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Brutto come la cacca.

Parte I inviata da fagoshi e caricata in data 30/Gennaio/2005 17:22:53


Ero brutto, molto brutto.

O no?

Fatto sta che le mie coetannee hanno sempre preferito qualsiasi altro a me, per qualsiasi relazione. Già dalle elementari avevo solo amici maschi che mi sfruttavano sui compiti e cercavano di tirarmi su il morale. La loro, però, era un'amicizia molto particolare, dovuta proprio al mio aspetto. Dava loro molto piacere sapersi più belli, li soddisfava vedermi sempre solo quando scherzavano con le amichette; questo ancor più alle scuole medie.

Non parliamo delle superiori: i primi amori, che alle medie erano per lo più curiosi e sentimentali, qui divenivano più “concreti”, a me erano comunque negati.
'ste ragazzine mi guardavano, qualcuna aveva espressioni di compassione sul volto, ma nulla più; poi andavano con i loro amici, dimenticandomi. Feci l'università di chimica – ovviamente anche lì aggirato regolarmente dalle ragazze – e mi buttai a capofitto negli studi. Studiavo come un matto, era un modo di non pensare a loro, quelle misteriose quanto bellissime creature, le femmine.

Mi laureai a 23 anni col massimo dei voti e la lode. Stranissimamente l'unico posto che trovai era in un laboratorio sperimentale come assistente, il dramma era che oltre a rimettere a posto le provette e controllare alcuni processi di sintesi non avevo null'altro da fare. Ed il pensiero delle ragazze allora più che mai mi tormentò.
Non sapevo nemmeno com'erano fatte, se non dalle videocassette che avevo cominciato da poco a vedermi assiduamente. Pian piano cominciai a desiderare qualsiasi cosa da loro, anche che mi sfiorassero solamente. Ma ciò non accadeva mai.

Fino ad un dì. Quel dì, uno dei miei giorni liberi, avevo deciso di farmi una delle mie giornate di boschi, ovvero uscire con uno zainetto di provviste in spalla la mattina presto a girovagar per i boschi e tornare la sera. Ero già da ore in un boschetto molto carino, così carino che spesso molti facevano dei pic – nic sui piccoli spicchi di prato che si aprivano di tanto in tanto tra l'alberume buio e cupo. Non avevo di che preoccuparmi: il tempo non era bello – molto nuvoloso ed un poco umido – tanto che lasciava temere un acquazzone... non ci sarebbe stato nessuno a far finta che quello a non esserci fossi io. Invece qualcuno c'era: una famigliuola che stava sbaraccando proprio in quel momento, togliendo le tovaglie ed i cestini delle vivande affrettati dall'aspetto del tempo che da incerto si faceva più scuro.
Riconobbi la famiglia: abitavano affianco a casa mia.

Era una famiglia di 5 persone: padre, madre e 3 figlie, giovanissime, ma già molto carine. Erano due gemelle di 18 anni e la maggiore di 19 anni, bellissime, quanto inavvicinabili: per incomprensioni condominiali non mi sopportavano, inoltre essendo brutto mi odiavano addirittura. Ben sapendo che non avrei mai potuto ottenere le loro simpatie non mi ero mostrato debole od accomodante nelle vicissitudini di convivenza comune, loro l'avevano presa come un'offesa alla maestosa beltà che le caratterizzava, poiché tutti – ma proprio tutti – si comportavano quasi da cagnolini con loro. Decisi quindi di rimanere nascosto sino a quando non fossero andate via, e così feci: caricarono tutto nelle borse che avevano e s'incamminarono verso la vicina strada. Erano abbastanza lontane, sul prato che costeggiava la strada, quando mi decisi ad approssimarmi al bordo di questo, ma mi bloccai poiché Francesca, la maggiore, all'improvviso prese a tornare indietro abbastanza di fretta.
Cosa avrà dimenticato? Mah... meglio rimanere nascosto in questa frasca, addentrarmi nel bosco poteva essere rumoroso per via dei rami secchi che coprivano il sottobosco e farmi scoprire. Era tornata sul punto nel quale avevano fatto la scampagnata... passò oltre.

