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[ replica ] jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo: SONDAGGIO: La Storia da proseguire ed ha ricevuto 9 repliche.
messaggio inviato in data: 26/Gennaio/2008 18:39:48

Ciao a tutti ragazzi!Dunque , ho deciso di prendermi un impegno con voi: voglio finire una delle mie storie incompiute.
Posterò i titoli associati ad una lettera e voglio che voi votiate quale preferite che io continui e finisca.
Nel mio progetto c'è di finire tutte le storie che posterò qui, ma i tempi stringono, quindi vi garantisco che la prima classificata la concluderò in tempi accettabili per soddisfare la vostra curiosità e la vostra voglia di gigantesse:)

I titoli che ho scelto sono quelli delle storie che reputo più pensate e originali e alle quali mi ridedicheri con più entusiasmo. Aggiungo anche la possibilità di votarne una esterna alla mia lista, e che voi vorreste continuare a leggere. cercatela sul forum e poi scrivete il titolo, votando D.
Scegliete con cura. allego anche le storie, in modo che ve le possiate rileggere e ricordare:) CIao


A) L'Incantesimo
B)Oltre il Sospetto
C) Chimica al Lieco
D) ....a vostro piacimento.

Solo la storia che riceverà più voti sarà completata per prima. per il momento.ciao



STORIE:
A) L’incantesimo

Parte I

Era un normale pomeriggio a casa di Riccardo. Lui se ne stava tranquillo a giocare sul grande tappeto della sala da gioco con un suo amico mentre le rispettive mamme prendevano un caffè insieme, sedute sulle comode poltrone. Sembrava un momento di gioco come tanti altri ma Riccardo, per la prima volta della sua vita, stava provando una strana sensazione che lo faceva stare imbambolato a guardare la madre del suo amichetto.
Non si riusciva a spiegare il perché di quella insolita attrazione! Solitamente fissava con quell’insistenza solo i giocattoli più abiti, e invece quel giorno fissava quella giovane signora mora ed abbronzata. Tra l’altro si rendeva conto che la mamma del suo amichetto gli piaceva ancora di più dei giocattoli.
<< Ehi! Ricky! Sveglia! Sono arrivati Schreder ed i suoi scagnozzi!>> gli esclamò l’amico facendo abbattere il pupazzetto di un ninja su Michelangelo( uno dei turtles).
Riccardo però non batté ciglio, e continuò a guardare la donna che se ne stava seduta davanti a lui, con le gambe accavallate: indossava una camicia bianca ed una gonna nera che le lasciava scoperte le gambe lisce e sensuali che terminavano con due piedi dalla forma perfetta e regale, con dita lunghe smaltate di rosso ed arco plantare pronunciato, calzati da due sandali neri di cuoio splendente. Riccardo provò la nuova e piacevole sensazione di un formicolio in basso e continuò a contemplare la donna che parlava con sua madre, del tutto disinteressata a lui.
Fu in quel momento che Riccardo pensò:<< che bella!>> e si gettò ai suoi piedi sorridente, iniziandole a schioccare sonori bacetti sul dorso del piede.
<< Ma che fai Riccardo!>> esclamò la donna cercando di sottrarre i piedi dall’abbraccio del bimbo:
<< Sono sporchi! Ti prendi le malattie!>> continuò , sollevando i piedi in aria, sopra la testa di Riccardo.
<< Riccardo! Ma che modi sono! Che ti viene in mente!>> tuonò la madre dandole una bella sculacciata, con il viso rosso dall’imbarazzo.
Bastò quel bruciore improvviso a trasformare il viso sorridente di Riccardo in una smorfia di dolore e pianto, mentre l’amichetto rideva divertito.
<< Scusalo! Non so che gli sia preso!>> disse la mamma di Riccardo.
<< Ma no figurati! Poverino!voleva solo giocare!>> rispose cordialmente la donna.
La madre lo portò in camera e lo fece sedere sul letto, chinandoglisi davanti ed asciugandogli le lacrime. Riccardo si calmò e allora la madre disse:
<<Quelle cose da sporcaccione non si fanno ricordatelo! Eh ora per punizione resterai qui in camera fino all’ora di cena!>>
Riccardo rimase da solo in camera e si sdraiò sul letto un po’ arrabbiato e offeso. Stava quasi per addormentarsi quando vide un baglioretto sul soffitto, e poi una piccola sfera di luce svolazzare verso di lui. Riccardo si alzò dal letto intimorito ma ecco che la lucetta brillante si soffermò davanti al suo viso e si rivelò essere una fatina, tutta vestita di bianco, con lunghi capelli biondi e occhi azzurri grandi e dolci.
<< Sei una Fata!>> esclamò Riccardo entusiasta, e lei rispose:
<< Si piccolo Riccardo! E sono qui per aiutarti!>>
Riccardo pendeva dalle sue labbra.
<<Dunque, dato che poco fa hai imbarazzato tanto tua madre e ti sei fatto prendere in giro dal tuo amichetto per esserti messo a baciare i piedi a quella signora, io sono qui per farti un incantesimo, in modo che mai più nella tua vita avrai la tentazione di rifare una cosa del genere! Così nessuno si arrabbierà più con te!>>
Riccardo annuì, allora la fatina sollevò la sua bacchetta magica in aria, la fece volteggiare disegnando sottili linee luminose nell’aria mentre pronunciava una formula magica nella sua melodica lingua. Poi un lieve bagliore avvolse Riccardo che si osservò emozionato le mani, tutte luminose e la fata spiegò cosa aveva fatto:
<<Ecco qui! D’ora in poi, tutte le volte che toccerai o sarai toccato da un piede femminile diventerai all’istante piccolo piccolo! Più piccolo di me pensa! Delle dimensioni di una formichina, e dovrai restare tale per un giorno intero, in modo che con il tempo imparerai comportarti in maniera educata ed elegante con le ragazze! Ma ricorda, questo incantesimo si infrangerà il giorno in cui ti innamorerai, e lo capirai perché toccando il piede della tua lei non ti rimpicciolirai!>>
La fatina fece una breve pausa, poi continuò:
<<Ma fai attenzione! Perché quando ti capiterà di rimpicciolirti( e ti capiterà se ho capito che tipo sei!) sarai in serio pericolo e dovrai essere molto prudente! Ora ti saluto, e buona fortuna!>>
E fu così che la fatina scomparve in un lampo, lasciando Riccardo un po’ confuso e spaventato.
Qualche giorno dopo, però, Riccardo ebbe la conferma che l’incantesimo era vero e che non aveva sognato. Infatti era a scuola e la sua maestra Beatrice stava spiegando storia passeggiando avanti ed indietro per la classe quando, malcapitatamente, fermandosi davanti al banco di Riccardo ( che stava in prima fila) gli calpestò il piedino con la suola del suo sandalo infradito ed in un baleno Riccardo scomparve ai suoi occhi! Inutile dire il trambusto che ci fu quanto penarono sia la madre che la maestra di Riccardo che però, prudentemente, si rifugiò dentro il suo zaino per un giorno intero e poi riapparve in camera sua, dove la madre lo aveva messo insieme al suo zaino.
Tutti gli chiesero spiegazioni e lui raccontò della fata e del suo incantesimo, ma nessuno ci credette veramente, anche se la maestra Beatrice continuava a dire che era scomparso in un attimo e che non riusciva a spiegarsi il fenomeno.
Passarono gli anni e Riccardo divenne un bel ragazzo di 20 anni, castano scuro, con un bel corpo asciutto e muscoloso, ambito dalle ragazze e costante studente universitario. Alle sue spalle aveva centinaia di esperienze di rimpicciolimenti e nonostante a volte se la fosse davvero vista brutta, reputava quelle avventure molto eccitanti e non le disdegnava affatto.
L’unico problema era che con le ragazze con cui stato insieme e con cui era andato a letto doveva stare attentissimo a non sfiorare i loro piedi per non scomparire sul più bello, cosa che gli era successa spesso, con l’unico risultato che le ragazze si spaventavano e quando venivano a sapere del suo incantesimo lo mollavano nel giro di pochi giorni.
Un pomeriggio di fine giungo, Riccardo stava studiando nella biblioteca della sua università quando si sedette al suo stesso tavolo una ragazza riccia, molto carina.
<< Ciao! Ti spiace se mi siedo qui!>> gli chiese.
<< No , no! Prego!>> rispose Riccardo, la ragazza gli sorrise e si sedette.
Il tavolo era da quattro posti e la ragazza si sedette sul lato opposto e sull’angolo opposto rispetto a Riccardo in modo da stare più larghi entrambi. Il problema si presentò quando la ragazza, avendo davanti a lei una sedia vuota, si sfilò i sandali e appoggiò i suoi bei piedi nudi su di essa.
Riccardo istintivamente sussultò, ma la ragazza non lo notò.
Riccardo guardò la ragazza, vestita con una magliettina bianca che evidenziava il suo seno rotondo, una gonna corta rosa e quelle belle estremità posate accanto a lui. La trovò bellissima, e poi il suo viso un po’ ovale, le guance pronunciate e gli occhi verdi timidi, lo stregarono.
Non sapeva perché, ma Riccardo se ne uscì con questa frase:
<<Attenta eh! Per me in questo momento sei pericolosissima!>> sorrise dando un’occhiata ai piedi della ragazza, che lo guardò di rimando un po’ stranita dicendo un po’ imbarazzata:
<<Come scusa?! Ti danno fastidio i miei piedi?!>>
<<No no! Assolutamente! Ma non sai della mia maledizione?!>>
La ragazza rispose sarcastica:<< Ehm… no, non ti conosco!>>
Riccardo annuì e disse:<< Pensavo che la mia fama mi precedesse! Scusami! Non volevo disturbarti!>> e si rimise a studiare.
La ragazza però ormai si era incuriosita:<< eh no! Ora mi devi spiegare tutto, non riuscirei più a studiare pensando che sono seduta al tavolo con ragazzo così enigmatico!>> disse avvicinandosi un po’ a Riccardo.
Quest’ultimo sorrise e le tese la mano, presentandosi e lei sorrise a sua volta gli tese la sua, dicendo:
<< Piacere, sono Laura!>>
Riccardo continuò: <<ti va un caffè?>>
<< Si,perché no!>>
E i due si incamminarono verso il bar. Prese le tazzine si sedettero ad un tavolino all’aperto, l’uno di fronte all’altro e parlarono del più e del meno, fino a quando Laura non riportò il discorso sulla “maledizione”:
<< Allora, ma non me lo vuoi proprio confessare il tuo segreto?! Sei forse feticista? Guarda che per me non ci sono problemi, sono una con la mente aperta, non essere imbarazzato!>>
Riccardo rispose:
<<Bhe, non proprio, però la mia maledizione ha a che fare con i piedi…si…>>
Laura chiese insistente:<< E di cosa si tratta?>>
Riccardo lo spiegò e Laura restò con gli occhi spalancati dalla sorpresa.
<< Non ci posso credere! Ciò è, se adesso io ti toccassi con il piede tu diventeresti microscopico?>>
<<Beh, non microscopico! Semplicemente piccolo…mi pare introno a un centimetro, tipo una formica!>>
<< Microscopico, appunto! Per me una formica è microscopica, non so per te!>> rispose Laura.
Riccardo annuì e sorrise:<< In effetti!..>>
<< Cavolo che maledizione! E come fai a cavartela ogni volta?!>>
<<Ormai ho mille escamotage, anni e anni di esperienza!>>
<< E non ti sei mai fatto male?>>
<< Mai seriamente, altrimenti non starei qui a parlartene, perché farsi male seriamente quando sei alto 1 cm significa essere calpestato!>>
<< Oh mio Dio! E qual è stato il momento peggiore che hai vissuto?>> chiese Laura curiosa.
<< Sai, non ho mai trovato una curiosa come te!>>
<< Raccontami ti prego è così strano ed intrigante! Anzi, se non mi racconti quello che hai vissuto ti tocco con il piede!>> disse lei ridendo e allungando scherzosamente il piede verso la gamba di Riccardo. Lui reagì irrigidendosi e Laura notò l’espressione seria del suo volto e disse:
<< Scusa…sto scherzando troppo…ma sono davvero interessata alle tue esperienze e poi il pensiero di avere questo strano potere di rimpicciolirti con un tocco dei miei piedi mi fa sentire emozionata come una ragazzina!>>
<< Non preoccuparti! Mi fa piacere vedere il tuo entusiasmo, tutte le ragazze con cui ho parlato di questa storia o mi hanno mollato(se erano mie fidanzate) o mi hanno appoggiato un piede in faccia(se erano mie amiche). E in ogni caso nessuna mi è sembrata essere così interessata.>>
Laura rise:<< Ti confesso che sarei anche io tentata di metterti un piede in faccia, senza offesa naturalmente, ma solo per vedere quanto diventi piccolo!>>
<< Lo puoi anche fare! Ma poi non potrà più raccontarti le mie “micro-avventure”!>>
<<No, no! Allora mi trattengo! Dai , dimmi quand’è stata la prima volta che ti è successo di rimpicciolirti?>>
Riccardo allora iniziò a raccontare:
<<Ero piccolo, avrò avuto dieci anni e stavo in classe a seguire la lezione di storia. La mia maestra, Beatrice, aveva l’abitudine di camminare su e giù nell’aula mentre spiegava e spesso si fermava davanti al mio banco, che era in prima fila e centrale. Ricordo che quel giorno, che era fine maggio, la maestra indossava una camicia, dei jeans di quelli che andavano di moda negli anni ottanta, tutti stretti, e dei sandali infradito. Eh niente, io me ne stavo seduto a sentirla quando lei è venuta al mio banco e ci si è appoggiata ma distrattamente mi ha calpestato il piede. Ricordo che sentii la larga suola del suo sandalo pesare sul mio piede solo per qualche istante perché lei subito se ne accorse e risollevò il piede ma in una frazione di secondo mi sono ritrovato sul pavimento con l’enorme piede della maestra sospeso sopra la testa. Provai una sensazione di paura totale nel vedere quella suola sporca e consumata espandersi sopra la mia testa come fosse una nuvola scura nel cielo. Poi la maestra posò il piede a terra, poco più in la da dove aveva calpestato il mio piede e dove mi trovavo io; all’impatto del suo piede con il pavimento si scatenò un terremoto, tanto che persi l’equilibrio e caddi a terra. Quando mi rialzai vidi gli enormi piedi della donna posati a pochi metri da me, con quelle dita colossali! Non arrivavo nemmeno a metà dell’altezza del polpastrello del suo alluce! Mi sentii un niente! Poi la maestra iniziò a spostare il banco preoccupata nel non vedermi più e i miei compagni di classe accorsero. Fu così che tra lo stridere del banco spostato e il terremoto causato dai passi, riuscii a raggiungere il mio zaino, ad arrampicarmi nella tasca bassa e ad infilarmici dentro. Credo che mi salvai solo grazie alla mia prontezza di riflessi.
Restai in attesa ore mentre sentivo la maestra chiamare a casa, chiamare la polizia, e in fine, verso l’ora di pranzo, parlare con mia madre che era accorsa preoccupatissima. Poi mia madre prese lo zaino e mi ritrovai ballonzolato a destra e a manca mentre lei mi trasportava fino a casa. Mise lo zaino vicino al mio letto in camera e fu allora che io provai ad uscire dalla tasca per farmi vedere, ma appena raggiunsi il pavimento la vidi che si voltava ed usciva dalla stanza, così mi misi ad aspettare pazientemente. Tutto qui!>>
<<Incredibile! Per essere un bambino sei stato in gambissima!>> esclamò Laura.
<< Grazie!>> rispose Riccardo, che si sentiva un po’ strano ad aver raccontato quella cosa ad una completa sconosciuta.
<< E qual è stata la volta in cui te la sei vista brutta?!>>
<< Ce ne sono state tante…>>
<< La peggiore!>> insistette Laura.
Riccardo allora ci pensò su, poi disse:
<< Al liceo…>>

