[
replica ]
DollGuy ha inviato un messaggio dal titolo:
Capitolo 7° (esclusa l’Introduzione) ed ha ricevuto
0 repliche.
messaggio inviato in data:
24/Aprile/2006 19:38:38
Capitolo 7 (esclusa l’Introduzione)
Con la massima delicatezza possibile raccolse uno degli aerei tra l’indice e il pollice.
Come al solito, il minuto aviogetto fu completamente ricoperto dai massicci polpastrelli.
Sempre sorridendo, la ragazzona se lo portò davanti agli occhi per osservarlo meglio. Ben intenzionata ad esaminarlo per bene, la colossa chiuse l’occhio destro, e strinse il sinistro nello sforzo di riuscire a distinguerne i dettagli, ma senza troppo successo: era così piccolo!
Non fece neanche in tempo a notare dei microscopici scintillii partire dall’aeroplanino, che sentì qualcosa pizzicarle leggermente l’occhio: il terrorizzato pilota aveva lanciato i missili verso lo spaventoso lago che si apriva davanti a lui.
L’omino non ebbe neanche il tempo di pentirsene: l’unico motivo per cui l’indifeso velivolo non era stato schiacciato da quelle dita possenti, era che la titana era stata molto attenta ad esercitare la più leggera (per lei) delle strette; ora, per la sorpresa, Marianna serrò le dita un tantino, giusto quanto bastava per appiattire completamente il fragile apparecchio. La pressione fu tale da impedirne persino l’esplosione.
La gigantessa si strofinò l’occhio con il dorso della mano. Il fastidio creato dall’ordigno era stato minimo: l’esplosione della testata lo aveva già disintegrato. Un granello di polvere le avrebbe dato più problemi.
- Questo non è stato molto carino, da parte vostra – disse, con il suo tonante mormorio – e poi, se proprio volete tirarmi addosso quei vostri granellini, ci sono posti migliori -
Allora, raccolse un altro caccia-bombardiere dal mucchio, sempre con l’indice e il pollice, e se lo portò davanti al reggiseno, all’altezza del capezzolo sinistro.
Come previsto, il pilota cominciò a sparare, ma senza alcun risultato: il costume era troppo spesso perché la leviatana potesse avvertire le esplosioni. Un po’ delusa, spostò il minuscolo prigioniero sulla parte del suo seno non ricoperta dall’indumento.
Il militare vide la sconfinata superficie colorata del costume sfilare via ad una velocità folle, mentre la sua tuta anti-G lottava per compensare quell’accelerazione degna di un missile Apollo. Ad un tratto, il “paesaggio” davanti ai suoi occhi fu sostituito da una vastissima distesa color carne, mentre, altrettanto bruscamente di com’erano partite, le invincibili dita che serravano il suo velivolo si arrestarono. Scosso, l’ufficiale fece nuovamente fuoco.
In previsione di quell’attacco, i caccia-bombardieri erano stati riempiti fino al limite di carico con i più potenti missili aria-terra disponibili negli arsenali della NATO. Si trattava di razzi anti-bunker perforanti, la cui testata era progettata per superare le corazze più spesse e resistenti: lanciati a velocità supersonica, la sola potenza dell’impatto, unita alla loro gran capacità di penetrazione, sarebbe stata sufficiente per trapassare un carro armato pesante da parte a parte. L’esplosivo ad alto potenziale in essi contenuto, poi, era sufficiente a disintegrare un intero isolato. Persino il solo rumore da loro prodotto era sufficiente a causare gravi danni agli sventurati che avessero la disgrazia di udirlo.
Quegli attacchi, quindi, erano abbastanza potenti perché Marianna potesse percepirli: concentrandosi, la giovane riuscì appena a sentire la piacevole sensazione di quelle bombe, per lei infinitesimali, che scoppiavano all’impatto con la sua tetta. Dal suo punto di vista, ogni missile era un’infima scintilla, a stento visibile, giacché il proiettile era troppo minuto per riuscire a vederlo. L’impatto del razzo contro la sua mammella, non era niente più che qualcosa di microscopico, che le sfiorava appena la pelle. La scintillante esplosione dell’ordigno, poi, riusciva a stento a procurarle un lievissimo pizzicorino, anch’esso molto piacevole. Quanto al rumore, poi, per lei era inaudibile: persino il battito del suo cuore era di gran lunga più assordante di quelle esplosioni.
Il caccia-bombardiere era dotato anche di cannoni di grosso calibro e di potenti mitragliatrici, e il terrorizzato militare non lesinò di certo sulle munizioni: tuttavia, malgrado fossero equipaggiate con proiettili corazzati (i famosi “full metal jackets”), quelle bocche di fuoco erano troppo infinitesimali perché l’immensa ragazza potesse anche solo accorgersene.
Sorridendo, la colossa spostò il “modellino” avanti e indietro, per decine di metri, lungo il “piccolo” angolo scoperto della parte superiore della sua mammella, mentre il prigioniero, sballottato qua e là, la stuzzicava sganciando tutto ciò che aveva su quelle centinaia di metri quadrati di pelle.
Dopo un po’, l’aereo finì le munizioni, e la gigantessa, com’era ormai sua abitudine, lo “premiò” soffiandolo via con un tuonante bacio.
A questo punto, le era chiaro che i suoi balocchi non le sarebbero stati di grande utilità, se avesse avuto il costume addosso. Con la mano libera, si slacciò il reggiseno, scoprendo un’altra volta quelle colline gemelle ballonzolanti, che le spuntavano dal petto per 150 metri. Il colossale indumento fu lanciato sulla terraferma, dove devastò fragorosamente un intero sobborgo.
Raccolta un’altra vittima dal suo palmo, la leviatana se la portò nuovamente a poche decine di metri dal capezzolo. Il pilota si trovò di fronte un’escrescenza carnosa grande quanto un edificio, che spuntava da un’aureola tanto vasta da poter essere usata come pista d’atterraggio. Anche lui aprì il fuoco su di essa. Essendo una zona più sensibile, la giovane dea trovò i suoi patetici sforzi ancora più piacevoli. Distrattamente, ve lo appoggiò sopra, facendolo esplodere insieme a tutto il rimanente arsenale: fu quasi come se un amante straordinariamente delicato le stesse sfiorando il capezzolo con i denti. Quasi. Marianna si mordicchiò il labbro inferiore.
Quindi, ghignando, la ragazzona raccolse di nuovo un aviogetto dalla mano, ma questa volta lo lanciò direttamente contro la sua zizza: l’involontario kamikaze si disintegrò all’urto con quella montagna di carne, ancor prima di rendersi conto di cosa stava succedendo. La colossa ripeté l’operazione più volte.
Il numero d’aerei contenuti nel suo vasto palmo cominciò ben presto a diminuire: a questo punto, la titana iniziò a chiedersi in quale altro modo potesse usarli, in modo da farli durare di più.
Dopo un po’, sulla bocca le si formò un sorriso: aveva avuto un’idea.