Veniva proprio dalla mia parte! Che mi avesse visto? Non mi potevo muovere, ero nascosto nel primo cespuglietto appena fuori del bosco, lambito dall'erba del prato, giusto a confine. Francesca si fermò proprio affianco a me, giusto dietro il cespuglio, giusto ad un metro dal mio naso. Sentivo il suo ansimo dovuto alla corsa che aveva appena fatto, il suo profumo meraviglioso di donna che emanava... Si accovacciò sull'erba, contemporaneamente mentre si abbassava si tolse gli slip da sotto la corta gonnellina... mi voltava le spalle, il suo candidissimo didietro era a meno di mezzo metro da me, vicinissimo al cespuglio. Udii uno scroscio d'urina nell'erba, appena il tempo di riconoscerne il suono che subito ne intervenne un altro: un sonoro scorreggione, potentissimo ed allungato: pareva che stessero strappando un lenzuolo...

Mi arrivò quasi subito alle narici la puzza di merda appena fatta, anche se non aveva ancora completato l'opera: ero acquattato a terra, con la testa a livello del terreno; come avevo appena visto il getto d'urina scuotere i fili d'erba e renderli luccicanti, in quell'istante vedevo un lungo cordone marrone bitorzoluto uscire dal suo magnifico culetto. Prese di fretta un fazzoletto di carta col quale si pulì prima la vulva e poi l'ano, lo gettò lì accanto e si rialzò, si riaccomodò le mutandine e se ne andò via come nulla fosse, camminando con una grazia... Ero ancora lì, pietrificato. La sua cacca, ancora fumante, poggiava sull'erba verde contrastando per il suo color marrone scuro. Non avevo mai potuto nemmeno toccare una ragazza, quella cacca era appena uscita da una delle più belle che avessi visto... era uscita dal suo sedere sodissimo e meravigliosamente formato... Mi sporsi dal cespuglio, uscii gattonando lentamente. Avvicinai la faccia a quella cacca, sentii il calore che emanava: il calore di quel corpo bellissimo nel quale era stata sino a meno d'un minuto prima... Era uno stronzo dall'aspetto alquanto sodo – come il corpo che l'aveva prodotto –, sembrava quasi piantato nell'erba, quasi con la stessa inclinazione dei fili: debolmente inclinato verso il mio naso, come ad indicarmi. Non so cosa pensai, anzi: forse non pensai proprio a null'altro che a lei, Francesca. Aprii la bocca ed avanzai di quel tanto che bastava perchè quella estremità che mi stava puntata contro venisse a trovarsi all'interno della mia bocca, ma ancora senza averla toccata. A quel punto chiusi gli occhi, pochi secondi d'esitazione e... chiusi anche la bocca. Presi a succhiarla come fosse un lecca – lecca, per lunghi istanti. Poi chiusi la bocca del tutto e cominciai a masticare il pezzo che avevo staccato, poi inghiottendolo. Senza aprire gli occhi avanzai quel po' che necessitava per ripetere l'operazione per il resto della merda, ne vennero fuori 5 bocconi pieni.
Era un sapore schifoso, ma era tutto ciò che avevo potuto ottenere da una ragazza.

“T'è piaciuta la mia cagata?” Sussultai come se mi avessero sorpreso ad ammazzar qualcuno, spalancai gli occhi. Era tornata indietro nuovamente!
Mi mostrò un telefonino, dicendo: “Mi sono accorta che non l'avevo più, allora ho creduto che mi doveva essere caduto qui, quando mi sono chinata per cacare. Ho avuto ragione, infatti: era qui ad un metro dalla merda e da te che stavi pranzandoci. L'ho raccolto, ma non ho voluto perdermi lo spettacolo di un pezzo di merda di vicino che ne mangia un'altro fatto da me!!!” Non sapevo che rispondere, che dire. Ero diventato viola in faccia, mi vergognavo infinitamente. Ero lì, ancora gattoni, con le braccia protese in avanti ancora appoggiate sull'erba, le labbra marroni. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarla in viso, guardavo in basso, solo i suoi piedi, vicino a me. Mentre pensavo a tutto ed a niente notai che aveva quelle scarpette da prato, come quelle dei calciatori, con le tacchette aguzze. Fece per andarsene, dicendo: “Ne riparleremo più in là...”, con un piede calpestò lentamente una delle mie mani, stazionandoci su un istante. Quando tolse il piede io, logicamente addolorato, me la trattenni e massaggiai con l'altra; fu in questo momento che le schiacciò entrambe, violentemente, con le dita quasi intrecciate tra loro.
E se ne andò.