Parte II

<<Era il terzo anno, mi pare. Il nostro professore organizzava delle interrogazioni di gruppo, in cui ognuno di noi aveva due partner. Lo scopo era fare ricerche, approfondire un argomento e portare una specie di tesi su ciò che lui ci assegnava. Il gruppi vennero sorteggiati da una scatoletta, dato che l’obbiettivo era anche far fare amicizia a persone della classe che non si parlavano dal primo. Io, per pura casualità capitai con due mie amiche: Alessia e Elena. E ti confesso che ne fui felice, perché Alessia era bellissima: castana, occhi grandi e verdi chiarissimi, viso alla Liv Tayler con un po’ di lentiggini leggere leggere sul viso, fisico perfetto, con un sedere che ti assicuro era un capolavoro…ehm… scusa, magari a te questo interessa!>>
Si interruppe Riccardo sorridendo a Laura, che alzando gli occhi al cielo ed appoggiandosi con il meno alla mano aperta disse:<< Non ti preoccupare, ci sono abituata!>>
<<Allora…dicevo, Alessia era davvero bellissima, e aveva anche dei piedi bellissimi; un trentasette con le dita perfette ti assicuro, divini!>>
Laura l’interruppe:<< Allora lo vedi che sei feticista?>>
Riccardo riprese giustificandosi:<< Beh, feticista è un parolone! Semplicemente mi piacciono, tutto qui! Tu non guardi le mani ai ragazzi?! Lo fanno tutte!>>
<< Si le guardo, ma non è che le trovo eccitanti!>>
<< Fino a quando non ti toccano!>> disse con una lieve spacconeria Riccardo, Laura fece cadere l’argomento:<< Dai, vai avanti!>>
<<E poi c’era Elena, una ragazza forse un po’ volgare nei tratti e nei modi , ma con un viso scolpito, occhi marroni penetranti, labbra carnose, ed un bel fisico, con mani e piedi molto sensuali anche lei…forse un po’ più grandi di quelli di Alessia, ma non saprei dirti il numero. Fatto sta che decidemmo tutti di andare a studiare a casa di Alessia, così nel primo pomeriggio ci ritrovammo da lei,che ci portò in camera sua. Ci mettemmo a studiare, ma la cosa scomoda era che Alessia in camera non aveva la scrivania, perché di solito studiava in cucina, così ci disse. Quindi io mi trovai costretto a mettermi seduto sul pavimento , con i libri posati davanti, mentre Alessia ed Elena si misero comodamente sedute sul letto davanti a me, con i libri sulle gambe. Ora, era primavera e così le mie amiche si tolsero le scarpe; Alessia si liberò degli stivali e dei gambaletti, posando entrambi ai piedi del letto, praticamente sotto il mio naso, e non ti dico che odorino acre mi dovetti sorbire! Mentre Elena si levò le scarpe da ginnastica e restò con i suoi fettoni avvolti da due calzini bianchi di spunga con le suole tutte ingrigite a forma della sua pianta del piede.
Puoi intuire la mia agitazione! Seduto la sotto , con spianate davanti alla faccia le rosee piante dei piedi di Alessia e i piedoni di Elena! Istintivamente mi tirai un po’ indietro…>>
Laura l’interruppe:<<Ma loro non sapeva della tua “maledizione”?>>
<< No, non era mai capitata l’occasione in classe al liceo che mi rimpicciolissi e di conseguenza non ne avevo ancora parlato mai a nessuno!>>
<< Ah, ok!>>
<<Allora, mi tiro un po’ indietro e Alessia mi prende in giro dicendo:<< Che c’è mi puzzano i piedi?!>> ma poi ci mettiamo tutti a studiare a sfogliare enciclopedie e a scrivere la tesina in brutta su un fogliaccio di carta. Io mi concentro e no penso al rischio. Dopo tutto il pomeriggio, esausto, come d’altronde le mie due amiche, mi sdraio sulla moquette mentre Elena finisce di scrivere un pezzo di tesina, sotto dettatura di Alessia. Io me ne sto sdraiato rimbambito dopo aver sfogliato mezza enciclopedia, e mi tengo ancora il libro abbracciato sul petto. Ad un certo punto Alessia mi dice:<< Controlli un attimo la data (di non so quale battaglia)?>> e nel dirmelo, con tutta naturalezza mi appoggia il piede nudo sul braccio. Io nemmeno riesco a realizzare quello che ha fatto, sento solo una lieve sensazione di soffice calore sull’avambraccio e poi mi ritrovo microscopico sul pavimento. Alessia ed Elena balzano in piedi spaventate:
<< Dove cavolo è finito!>> esclama Alessia.
<< Che scherzo è?!>> dice Elena.
Io vedo le due ergersi colossali sopra di me e scrutare il pavimento incredule. Sollevo le bracci per farmi vedere ma Alessia guardandosi intorno e chiamandomi spaventata muove un passo in avanti; vedo il suo piede enorme posarsi davanti a me e cado a terra, andando a sbattere al secondo dito del piede di Alessia, inconsapevole delle mie dimensioni. Sto per rialzarmi , appoggiandomi al polpastrello del dito ma Alessia si volta verso Elena e lo fa roteando il piede sull’avanpiede, così mi ritrovo investito dal suo alluce che fortunatamente invece di passarmi sopra e schiacciarmi mi fa cadere all’indietro. Mi ritrovo così tra l’alluce ed il secondo dito del piede sinistro di Alessia. Ricordo come oggi la sensazione di impotenza che provai nel guardare in alto verso il viso della mia amica che era quasi invisibile da li giù, attraverso il varco tra la massa delle sue dita! Il caldo era soffocante e l’odore terribile. Dopo qualche secondo Alessia mosse un altro passo e vidi il piede sollevarsi da me e la sua vasta pianta del piede sfilarmi sopra la testa in tutta la sua maestosa potenza. Il suo tallone si abbatte distante da me e io faccio un respiro di sollievo e sto per voltarmi e correre al sicuro sotto il letto quando una massa bianca enorme fa ombra tutt’intorno a me: era Elena. Alzo lo sguardo e faccio appena in tempo a vedere il suo piede abbattersi su di me. Sento il suo calzino soffice ricoprirmi il corpo e comprimermi terra, penso di morire ma la pressione non aumenta, ero finito sotto la sua pianta del piede si, ma sulla zona del calzino più bianca, dove lei nei non poggiava il peso. Fu comunque terribile!>>
<<Mio Dio!>> disse Laura sconcertata:
<<E poi come è andata a finire?!>>continuò
<<Per farla breve poi pure Elena ha tolto il piede da sopra di me e qualche minuto dopo Alessia mi ha visto:<<Non ci posso credere! Ma è lui quello?!>> disse osservandomi dalla sua incredibile altezza indicandomi ad Elena. Poi le due si chinarono e riconoscendomi spalancarono bocca ed occhi incredule. Elena disse:<< Ma sei piccolissimo! Ma come è successo?!>>
Naturalmente non potei risponderle ma Alessia fu abbastanza brava e gentile da posarmi sul comodino ed avvicinarmi l’orecchio per farsi spiegare tutto. Quando finii il mio racconto Alessia lo riferì ad Elena ed entrambe scoppiarono a ridere, a dire il vero sollevate dal fatto che fosse ormai un’abitudine per me! Poi Alessia chiamò a casa mia per dire che rimanevo a dormire da lei ed il giorno dopo tornai normale. Inutile dirti le volte che mi hanno ricattato o le volte in cui per gioco, soprattutto Alessia mi ha piantato una bella pedata addosso. Da quel giorno tutti vennero a sapere della mia “maledizione”, ma nel complesso Alessia ed Elena mi hanno sempre voluto bene e reputato un buon amico, e quindi, in fondo, sono contento di aver potuto condividere con loro questa mia particolarità!>>
<<Incredibile!>> disse Laura.
<< Quindi te la sei vista brutta perché stavano per schiacciarti!>>
<<Esatto.>> rispose Riccardo.
A quel punto vi fu un po’ di silenzio. Laura tratteneva a stento un sorriso entusiasta. Riccardo la guardava con un espressione interrogativa:
<< Cosa c’è?>> le chiese, e Laura rispose mettendosi il dito indice in bocca, e mordicchiandone l’unghia, un po’ imbarazzata, con le sue belle guance tinte di rosso:
<<Sono curiosissima!>>
<< Di cosa? Vuoi che ti racconti qualcos’altro?!>>
<<No…vorrei…vorrei toccarti con il piede!>>
A quella richiesta Riccardo sentì il cuore battergli all’impazzata. Cos’aveva quella ragazza di tanto strano ed affascinante rispetto alle altre?! Cosa la spingeva ad osare tanto con lui? Nelle fantasie di Riccardo, comunque, una ragazza come Laura era sempre stata l’ideale, un sogno! Una ragazza che vuole rimpicciolirti! Che non lo fa per sbaglio o per dispetto, ma perché sembra che la cosa le piace e la emozioni!
Fu con questi pensieri nella testa che Riccardo rispose:
<< Se vuoi farlo ti do il permesso…ma poi devi prenderti la responsabilità di custodirmi per un giorno. Non voglio certo rimanere un giorno rimpicciolito in mezzo all’università!>>
Laura rispose entusiasta, mentre già si sfilava il sandalo destro:<< Davvero posso?!>>
Riccardo le rispose:<< Beh, magari non qui… andiamo in un luogo un po’ appartato!>>
Ma Laura lo fissava negli occhi con uno sguardo ammaliante e aveva già sollevato il piede nudo fino all’altezza del viso di Riccardo. Dai tavolini a fianco qualcuno si voltò incuriosito, una ragazza rise. Poi le dita del piede di Laura si posarono morbidamente sulle labbra di Riccardo e premettero fino a sentire i denti. Lui respirò l’aroma dell’estremità sublime di lei, che continuava a guardarlo intensamente; sembrava gli stesse dichiarando il suo amore. Poi lei sistemò meglio il piede e posò il suo soffice avampiede sulle labbra di Riccardo, andando a finire con le dita fin sopra il naso, afferrandolo tra alluce e secondo dito. Riccardo tremava dall’eccitazione. Poi la voce di Laura, con un tono del tutto nuovo disse:
<<Mi sembri sempre uguale!>> e allontanò il piede, ricalzò il sandalo e si alzò dal tavolino dicendo:<< Scusami, ora devo proprio andare!>> e se si allontanò a passo svelto.
Riccardo rimase immobile, seduto sulla sedia, con gli occhi persi nel vuoto. Un compagno dell’università gli diede una pacca sulla spalla e gli disse:
<< Hai capito il nostro Don Giovanni! Hai fatto colpo dai retta a me!>>
Riccardo restò in silenzio, ricordò le parole della fata e si chiese sussurrandolo appena tra le labbra, ancora pregne del calore del piede dei Laura:<< la amo…?>>
Il giorno dopo ed il giorno dopo ancora Riccardo non incontrò Laura all’unniversità, poi passò tutto il week end e lui non riusciva a smettere di pensarla.
Il lunedì successivo arrivò all’università e camminò per i corridoi verso il bar. Alcuni passanti lo osservavano incuriositi. Qualcuno tratteneva un sorriso, altri lo fissavano seri. Riccardo pensò che probabilmente Laura avesse sparso la voce sulla sua “maledizione”.
“Ecco, adesso anche qui tutti lo sanno! Che stupido sono stato!” pensò Riccardo.
Arrivato nei pressi del bar notò che c’erano i giornali gratuiti dell’università freschi di stampa, ne afferrò uno come sua consuetudine e poi si andò a prender un caffè. Lo bevve senza gustarlo e si apprestò a raggiungere la biblioteca, si sedette e solo allora lesse i giornale.
In prima pagina c’era un titolo: “Ricerca sui Disturbi di Personalità nel campo del Feticismo e del disturbo di Personalità, di Laura M.”
A Riccardo si gelò il sangue nelle vene. Senza nemmeno respirare o battere le palpebre, iniziò a leggere con affanno l’articolo che parlava di lui, seppure non venisse fatto il suo nome era ovvio che tutti sapevano. Laura lo descriveva con la freddezza di uno scienziato che parla di una cavia, e con la professionalità di un medico che parla di un caso clinico raro ed interessante.
“Ovvio è che il rifiuto delle sue stesse pulsioni sessuali, probabilmente indotto dalla società o da una figura importante nella vita del soggetto, lo hanno portato ad escogitare a livello inconscio una sorta di punizione. Poiché l’età della presa di coscienza della propria sessualità era infantile, anche la punizione escogitata ha caratteristiche puerili. Il soggetto infatti racconta con spigliatezza che una fata gli è apparsa e ha fatto cadere su di lui una “maledizione”, secondo la quale, lo stesso contatto con l’oggetto del desiderio lo porterebbe alla rovina. Seppure poi questa punizione da lui autoimposta e vissuta con la massima convinzione che sia reale, lascia comunque l’opportunità di esprimere, forse in maniera anche più estrema, la sessualità rifiutata a livello conscio.”
<< Non può essere!>> disse Riccardo tra i denti, quasi in un ringhio, con la mano che gli tremava mentre accartocciava il giornale.
“Non può essere tutto finto! Non mi sono rimpicciolito perché la amo!”
E si sentì ridicolo a fare quel pensiero quando dentro di lui bruciava un odio profondo nei confronti di quella laureanda in psicologia; “ giornalista da quattro soldi.”
Prese a correre verso la macchina, giudò veloce lontano dall’università e avrebbe voluto correre da Laura ed affrontarla. Ma non sapeva dove abitava, ne tanto meno quale fosse il suo cognome.
Pensò ad Alessia, la sua amica del liceo. Certo! Sarebbe corso da lei e le avrebbe chiesto se quello che ricordava fosse accaduto davvero oppure no. Guidò veloce e mentre raggiungeva la casa dell’amica fece il numero del cellulare della madre , per chiederle, per avere conferme. Doveva sapere! Le lacrime gli offuscarono la vista, vide solo all’ultimo gli stop di una macchina davanti a lui. Sentì un boato, si risvegliò in ospedale, confuso e con il braccio rotto. Stava bene, ma continuava a non capire.

Parte III

Nella stanza spoglia penetrava attraverso le tende un tenue bagliore di luce. Riccardo si guardò intorno, provò a muovere il braccio destro, ma un dolore lancinante lo fece rimanere immobile. Ricordò dell’incidente e sperò fortemente di non aver fatto male a nessuno, poi, la porta si aprì ed entrò un infermiera. Mentre quest’ultima si avvicinava al suo letto, guardandolo con i suoi occhi azzurri ed un sorriso splendente sul viso, Riccardo la riconobbe e disse:
<< Ma…ma tu sei…la fata!>> si portò la mano a sinistra alla bocca per paura di poter sembrare pazzo dicendo una cosa del genere, ma l’infermiera si accostò al suo letto e lo guardò con gli stessi occhi grandi e dolci della fata, poi disse, dandogli una carezza sulla guancia:
<<Certo che sono la fata!>>
Riccardo continuò a guardarla, rapito dalla sua bellezza e la ragazza disse:
<<Non potevo mica apparirti da infermiera a dieci anni! Saresti scappato via!>> e rise divertita.
Riccardo le chiese:<< Sei reale? Esisti nel mondo o esisti solo per me? Ti prego rispondimi!>>
<<Chi può dire cosa esiste e cosa non esiste? Un pensiero esiste? Esiste un sogno? Esiste la speranza? Non esiste solo una dimensione della vita.>>
<<Se non sei una fata, allora cosa sei?>>
<< Puoi chiamarmi in tanti modi, angelo o venere… sono ciò in cui gli uomini credono, ciò che reputano perfetto e divino. In effetti credo di essere semplicemente la tua idea di perfezione.>>
<< Ti ho creata io? La storia dell’incantesimo è tutta una mia creazione? Un mio sognare ad occhi aperti?!>>
<< No, non direi proprio.>>
<<Allora che cos’era?!>>
<<Magia.>>
Sul viso di Riccardo si dipinse una smorfia di delusione, e poi disse:
<< Ho capito, sono tutto matto!>>
La fata si sedette accanto a lui sul letto e gli poggiò una mano delicatamente sul petto:
<<Ciò che era considerata magia ora è scienza. Pensa all’elettromagnetismo! Solo seicento anni fa era considerata pura magia! Pensa agli aerei, ai deltaplani! Nessuno avrebbe mai creduto che l’uomo sarebbe riuscito a volare! Invece ora sono cose normali, cose di tutti i giorni! Chi ti dice che la tua mente non possiede un potere che un giorno sarà considerato reale e scientifico, invece che magico?>>
<< Cosa vuoi dire?>> chiese Riccardo confuso ma catturato.
<<Voglio dire che tutto ciò che hai vissuto è reale, come lo sono io.>>
<<Quindi io mi sono rimpicciolito realmente tutte quelle volte?>>
<< Esatto, e inconsciamente eri tu stesso a volerlo. Era il potere della tua mente a far realizzare quella magia.>>
<< Con Laura invece non è successo…perché dovrei amarla?>>
La fata sorrise, rialzandosi dal letto:
<<So che adesso la odi profondamente, ma ricorda che il confine tra odio e amore è assai sfumato.>>
<< E adesso cosa devo fare?>> chiese Riccardo protendendosi un po’ dal letto, vedendo la fata camminare verso la porta:
<<Cerca le risposte alle domande che ti fai! Addio Riccardo!>>
La fata uscì dalla stanza e Riccardo restò con lo sguardo fisso sulla porta a pensare alle parole che lei gli aveva detto. C’era solo una cosa da fare: verificare che lui si rimpiccioliva davvero e l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo era Alessia, perché la sua amichetta si era divertita tante volte con lui ed i ricordi erano così nitidi che non potevano essere falsi.
Riccardo si alzò dal letto e si ritrovò un po’ traballante sulle gambe, aveva un dolore ottuso al braccio e al costato, ed indossava un semplice pigiama da ospedale. Camminò verso la porta della stanza senza riuscire ad escogitare una soluzione che l’avrebbe portato al più presto da Alessia. Ma mente tendeva la mano verso la maniglia la porta si aprì ed apparve sua madre.
<< Ricky! Ti sei già alzato?>>
<< Ciao mamma…>> disse Riccardo.
<< Devi rimanere assolutamente a riposo vieni! Torna a letto! Hai passato tutta ieri sera e sta notte in uno stato confusionale e i medici vogliono tenerti un po’ sotto controllo!>>
Così la donna riaccompagnò il figlio a letto e quest’ultimo quando si fu seduto sul materasso disse:
<<Devi portarmi dei vestiti, devo parlare assolutamente con una persona!>>
La madre scosse il capo:<< non se ne parla! Non ti muovi di qui! Caso mai chiamo io questa persona e la facciamo venire qui!>>
Riccardo osservò la madre che lo guardava con i suoi occhi scuri preoccupati; era una donna sulla quarantina, mora, con i capelli fino alle spalle, il corpo magro e longilineo. Era alta e dall’aspetto elegante, con i tratti del viso raffinati. Indossava un abito leggero di cotone, chiaro, che si metteva splendidamente in contrasto con l’abbronzatura della sua pelle, imbrunita dai lunghi pomeriggi passati in giardino a leggere. Un’idea si delineò nella mente di Riccardo e abbassò lo sguardo verso i piedi della madre e li vide belli come al solito, lunghi e magri, con le dita affusolate e le unghie smaltate di uno splendente bianco. Si chinò e tese la mano verso di essi, per toccarli ma la madre indietreggiò:
<< Che intenzioni hai?!>>
Riccardo la guardò in viso e vide l’espressione severa della donna; un brivido gli percorse la schiena mentre in mente gli tornarono i ricordi di quando si era trovato rimpicciolito ai suoi piedi. Ricordò di quando, dopo l’incidente a scuola, aveva raccontato alla madre cosa gli era accaduto e dell’incantesimo, di come lei gli accarezzò la gamba con il piede per vedere se si rimpiccioliva davvero e di come lui si era sentito spaventato a ritrovarsi minuscolo al suo cospetto. Ricordò di come la madre rimase sorpresa nel vederlo così piccino e di come si prese cura di lui amorevolmente, ricordò anche il giorno in cui lei usò l’incantesimo per punirlo, e allora chiese:
<<Mamma…tu ricordi quella volta quando avevo quindici anni in cui tornai ubriaco a casa alle 4 di notte?>>
La donna annuì e disse accennando ad un sorriso:<< Certo che me lo ricordo! Scemo che non sei altro!>>
Riccardo continuò:<< E ricordi quale fu la mia punizione?>>
La madre assunse un espressione seria e restò un po’ in silenzio. Riccardo la guardò negli occhi fremente, senza riuscire a capire se la donna stesse esitando perché non ricordava affatto la punizione oppure perché se ne vergognasse. Infatti , vedendolo rientrare in quello stato, lei gli era andata incontro in vestaglia, a piedi nudi e gli aveva tuonato addosso:
<<Credi che sia questo il modo giusto di comportarsi? Cosa vuoi diventare un criminale?!>>
Riccardo le aveva risposto:<< Eh dai mamma! Non rompere ! tanto ti sarai ubriacata mille volte anche tu! È divertente!>>
Lei allora aveva gridato:<<Bene! Allora se ti diverte tanto adesso ti divertirai anche a subirne le conseguenze!>>
Fu allora che Riccardo sentì le lunghe dita del piede destro di sua madre strusciargli sullo stinco, graffiandolo un po’ con le unghie un po’ lunghe; si ritrovò rimpicciolito e la madre l’osservò dall’alto:
<< Ecco fatto! Ora sarai mio schiavo fino a quando tornerai normale!>> e nel dire questa frase sollevò il suo immenso piede per andare a posare poi il suo alluce sul piccolo corpo del figlio. Riccardo si trovò compresso supino sotto la massa di carne dell’alluce della madre, che lo pressò al suolo senza remore. Riccardo pensava di soffocare la donna non sembrava essere preoccupata, gli disse con la voce ferma:
<<Leccami il piede se vuoi essere perdonato!>>
Riccardo esitò frastornato e lei disse nuovamente:<< se non lecchi ti tengo li sotto fino a quando il mio peso non ti avrà fatto scomparire! A te e alla tua cialtroneria!>>
Riccardo allora leccò, provando un ribrezzo incredibile. La donna allora lo lasciò libero, ma la punizione continuò per le ventiquattr’ore avvenire, in cui lo trattò alla stregua di uno scarafaggio.
<< Mamma… te la ricordi… la punizione?!>> insistete Riccardo, standosene seduto sul letto d’ospedale. La donna allora disse:
<<Mi vuoi colpevolizzare per una cosa successa tanto tempo fa?! E poi dovresti ringraziarmi, perché con quelle maniere forti sono riuscita a farti smettere di vivere come quei mascalzoni dei tuoi amici!>>
Riccardo non poté trattenere un sorriso, si alzò ed abbracciò la madre.
<<Ma perché ti è rivenuta in mente quella storia?!>>
Riccardo disse:<< Pensavo di essere pazzo!>>
<< Ma cosa dici! Hai solamente quella qualità stravagante! Sei speciale!>>
Una lacrima solcò il viso di Riccardo che allora chiese alla madre:
<<Mamma, mi devi aiutare…se mi vuoi bene devi farlo!>>
Riccardo raccontò tutta la storia alla madre, le disse dell’articolo e anche che quando Laura l’aveva toccato con il piede lui non si era rimpicciolito. La madre restò stupefatta, quasi emozionata dalla notizia.
<<…quindi mi devi portare fuori da quest’ospedale e lasciarmi andare da Alessia, ho bisogno delle sue conferme, ho bisogno di sapere se tutti i miei ricordi sono veri! E poi devo chiederle qualcosa che tu non potresti fare! Fidati di me! Ti prego! Forse sono di fronte al primo cambiamento importante della mia vita!>>
La donna era combattuta. Era preoccupata per la salute di Riccardo, ma al contempo si rendeva conto dello stato d’animo del figlio. Ci pensò su per qualche secondo, poi gli disse:
<< Va bene! Ti do retta per una volta tanto!>>
<< Grazie Mamma!>> esclamò Riccardo che poi continuò:
<<Dato che sono conciato così e che non ho dei vestiti decenti, credo che l’ideale sia che tu mi porti fuori dall’ospedale in incognito!>>
<<Vuoi dire che ti devo rimpicciolire?!>>
<<Esatto, poi mi porti a casa di Alessia, tanto sai dove abita, mi ci hai portato mille volte!>>
<< Si si, lo ricordo bene! Quella via vicino al parco!>>
<< Proprio li, brava.>>
<< E che faccio ti lascio li? Piccolo come una mentina?!>>
<< Si, ma ora non pensare a dopo! Ci penseremo! Adesso pensa a portarmi fuori di qui!>>
Allora la donna restò in piedi e disse :<< prego! Accomodati!>>
Riccardo si inchinò ai suoi piedi e con tutta la tenerezza del mondo affondò il naso tra le sue dita dei piedi. Un attimo dopo si trovò aggrappato alle mastodontiche dita della madre che si chinò subito per afferrarlo, ma si fermò:
<< Ho paura di farti male! Hai il braccio rotto! Come facciamo adesso porca paletta!>>
Riccardo realizzò che la madre aveva ragione e che lui non sarebbe riuscito nemmeno ad arrampicarsi sulla sua mano aperta, era troppo debole e mal messo. Così fece cenno alla donna di aspettare e dopo una breve arrampicata ed una piccola scivolata, si sistemò tra l’alluce ed il secondo dito, tenendosi ben saldo con il braccio sinistro, al cuoio del sandalo infradito che in quel punto si fissava alla suola, e fece cenno “ok!”
<< Mio Dio! Vuoi startene li in mezzo!?>> gli chiese la madre sollevando il piede davanti a lei per guardarlo meglio. Riccardo annuì e lei allora disse:
<< Povero te! Attento a non farti male! Io cerco di camminare piano!>> e la donna prese a camminare osservandosi attentamente il piede, guardando Riccardo ben aggrappato.
Lui si sentiva pieno di vigore e di speranza, e se era vero che i pensieri esistono, quella forza che aveva in corpo la sentiva , era tangibile. Guardava avanti a se tra i boati e le vibrazioni, tra le due mastodontiche dita dei piedi della madre che sembravano essere due enormi prue di navi che solcavano le immense distese calme dei pavimenti dell’ospedale, le sue narici erano pregne dell’odore acre di quel piede, e si sentì protetto.

