del quale però si potevano scorgere le rosse labbra umide, indossava un reggiseno di cuoio che le lasciava scoperto il ventre piatto e pallido e dei pantaloni di pelle, molto aderenti che le scendevano fino a sopra il ginocchio. Al collo indossava una grossa collana di macigni di bellissimo marmo e ai polsi e alle caviglie portava grandi bracciali argentei in cui erano incastonate lucenti pietre provenienti chissà da quale profonda galleria delle montagne. L'aquila pensò che quella stupenda e pericolosa creatura provenisse dalle lontane terre desertiche dove era ben nota la crudeltà dei giganti. Allora si allontanò battendo le ali e se ne tornò sulle sue montagne.

Jemmel , che era stato tutto il giorno lontano dalla pianura , non si era accorto dell'arrivo di quella terribile creatura, e presa l'acqua del torrente tornò verso la sua casa. Versò l'acqua negli abbeveratoi delle pecore quando ormai il sole era scomparso al di là delle pianure, e poi , riempita un'anfora di bronzo , entrò in casa dove già il suo bel cane era accucciato a riposare.

Jemmel accese il fuoco e vi mise a bollire dell'acqua con l'intenzione di cucinarsi una calda e saporita minestra. Aveva ancora molti cereali ben conservati che aveva comprato in città due mesi addietro. Diede della carne al suo cane e poi si mise a prepararsi la cena ascoltando le pecore belare ed entrare nell'ovile, al riparo dal vento, per la notte.Se avesse saputo della Gigantessa addormentata poco lontana da casa sua, nascosta dalle falde di una collina, non sarebbe stato così tranquillo. Certo. sapeva che in quella zona era possibile incontrarne, era questo, infatti, il motivo per cui nessun altro viveva nelle vicinanze,  ma con gli anni si era abituato a non temerli. I giganti del nord erano pacifici e si spingevano di rado fino alle colline con il solo intento di andare a caccia sulle montange. Erano alti 9 o dieci metri e vestivano come gli uomini dei regni settentrionali, con tuniche ed armature di maglia. Gli uomini portavano alla cinta delle scintillanti sciabole mentre le donne indossavano leggere tuniche di seta  e sandali. La popolazione dei Giganti ormai , si era mescolata agli uomini del nord , e vivevano obbedendo ad uno stesso re , umano, saggio e giusto. Jemmel ricordava l'incontro con alcuni giganti di questo popolo quando vennero a Ghamnel  per portare dei doni di pace al re insieme a duecento cavalieri. Ricordava che una donna, che all'inizio lo aveva intimorito, si era fermata a conversare con lui e gli aveva fatto i complimenti per la voce e la bellezza dei suoi canti. Jemmel ne fu ben felice e trovò piacevole la compagnia dei giganti del nord.

Di Tutt'altra schiatta erano Le Gigantesse delle alte montange orientali. Erano molto più grandi dei giganti settentrionali ed erano un popolo di cacciatrici. Vestivano con corazze di cuoio e a differenza delle gigantesse settentrionali avevano i capelli splendenti come il sole e biondi come i campi di grano. I loro occhi avevano il colore del cielo e sarebbero parse dee se non fosse stato per la loro spietatezza. Vivevano in colossali villaggi tra le montagne e si organizzavano in clan. In passato depredavano Ghamnel poiché per poter procreare , le gigantesse d'oriente avevano bisogno di normali essere umani. Ne catturavano a centinaia e ne facevano loro schiavi per dare alla luce altre gigantesse bionde. Ma poi, Il re di Ghamnel , morto da pochi anni, aveva risolto il problema. Essendo troppo deboli le forze militari di Ghamnel per combattere allo stesso tempo gli orchi a sud e le Gigantesse delle montagne, il re decise di giungere ad un accordo: le gigantesse non avrebbero più dovuto attaccare la città in cambio di 100 ragazzi forti e sani ogni anno. L'offerta fu accettata. Così da 20 anni ormai carovane di giovani partivano verso le montagne orientali, alcuni felici ed emozionati , altri costretti. Dovete sapere che , tra l'altro, le gigantesse orientali vivevano più di 200 anni, e giungevano all'ultima ora ancora integre nella loro bellezza giovane e imperturbata.

Con cento nuove nasciture ogni anno, presto , per loro non vi sarebbe più stato spazio tra le montagne, ma fortunatamente, concepire una figlia era molto difficile poiché il seme degli uomini non resisteva nell'immenso corpo delle gigantesse se a guidarlo non ci fosse stato l'amore. Eh si , non nascevano Gigantesse dai capelli dorati se non nasceva prima l'amore tra la madre ed il piccolo uomo suo schiavo. Ciò era molto difficile e cmq , da quando i ragazzi di Ghamnel partivano di loro spontanea volontà e non rapiti con violenza dalle gigantesche donne, il numero di nascite era incrementato; almeno 3 o 4 giovani gigantesse vedevano la luce ogni anno.

Questo fruttuoso accordo non rendeva, naturalmente meno temibili le Gigantesse orientali per Jemmel; queste ultime infatti non esitavano ad uccidere e derubare i contadini o le vicine contrade in tempi difficili. V'era un clan, poi, il più spietato; il Clan delle Soffici Mani: era capitanato da una stupenda Gigantessa e contava una decina di donne. Vivevano in un villaggio sui ghiacciai orientali e indossavano pellicce e stivali di pelle. Per il clima avverso erano loro le Gigantesse che più spesso si avventuravano in pianura a razziare, per le loro enormi pellicce sarebbero serviti innumerevoli capi di bestiame. Si vantavano , di avere le mani soffici come la neve, non indurite dalle armi o dal lavoro, poiché loro , non allevavano bestie e non lavoravano, razziavano solamente e nel farlo giungevano colossali e bellissime dalle montagne , a mani nude , senza armi; poiché i loro stivali le proteggevano fino alle ginocchia dagli attacchi delle guardie e quando combattevano non facevano altro schiacciare sotto le dure suole di legno gli avversari.