Non compresi come fossi riuscito a non cacciare nemmeno un lamento, le mani mi facevano male quanto mai prima d'allora. Raccolsi i miei pensieri, le mie forze e tornai a casa. Il giorno dopo raccontai al laboratorio di un “incidente nei boschi” per giustificare lo stato delle mie mani, e tornai a casa. Ma con un flacone di veleno, intendevo farla finita con questa vita che dal giorno prima come non mai era divenuta una vita di merda. Arrivato al pianerottolo del mio appartamento vidi che c'era Francesca che mi aspettava. Si aspettava, infatti, che quel giorno non avrei lavorato. “Ciao, stronzo! Che fai, non lavori, oggi?” *Ma che vuoi?! Ssst! Che hai da dire?!* Mi tirò un cazzotto in faccia con una forza che il suo fisico agile ed atletico le concedeva, tale che cominciò a sanguinarmi il naso. *Sai che non puoi trattarmi così, vero?* “Dici? Ma se tu mangi la merda che faccio non puoi negarti ad altri 'eventi' più comuni che avvengono tra le persone, no?” Ebbi un gesto di stizza, un moto di vergogna. *Che io mangio merda puoi dirlo quanto vuoi: non è vero, e non ti crederà nessuno! Pensi che crederanno ad una ragazzina piuttosto che ad un affermato chimico dalla posizione come la mia?*

“...mah, veramente io credo a quello che vedo, e la tua 'posizione' era china a masticarti la mia cacca fino all'ultimo boccone....” *Questo lo dici TU! Dimenticati 'ste scemenze, ripeto: fantasie di bambina!!!* “Dici? Sarà... le mie sorelle ci credono eccome, anzi: data la 'simpatia' che abbiamo per te, vorremmo che tu oggi faccia digiuno, sia a pranzo che a cena: domani mattina ti sfameremo tutte e tre assieme, e del tuo cibo preferito!” *Adesso basta! Vattene, mi hai stufato!* Continuò imperterrita a parlare, come chi è sicuro di sé all'ennesima potenza, con sguardo tagliente: “Sotto lo zerbino di casa mia c'è una scollatura della base in gomma: ci nasconderai un foglietto con su scritta l'ora esatta di statsera in cui ci aprirai la porta, dato che dovremo discutere... tieni, questo è per te” Mi mise in mano un pacchettino, andò via salutandomi cortesemente: “A dopo, merdaiuolo!” Stavo col pacchetto in mano, di fronte all'uscio, fremente di vergogna, col naso che gocciolava sangue in seguito al cazzotto ricevuto.

Entrai in casa ed aprii il pacchetto. Dentro una scatolina di cartone incartata c'era un sacchetto di plastica trasparente riempito di cacca, assieme un cartellino con su scritto: “pranzo di oggi”. Lo tirai dalla finestra con una violenza immane, non ho idea di dove potesse essere arrivato. Presi la scatolina di cartone vuota per accartocciarla, quando cadde una specie di busta da lettera alquanto spessa. Incuriosito, aprii la busta. Era come quelle matrioske russe, un foglio dentro l'altro, e su ognuno v'era scritto: “6 1 stronzo”, “faccia di merda”, e via dicendo. Il più particolare aveva su scritto una specie di filastrocca matematica:

INCREMENTO della nostra intelligenza +
DECREMENTO delle tue possibilità di difesa =
ESCREMENTO di ciascuna di noi nel tuo stomaco.
(Risposta: PENSA!!! CIBI DIGERITI 2 VOLTE!!!)

Incartato in quest'ultimo foglio c'era un floppy disk. Avevano intenzione di insultarmi anche dal mio pc? Oppure mi stavano passando uno di quei virus che mi cancella tutto? Decisi di scannerizzare più volte con l'antivirus il dischetto, poi di aprirlo. C'era sicuramente un file di scrittura pieno di insulti... .scr? .doc? .sdw? .pdf?
Se non vedo che c'è non lo saprò mai... C'era un solo file, superzippato, che spacchettato aveva il titolo: AppenaRaccolto.mpeg. Lo aprii. E mi misi a piangere.
Adesso sapevo quando aveva raccolto quel maledetto telefonino con microcamera incorporata. Iniziava con la mia bocca aperta e vuota, e finiva con la frase: “T'è piaciuta la mia cagata?”. Uno studioso come me fregato da una tecnologia di un altra branca... e adesso? Sto inebetito per una mezz'oretta, fissando il tavolino col pc ed il filmato che si ripete all'infinito.

Continua..


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