Parte IV

Il citofono suonò e fece sussultare Alessia che fino a quel momento era stata immersa nello studio. Erano circa le cinque di pomeriggio e lei sedeva alla sua scrivania con una bella tazza di tè fumante vicino al libro. Indossava un top ed i comodi pantaloni di una tuta da casa che le scendevano morbidamente lungo i fianchi e le contornavano l’eccitante profilo dei glutei sodi. Ai piedi nudi indossava delle infradito, delle quali però si era liberata durante le ore di studio, infatti dovette chinarsi sotto la scrivania per trovarle, metterle e poi correre a rispondere.
<<Chi è?>> chiese.
<< Ehm, Alessia ciao cara! Sono la mamma di Ricardo! Ti ricordi? Il tuo compagno di classe!>>
Alessia rimase in silenzio qualche istante, un po’ perplessa, poi disse:
<<…si…>>
<< Scusami, lo so che ti sembra un po’ strano, ma ho qui Riccardo che mi ha chiesto di portarlo da te! Non so, se sei libera magari te lo lascio che io devo fare alcune commissioni!>>
<< Ehm…signora, che è successo a Riccardo?>>
<<Oh, ha avuto un incidente poverino! Ma sta bene! Ora ce l’ho qui nel palmo della mano, Riccardo, dai saluta la tua amica!>>
La donna avvicinò la mano al citofono e Riccardo pronunciò un “Ciao” un po’ titubante, sicuro che Alessia non l’avrebbe sentito, la ragazza però rispose:
<<ah ok! Tutto chiaro! Riccardo è rimpicciolito! Ora mi spiego tutto! Un attimo che vengo ad aprire!>>
<<Grazie cara!>> rispose la madre.
Alessia apparve dal portone di casa sua e camminò in tutta la sua bellezza attraverso il vialetto sassoso del giardino. Riccardo l’osservò sorridendo standosene seduto sul palmo della mano della madre. I capelli castani di Alessia ondeggiavano ad ogni passo accarezzandole le spalle e quando i suoi grandi occhini verdi si posarono su di lui, Riccardo tremò dall’emozione. Sembrava di rituffarsi in un sogno, in una di quelle esperienze che ormai lontane, assumono le sfumature di una fantasia e di una situazione perfetta ed irripetibile.
<< Ciao Riky!>> disse Alessia aprendo il cancello e sorridendo.
Riccardo sollevò la mano in cenno di saluto.
<< Alessia, te lo posso lasciare?>> chiese la madre di Riccardo, che sembrava andare di fretta.
<< oh… si, non c’è problema, tanto oggi non ho impegni sono solo a casa a studiare!>>
<< Perfetto! Allora lo passo a prendere più tardi! Va bene per le sette?>>
Riccardo si voltò verso la madre e le disse:
<< Si va bene !>>
Alessia però disse:<< Ma guardi signora non si preoccupi se vuole lo riporto io più tardi o domani magari, quando è tornato normale, così lei può stare tranquilla se ha impegni!>>
Riccardo si voltò verso Alessia, sorridente, felice di tanta ospitalità nei suoi confronti. La madre disse: << Ah, va bene! Magari, se non è un problema però!>>
<< Non lo è!>>
<< Allora, tieni!>> disse la donna porgendo il piccolo figlio ad Alessia:
<< Fai attenzione è un po’ malmesso, viene dall’ospedale!>>
Solo allora Alessia notò le fasciature ed il gesso al braccio e con un espressione preoccupata osservò Riccardo scendere cautamente sul palmo della sua mano e lo racchiuse tra le dita soffici per essere sicura di non farlo cadere.
<< eccoti qui Riky, tieniti forte! Arrivederci signora!>>
<< Ciao Alessia e grazie! Ciao Riccardo!>> disse la donna voltandosi e tornando alla sua automobile.
Riccardo fu depositato sulla scrivania di Alessia e lei si sedette di fronte, avvicinando l’orecchio e chiedendo:
<< Allora che ti è successo?>>
Riccardo i sistemò un po’, sedendosi sul bordo del libro e poi disse:
<<Ah, è una lunga storia! Ma lo sai che mia madre per prendermi in mano in macchina mi stava per spezzare il gesso di netto?! Sono tutto un dolore!>>
<< Mi dispiace Riky! Spero di non averti fatto male anche io!>>
<< no no, non ti preoccupare, quando mi hai preso in mano mi è sembrato di ritornare indietro fino al liceo!>>
Alessia sorrise e confessò:<< Infatti ci ho messo un po’ per realizzare chi fosse tua madre e di quale Riccardo parlasse, poi quando ha accennato al rimpicciolimento non ho avuto più dubbi!>>
Riccardo annuì, poi si fece serio e disse:
<<Sai perché sono qui da te?>>
<<No.>>
<<L’altro giorno una ragazza di nome Laura mi ha toccato con il piede e io non mi sono rimpicciolito!>>
Alessia spalancò la bocca e sgranò gli occhi:<< Riky! Vuol dire che sei…innamorato! L’hai trovata!>>
Riccaro allora fece un sospiro e poi si apprestò a raccontare ad Alessia tutta la vicenda. Quando ebbe concluso il racconto , Alessia lo guardò teneramente e disse:
<< Che cretina questa Laura!>>
Riccardo allora disse:<< E qui entri in gioco tu! Sei disposta ad aiutarmi?>>
Alessia rispose:<< Certo Riky! Vuoi che la vado a menare?>> e sorrise.
Riccardo allora rispose: << No, niente di tutto questo. Devi aiutarmi a prendere il controllo del mio potere di rimpicciolirmi!>>
<< Ma è un incantesimo!>>
Riccardo scosse la testa e disse :<< Probabilmente è stato tutto creato dal mio inconscio. Sono io a volermi rimpicciolire quando vengo toccato da un piede femminile, anche se non me ne rendo conto, e non ho controllo invece sul ritornare di dimensioni reali…>>
<< E quindi tu ti rimpicciolisci perché ti piace, in poche parole!>> disse Alessia sorridendo. Riccardo annuì timidamente.
<< L’avevo capito io cmq!>>continuò e poi chiese: << e come posso aiutarti?>>
<<Ho in mente un piano, se tutto va bene potrei riuscire a prendere il controllo di questo mio potere, e a quel punto, non solo potrò andare da Laura e dimostrarle che è vero ciò che le ho detto, anche se è vero ciò che lei dice a proposito del mio inconscio, ma potrò vivere una vita normale, senza rischiare di rimpicciolirmi mai più.>>
Alessia disse: << Mi sembra impossibile, questo tuo rimpicciolirti fa parte di te!>>
<< lo so, è per questo che dovremmo agire duramente.>>
<< In che senso?>> chiese Alessia.
Riccardo allora cercò di spiegare nel modo più convincente possibile la sua idea:
<<Il mio rimpicciolirmi è governato dal mio inconscio,e quindi non c’è nessun modo in cui io, coscientemente, possa evitarlo. Per questo ciò che può cambiare la volontà del mio inconscio deve essere necessariamente qualcosa che il mio stesso inconscio non vuole!>>
Alessia allontanò la testa dalla scrivania e facendo cenno di aspettare con le mani disse:
<<non ti seguo… cerca di dirlo in poche parole!>>
Riccardo allora disse:
<< Quello che voglio dire è che solo facendo leva sul mio istinto di sopravvivenza posso andare contro il mio rimpicciolirmi. Se fossi minacciato seriamente di morte il mio inconscio invertirà il processo e io tornerò normale!>>
Alessia guardò Riccardo con uno sguardo severo e disse:<< E che vuoi da me?!>>
Riccardo esitò e allora Alessia esclamò:
<<Non se ne parla! Non ho nessuna intenzione di provare ad ucciderti! Ma tu sei matto! E poi cosa ti garantisce che funzionerà!?>>
Riccardo allora rispose:
<<Nulla mi garantisce che funzionerà, ma ne sono convito! Ti prego! Sei l’unica che può aiutarmi!>>
<<E perché?! Non potevi buttarti da una finestra o correre su un marciapiede?! Ma come ti viene in mente di venirmi a chiedere una cosa del genere!>>
<<Perché sei l’unica dalla quale accetterei di essere ucciso.>> Rispose Riccardo con tono fermo.
Alessia lo guardò esterrefatta, non riusciva più a dire qualcosa che avesse un senso, si ritrovò a balbettare qualcosa e alla fine chiese:<< Perché?>>
Riccardo rispose con un filo di emozione nella voce:<< non lo so.>>
Alessia si alzò in piedi ed iniziò a passeggiare per la stanza nervosamente, poi tornò alla scrivania e disse:<< Non ti aiuterò.>>
Riccardo disse:<< Ti prego, la mia vita non sarà più la stessa, hanno scritto un articolo di giornale su di me! Vuoi che per tutta la vita non sia altro che il feticista dai potere paranormali?! O vuoi aiutarmi a combattere,a prendere il controllo di me stesso?>>
Alessia fissò Riccardo negli occhi e lui disse:<< Ti prego, te lo chiedo con tutto il cuore.>>
Alessia disse:<< non ce la faccio! E poi che racconto a tua madre se ti succede qualcosa?>>
<< Se vuoi scrivo, firmo o lascio un messaggio registrato in cui dico quello che ti ho chiesto di fare. Ma non ti preoccupare non ce ne sarà bisogno!>>
Alessia si mise una mano sulla fronte e sbuffò. Restando rannicchiata con i gomiti sulla scrivania, sovrastando Riccardo con le sue braccia ed il suo viso.
<< Io non ce la faccio, che vuoi? che ti metta per terra e che poi ti stampi il piede sopra!? Come pretendi che possa riuscire a fare una cosa del genere!>>
<< Allora non pensare a me come una persona! Pensa a me come ad un insetto! Abbandonami per casa e poi fai come se io non ci fossi! Lascia che tua madre giri per casa tranquillamente, deciderà i destino!>>
Alessia scosse il capo, ma ugualmente l’ afferrò delicatamente tra le mani e lo depositò a terra, poi si erse sopra di lui, colossale. lo guardò dall’alto e poi sollevò il piede destro da terra. Riccardo vide la suola immensa del suo sandalo sovrastarlo e nasconderlo al viso della ragazza. Lui abbassò lo sguardo a terra e vide l’altro piede bilanciarsi sotto pressione, costretto a mantenere l’equilibrio. Vide le dita lunghe e carnose compresse sulla suola dell’infradito, l’alluce toccare quasi il pavimento. Si sentii piccolo, insignificante, come già tante volte si ero sentito, poi vide il piede destro di Alessia scendere su di lui, veloce ed inesorabile. Tremò, chiuse gli occhi sentendo il cupo ululare del vento causato da quell’arto colossale che si stava abbattendo su di lui, poi un’esplosione: “Ciaff”, un’onda d’urto violenta lo investì e lo fece volare per alcuni metri, cadde e ruzzolò fino ad arrestarsi, nel bel mezzo del pavimento. Alessia aveva fatto abbattere il suo sandalo a pochi centimetri al lato di Riccardo.
<< oh mio Dio!>> disse tra i denti Riccardo, mentre cercava di rialzarsi, tremante e con il corpo avvolto in una stretta di dolore. Alessia gli fu sopra in pochi istanti e chinandosi disse:
<< Deficiente! Hai visto che non sei tornato normale?! Sei talmente maniaco che probabilmente il tuo inconscio vuole essere schiacciato da me!>>
Riccardo si rialzò tossendo e Alessia chiese, mutando il tono della voce:
<<Come stai? Ti sei fatto male?>>
Riccardo riprese fiato, facendo cenno che andava tutto bene.
Alessia continuò a dire:<< Basta, l’esperimetno è fallito!>> e raccolse Riccado, avvicinandolo all’orecchio. Lui disse, con la voce storpiata dalla sofferenza:
<<Alessia, può darsi che il inconscio voglia essere ucciso da te, non lo metto in dubbio. Ma quello che ti sto chiedendo è di seguire il tuo di inconscio! So quello che ti piacerebbe fare con me! Se io sono maniaco da un lato tu lo sei dall’altro! Quindi, piantala di parlare,e lasciati andare! Fai quello che faresti se io fossi così piccolo ed immortale!è questo l’unico modo in cui potrai aiutarmi!>>
Alessia si offese ed esclamò: << Brutto stronzetto! Che vai dicendo?! Non provare a mettermi sul tuo stesso piano! Capito?!>> gettò con pochi riguardi Riccardo sul letto e un’istante dopo lo fece raggiungere dal suo piede nudo. Compresse Riccardo sotto la pianta soffice e calda facendolo affondare nel materasso e dicendo:<< Mircorbo del cavolo! Chiedimi scusa! Lecca!>>
Riccardo era tutto un dolore, non aveva fiato nei polmoni ma comunque iniziò a passare la lingua sulla pelle dell’avanpiede di Alessia.
Quando Alessia risollevò il piede Riccardo la vide con il viso tutto rosso, e disse:<< vedi è questo quello di cui parlavo!>>
Alessia fece un sorriso e chiuse gli occhi annuendo. Poi disse:<< Scusami…non volevo farti male!>>
Riccardo rispose:<< si che lo volevi. Ma non fa niente! Ti ringrazio. Lasciati andare, e mi renderai felice!>>
Poco dopo Alessia fece registrar un messaggio a Riccardo, da far ascoltare ai suoi cari se le cose fossero andate storte. Poi si sedette sul letto tenendo Riccardo nel palmo della mano e disse:
<<Ho delle idee…>>
<<Sono tutt’orecchi!>> rispose Riccardo.
CONTINUA…




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messaggio inviato in data: 26/Gennaio/2008 18:42:30