La notte era ormai sopraggiunta e le stelle puntellavano il cielo limpido e freddo. La luna piena si innalzava grande e pallida mentre dai boschi proveniva il richiamo dei lupi. Jemmel aveva finito di mangiare e si era seduto sulla sua comoda poltrona da nobile e leggeva un grosso libro sorseggiando del dolce idromele prodotto nell'estremo sud. Era tranquillo ma d'un tratto sentì il terreno vibrare. Non troppo allarmato si alzò dalla poltrona e fece per avvicinarsi alla finestra , ma il suo cane lo urtò, correndo fuori dalla porta abbaiando all'impazzata e d'un tratto le pecore iniziarono a belare ed agitarsi, cosa insolita, nel cuore della notte. Jemmel pensò ai lupi, così prese la sua balestra ed uscì veloce dalla sua casetta , correndo nella direzione dalla quale si sentiva il cane abbaiare; un attimo dopo il cane tacque e si stagliò davanti al disco della luna la sagoma di una gigantesca donna. Jemmel indietreggiò terrorizzato ed urlò :<< Lasciami in pace Gigantessa! E rendimi il mio cane! Non ho null'altro che poche pecore che non riuscirebbero a soddisfare alcun tuo bisogno!!>>

La gigantessa gli si avvicinò camminando lentamente, come fosse stanca , tenendo qualcosa nel pungo chiuso. I boati dei suoi passi fecero tremare Jemmel , ma fu rincuorato nel vedere un immenso e grandissimo piede nudo davanti a lui :<< almeno non è del Clan delle Soffici Mani!>> si disse osservando le enormi dita della gigantessa illuminate dalla pallida luce lunare. La gigantessa avvicinò il pungo chiuso a Jemmel e lo aprì lasciando libero lo spaventato cane del pastore :

<< tieni a bada il tuo amico, piccolo pastore , nell'oscurità l'avrei potuto confondere con un lupo!>>Jemmel annuì intimidito dall'enorme mole della Gigantessa china su di lui. Sarà stata alta 20, forse 30 metri ,  non riusciva a vederla in viso perché si stagliava netta contro la luna, così , come se stesse parlando alla notte stessa disse guardando nel buio , in un punto indeterminato:

<<Grazie per non averlo ucciso , mi è molto caro.ma adesso.ti prego , lasciami in pace nelle mie terre e allontanati , posso donarti tre pecore in cambio della tua clemenza!>>La gigantessa rispose :<< così piccolo eppure così risoluto! Sembra che tu non mi tema affatto ma credo dovresti essere conscio che basterebbero i polpastrelli delle dita della mia mano per sbriciolarti!>>Jemmel tremò, poi la gigantessa lo prese in mano e il giovane pastore prese ad urlare :<< no , non temere!>> soggiunse la Gigantessa tenendolo sdraiato nel palmo della sua mano:<< non ho intenzione di farti del male, ma , ti prego, aiutami.>>

Jemmel si mise a sedere sul morbido palmo della mano e guardò incuriosito il viso, ora visibile  perché più vicino, della ragazza. Era un viso bellissimo , e negli occhi emergeva una sincera malinconia mista a stanchezza:<< dimmi Gigantessa delle montagne, sarò lieto di aiutarti se ciò mi è possibile e se non significhi essere mangiato!>>la ragazza rise:<< Ti ho già detto di non temere, ma , ho bisogno di riposare in un luogo sicuro e di nutrirmi. Sono reduce da un lungo viaggio, scacciata dalle altre gigantesse e ora sola al mondo. Ho i muscoli doloranti e le piante dei miei piedi sono stanche e sporche. Inoltre ho perso per sempre ciò a cui più tenevo, il mio amato.>>Jemmel restò a bocca aperta e riuscì solo a dire :<< Quale stranezza!>>Poi continuò :<< perché mai fosti scacciata?>>

La gigantessa allora depose di nuovo Jemmel sull'erba e si sdraiò appoggiandosi sui gomiti davanti a lui. Jemmel osservò le sue gambe scomparire nel buio della notte e poi la guardò in viso mentre la gigantessa iniziava a dire :<<Il mio nome è Thias, e sono del Clan Lago del Picco, della zona centrale delle montagne orientali. Ho 25 anni, e da poco mi era stato concesso di avere un uomo. Ebbi Zeral , un bel giovane moro , di Ghamnel , era forte, dai modi gentili e felice di essere mio, il tempo con lui passò così velocemente che ci ritrovammo insieme , nella mia capanna e gli permisi di stare sul  giaciglio con me. Lo amavo intensamente e le altre Gigantesse del clan mi invidiavano poiché non provavano nulla verso i loro schiavi; molte decisero di schiacciarli, altre li temerono ma solo come schiavi atti ad esaudire i loro desideri. Odiavano il pensiero che solo io avrei avuto una figlia ma ancor di più odiavano la forza e il coraggio di Zeral, che tutte loro avrebbero voluto per se.

Continua...



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