Oltre il sospetto

Capitolo 1
Il caffè non era dei migliori, come al solito. Aveva però un sapore piacevole e berlo la faceva rilassare. Se ne stava seduta al tavolo di un bar, con il quotidiano appena stampato appoggiato sulle gambe, pronta a scappare per andare al lavoro. Quel giorno il sole era alto e l’estate iniziava a divenire insopportabilmente torrida, come al solito a Roma. Alessandra si alzò dopo aver finito il suo caffè, lasciò cadere delle monetine nella mano del barista e salutò per poi uscire ed avviarsi a piedi verso la sua agenzia.
Una fresca brezza mattutina le accarezzò i lunghi capelli neri ed il viso abbronzato, insinuandosi sotto la camicia bianca. Fermatasi, aspettando che il semaforo diventasse verde per poter attraversare l’incrocio trafficato, si sistemò la gonna di jeans che le arrivava poco sopra il ginocchio e poi lanciò un’occhiata ai suoi piedi; soddisfatta di aver indossato quei suoi nuovi sabot aperti, che le lasciavano provare la piacevole sensazione di fresco tra le dita smaltate di un rosso acceso.
Aveva trentadue anni e lavorava in un’agenzia di investigazioni dopo essersi laureata in giurisprudenza. Era il miglior lavoro che aveva trovato, e in fondo ne era molto contenta. Non avrebbe mai sopportato di fare l’avvocato.
Il semaforo divenne verde e si rimise in cammino verso il suo ufficio. Quando vi fu giunta, la sua segretaria, Maria, le portò una cartella e la salutò. Dopo essersi un po’ intrattenuta con l’amica Alessandra aprì la cartella e prese a sfogliare i documenti che vi trovò dentro. Con disinvoltura si sfilò le scarpe e si spinse un po’ indietro con la sedia per poi incrociare i piedi sopra la scrivania ingombrata. Si trattava di una delle solite dichiarazioni rilasciate da un cliente il giorno prima che , non essendo soddisfatto di come la polizia portasse avanti le indagini sull’omicidio della zia, si era rivolto alla famosa agenzia. Il caso era stato affidato a lei.
Fu interrotta nella lettura dal capo, che bussò alla porta ed entrò.
<< Buon giorno Alessandra. Hai ricevuto i documenti?>> disse Eugenio, un uomo elegante , con alle spalle una brillante carriera.
Alessandra ripose :<< Si , li stavo leggendo proprio ora.>>
Eugenio annuì soddisfatto passandosi le dita sui folti baffi bianchi. Poi, prima di uscire, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni di velluto, disse:
<<Vai a parlare con il ragazzo… a mio avviso è una situazione abbastanza complicata.>>
Alessandra rispose :<< Si certo. Grazie.>>
<< Non devi ringraziarmi, sono felice di affidare casi come questo ad una persona preparata come te!>> disse Eugenio e poi uscì dalla stanza.
Alessandra, poco dopo, lasciò il suo ufficio e raggiunse la sua auto nel garage. In breve si ritrovò in mezzo al traffico della capitale e mentre procedeva a passo d’uomo sulla salaria, diretta nella villa fuori città del cliente, si ripassò la dichiarazione lasciata da quest’ultimo e prese a ragionare sulle circostanze in cui era avvenuto l’omicidio.
Riuscì ad arrivare a casa del cliente solo a metà mattinata e fu accolta in casa da una cameriera di colore che la fece accomodare in salotto.
Qualche secondo più tardi scese dal piano superiore, avvolto in una vestaglia, un ragazzo sui 25 anni, nipote della defunta zia. Si presentò con i capelli arruffati ed un’espressione del viso assonnata. Quando si ritrovò davanti ad Alessandra, però, si sentì un po’ in imbarazzo, data la sua bellezza, e subito si scusò.
<<Non si preoccupi! Posso immaginare che per lei questi non siano giorni facili!>>
<<No, appunto. Vivevo con mia zia da ormai molti anni! Precisamente da quando venni a fare l’università qui a Roma.>>
<<Doveva esserle molto affezionato!>>
<<Si lo ero. Era una donna magnifica.>>
Ci fu un momento di pausa e poi il giovane chiese :
<< Le posso offrire un caffè ? o qualsiasi altra cosa ?>>
<< No Grazie, ho appena fatto colazione!>> rispose Alessandra.
<< Va bene allora, ma si senta libera di chiedere qualsiasi cosa desidera!>>
<< Lo farò. Grazie.>>
<<Allora… vuole vedere la camera di mia zia ?>> disse il giovane.
Alessandra rispose :
<<non subito. Prima vorrei farle qualche domanda!>> e così dicendo accavallò le gambe e si mise comoda sul divano, iniziando a far dondolare al piede il sabot.
Il giovane la osservò con un’espressione che tradiva il suo interesse per la bellezza di Alessandra, ma ugualmente rispose con precisione alle domande che gli vennero fatte.
<<sua zia ormai è morta da più di due mesi. Il luogo del delitto è rimasto incontaminato?>>
<<si, assolutamente. Nessuno è più potuto entrare in camera sua da allora.>>
<< Molto bene, mi sa dire cosa le ha detto la polizia ? Cosa hanno trovato? Hanno una pista ?>> << No. Hanno fatto un sopralluogo, un verbale e se ne sono andati. Non sono venuti nemmeno specialisti ad ispezionare la camera. Hanno dato un’occhiata in giro dei ragazzetti e poi via.>>
<<come immaginavo. Allora può anche accompagnarmi nella camera di sua zia. Vedrò di ispezionarla io.>>
<<Non le servono altre informazioni?>>
<<No, per il momento mi basta la sua dichiarazione alla mia agenzia.>>
<< Allora, prego, mi segua.>>
Il ragazzo l’accompagnò su per le scale e poi in fondo ad un corridoio, fino alla porta della camera, a quel punto si congedò dicendo: <<Vado a vestirmi, poi dovrò uscire per delle commissioni,lei faccia come se fosse a casa sua e per qualsiasi cosa chieda aiuto alla domestica. Arrivederci. Spero che ci si riveda presto e soprattutto che lei possa far luce su questa tragedia.>>
Alessandra si limitò ad annuire e a fare un sorriso al ragazzo, poi entrò. Dall’arredamento della villa e dalla bellezza del parco circostante , era evidente che la signora testoni avesse avuto ottimi risultati nel suo lavoro. Restando sulla soglia , Alessandra, sfogliò di nuovo la documentazione che Eugenio le aveva mandato e lesse che la zia del ragazzo era un’imprenditrice famosa. Subito, nella mente della investigatrice si profilò la possibilità di un assassinio di convenienza, ordito magari da quello stesso giovane emaciato, con quello sguardo furbo e l’atteggiamento che le era sembrato accomodante. Non volle però tirare conclusioni affrettate, così, in tutta tranquillità gironzolò per la stanza per ispezionarla con attenzione. Una vetrata si apriva su tutta la parete di fronte al letto a baldacchino e davanti ad essa era posta la scrivania della signora Testoni, uccisa proprio mentre era intenta a lavorare. Controllando il vetro, Alessandra, notò subito un piccolo foro di pochi millimetri. Escluse che si trattasse di un foro lasciato da un proiettile poiché se lo fosse stato il vetro avrebbe avuto delle incrinature a causa dell’impatto e anche perché l’avrebbero dovuto sparare in orizzontale, e davanti alla vetrata non v’era alcun edificio o albero abbastanza alto.
Come era abituata a fare, Alessandra, si tolse le scarpe e continuò a girare per la stanza con circospezione. Camminare a piedi nudi l’aiutava a concentrarsi, e già altre volte, proprio le piante di piedi l’avevano aiutata a rintracciare piccoli indizi che fortuitamente calpestava.
Le sue ricerche andarono avanti a lungo senza dare esiti importanti. Nessuno , come aveva letto nel documento, aveva sentito spari, la donna era morta senza riportare ferite, era come se si fosse addormentata all’improvviso. Alessandra pensò allora di recarsi a fare delle domande alla cameriera, in modo da cercare di chiarire al meglio la situazione. Stava camminando verso la porta, tenendo i sabot in mano, quando sentì sotto il piede qualcosa di molto piccolo e freddo. Si fermò e sollevò la sua estremità dalla moquette. Vide qualcosa simile ad un sassolino bianco. Si chinò e lo afferrò tra indice e pollice, per ispezionarlo. Si dovette sforzare per realizzare di cosa si trattasse : era un minuscolo casco, simile a quello che indossano i motociclisti. Perplessa ma non sgomenta, Alessandra lasciò cadere quel singolare oggettino nella tasca della sua camicia, per poterlo studiare con più attenzione una volta a casa. Si recò dalla domestica ma nonostante le domande non riuscì ad ottenere niente.
Dopo essere passata in agenzia tornò a casa e dopo essersi messa a suo agio, spogliandosi ed indossando una vestaglia leggera e trasparente, si sedette al tavolo del soggiorno ed accese la lampada posta sopra di esso. Con l’ausilio della lente di ingrandimento riuscì a leggere sul piccolo casco : << CN ricerche>>.
Lasciò il casco sul tavolino e andò alla scrivania della sua camera da letto per collegarsi ad internet con il suo portatile. Prima di farlo , però, ordinò una pizza.
Mentre ricercava sul web informazioni riguardo il Cn ricerche non si rese conto del tempo che passava e sussultò quando il fattorino citofonò al portone. Si alzò di scatto per andare ad aprire e voltandosi vide passarsi davanti agli occhi qualcosa; forse un moscerino o una zanzara. Infastidita , Alessandra, agitò la mano davanti al viso e poi corse al citofono.
Dopo aver pagato il fattorino tornò in camera con la pizza su un piatto, già tagliata. La posò sulla scrivania accanto al pc e sedendosi riprese la ricerca mentre mangiava distrattamente.
Nel silenzio dell’appartamento in cui viveva da sola, qualsiasi rumore la faceva insospettire, e così avvenne quando sentì un fastidioso quanto quasi impercettibile ronzio. Seccata al pensiero che la sua stanza fosse invasa da zanzare Alessandra spense il computer, sul quale comunque non aveva trovato informazioni utili e afferrò il giornale comprato la mattina che ancora non aveva letto. Lo accartocciò un po’ , pensando che l’informazione potesse pur essere sacrificata per salvarla dalle zanzare. Stringendo in mano quell’improvvisata arma di difesa, Alessandra cominciò a camminare in giro per la sua camera, guardando attentamente le pareti al fine di sorprendervi qualche insetto, ma non ne vide nessuno.
Non appena posò il giornale il ronzio riprese. A quel punto l’investigatrice si sentì troppo stanca e spossata. Anche se quella normale giornata di lavoro non era stata poi tanto movimentata provò l’irrefrenabile bisogno di riempire la sua vasca da bagno ed immergervisi dopo aver messo su un bel cd di musica classica. Poi sarebbe andata a letto, nella speranza che il sonno le avesse permesso di avere intuizioni sul caso dell’omicidio della signora Testoni.
Alessandra era nuda, in piedi davanti allo specchio del bagno, con la vasca quasi riempita e già piena di schiuma, quando udì nuovamente il ronzio. Questa volta non ci fece tanto caso e continuò ad esaminarsi il bel viso mentre si struccava; ad un tratto però sentì un sibilo breve ed un attimo dopo il vetro davanti a lei si infranse. Senza riuscire a realizzare cosa fosse accaduto, guidata solamente dall’istinto, la ragazza si gettò a terra e rotolò sotto il lavandino, come per proteggersi da qualcuno che le stesse sparando da chissà dove.
<<Ma porca troia! Proprio ora!>> pensò tra se, maledicendo il fatto di essere nuda ed indifesa, ben lontana dalla sua pistola, posata sulla scrivania.
Si concentrò sul ronzio, e ne individuò la fonte; con un rapido movimento dei suoi grandi occhi vide un piccolo velivolo bianco compiere una virata proprio sopra la vasca da bagno. Assomigliava ad un aeroplano, ma la fusoliera aveva una forma triangolare e le ali erano leggermente inclinate verso il basso. Era rapidissimo e volava mantenendo un assetto eccellente; si abbassò di quota e volando basso sul pavimento puntò nuovamente Alessandra, per poterla colpire con la sua strepitosa potenza di fuoco. La ragazza, però, non sembrò preoccuparsi, anzi, l’aver individuato la causa del ronzio, dello sparo e probabilmente dell’omicidio, le fece apparire un sorriso fuori luogo sulle labbra carnose.
<< Allora eri tu!>> disse mentre il velivolo procedeva verso di lei, pronto a far fuoco. A quel punto Alessandra si sollevò lentamente sulle braccia e poi, con un gesto rapido affondò la mano nell’acqua della vasca, per scagliarla verso quello strano marchingegno, che ne fu investito e precipitò a terra.
Alessandra, allora, si alzò in piedi soddisfatta e osservò il piccolo aereoplanino schiantato ai suoi piedi. Ci si chinò sopra per osservarlo meglio: era un apparecchio ipertecnologico, lungo circa 4 centimetri. L’astuta investigatrice stava quasi per afferrarlo ed esaminarlo, chiedendosi come si potesse comandare a distanza quel coso, ma proprio mentre il suo indice stava per posarsi sulla fusoliera, si aprì un portellone e ne uscirono lentamente e malconci due piccolissimi piloti.

Alessandra restò incredula, e con gli occhi spalancati osservò quegli omini, alti meno di un centimetro, camminare sotto di lei, per distanziarsi dall’aereo. Quando furono abbastanza lontani uno di loro si sdraiò a terra e l’altro gli si sedette accanto, gli levò il casco (uguale a quello che aveva trovato la mattina nella stanza della contessa testoni) e poi, avvicinando una sorta di piccola ricetrasmittente alla bocca disse :
<<Il mio co-pilota è ferito, chiediamo soccorso!>>
Alessandra sentì a voce di quell’esserino che dalla sua altezza non le sembrava nemmeno un uomo e rispose ironica :<<e se ferivate me chi mi soccorreva?>>
<<sono spiacente signorina, ma erano i nostri ordini.>>rispose il pilota, utilizzando quel portentoso amplificatore vocale.
<<Bene, siete due micro-assasini dunque!>>
<<negativo, siamo piloti regolari del CN ricerche. Il nostro ordine è venuto dall’alto e noi non siamo tenuti a sapere le motivazioni, dobbiamo solo eseguire. Spero che lei voglia aiutarci…>>
Alessandra allora disse, sempre restando chinata sui due piccoli uomini, del tutto indifferente al fatto che questi ultimi se la vedessero ergersi completamente nuda sopra di loro:
<<Fate sempre così? Se venite abbattuti chiedete aiuto al vostro nemico?>>
<< Negativo, siamo tenuti ad ingerire una pillola di cianuro.>>
<< Fatelo allora…>> rispose freddamente Alessandra, che ancora non riusciva a considerare umani quei due microbi.
<< questo ragazzo è ferito, perde molto sangue…>> disse con un tono di voce apparentemente straziato il piccolo pilota. Alessandra allora fece un sospiro e disse:
<<Tieni a mente che siete entrambi miei prigionieri. Vi soccorrerò solo perché ho bisogno di avere delle risposte da voi, e sono disposta a farvi di tutto per ottenerle. Quando avrò avuto ciò che voglio vi consegnerò direttamente alla polizia e vi denuncerò per tentato omicidio, quindi non tentate di impietosirmi!>>
Il piccolo militare rispose secco:<< Affermativo…grazie!>>
Alessandra scosse il capo sarcastica e poi si alzò in piedi. Prese a cercare sul mobiletto affianco al lavandino qualcosa per potervi trasportare quei minuscoli esseri umani e nel farlo spostò pericolosamente il piede destro in avanti, facendolo posare a pochi centimetri dai piloti. Questi ultimi, subita la violenta scossa sismica provocata dal passo, si ritrovarono al cospetto le colossali dita del piede di Alessandra, che emanavano un odore poco piacevole.
<< la prego di fare attenzione signorina!>> intervenne subito il pilota con il suo amplificatore vocale. Alessandra allora abbassò lo sguardo e si rese conto che c’era mancato veramente poco perché li schiacciasse sotto il suo piede.
<<beh, se siete tanto coraggiosi da farvi rimpicciolire da qualche pazzo e di pilotare un aereo grande come una zanzara in giro per la città, credo dovreste riuscire a sostenere anche l’interazione con una gigantessa!>>
<< Se sta cercando qualcosa per trasportarci può anche smettere. Abbiamo delle tute rinforzate, in grado di sopportare la pressione atmosferica e anche la presa delle sue dita.>>
Alessandra rispose :<< ah, bene! Potevi dirlo prima!>> e si chinò nuovamente, per poi protendere le dita della sua enorme mano verso i piccoli piloti. Quello ancora conscio si issò sulle spalle il compagno ferito che aveva perso i sensi , poi Alessandra lo afferrò tra i morbidi polpastrelli di indice e pollice. Cercando di essere delicata li trasportò fino alla scrivania della sua stanza e ce li depose sopra.
<< Tutto bene o vi ho spezzato qualche osso?>> chiese la ragazza
<< Tutto bene..>> rispose il militare
Alessandra si appoggiò con i gomiti al bordo della scrivania e facendo penzolare i suoi due seni sopra i due esserini , disse:
<<Cosa posso far per il tuo amico?>>
<< Puo portarmi del disinfettante, per il resto posso curarlo io, ho fatto un corso da infermiere da campo.>>
<<Incredibile che un cosino piccolo come te sappia fare tante cose!>> rispose Alessandra sbeffeggiandolo, ancora infastidita dal fatto che poco prima quel tanto gentile soldato avesse cercato di ucciderla.
<<dove è ferito?>> chiese prima di andare a prendere le medicine nello scaffale.
<<alla gamba, è rotta, ed un pezzo di lamiera gli ha lacerato la parte anteriore. Ha perso molto sangue, ma sono riuscito a bloccare l’emorragia grazie a questo coagulante spry.>>
Alessandra gli lanciò un occhiata un po’ stupefatta; non pensava che al mondo esistessero organizzazioni in grado di addestrare così degli uomini e poi mandarli alla morte con tanta leggerezza, in un mondo colossale. Fu catturata da una profonda curiosità, voleva sapere tutto a proposito della Cn ricerche, del destino che attendeva quei due, e di come si era svolto l’omicidio in casa Testoni: sicuramente la povera zia del suo cliente non era scampata allo sparo dell’aereoplanino.
<< A proposito!>> si ricordò Alessandra; il velivolo era ancora in bagno. Si recò a prenderlo e lo mise in una bustina sigillata, come prova della sua scoperta. Lanciò un’occhiata alla vasca piena di acqua bollente e schiumosa, pensò che non ci avrebbe rinunciato. Così raggiunse i piloti alla scrivania, assistette alla medicazione e quando fu ultimanta, con grande cinismo, Alessandra rivoltò un bicchiere vuoto sopra i due omini, intrappolandoli. Poi poté concedersi il tanto ambito momento di relax.

Capitolo 2

Alessandra si riaccostò alla scrivania avvolta nel suo accappatoio bianco, con un asciugamano intorno alla testa che le raccoglieva i lunghi capelli neri. Si sedette e con scioltezza sollevò i piedi per incrociarli sul piano della scrivania, poco distante dal bicchiere in cui erano intrappolati i microscopici piloti. Sollevò da loro il bicchiere e chiese distrattamente mentre si accendeva una sigaretta:
<< Come sta il tuo compagno?>>
il pilota rispose mentre guardava sulla sua sinistra innalzarsi le immense piante dei piedi dell’investigatrcie, che, come per provocarlo , non cessava di muovere le lunghe dita smaltate e di flettere la pianta morbida.
<< sta riposando. Credo che ce la farà. La ringrazio signora.>>
<< meglio così.>> disse Alessandra facendo fuoriuscire un filo di fumo tra le labbra socchiuse.
Ci fu un instante di silenzio, poi il pilota disse:
<< prima, quando ci ha coperti con il bicchiere, ho tentato di avvisarla di stare all’erta poiché è probabile che entro breve, venga inviato qui un altro equipaggio, per terminare ciò che noi abbiamo fallito.>>
Alessandra trasalì per un attimo ed alzandosi in piedi esclamò sbattendo il palmo della mano a pochi metri dal minuscolo pilota, facendolo cadere:
<< Non credi che questa sarebbe dovuta essere la prima cosa che mi avresti dovuto dire ?!>>
il militare si rimise in piedi pazientemente, ben sapendo di non poter far altro che accettare qualsiasi cosa da parte di quella donna gigantesca , che , nonostante tutto, si era mostrata molto magnanima.
<< Chiedo scusa, ma la mia priorità era salvare il mio compagno. In ogni caso non creda che abbia rimandato di darle questa informazione per ingannarla. Io ed il mio compagno saremmo uccisi dall’equipaggio in arrivo, e quindi, rischiamo quanto lei.>>
<< bene e allora cosa mi consigli di fare ?>>
<< Le consiglierei di vestirsi ed andarsene da qui. La situazione potrebbe farsi eccessivamente pericolosa.>>
<< per essere braccata ancora? No! preferisco affrontare il problema. Poi, mi sembra, non mi è stato difficile abbattere te ed il tuo amico!>>
ribatté Alessandra, molto sicura di se, e, infondo, non reputando ancora di potersi fidare di quell’esserino.
<< Se vuole affrontarli, allora, le posso consigliare un modo per mettere in difficoltà le apparecchiature del velivolo sul quale arriveranno i suoi killer.>>
<< è il minimo da parte tua!>>
<<Dovrebbe sistemare dei magneti per la stanza. In questo modo le loro apparecchiature saranno fuori uso; stenteranno a mantenere l’assetto di volo e se vorranno colpirla non potranno affidarsi al sistema di agganciamento elettronico.>>
<< Ah bene! E mi dici dove trovo dei magneti?>> rispose Alessandra, ma un attimo dopo pensò al suo frigo ricoperto di magneti d’ogni genere, e alla scatoletta riposta nell’armadio chissà da quanto, con i suoi scacchi portatili, in cui ogni pedina rimaneva adesa tramite piccole calamite alla pedana.
In breve accumulò i magneti e li posò sulla scrivania accanto al pilota per poi dirgli:
<< ora che devo fare?>>
il ragazzo rispose dopo aver controllato il suo compagno, sdraiato, privo di conoscenza.
<< Li sparga per la camera, e cerchi di far si che ve ne sia uno ogni venti centimetri lungo il perimetro dell’intera stanza. Poi…>>
Alessandra si volse e prese a disporre i magneti con fretta, sentendosi minacciata. Il pilota riprese:
<< …se può ci nasconda, o la squadra si sgombero ci troverà ed eliminerà.>>
l’investigatrice tornò alla scrivania e guardò il piccolo uomo stare dritto in piedi, con lo sguardo rivolto in alto, verso di lei, che, colossale, si ergeva sopra di lui. Senza dire niente, Alessandra, tese la bella mano verso di lui e stava già per afferrarlo tra le dita quando udì un sinistro ronzio. La sua attenzione si volse immediatamente a quel rumore e l’adrenalina la tese allo spasmo mentre si preparava ad affrontare quei mini killer zanzara. Nella stanza poco illuminata se non dalla lampada della scrivania e dalla luce accesa nel bagno, Alessandra, non riuscì a capire cosa stesse accadendo: tre velivoli uguali a quello che aveva abbattuto poco prima si erano insinuati passando nella fessura che c’era tra porta e pavimento. Due, volando bassi si in direzioni opposte , uno a destra e uno a sinistra, volando rasenti al muro, l’altro , invece, atterrò e ne uscirono sei soldati armati di tutto punto che presero a correre verso il battiscopa urlano ordini che Alessandra non era in grado di sentire.
<< Sono arrivati!>> disse il pilota mentre trascinava il suo compagno al riparo della scatola di pizza. Alessandra però ora non si curava minimamente di lui, prima voleva pensare a salvare la pelle e restò in piedi in mezzo alla stanza, pronta a reagire, con il giornale arrotolato nella mano.
I soldati che erano appena usciti dal velivolo correvano verso la scrivania, erano la squadra di sgombero e avevano localizzato i due piloti sopravvissuti; il loro ordine era ucciderli. L’apparecchio dal quale erano usciti, però, non riuscì a riprendere il volo a causa del magnetismo e a nulla valsero gli sforzi del suo equipaggio; si ritrovarono nel bel mezzo del pavimento, impossibilitati a muoversi e davanti a loro , a qualche ventina di metri si ergeva colossale Alessandra. Gli altri due velivoli iniziarono subito ad avere difficoltà a manovrare ed uno di questi, che aveva appena virato per attaccare Alessandra si ritrovo a volare verso di lei troppo lentamente, impossibilitato, tra l’altro a fare fuoco. L’investigatrice lo vide e con un gesto rapido del braccio lo investì con il giornale, colpendolo e facendolo esplodere. Il giornale prese fuoco ma Alessandra prontamente soffiò sulla fiamma e la spense, poi acuì i sensi per essere pronta a difendersi dall’altro velivolo. Nella sua mente la sfiorò l’idea che aveva appena ucciso delle persone ma non ci si soffermò troppo perché era in gioco la sua vita. Un sibilo simile a quello fatto da una freccia scoccata risuonò nell’aria e un dolore lancinante colse Alessandra alla spalla. Il suo accappatoio era squarciato e del sangue si spandeva nel tessuto bianco. La donna strinse i denti e si voltò vedendo l’altro velivolo avvicinarsi rapido senza, stranamente, fare fuoco. Alessandra indietreggiò e nel farlo si andò a posizionare proprio sopra l’altro apparecchio impossibilitato ad alzarsi da terra. Inconsapevolmente, muovendo un passo, posò il suo morbido e rotondo tallone su di esso e vi scaricò tutto il peso del corpo: l’esplosione che ne conseguì le bruciò il piede e la donna fu costretta a gettarsi in avanti, confusa e piena d’ira per la ferita riportata.
<< maledetti!>> esclamò credendo di essere stata colpita volutamente al tallone, senza essersi accorta di aver invece appena schiacciato sotto di se un velivolo e il suo intero equipaggio.
Alessandra sentì il cuore battergli all’impazzata ed il sudore scendergli sulla fronte mentre continuava a sentire il ronzio del caccia che l’aveva appena colpita di striscio alla spalla. Non riusciva ad individuarlo ma ecco che un altro sibilo risuonò nell’aria e sta volta il suo accappatoio prese fuoco a livello del ginocchio. La donna si spogliò immediatamente dell’indumento e lo gettò a terra per poi soffocare le fiamme saldandovi sopra. Un attimo dopo vide il velivolo volare zig-zag poco lontano, in direzione del bagno, probabilmente quel pilota non riusciva a mantenere l’assetto e così, come un’enorme predatrice , Alessandra ci si scagliò contro e l’afferrò nella mano. Sentendo l’acciacio stretto dalla sua morbida pelle provò un piacere ed un sollievo indescrivibile, poi, però si affrettò a scagliarlo sulla parete, ove l’apparecchio esplose, sparendo in una palla di fuoco.
<< vi sta bene!>> disse ad alta voce mentre riprendeva fiato e cercava di assicurarsi che non vi fossero altri pericoli nella stanza. Solo allora tornò alla scrivania per vedere come stessero il pilota ed il suo compagno ferito e non li vide.
<< ehi, soldatino dove sei?>> disse e a quel punto vide il ragazzo accovacciato vicino al cartone della pizza, con il viso pallido e che con la mano indicò una direzione. Alessandra spostò, allora, lo sguardo e vide sei piccoli marine camminare in formazione sulla superficie della scrivania, diretti verso i due piloti. Fu rapida e con un colpo della sua mano spazzò via quella minuscola truppa. I soldati caddero sul pavimento e grazie alle loro tute non subirono danni, subito si alzarono in piedi e fecero fuoco verso le gambe di Alessandra che incombeva nuda sopra di loro. La donna però non risentì dei colpi che le parvero solo delle piccole punturine alle gambe e si apprestò a posare l’enorme pianta del suo piede destro su uno dei soldati. Il suo piede si abbatté sull’esserino con un boato agghiacciante che indusse gli altri soldati a fuggire in direzione del velivolo che però era esploso, così, non trovando una via di scampo, tutti i soldati presero a correre disperatamente in ogni direzione,per Alessandra, però, erano troppo lenti e così sollevò il piede sinistro e protese il bell’alluce verso il basso per farlo abbattere su un soldato in corsa. Un attimo dopo fu il suo piede destro a piombare e a roteare su due soldati che correvano affiancati; la donna poté sentire i loro corpi prima opporre resistenza, compatti sotto il suo soffice avanpiede e poi trasformarsi in una calda poltiglia. Rimasero gli ultimi due soldati uno dei quali si andò a nascondere in una fessura del battiscopa, l’altro, invece si ritrovò la strada ostacolata dal piede di Alessandra che gli si posò davanti. Guardò in alto, vedendo le gambe chilometriche e l’enorme vagina della donna, poi il suo ventre ed il suo seno oltre il quale , il viso aveva un’espressione inferocita.
<< dove vuoi scappare figlio di puttana!>> esclamò Alessandra e con un gesto lento , quanto deciso, fece scendere piede sul soldatino che fu schiacciato sotto il tallone che fece su e giù più volte sopra di lui, con forza.
A quel punto Alessandra pensò di aver finito e si lasciò cadere sul letto, colta da una grande stanchezza e confusione, ignara che un soldato era sopravvissuto e si nascondeva nella sua stanza.
<< Mio dio…>> disse mentre riprendeva fiato, sdraiata nuda e sudata, con la spalla insanguinata e le piante dei piedi gocciolanti del sangue dei soldati che aveva schiacciato come insetti.
<< cosa ho fatto? Quante persone ho ucciso?>>
solo dopo qualche istante la voce del pilota che aveva risparmiato si fece sentire:
<< Tante…ma la posso capire, si è solo difesa.>>
<<no…ho ucciso con rabbia, perché mi avevano ferita, non sono riuscita a fermarmi!>>
<<è già molto che lei sia sopravvissuta, non mi aspettavo addirittura tre velivoli per venirla ad uccidere…quattro compreso il mio.>>
Alessandra ricollegò il dolore sotto il piede al velivolo di cui non si era accorta e allora disse:
<<quattro velivoli?! Sarei morta ora se non fosse stato per il tuo aiuto.>>
e così dicendo si alzò in piedi ed andò a sedersi alla scrivania, per guardare negli occhi il piccolo pilota, che stava sempre accanto al compagno, ancora privo di sensi.
<<Ti devo la vita, davvero. Se non mi hanno colpita a morte lo devo solo ai magneti che mi hai fatto posizionare.>>
<<Anche io le devo la vita, e ora che l’ho vista in azione non posso fare altro che ringraziarla di aver risparmiato me ed il mio compagno. Ha la mia fedeltà per sempre.>>
<< la stessa fedeltà che hai avuto verso i tuoi compagni e verso la tua organizzazione?non mi interessa, grazie!>> disse Alessandra mentre lo afferrava tra i polpastrelli di indice e pollice, per poi avvicinarlo al viso e guardarlo meglio nei tratti del volto e nello sguardo, per capire che persona fosse.
<< non ha la mia fedeltà di soldato, ma la mia fedeltà di uomo.>> ribbatté il pilota.
<<uomo? Beh, non credo di poterti considerare tale date le tue dimensioni.>> disse con un sorriso Alessandra. Poi continuò:
<< però, ora puoi darmi del tu, perché ti devo la vita, piccolo pilota. Come ti chiami?>>
<<Riccardo.>>
<< Piacere Riccardo! Non credo di dovermi presentare, credo che tu sai già tutto di me.>>
<< in effetti è così!>> rispose il militare.
<< Allora devi dirmi tutto quello che sai e che io voglio sapere.>>
<<certamente, ma prima… mi lasci curare la sua ferita.>> aggiunse Riccardo.

Capitolo 3

La ferita riportata da Alessandra era superficiale e bastò che Riccardo vi spruzzasse il coagulante dopo averla disinfettata. A quel punto la donna poté alzarsi, dopo essere stata accovacciata per tenere la spalla al livello della scrivania, da dove Riccardo la curava, e si sedette sulla sedia.
Era ancora turbata, con i capelli bagnati riversi sulle spalle e sul volto, sudata, e sporca di sangue sul corpo nudo statuario. Il pilota la osservò con ammirazione, rimanendo colpito dalla sua bellezza prorompente e al contempo dalla forza e dalla determinazione che aveva mostrato. L’espressione degli occhi della donna, però , tradivano una qualche sofferenza interna. Alessandra volle aprirsi:
<< Sono un’assassina.>>
<< Non ti era mai capitato di sparare a qualcuno?>> chiese Riccardo, mentre tornava ad accostarsi al suo amico, per controllarne lo stato di salute.
<< si, due volte, ma uno l’ho solo ferito, l’altro è morto in ospedale. Non so spiegartelo, ma è qualcosa di diverso sentire dire , che anche giustamente, qualcuno è morto per causa mia, dal vedere qualcuno morire… in questo caso…letteralmente sotto di me. Tu hai mai ucciso qualcuno?>>
<< si, ma non da quando sono nel Cn ricerche. Prima… io ero un pilota dell’aeronautica, e ho abbattuto 14 velivoli nemici. Io la vedo così : se ne va della mia vita, è lecito difendersi.>>
Alessandra cambiò argomento:<<Da quanto sei nel Cn ricerche ?>>
<< Da un mese. E questa era la mia prima missione.>>
<< perché mi hanno mandato contro tutti questi aerei e anche quei soldati ?>>
<< Gli aerei sono chiamati X-fly, risultato delle ultime ricerche nel campo della nanotecnologia. Mandare tre di quei velivoli significa voler essere sicuri che la missione riesca. La vogliono morta. I soldati invece erano per me, avevano l’ordine di uccidere me ed il mio compagno.>>
<< Come fanno a sapere che non sei morto?>>
<< La mia tuta ha un rilevatore di funzioni vitali ed invia il segnale del mio battito cardiaco al centro di comando. Se , una volta terminato il tempo prefissato per la missione, entro venti minuti, non cessa, viene subito inviata una squadra di sgombero.>>
<< perché siete tenuti ad ingerire del cianuro?>>
<< Per evitare di essere catturati e fatti parlare… cosa che, nelle nostre dimensioni , sarebbe in grado di fare anche un bambino.>>
<< quindi, i tuoi superiori sanno che tu sei vivo, sanno dove sei, e sanno anche che i militari che hanno mandato sono morti.>>
<< esatto.>>
<< potrebbero denunciarmi per omicidio.>>
<< Non credo che questo sia un rischio. Gli uomini che ha ucciso, per il Cn ricerche non sono mai esisititi, anche se morissi io, verrebbe negata la mia esistenza. Facciamo parte di un corpo top secret dello spionaggio. È molto più probabile che provino ad ucciderla nuovamente. E credo che non sbaglierebbero per una terza volta.>>
<< cosa mi consigli di fare?>>
<< abbandonare questa casa e stare il più possibile in luoghi affollati.>>
<< e di che che ne dovrei fare ? se ti portassi con me saprebbero sempre dove venirmi a cercare. Non puoi toglierti la tuta ?>>
<< si, potrei, ma a quel punto basterebe una tua disattenzione per uccidermi o, col tempo, la stessa pressione atmosferica danneggerebbe il mio apparato circolatorio.>>
<< c’è un modo per disattivare la tua tuta ?>>
<< si, c’è, ma lo possono fare solo dei tecnici.>>
<< e dove sono?>>
<< al Cn ricerche.>>
<< bene, quindi vuoi dire che non c’è modo per disattivare la tua tuta!>>
<< No. se riuscissi a mettermi in contatto con una mia amica, un ingegnere del Cn, potrei disattivare la mia tuta, e addirittura toranre normale.>>
<< come puoi fidarti di questa persona.>>
<< è mia sorella.>>
Alessandra guardò il suo piccolo interlocutore e accennò ad un sorriso.
<< e di conseguenza, se io riuscissi a mettermi in contatto con tua sorella potrei avere informazioni sul caso che sto seguendo e anche dei motivi per cui mi vogliono morta.>>
<< esatto.>>
<< Dove troviamo tua sorella? Dove abita ?>>
<< Non così in fretta Alessandra…>> disse il pilota, esidando per un istante mentre pronunciava il nome della investigatrice, come se non si sentisse ancora sicuro di dare un nome di una persona normale a quella gigantessa immensa.
<<mia sorella verrà messa sotto controllo. Ciò significa che per poterla avvicinare, prima, dovrai affrontare altri X-fly. Ti serve dell’attrezzatura.>>
<< mi sembra che me la sono cavata bene anche nuda>> rispose Alessandra tirando in fuori il petto, e mostrando il suo seno rotondo e prosperoso al piccolo Riccardo.
<< Se sei viva è perché i magneti erano sistemati bene.>> si affrettò a dire quest’ultimo, cercando di non sembrare imbarazzato dal gesto che la donna aveva appena compiuto.
<< comunque so dove portarti a rimediare queste cose…>> contiuò il ragazzo ma un attimo dopo sentì una voce; quella del suo compagno che si era ripreso.
<< Dove sono? Che diavolo è successo?>>
Alessandra vide il piccolo co-pilota dai capelli biondi alzarsi e mettersi a sedere, tenendosi la testa tra le mani e poi tastare con esitazione la gamba lacerata.
<< il tuo amico si è ripreso.>> disse la donna, mentre osservava Riccardo correre verso di lui per sostenerlo.
<< Riccardo che è successo?>> chise il ragazzo voltandosi verso l’amico.
<< Siamo stati abbattuti, siamo salvi per un pelo. Lei ci ha aiutato.>>
il ragazzo alzò lo sguardo e vide innalzarsi davanti a lui la immensa Alessandra, che , avendo udito le parole di riccardo sollevò la mano in cenno di saluto, facendo un sorriso di cortesia.
<< Ma sei matto?! >> prese a gridare il compagno di Riccardo iniziando a tastare la sua tuta alla ricerca del cianuro:<< dobbiamo avvelenarci! O ci verrano ad uccidere!>>
Riccardo cercò in tutti i modi di calmarlo, ma non ve n’era verso. Nella confusione il soldato che si era nascosto nel battiscopa riuscì allo scoperto. Era un ragazzo robusto, con i capelli corti e neri, la carnaggione scura ed un viso squadrato, dai lineamenti feroci.
<< figli di puttana!>> disse a bassa voce mentre iniziava a correre imbracciando il suo fucile di precisione, con l’elmetto sceso sugli occhi. Aveva assistito alla morte dei suoi compagni e ora desiderava solamente vendicarsi di quella “troia gigante” , così la chiamava, e del pilota che aveva tradito la sua organizzazione; poi si sarebbe avvelenato.
Realizò che per avere una buona visuale della scrivania doveva allontanarsi da essa e trovare un punto leggermente rialzato ripetto al livello del pavimento. Individuò i sabot di Alessandra, posati poco lontani dal letto e pensò che sarebbero stati ottimi per sopraelevarlo e regalargli una visuale perfetta della scrivania. Salì sulla suola del sabot, osservando di sfuggita le immense impronte delle dita dei piedi di Alessandra. Cercò di non respirare con il naso, per evitare di dover inalare la puzza che sicuramente permeava quella suola di cuoio. Poi iniziò ad inerpicarsi su per la calzatura, fino a raggiungerne il punto più a alto, a livello della suola ove si poggiava il tallone, proprio sopra il tacco. A quel punto appoggiò il calcio del fucile alla spalla e, mettendosi accovavviato, per essere più stabile, prese la mira.
Riccardo stava ancora cercando di calmare il suo compagno quando quest’ulimo, all’improvviso tacque: la sua testa esplose come un palloncino e Riccardo, inorridito si gettò a terra, sentendo sibilare un altro colpo sopra di lui. Alessandra balzò in piedi, dopo aver assistito alla scena ed esclamò:
<< che è stato! O mio dio!>>
<< ci deve essere un cecchino nella stanza!>> esclamò Riccardo, rimanendo schiacciato a terra il più possibile, per non offrirsi come bersaglio a quel militare spietato.
Alessandra si voltò verso il pavimento ed iniziò a scrutarlo con attenzione. Non riuscì ad individuare il soldato e camminò in giro, ergendosi in tutta la sua mole, nuda e bellissima.
Il soldato strisciò all’indietro, sulla suola del sabot e inziòa scendere di nuovo verso la punta quando vide innalzarsi sopra di lui Alessandra, con gli occhi puntati su di lui, oltre i folti peli pubici neri e i seni prosperosi.
<< eccoti qui!>> esclamò la donna e sollevò il piede destro, per infilarlo nel suo sabot. Il soldato prese a correre per uscire da quella calzatura mentre rafficava con la sua arma contro la pianta del piede che scendeva inesorabile su di lui. D’un tratto saltò giù, per atterrare sul pavimento, un attimo prima che il piede della donna ebbe calzato il sabot. Il soldato pensò di essere salvo per il momento ma le dita della mano di Alessandra lo afferrarono in una morsa tenace e si sentì sollevato. Lasciò cadere l’arma e quando la mano della donna si aprì si trovò al cospetto dei suoi occhi grandi e rabbiosi.
<< se non ti schiaccio come uno scarafaggio è solo perché non voglio avere sulla coscienza anche te!>> disse la donna e rischiuse il pungo intorno al suo prigioniero, che , stetto tra le sue dita, non riuscì nememno ad afferrare dalla tasca il cianuro.
Quando la mano di Alessandra si riaprì, il soldato venne avvolto dal nastro adesivo trasparente, nel quale la donna lo arrotolò, immobilizzandolo.
Alessandra posò il soldato sulla scrivania, sotto gli occhi inferociti di Riccardo, che però si trattene dal colpirlo, anche se lo desiderava ardentemente.
<< Riccardo, io mi vesto, poi andiamo via da questa casa. Mi dispiace per non aver vendicagto il tuo amico, ma credo che questo insetto ci sarà utile.>>
Riccardo annuì e fissò negli occhi il soldato , che lo gardava di rimando, ancora fiero, con aria di sfida.
<< ho un idea…>> disse il pilota.
Alessandra, che si era appena infilata un perizoma, lo guardò con curiosità e poi camminò nuovamente verso la scrivania, per sentire cosa vesse da dire.
<< Indosserò la sua tuta. In questo modo sarà sufficiente lasciare lui qui, nascosto da qualche parte, con indosso la mia tuta; comando penserà che sono io e mi verrà a cercare.>>
<< Ma potrà ugualmente localizzarti, utilizzando la ricetrasmittente della tuta di questo soldatino!>> asserì Alessandra.
<<Certo, ma la cosa ci farà guadagnare tempo. E poi i soldati sono presi in minor considerazione dei piloti come me, perché sanno poco e quindi, anche se non venissero uccisi, non rischierebbero di compromettere il Cn ricerche.>>
<< ho capito!>> disse Alessandra, e subito afferrò il piccolo soldato che cercava di divincolarsi dal nastro adesivo, urlando imprecazioni. Lo spogliò della sua tuta con poca delicatezza e la porse a Riccardo, che a sua vota gli porse la sua, appena sfilata.
<< Su, indossa questa , microbo!>> esortò Alessandra ed il soldato, suo pensò che senza tuta per lui sarebbe stata la fine, e restò al gioco. Non fece in tempo ad infilare l’ultima manica che Alessandra lo riafferrò tra indice e pollice. Lo fece penzolare dalle sue dita, tenendolo dal busto in su, tanto che il soldato aveva il viso sprofondato nella pelle soffice del suo polpastrello, e lo avvolse tutto , nuovamente , con il nastro adesivo.
<< ecco fatto..>> disse.
<< ora devi nasconderlo da qualche parte, più tempo dovranno impiegare per trovarlo, più tempo avremo senza rischiare di essere attaccati!>> disse Riccardo.
<< non ti preoccupare, ho già un’idea!>> rispose Alessandra voltandosi, tenendo il piccolo soldato stretto nella sua mano e mostrando i bei glutei rotondi e sodi a Riccardo, mentre , dandogli le spalle si avviava verso l’armadio.
<< bene, piccolo stronzetto…>> prese a dire l’investigatrice mentre apriva un anta del suo guardaroba e si chinava verso la sua scarpiera, in basso a destra, una serie di cassetti che si aprivano in diagonale, dentro i quali lei teneva le sue numerose calzature.
<<…Dato che, come ho visto, ti piace tanto gironzolare nelle mie scarpe, ho trovato un bel posticino in cui lasciarti ad aspettare i tuoi amici!>>
Così, Alessandra, aprì un cassetto e tirò fuori uno dei suoi stivali di pelle, quelli che era solita mettere in inverno, che le arrivavano fino al ginocchio. Vi lasciò cadere dentro il piccolo prigioniero e scosse un po’ la sua calzatura per far si che l’esserino finisse in punta.
<< Come va li dentro?!>> chiese ironica, guardando all’interno dello stivale:
<< spero che l’odore non sia troppo sgradevole! Ma sai, con questi stivali i piedi mi sudano parecchio!>> e così dicendo ripose lo stivale nel cassetto e lo chiuse bene. Poi chiuse l’armadio e camminò verso la scrivania. Riccardo le disse :
<< Perfetto, quel posto è ottimo, per riuscire ad arrivare fin li dentro gli ci vorranno ore di lavoro!>>
Alessandra rispose :<< L’unica cosa che mi dispiace è di non aver mai indossato quegli stivali senza calze, a piedi nudi, penso che se lo avessi fatto ora quello li starebbe patendo le pene dell’inferno!>>
Riccardo accennò ad un sorriso mentre Alessandra , in fretta, indossò una maglietta bianca sul seno nudo, la gonna di jeans che indossava quella mattina ed afferrò i sabot, insieme alla sua pistola e ad una giacca. Poi raggiunse il piccolo pilota e si trovò con talmente tante cose in mano che non seppe come prenderlo:
<< Dove ti metto?!>> disse ad alta voce, parlando, però, tra se e se. Così indossò la giacca, sistemò la pistola alla cintura,e a quel punto protese l’indice a Riccardo che vi si arrampicò. Alessandra, quando il ragazzo si fu ben aggrappato al polpastrello del suo dito, lo sollevò lentamente e poi lo lasciò scivolare nella tasca della sua giacca, proprio sopra la sua tetta, che ad ogni passo sobbalzava.
<< Spero che tu li stia comodo. Ma non preoccuparti, è una cosa temporanea. Ora andiamo da una mia amica, sono sicura che mi ospiterà, non preoccuparti, abita vicino!>>
A quel punto , l’investigatrice camminò giù per le scale, sempre tenendo i sabot in mano, raggiunse il portone e se lo chiuse alle spalle. Solo allora, indossò i sabot ai bei piedi nudi, sentendosi le piante impolverate e sporche. Per un attimo restò sulla porta e si osservò i piedi, proprio come aveva fatto quella mattina; che strana impressione le facevano adesso, ora che sotto di essi aveva schiacciato esseri umani! Si scrollò via dalla testa quel pensiero e poi camminò di corsa verso il cancello per poi avviarsi nella buia via del quartiere silenzioso.




Capitolo 4


L’amica di Alessandra era una studentessa universitaria di 25 anni. Era una ragazza con lunghi capelli rossi che spesso teneva legati in una coda, con un viso candido ed ovale, dai tratti sottili ed eleganti che incorniciavano due grandi occhi di un colore marrone verde molto intenso. Quando sentì suonare il suo campanello e fece entrare Alessandra, la accolse con un sorriso assonanto sul volto.
<< Roberta, spero di non averti svegliata!>> disse l’invetigatrice alla ragazza, che le era venuta ad aprire la porta con indosso una maglietta larga e degli slip.
<< beh, a quest’ora era difficile citofonare e non svegliarmi!>> disse la ragazza ironica.
<< Hai ragione. scusami, ma mi serve assolutamente che tu mi ospiti qui per questa notte!>>
Roberta chiuse la porta facendo acocmodare Alessandra e facendole strada fino al salotto, camminando scalza sulla moquette.
<<di nuovo problemi con il lavoro? Qualche maniaco che ti insegue ?>> chiese Roberta, dando a intendere a Riccardo, nascosto nella tasca della giacca di Alessandra, che già altre volte l’investigatrice era stata costretta, per sicurezza, a dormire sotto un altro tetto.
<< questa volta è molto peggio… ti spiegherò appena possibile. Ora vorrei solo riposare… sono esausta.>>
<< Fai come se fossi a casa tua, il divano letto te lo preparo in un attimo, e in cucina c’è del caffè che mi è avanzato. Domani se ti svegli prima di me, puoi berlo.>>
<< grazie Roby, sei gentilissima. Ma non ti preoccupare per il divano, ci dormirò bene anche senza tirare fuori tutto. Davvero.>> continuò Alessandra e Roberta allora si congedò augurando la buona notte.
Alessandra si lasciò cadere sul divano, facnendo un sospiro di sollievo e sgilandosi i sabot, per poi appoggiare il piedi nudi sul tavolino posto davanti a lei. Sentì con piacere la calda sensazione di essere al sicuro e trattenendo uno sbadiglio infilò le dita della mano nella tasca della giacca per afferrare Riccardo.
<< come va ?>> gli chiese , tenendolo nel palmo della mano.
<< Tutto bene, grazie. Ora sarà meglio dormire, o domani non saremo in grado di far niente!>>
rispose il pilota, standosene seduto nella soffice vastità del palmo della mano di Alessandra.
In quel momento, però, irruppe nella stanza Roberta, con il viso perplesso e gli occhi spalancati:
<< Ma…con chi stai parlando?>> chiese avvicinandosi ad Alessandra che colta di sorpresa si limitò a chiudere il pugno intorno al piccolo Riccardo, rimanendo ,però con il braccio sollevato.
<< con nesuno , perché?>> rispose titubante, senza sapere se le convenisse dire la verità all’amica oppure no.
Roberta rispose ironica:<< si certo! Ma se ti ho sentito! E ho sentito anche una voce maschile! Cos’hai in mano una ricetrasmittente ?>>
Chiese incuriosita, sedendosi accando all’amica, sperando che quest’ultima le mostrasse i piccoli tesori tecnologici che le davano al lavoro.
Alessandra dubitò ancora qualche istante, e a quel punto, Roberta, le afferrò la mano per fargliela aprire.
<< No! cosa fai!>> esclamò Alessandra mentre cercò di tirare indietro la mano. Il risutlato fu che il minuscolo pilota cadde nel vuoto andando a cadere proprio sulle dita del piede nudo di Roberta, che abbassando lo sguardo e divaricando le dita disse perplessa :<< ma cosa diavolo è?>>
<< Ferma non ti muovere! È un uomo!>> esclamò Alessandra mentre si chinava sul piede dell’amica e constatava lo stato di salute di Riccardo.
<< Sto bene, non preoccuparti, la mia tuta ed il mio peso esiguo rendono innoqui questi voli!>>
rispose quest’ultimo e Roberta, che non aveva ancora realizzato cosa fosse quella piccola sagoma umana sdraiata sopra le dita del suo piede, sentendone la voce, sussultò e retrasse il piede, facendo cadere Riccardo sul pavimento.
<< Mio dio! Ma è una persona vera ?>> chiese sempre incredula Roberta.
Alessandra le rispose con pazienza, spiegandole tutto quello che era successo, mentre, Riccardo, alzatosi in piedi, aveva camminato con tranquillità verso l’enorme piede di Alessandra, per poi appoggiarsi al suo alluce , in attesa di essere riportato su. Nei minuti di attesa si soffermò ad osservare le enormi e ben fatte dita dei piedi di Alessandra, ed alzò lo sguardo verso Roberta, che dall’alto lo osservava con gli occhi pieni di stupore. Per la prima volta, da quando era in missione, Riccardo si sentì piccolo ed inadeguato. Dubitò persino di poter sopravvivere date le sue dimensioni irrisorie. Starsene li sul pavimento, mentre quelle due colossali persone normali parlavano, osservare quelle due donne da quella prospettiva, sentirsi nelle narici l’odore forte della polvere della moquette, del cuoio dei sabot di Alessandra e dei piedi di quest’ultima e dell’amica lo fecero sentire alla stregua di un insetto. Nonostante tutto però, voltandosi verso il piede di Alessandra, che era appoggiato sulla larga pianta, con le dita lunghe ed il dorso pronunciato e maestoso, pensò di dover essere felice di essere ancora vivo, data la fine che avevano fatto molti soldati del Cn ricerce delle sue stesse dimensioni.
Sorrise pensando di essere un privilegiato in quella situazione drammatica. L’unico uomo così piccolo ad essere sopravvissuto a quella notte, l’unico che godeva del favore di quella spietata e colossale dea, e pensava anche di non meritarlo fino in fondo.
<< Scusami tanto, davvero! Non vovelvo farti fare quella brutta caduta!>> disse Roberta alzandosi dal divano ed avvicinandosi a Riccardo, posizionandosi sopra di lui e guardando in basso.
<< Spero che tu e questo pilota ce la facciate! Ora scusatemi ma decvo andare a letto, domani ho lezione!>> continuò e poi si voltò, ruotando i piedi sull’avanpiede e mostrando a Riccardo la piante tese ed i talloni soffici e rotondi. Poi si allontanò ed uscì dalla stanza, facendo un sospiro di sollievo. Vedere quel ragazzo così piccolo l’aveva agitata, e vederselo la su pavimento ai suoi piedi come un insetto le trasmetteva un certo senso di ansia.
Alessandra afferrò Riccardo tra indice e pollice e lo fece scendere sul tavolino:
<< Per un attimo ho avuto paura per te!>> disse l’investigatrice, facendo un dolce sorriso.
<< Si, anch’io, non mi aspettavo che la tua amica arrivasse a strapparmiti di mano!>>
Alessandra rispose mentre si distendeva sul divano ed appiggiava i piedi al bordo del tavolino su cui era il piccolo militare.
<< è solo una ragazza….>> disse. Riccardo restò in silenzio , ad osservare le dita dei piedi di Alessandra, con i polpastrelli dall’aspetto soffice e l’avanpiede sporco, su cui, in più punti vedeva tracce di sangue. La donna notò che Riccardo le fissava le piante dei piedi e così disse mentre sollevava un piede e lo girava verso di lei per vederlo:
<< Cosa c’è? Ho i piedi tanto sporchi?>> chiese, ma quando notò che sotto il suo avanpiede e sotto il suo tallone v’erano impresse delle macchie di sangue ormai scuro e raggrumato, restò interdetta acnhe lei , così si limitò a dire alzandosi in piedi e levandosi la gonna, mostrando così le belle gambe e il perizoma a Riccardo.
<< Beh…non è bello a vedersi! Ma ora sarà meglio mettersi a dormire.>> e così dicendo si sdraiò sul divano con indosso solo la maglietta e gli slip, dando le spalle al tavolino su cui era Riccardo a cui disse :<< Buona notte!>>
Riccardo osservò il suo bel sedere rotondo e sodo e disse:
<< Mi lasci dormire qui?>>
Alessandra , senza nemmeno voltarsi, rispose:
<< Si , perché? Dove ti dovrei far dormire ? qui sul divano con me? così se mi muovo ti schiaccio?!>>
Riccardo fece cenno di lasciar perdere con la mano e poi si accovacciò sulla lignea superficie del tavolo, cercando di trovare una posizione comoda. Alessandra lo osservò, senza nascondere un tenero sorriso che le affiorava sulle labbra, incorniciandole i denti bianchi. Quando i loro sguardi si incrociarono, entrambi scoppiarono in una risata. Si resero conto che sia l’uno che l’altra desideravano stabilire un contatto. Riccardo si rivelò, con quella semplice frase “mi lasci dormire qui?”, attratto da Alessandra, e quest’ultima, con il suo sorriso, mostrò al minuscolo pilota di essere a sua volta attratta da lui, nonostante le dimensioni.
<< Sai una cosa…>> prese a dire Alessandra appoggiando la testa sulla mano, tenendo i bei occhi scuri posati sul piccolo Riccardo che se ne stava seduto sul tavolo.
<<…solitamente prima di addormentarmi…>> contiuò, interrompendosi però subito, esitando ma con l’intenzione di finire la frase : in fondo era una donna adulta, bella, sicura e risoluta, a che serviva girare intorno all’argomento. Così Alessandra terminò la frase, parlando con un tono di voce ed un’espressione degli occhi che si ricordò aver usato già in altre circostanze; come in discoteca quando ancora era una studentessa:<< …solitamente prima di addormentarmi io mi tocco.>>
Riccardo restò a bocca aperta a quell’affermazione e maledisse il fatto di aver incontrato quella donna fantastica in una circostanza così disperata.
<< Se fossi stato un ragazzo normale e non un esserino delle mie dimensioni, questa sarebbe stata la sera più bella della mia vita! Sei stupenda.>> disse Riccardo. Alessandra allora tese la mano verso di lui e disse con un tono di voce sensuale:<< chi ti dice che non lo è!>> e così dicendo lo afferrò tra indice e pollice e se lo portò sopra di lei. Restò prona sul divano e depositò il piccolo ragazzo sulla sua schiena.
<< ora fai quello che vuoi!>> disse la bella investigatrice sentendo i piccoli piedi di Riccardo posati sulla sua pelle e mentre sentiva che il ragazzo prendeva a camminare verso il suo sedere. Con un movimento lento, quanto solenne,infilò la mano nei suoi slip, iniziando ad accarezzarsi le grandi e le piccole labbra della vagina, indugiando a lungo sul clitoride.
Riccardo si arrampicò fino a sopra il sodo e rotondo gluteo destro di Alessandra, e l’osservò estasiato. Davanti a lui, tra le due natiche, si insinuava il sottile filo del perizoma della donna, fino a scomparire tra le morbide carni di quei glutei divini. Riccardo si infilò proprio nella spaccatura e si fece scivolare sul tessuto sello slip per arrivare al cospetto dell’enorme vagina di Alessandra, umida, già assediata dalla belle dita della donna, che aveva scostatolo slip, senza sfilarlo.
<<che intenzioni hai?>> chiese Alessandra senza nascondere un leggero tremolio nella sua voce. Riccardo non rispose, si fece strada tra le dita della mano della donna e arrivò al cospetto delle soffici e umide labbra di quella vagina colossale, che avrebbe potuto inghiottirlo, senza nemmeno percepirlo. A quel punto, l’indice di Alessandra lo sollevò e lo compresse sul clitoride. Riccardo si trovò tra il polpastrello del dito della donna ed il clitoride, che iniziò a baciare, leccare e massaggiare con foga e passione sempre più travolgente. Alessandra prese a gemere dal piacere e compresse ancora più forte il piccolo pilota sul suo clitoride, iniziando a massaggiarlo anche con il suo dito, facendo fare al piccolo Riccardo movimenti circolari. In preda al piacere ad Alessandra balenò nella mente l’idea di infilare quel ragazzo minuscolo nella sua figa ma si trattene per qualche istante, temendo che potesse essere pericoloso, all’ennesimo bacio,però, che Riccardo le schioccò sul clitoride, Alessandra pensò che in quel momento voleva solo godere, e che se il piccolo pilota avrebbe rischiato qualcosa non sarebbe stato affar suo, almeno fino a quando non fosse venuta. Così, egoisticamente, fece scivolare Riccardo tra le sue piccole labbra fradice di liquidi vaginali e con un gesto deciso del suo indice , ma anche del medio e dell’anulare, lo spinse dentro di se, provando un piacere indescrivibile al solo pensiero di avere un essere umano intero nella sua figa. Poi continuò lei a stuzzicarsi fin quando venne, gemendo talmente rumorosamente, che ,nell’altra stanza, Roberta, aprì gli occhi assonnato e confusamente si guardò intorno.
Riccardo riuscì a guadagnare nuovamente la libertà, uscendo dalla vagina di Alessandra che comunque un istante dopo avrebbe infilato le sue dita dentro per afferrarlo. Trovandolo subito però fece un respiro di sollievo e si portò il piccolo pilota fino al volto, per guardarlo negli occhi:
<< ho fatto bene a risparmiarti!>> disse sorridendo.
Riccardo le fece un sorriso di rimando, mostrando però un aspetto consumato, ed il viso pallido. Probabilmente aveva sofferto. Alessandra allora disse :<< Scusami… sono stata troppo brusca…>>
Riccardo scosse il capo, troppo orgoglioso, anche per ammettere che una donna colossale in preda all’orgasmo stava per ucciderlo, infilandoselo nella figa.
Alessandra però aveva ben chiara la sua colpa e decise che si sarebbe fatta perdonare, così, senza dire niente, come se Riccardo fosse un minuscolo bambolotto, lo spogliò della tuta e prese a leccarlo con la lingua bollente, concentrando le leccate più delicate tra le gambe del pilota, che in breve venne a sua volta.
Riccardo fece appena in tempo a indossare la tuta che piombò addormentato sul ventre di Alessandra che , osservandolo steso li sopra di lei, si lasciò andare estenuata al sonno.
“Che notte incredibile! non sarà mica un incubo…o un sogno!” fu il suo ultimo pensiero, prima che la luce dell’alba la riportasse alla realtà.

Capitolo 5

Quella notte il Cn ricerche inviò altri due velivoli X-fly per verificare cosa fosse accaduto e terminare l’operazione. Nel centro comando avevano perso il contatto con i loro uomini nell’arco di pochi minuti e la confusione, mescolata ad un profondo senso di ansia da parte del direttore, fece si che nel giro di poche ore fossero sottoposti al trattamento rimpicciolitore altri due equipaggi; cosa del tutto insolita, dato che solo raramente erano operative più di una o due squadre.
Gli X-fly si introdussero senza difficoltà nell’abitazione silenziosa ed immersa nell’oscurita. Rilevavano con le apparecchiature di bordo il bioritmo della tuta di Riccardo, il pilota traditore, così si recarono nella stanza da letto, con l’ordine di ucciderlo. Una volta nella camera, però, gli X-fly cominciarono a perdere assetto e ad incontrare problemi di navigazione. Il pilota di uno di quei velivoli, il capitano Marco Angli, esclamò:
<< Devono aver piazzato un campo magnetico questi figli di puttana! Gli X-fly sono immanovrabili!>>
il suo ufficiale co-pilota, Francesco Lori, gli fece eco:<< le apparecchiature sono fuori uso!>>
<< Ciò significa che ci stavano aspettando e che le squadre inviate prima di noi sono state annientate!>> osservò freddamente Angli, corrugando l’ampia fronte sudata e le folte sopacciglia nere che gli incorniciavano occhi piccoli incastonati nel viso spigoloso. Lori, invece, era un ragazzo dalla corporatura esile, con la pelle chiara ed i capelli biondi. Il suo sguardo era ironico i quasi tutte le circostanze e lui sembrava essere sempre assente; questi atteggiamenti però celavano un fine intelletto, tanto che era reputato il miglior co-pilota dell’intera forza X-fly del Cn ricerche:
<<Riccardo si deve essere messo d’accordo con quella investigatrice privata… atterra.>> disse.
Angli obbedì senza fare storie, anche perché, tra l’altro, mantenere l’assetto di volo diventava sempre più difficile. Nonostante le difficoltà, però, l’esperto pilota riuscì a toccare terra con leggerezza. I due scesero dal velivolo e camminarono sul pavimento imbracciando dei fucili e indossando l’apparecchio per la visione notturna. Nell’oscurità riuscirono a vedere nitidamente, in una luce verdastra e spettrale, le carcasse dei velivoli X-fly abbattuti e i corpi martoriati dei compagni.
Angli rabbrividì dopo il giro di perlustrazione e disse :<< maledetti…>> si affrettò poi ad accostare la sua ricetrasmittente alla bocca per comunicare all’altro equipaggio, che volteggiava sopra la loro testa, cosa avevano scoperto.
<<abbandoniamo?>> chiese il pilota dell’X-fly in volo. Angli guardò Lori e quest’ultimo scosse il capo dicendo:<< Riccardo è ancora qui…forse l’investigatrice non si è fidata di lui e lo ha intrappolato qui da qualche parte. Dobbiamo eliminarlo.>>
<< affermativo. Però le nostre apparecchiature sono fuori uso.>> rispose il pilota.
<<Anche le nostre…>> aggiunse Angli, mentre cercava di far funzionare il piccolo display a cristalli liquidi del suo gps tascabile. Lori restò in silenzio a meditare. Si guardò intorno e vide le enormi scarpe di Alessandra sulla sua destra, poi vide il letto ergersi davanti a lui, la scrivania e l’armadio. La porta del bagno, in lontananza , era chiusa e così ordinò all’altro equipaggio di volare fin li in ricognizione. Poi tornò sul suo X-fly insieme ad Angli.
<<cos’hai in mente?>> gli chiese il pilota, accostandoglisi mentre Lori iniziava a digitare cifre sulle sue apparecchiature.
<<posso suddividere la stanza in aree, e riuscire ad individuare la sorgente del segnale, semplicemente in base alla sua frequenza. I magneti non possono ostacolarci in questo modo.>>
<<bene…>> disse tra i denti Angli, mentre riprendeva posto sul suo sedile ed afferrava i comandi, posizionando la mano sinistra sulla manetta, pronta a spingerla avanti per dare potenza ai motori e decollare.
Mentre Lori era al lavoro la pattuglia inviata in ricognizione ritornò comunicando:
<< Niente, il bagno è vuoto.>>
Lori allora ordinò:<<Allora iniziate a distruggere i velivoli abbattuti, nessuno entrando qui dentro deve trovarli, io tra breve vi segnalerò la posizione dell’obbiettivo.>>
<<ok, ricevuto!>> fu la risposta del pilota dell’altro equipaggio che planò dolcemente e colpì il relitto di un X-fly, facendolo scomparire in una palla di fuoco.
<<che schifo eh?>> disse d’un tratto Angli.
<< Cosa?>> rispose Lori.
<< Studiare, addestrarsi…faticare così tanto per poi finire a volare come mosche nelle camere e nei cessi della casa di una troia che non sappiamo nemmeno chi è!>>
<< avrai tempo di lamentarti di queste cose seduto al bancone di un pub con una birra in mano!ora pensiamo a lavorare! Non voglio dovermi ingoiare una pasticca di cianuro. Vediamo di tornare a casa con la missione completata.>>
<< Si si, va bene signore!>> fu la sbrigativa risposta di Angli, che però non poté trattenersi dal dire:
<< e io che volevo sfrecciare nei cieli, infilzare le nuvole!>>
<< Ora pensa a volare e a fare fuoco alle coordinate 634-209!>> rispose Lori, che aveva ultimato l’individuazione. Angli eseguì in modo magistrale, era un ottimo pilota. Riuscì a tenere l’assetto e a colpire in pieno il lato inferiore dell’armadio di Alessandra. Il legno si sbriciolò, lasciando intravedere gli stivali di pelle delle donna, con il tacco alto, lucidi e maestosi.
<<vuoi fregarti le scarpe?>> disse ironicamente il pilota, continuando a manovrare il timone del velivolo per tenerlo allineato e fare fuoco nuovamente, senza utilizzare sistemi di agganciamento fuori uso a causa dei campi magnetici.
<< A quanto pare il nostro collega è stato infilato nello stivale della sua amichetta! Alquanto sadica non trovi?>

[ replica ] jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo: Chimica al Liceo ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 26/Gennaio/2008 18:44:35


Chimica al liceo.

Parte I inviata da Jryan^ e caricata in data 27/Marzo/2004 13:14:11

Era primavera, precisamente metà maggio; il sole era caldo il cielo limpido e la natura stupenda.

Era anche l’anno del mio terzo anno di liceo , e nel bel panorama primaverile ricordo con piacere le mie giornate , i miei amici e anche le mie paure.

Stavo passando un periodo sa single e mi dedicavo molto ai miei interessi e alle mie amicizie; tra l’altro la solitudine mi portava a fantasticare parecchio sulle mie compagne di classe e su alcune professoresse. In particolare era protagonista delle mie fantasie la professoressa di Chimica; una donna alta intorno al metro e settantacinque, mora con un bel viso e gli occhi scuri ed espressivi. Si chiamava Alessandra G. e aveva trentotto anni; aveva un bel corpo magro e slanciato con un bel seno proporzionato e un bellissimo fondo schiena rotondo e sodo. Quando indossava la gonna poteva essere fiera di mostrare ai suoi allievi delle gambe lunghe e lisce ,toniche e anche leggermente muscolose (amava fare jogging); in primavera ed in estate , tra l’altro, amava indossare scarpe aperte e sandali che mi permettevano di ammirarle anche i bei piedi con le unghie leggermente lunghe sempre smaltate di un rosso acceso (come le mani).

Essendo una donna abbastanza alta ed essendo una professoressa che godeva quindi di una condizione di potere nei miei confronti, rispecchiava molto più di altre ragazze mie coetanee la mia idea di Gigantessa e ciò la fece diventare un’ossessione.

Quando la professoressa G. faceva lezione camminando per l’aula io non potevo smettere di ammirarla , e quando poi si sedeva alla cattedra e si sfilava un po’ i sandali io non potevo astenermi dal fissarle i piedi; addirittura cercavo di apprendere che numero avesse leggendo i piccoli e lontani numeri incisi sulle suole delle sue calzature.
Naturalmente questo mio interesse incontrollato risultava quasi “esplicito” alla professoressa G. che comunque si limitava ad ignorarmi e forse, sentendosi un po’ adulata dal mio atteggiamento, cercava di darmi voti buoni e si dimostrava molto gentile(cosa risultava evidente ed alquanto strana data la famosa severtià della professoressa G.)

La mia ossessione si limitava cmq ad un amore platonico e a qualche storia di tipo GTS su di lei; un episodio singolare , però , mi portò a desiderarla profondamente e avvenne per l’esattezza in un normalissimo giovedì di maggio. Era da poco finita la ricreazione e io mi ero seduto al mio banco come tutti i miei compagni in attesa che arrivasse la professoressa G e la tanto noiosa ora di chimica; aspettammo per parecchi minuti e non arrivò nessuno , così pensammo che ci sarebbe stata un’ora di buco e ci alzammo , mettendoci a girare per l’aula , a parlare e alcuni si misero a giocare a carte. Io iniziai a tirarmi i gessi con dei miei amici creando un vero casino, così quando inaspettatamente la prof G. entrò in classe la sentii esclamare nervosa: << Riccardo!ma sei matto? >> tutti si misero a sedere e la professoressa disse sedendosi alla cattedra :

<< Non è possibile! Non si può fare un ritardo che mi ritrovo gli alunni che si inseguono per tirarsi si gessi della lavagna! Ma quanti anni avete?! >> e così dicendo la professoressa mi lanciò un’occhiata gelida. Io le feci cenno “scusi” sollevando la mano e lei disse : << Riccardo prendi il banco e portalo qui vicino alla cattedra, mentre spiego tu ti fai una verifichina! Così impari! >> e mi sorrise sarcastica.
<< ma professoressa la prego! Oggi non ho studiato niente…su! >> borbottai io ma non ci fu nulla da fare.

Mi ritrovai a fare una verifica di chimica senza aver studiato niente seduto al banco sotto la cattedra come un deficiente, ero furioso ma presto la professoressa G. mi diede modo di distrarmi. Dunque, la cattedra era su di un soppalco ed era quindi molto più in alto del mio banco , così , quando vidi la professoressa sedersi sulla cattedra con il libro in mano capii che avrei avuto i suoi piedi praticamente davanti alla faccia, e così fu. Mentre la professoressa sembrava assorta a spiegare faceva penzolare i suoi bei piedi smaltati calzati da due sandali davanti ai miei occhi ed io ne ero incantato , senza contare che ne sentivo il buon odore un po’ acre. Mi resi conto inoltre che da quella distanza ( -di 20 cm dal mio viso) avrei potuto leggere benissimo il suo numero, e infatti, quando la professoressa accavallò le gambe e fece penzolare il piede destro leggermente più in alto sopra la mia testa, io lessi chiaramente sotto la suola , tra la punta ed il tacco: “41”.

L’ora finì e la professoressa se ne andò dopo avermi messo un bel 4 ma a me non importava niente; l’episodio appena capitatomi mi aveva eccitato troppo e sapere che portava 41, (confermando la mia tesi che avesse dei bei piedoni)e il suo atteggiamento provocante mi fece cadere in un turbine senza fine di fantasie che mi portò, alla fine , ad acquistare da una fabbrica nel nord Italia un articolo molto costoso, un : “ Rimpicciolitore”.

Me lo feci spedire e mi arrivò a casa solo dopo tre settimane; a quel punto scartai il pacco e iniziai a provarlo: funzionava alla perfezione! Nella mia camera passai dal metro e ottanta ai tre centimetri per decine di volte e la cosa comoda era che il rimpicciolitore rimaneva sempre proporzionato a chi lo azionava facendo si che io potessi rimpicciolirmi e tornare normale con estrema facilità e quando volevo : bastava regolare una manopola fino ad avere sul display le dimensioni desiderate , poi si spingeva il tasto “ok” ed una leggera scarica elettrica riduceva gli spazi tra molecole del corpo; in teoria si poteva arrivare ai 3 millimetri di dimensioni ma io non osai mai tanto e mi tenni al massimo sui tre centimetri o poco più, erano le dimensioni minime per potersi muovere e per orientarsi al meglio.

Così, pieno di emozione andai a scuola un Lunedì come tanti, ormai era giungo e se volevo rimpicciolirmi davanti alla professoressa G. avevo meno di una settimana per farlo; con le vacanze estive sarebbe svanita anche la mia possibilità di vederla, e volevo assolutamente togliermi lo sfizio di osservarla dal basso, piccolo come un insetto a suo confronto. Non avevo intenzione di farmi notare da lei , volevo solo spiarla e l’unico luogo sicuro che mi venne in mente per raggiungere il mio obbiettivo fu il bagno delle professoresse in fondo al corridoio.

Arrivai a scuola un po’ in ritardo quando già tutti erano in classe a fare lezione; senza che nessuno mi avesse visto entrai silenzioso nel bagno delle professoresse che era pulito e profumato (non uno schifo come tutti i bagni per gli studenti). Chiusi la porta alle mie spalle e mi guardai allo specchio, sorrisi e poi mi rimpicciolii.

Avevo il cuore in gola e mi andai a sistemare sotto il lavandino, sedendomi sul freddo pavimento, da li avrei visto in tutta sicurezza la professoressa entrare, abbassarsi i pantaloni e sedersi sul water…non vedevo l’ora!

Passarono parecchi minuti e io , dai miei tre centimetri di altezza guardavo verso la porta gigantesca, speranzoso che si aprisse. Pian piano iniziai a perdere la speranza… e se la professoressa G. non fosse dovuta andare al bagno quella mattina? Non potevo starmene li in attesa per altri sei giorni senza andare a scuola e non potevo rischiare di non far avverare il mio desiderio!

All’improvviso , mentre pensavo tra me e me , agitandomi, sentì dei passi e poi la porta si aprì: alzai lo sguardo speranzoso per vedere chi fosse ma entrò la professoressa di matematica. La donna si abbassò gonna e mutandine e si sedette sul water , io ero completamente disinteressato a lei : non mi piaceva minimamente e la ignorai mentre lei faceva tranquillamente i suoi bisogni. Quando se ne andò mi veniva quasi da vomitare e fui tentato di uscire dal bagno.

La mia ossessione e il mio stato di adorazione per la professoressa G. mi diedero la forza di continuare ad aspettare ed aspettai per due ore; il tempo non sembrava passare mai. Mi misi a gironzolare annoiato per il pavimento del bagno stando sempre pronto a correre sotto il lavandino se avessi sentito dei passi in lontananza, finchè ad un tratto sentii dei boati farsi sempre più vicini e poi la inconfondibile voce della professoressa dire : << buongiorno! >> a qualcuno che le rispose distrattamente. Il cuore iniziò ad aumentare i suoi battiti e mi tremarono le gambe (non so se per l’emozione e o per le vibrazioni del pavimento dovute ai passi sempre più vincini), corsi verso il lavandino ma sentii scattare la maniglia della porta così mi fermai ed alzai lo sguardo: non potevo perdermi l’epifania della mia gigantesca professoressa!

Restai immobile davanti alla porta, allo scoperto, tenendo stretto in mano il rimpicciolitore; la porta si aprì lentamente mostrandomi prima il piede sinistro della professoressa, calzato di un sandalo infradito , poi la sua gamba scoperta e bellissima, poi i suoi fianchi avvolti da una leggera gonna di seta che arrivava al ginocchio ed infine il suo viso distratto e pensieroso.

Era colossale! Mi sentii schiacciato solo nel vederla e restai a bocca aperta. La professoressa si chiuse la porta alle spalle e restò un attimo ferma per guardarsi allo specchio e pettinarsi i lunghi capelli mori con la mano, la sua sosta mi diede modo di osservare i suoi enormi piedoni posati davanti a me in tutta la loro bellezza e maestosità; con le dita lunghe e ben fatte, le unghie smaltate e il dorso liscio e leggermente abbronzato, stretto dalle cinghie fini di cuoio del sandalo che sembravano essere insufficienti per racchiudere quella bellezza prorompente.

Alzando lo sguardo vidi le sue gambe toniche svettare sopra la mia testa e le sue mutandine nere.
Ero eccitatissimo e non pensai a spostarmi; mi venne in mente solo quando la professoressa si iniziò a slacciare la gonna e si volto per poi fare un passo indietro e sedersi sul water. Mi ritrovai con i suoi talloni carnosi ai miei lati e vidi scendere lentamente la gonna ed il perizoma nero mentre lei si accingeva a sedersi. Iniziai a correre verso i water e lo raggiunsi in breve appoggiandomici, poi mi voltai e vidi la gonna ed il perizoma della professoressa scivolare fino alle sue caviglie e posarsi sul pavimento davanti a me. a quel punto un tremendo scroscio che sembrava provenire da una cascata mi fece sussultare e fece tremare il water alla base del quale ero appoggiato, subito dopo sentii la professoressa sospirare per il piacere. Era incredibile, la professoressa stava facendo pipì metri sopra di me ed io riuscivo ad udire quello scroscio impressionante; pensai alle dimensioni umilianti della sua figa e pensai di correre verso il lavandino dal quale averi potuto vederla rialzarsi e vederle tutto. Così mi misi a correre febbrilmente per avere una panoramica ottimale , ma quando stavo correndo parallelamente al suo piede destro lei lo mosse e mi urtò con il quinto dito facendomi cadere a terra. Fu come se mi avesse investito un’automobile e ruzzolai a terra rovinosamente.

Quando mi rialzai mi resi conto di non avere più il rimpicciolitore in mano e sentii un brivido di paura e non di eccitazione percorrermi la schiena. Iniziai a guardarmi intorno per vedere dove fosse andato a finire e alla fine lo vidi adagiato ancora tutto intero sul dorso del piede della mia ignara professoressa che continuava ad orinanare rumorosamente. Corsi verso il suo piede sperando di riuscire a fare in tempo a recuperare il rimpicciolitore prima che lei si alzasse e mi complicasse le cose. Non appena mi appoggiai al suo alluce e mi ci arrampicai sopra , fiutando a pieno l’odore celestiale, il getto di urina della mia professoressa cessò ed io allora in tutta fretta corsi verso il rimpicciolitore; la donna però ebbe un piccolo brivido e divaricò le dita facendomi cadere e facendo scivolare il rimpicciolitore sulla suola del sandalo, sul quale un attimo dopo riappoggiò le dita in tutta la loro terribile mole.Rialzandomi sperai fortemente che non lo avesse sbriciolato e feci per scendere dal suo piedone per posizionarmi davanti ad esso e cercare (non sapevo in che modo) di recuperare il rimpicciolitore che era nascosto sotto le sue dita. La professoressa però si alzò, io guardai in alto e la vidi pulirsi la stupenda e gigantesca vagina con un pezzetto di cartaigenica che poi lasciò cadere nel water, a quel punto scaricò e si chinò per ritirarsi su perizoma e gonna, fu in quel momento, quando lei fece pressione sulle dita del piede per chinarsi , che sentii un sinistro “crak” di cui la mia professoressa nemmeno si accorse.

<< oh cazzo! Il rimpicciolitore! >> esclamai e mi tenni stretto al suo alluce pensando che ormai solo lei avrebbe potuto aiutarmi. La donna intanto afferrò il perizoma e io , vedendo la sua mano così vicina pensai di sfruttare l’occasione e corsi sul dorso del suo piede per poi afferrare il suo indice proprio mentre lei iniziava a riindossare il perizoma.

Riuscii a tenermi stretto al suo dito mentre lei mi sollevava lentamente facendomi scivolare sulle sue lunghe gambe lisce, sperai che mi riuscisse a vedere ma la donna si guardava distrattamente allo specchio. Indossò il perizoma e casualmente si sistemò l’elastico anteriore con la mano a cui ero appeso io; a quel punto lasciai la presa (non mi andava di farmi un altro viaggio fino alle sue caviglie!) e scivolai tra la folta peluria della figa della professoressa; mi ci aggrappai e feci un respiro si sollievo mentre la prof si rimetteva anche la gonna.

La professoressa G. uscì dal bagno e camminò svelta per il corridoio silenzioso della scuola nel quale echeggiavano i suoi stessi passi; aveva lezione e non voleva perdere troppo tempo. Era completamente inconsapevole di avere un allievo tra i peli della fica e d’altronde , piccolo com’ero per lei , era praticamente impossibile che riuscisse a percepirmi tra tutta quella folta peluria nera. Io mi tenevo bene aggrappato e avevo il corpo stretto contro la professoressa dal tessuto elastico del perizoma; ero praticamente immobilizzato e la cosa non mi dispiaceva affatto dato che un eventuale scivolamento fuori dal perizoma mi sarebbe costato il precipitare inesorabilmente fino a schiantarmi ai piedi della prof! Tra l’altro,sebbene preoccupato della mia situazione e della sorte del rimpicciolitore, ero anche abbastanza soddisfatto di dove fossi finito e della situazione carica di erotismo.

La professoressa G rientrò in classe e si sedette alla cattedra, con un cenno ottenne il silenzio e poi, accavallando le gambe cominciò a spiegare in tutta tranquillità. Io ascoltavo le sue parole e la sua voce la faceva vibrare tutta al punto che iniziai ad avere un forte mal di testa. Pensai che avrei potuto cercare di uscire da li e magari arrampicarmi sulla sua camicia fino alla superficie della cattedra dove avrei potuto farmi vedere senza troppe difficoltà , ma mi resi conto che tra il pensarlo e il farlo passava un’enorme differenza. Non appena iniziai a muovermi per salire verso l’elastico iniziai a rimanere impigliato tra i peli odorosi della prof e la cosa mi fece pensare di starmene buono li dove stavo. Accadde però qualcosa che non avevo previsto ad un tratto dall’elastico del perizoma fecero capolino le dita della mano della professoressa che le infilò fino in fondo , investendomi. Mi ritrovai tra il suo indice ed il suo medio mentre lei si massaggiava delicatamente il pube, forse perché infastidita dai miei movimenti; intanto la donna continuava a spiegare tranquillamente , guardando in viso con occhi severi i miei compagni di classe e le mie compagne che erano del tutto ignari che la loro autoritaria professoressa in quel preciso momento avesse la mano nelle mutandine.

Quando la professoressa sfilò via la mano, pensando di aver risolto il piccolo fastidio, mi aveva lasciato in una situazione davvero imbarazzante: mi aveva spinto fin sotto le sue piccole labbra e avevo il suo soffice clitoride premuto su viso e petto. Inutile dire che,nonostante l’odore celestiale e la invidiabile posizione, avevi seri problemi di respirazione , così cercai o di scivolare più in basso e facendolo iniziai a muovere le gambe , strusciandole sulle sue morbide piccole labbra. Sentii la professoressa contrarsi improvvisamente e subito notai che il suo clitoride si stesse indurendo un pochino, così mi fermai di nuovo, eccitato e preoccupato allo stesso tempo. Le dita della professoressa non tardarono a venire a farmi compagnia e questa volta mi iniziarono a premere con forza contro le piccole labbra un po’ umide facendomi rischiare di finire inghiottito nell’immensa voragine da esse protetta. La professoressa continuò a premermi l’indice sulla schiena, tastandomi curiosamente: probabilmente aveva capito che ero qualcosa di estraneo al suo corpo e non riusciva a capire cosa fossi. Sicuramente non pensò che quella piccole cosetta che le era finita nelle mutande fosse un essere umano e così la sentii dire ad alta voce:

<< scusatemi ragazzi ! devo riandare al bagno! Intanto rileggetevi quello che ho spiegato. Quando torno voglio avere il completo silenzio! >>

Così la professoressa G si alzò e camminò in tutta fretta verso il bagno. Io avevo il cuore in gola e temevo che la donna mi avrebbe gettato nel vater; iniziai ad agitarmi per aggrapparmi saldamente ai suoi peli e con mia grande sorpresa la prof si fermò in mezzo al corridoio, infilò la mano sotto la gonna e scostò il perizoma dalla sua figa facendomi cadere nel vuoto.

<< AAAAAH! >> urlai mentre cadevo inesorabilmente verso il duro pavimento, tra l’altro stavo cadendo di spalle e non sapevo quanto mi mancasse alla fine, vedevo solo sopra di me allontanarsi la enorme vagina della professoressa e poi il suo sguardo perplesso e curioso avvolgermi:

<< ma cosa …?! >> sentii dire dalla prof ma ormai ero sicuramente spacciato, così chiusi gli occhi; un attimo dopo atterrai su qualcosa di morbido: il palmo della mano della donna che mi aveva prontamente afferrato all’altezza delle sue ginocchia. Feci appena in tempo a realizzare che fossi salvo che la donna chiuse il pugno intorno a me , intrappolandomi tra le sue dita.

Nonostante il sollievo per essere stato salvato mi resi conto che non potevo assolutamente cantare vittoria; molto probabilmente la donna ora si stava recando al bagno per lasciarmi cadere nel cesso e scaricare. Quando la professoressa riaprì la mano , però , ruzzolai su di una liscia superficie verde chiara : un banco in un’aula vuota. Feci un gran bel respiro e dissi ad alta voce: << oh! Grazie a Dio! >> e a quel punto alzai lo sguardo per vedere in piedi davanti al banco la professoressa G che mi guardava fisso. Le feci un cenno di saluto e di ringraziamento , insomma poteva significare qualsiasi cosa che avesse lo scopo di rendere omaggio a quella stupenda gigantessa che mi aveva pure salvato, e lei ricambiò il mio gesto dicendo :

<< bene Riccardo!vedo con piacere che rischi la vita per infilarti nelle mutande delle professoresse! >>

io arrossii ed esclamai : << è stato un incidente! Lo giuro professoressa! >> la donna non mi sentì, ero troppo piccolo, così disse : << e ci hai speso pure un sacco di soldi per comprare il rimpicciolitore! Tu hai seri problemi Riccardo! >> io mi limitai a stare in silenzio.

<< beh , dimmi , dove lo hai nascosto il rimpicciolitore? Così ti faccio tornare normale e ti mando dal preside! Ti assicuro che non ho mai sospeso nessuno ma per te faccio volentieri un eccezione, e ringrazia che non ho voglia di punirti io adesso perché sicuramente finiresti calpestato come un verme! >> replicai di nuovo : << scusi…. >> e poi le urlai : << il rimpicciolitore dovrebbe averlo sotto il piede, sulla suola del sandalo! >> la donna mi guardò con un espressione interrogativa ed esclamò di nuovo: << non ti sento! Sento solo dei versetti insensati! Dimmelo all’orecchio! >> e così dicendo si chinò e mi avvicinò l’enorme padiglione auricolare , scostandone i capelli. Io le ripetei che fine avesse fatto l’unico strumento che avrebbe potuto farmi tornare normale e la donna allora si sedette al banco per sfilarsi i sandali:

<< ma pensa tu! non voglio nemmeno sapere come ci è finito li sotto! >> esclamò, un attimo dopo mi posò i suoi enormi sandali davanti, sul banco, e mi disse : << bhe ? dov’è? >> l’odore sprigionato dalle sue calzature era forte e per controllare se ci fosse il rimpicciolitore salii sulla vasta suola del sandalo destro e poi su quella del sinistro, godendomi a pieno l’aroma e la bella impronta scura del piede della prof; alla fine le feci cenno che non ce ne era traccia.

La donna allora si controllò sotto le piante dei piedi e ad un tratto esclamò : << ah …eccolo.. >> e così dicendo poggiò l’enorme piede sul banco, mostrandomi la sua pianta carnosa e rosea; io guardai con attenzione la pianta del suo piede ma non vidi niente, poi la professoressa abbassò un po’ il piede su di me , divaricandomi davanti le dita e dicendo : << è li vedi? Sotto il mio avanpiede, Tra il terzo e il quarto dito! >> fu allora che vidi il mio rimpicciolitore completamente distrutto rimasto appiccicato sotto il piede della mia professoressa:

<< e meno mano che oggi fa caldo e mi sudano un po’ i piedi altrimenti mi sarei dovuta mettere a cercare questo aggeggio per tutta la scuola! >> disse lei.

La donna si rimise i sandali e si alzò, non mi disse niente eppure continuava a guardarmi tra il nervosismo e la compassione; ad un tratto mi rivolse di nuovo parola:

<< Riccardo, non c’è che dire , sei stato ingegnoso ma ti è andata male , direi un vero disastro! Sei stato scoperto dalla diretta interessata e hai perso l’unico strumento che ti avrebbe potuto far tornare alle dimensioni normali! >>

io annuii pensieroso, poi la donna continuò: << questo significa che adesso sei completamente in mio potere! >> e mi guardò sorridendo: << e tra l’altro a te la cosa non dovrebbe dispiacere giusto? >> io ero sempre più intimidito ma saltai in piedi felice come una pasqua quando sentii la professoressa G. dire :

<< per tua fortuna posseggo anch’io un rimpicciolitore; l’ho acquistato da poco e si è già rotto anche a me , grazie a Dio però si può riparare ed è ancora in garanzia, quindi senza dover aspettare tempi troppo lunghi, oggi lo porto a riparare e al massimo tra tre giorni ti faccio tornare normale! >> vedendo però la mia esuberanza la donna appoggiò la bella e grande mano davanti a me e mi disse :

<< io non sarei così felice di dover rimanere delle dimensioni di un insetto per tre giorni! E cmq se non l’hai ancora capito non ti faccio tornare a casa! Ti tengo a casa mia in una bella gabbietta dove non ti può succedere niente , così quando sei di nuovo di dimensioni normali te ne torni a casa e non si racconta questa storia a nessuno, intesi? Non voglio avere denuncie o altre noie da parte dei tuoi genitori, quindi lasciamoli preoccupare per qualche giorno, poi tu torni a casa e ti prendi tutte le tue responsabilià! >> annuii prontamente.

Qualche minuto dopo la professoressa G. tornò a fare lezione con me infilato nella tasca della camicia. Mentre aspettavo che finissero le lezioni , sdraiato tra la soffice stoffa e cullato un po’ dai movimenti del seno della donna mi interrogai sul motivo per il quale la professoressa avesse un rimpicciolitore, e soprattutto come aveva fatto a romperlo.

Continua...

Chimica al liceo.

Parte II inviata da Jryan^ e caricata in data 27/Marzo/2004 13:29:30

Al suono della campana l’intera classe si alzò e ed iniziò ad andarsene senza che la professoressa avesse finito di spiegare. La donna cercò invano di trattenere i suoi alunni ai loro posti ma poi si rassegnò e chiuse anche lei il libro per poi riporlo nella borsa ed alzarsi.

<< professoressa, mi scusi, per la verifica di giovedì finiamo il capitolo? >> chiese una mia compagna di classe molto studiosa e un po’ più rispettosa degli altri, la professoressa G le rispose seccatamene di si e con passo svelto si avviò nel corridoio e poi giù per le scale fino al parcheggio. Una volta salita in macchina infilò le dita del taschino della sua camicia e mi afferrò per le gambe, mi sollevò fino davanti ai suoi occhi , facendomi penzolare a testa in giù e mi disse :

<< come va ? sei stato attento alla lezione? >> io annuii sorridente e subito pensai di chiederle perché mai avesse un rimpicciolitore. Naturalmente però non era il momento e a quanto la prof mi aveva detto avrei avuto ben tre giorni di tempo (come minimo) per soddisfare le mie curiosità. La donna mi depositò sul sedile passeggeri , mise in moto e poi partì. Mentre guidava per le strade trafficate mi iniziò a dire dopo avermi lanciato più volte delle curiose occhiate :
<< Hai notato prima la maleducazione dei tuoi compagni? Non mi hanno fatto nemmeno finire di parlare che erano già scattati in piedi al suono della campana! Questi atteggiamenti mi fanno veramente imbestialire! Siete proprio dei gran maleducati! >> io non dissi nulla , nelle mie condizioni , sicuramente apparivo come il più maleducato alla professoressa.

<< sai cosa mi piacerebbe fare ? >> continuò la donna: << mi piacerebbe rimpicciolirvi tutti, mettevi sulla cattedra ed iniziare a spiegare e a fare il mio dovere, vedere voi completamente in mio potere, costretti ad essere rispettosi e ad aspettare che io finisca la lezione prima di andarsene via , certo, almeno che non ci si voglia di buttarsi giù dalla cattedra! >> a quel punto la prof rise , poi riprese :

<< e poi, se qualcuno proprio non vuole seguire ed inizia a disturbare,beh, altro che “vattene fuori” lo prenderei , lo poserei sul pavimento sotto di me , mi sfilerei la scarpa e lo terrei sotto il mio piede fino alla fine dell’ora, così vediamo se prova a disturbare un’altra volta! >>

io sorrisi, pensando che se quella fosse stata la punizione io sarei stato perennemente intento a disturbare. In ogni caso mi era piaciuto il discorso della professoressa, era davvero da perfetta gigantessa.
Poco dopo arrivammo a casa della prof che mi strinse nel suo pugno e salì le scale; la sentii armeggiare con le chiavi per aprire la porta del suo appartamento e poi mi ritrovai depositato su di un tavolino di vetro , nel salotto.

La donna mi disse :

<< io preparo il pranzo , poi , nel pomeriggio porto il rimpicciolitore a riparare. Tu prendi pure confidenza con il tavolino , perché sarà la tua residenza da oggi fino a quando non potrai tornare normale! Tanto è abbastanza alto dal disilluderti di provare a scendere e cmq ti consiglio di non provarci perché se dovessi riuscire a scappare penso proprio che non avrei voglia di cercarti e tu non saresti nient’altro che un incauto esserino in giro per la mia casa che rischia seriamente di essere schiacciato come uno scarafaggio. Se poi dovessi trovarti ti metterei in una bella gabbietta, anche se non sono sicura che le sbarre siano abbastanza ravvicinate! >> così dicendo si sedette sul divano che era proprio davanti al tavolino e si sfilò i sandali,poi si alzò e si recò in cucina, camminando con i piedi nudi sulla soffice moquette.

Mentre la professoressa era intenta a preparare il pranzo io camminai avanti e indietro per il tavolino , guardandomi intorno; il salotto era arredato in maniera sobria ed era un po’ in disordine; sul televisore ad esempio erano appoggiate delle mutandine mentre sul divano erano ammucchiati vestiti da lavare. Vicino alle scale che portavano al piano superiore con la camera da letto e il bagno erano raggruppate decine di paia di scarpe di ogni tipo : ciabatte, scarpe da ginnastica, sandali scarpe eleganti con tacchi alti ecc.
Ammetto che restai un po’ perplesso da quel disordine , sembrava stonare completamente con l’idea autoritaria e seriosa della prof di chimica che mi ero fatto. La libreria vicino al grande tavolo però era in perfetto ordine , come pure lo scaffale dove la prof teneva le cassette ed i cd musicali.

Nel complesso si vedeva che quella era una casa in cui la donna viveva da sola e quindi completamente a suo agio. Sentendo la professoressa G muoversi in cucina (sentivo fondamentalmente i suoi passi e i rumori di piatti e posate) mi sedetti sulla liscia e fredda superficie di vetro del tavolo e aspettai ancora per un bel po’ , restando assorto nei miei pensieri , mantenendo uno stato d’animo eccitato per la situazione.

D’un tratto vidi la professoressa tornare in salotto con un piatto di insalata ed una bottiglia d’acqua, si sedette sul divano facendomi un sorriso e posò la bottiglia d’acqua a pochi cm da me, poi , in tutta scioltezza stese le gambe ed appoggiò i suoi piedoni sul tavolino, proprio davanti a me , dominandomi completamente. Io restai un attimo immobile ad osservarle le piante un po’ ingrigite dopo che la prof aveva camminato scalza per la cucina, poi mi spostai per poterla vedere in viso e la vidi intenta a consumare il suo piatto di insalata. Senza volerlo mostrai un po’ di disappunto ; avevo fame anch’io. La donna mi notò fissarla li dal tavolino, poco lontana dai piedi che lei aveva appena incrociato e di cui muoveva lentamente le dita lunghe e smaltate, così mi disse :

<< Non ti preoccupare , non mi sono scordata di te, appena finisco la mia insalata ti porto un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare! Tu intanto stattene buono sul tuo tavolino e se ti annoi magari potresti cercare di farmi un massaggio ai piedi! >>

io le sorrisi e iniziai a cercare di massaggiarle il tallone ma era talmente grande e la pelle talmente dura che dopo pochi secondi mi iniziarono a far male le braccia e la prof mi disilluse dall’impresa dicendomi:

<< lascia perdere, stento a sentirti! >> mi fermai ed in tutta tranquillità mi appoggiai all’enorme tallone della mia prof, vi appoggiai il viso e fiutai a fondo il suo odore acre ed un po’ dolce, poi , in tutta naturalezza vi appoggiai le labbra come per baciare quella immensa mole di carne; ero eccitatissimo così mi strinsi al piedone della mia professoressa ed iniziai a muovere lentamente il bacino , strusciando il mio membro attraverso i pantaloni su di esso. La donna sembrò non farci caso e continuò a mangiare la sua insalata, in fondo che cosa poteva significare per lei quel solletichino , non mi vedeva, ero nascosto dal suo piede che svettava alto come un palazzo sopra la mia testa e probabilmente pensò che mi ci fossi semplicemente appoggiato. La prof accese la tv per farsi un po’ di compagnia dato che con me non poteva neanche scambiare due parole e il fatto che io potessi fare quello che volevo con il suo piede , senza che lei pensasse strane cose, mi portò ad esagerare; con il cuore in gola aprii la zip dei miei pantaloni e tirai fuori il mio pene per poi iniziarlo a strofinare energicamente su quel tallone un po’ ruvido ma lo stesso caldo e morbido.

<< Non c’è niente di decente da vedere in tv , vero? >> disse all’improvviso la professoressa G. ed io sussultai per rimettermi il pene nei pantaloni appena in tempo dato che la donna scostò i piedi per potermi vedere ed avere il mio assenso; naturalmente io annuii e poi mi voltai verso la televisione. La donna a quel punto si alzò, aveva finito l’insalata e tenendo la scodella vuota in mano si avvio di nuovo verso la cucina dicendo: << ti vado a prendere qualcosa da mettere sotto i denti! >> tornò dopo un attimo e posò sul tavolino di vetro un tappo di acqua minerale pieno di acqua (probabilmente del rubinetto) e delle briciole di pane. Io mi avvicinai al tappo e iniziai a bere l’acqua fresca come un cane, poi presi una mollica e stavo per morderla quando la prof esclamò:

<< aspetta.. >> e mi avvicinò la mano mostrandomi sul suo palmo dei profumati pezzettini di prosciutto: << ...ti ho portato anche questi, prendine un pò! >>

le feci un sorriso ed un inchino per ringraziarla, poi presi dalla sua grande mano un pò di pezzi di prosciutto e mi misi a mangiare. Nel frattempo la professoressa andò a prendere il suo rimpicciolitore, me lo mostrò facendomi l'occhiolino e lo mise nella sua borsa, poi disse :
<< appena i negozi aprono vado a portare questo apparecchio a riparare! >> a quel punto si stiracchiò ; si risedette sul divano, prese in mano il telecomando e si mise a fare un pò di zapping, poi lasciò il telegiornale, mi guardò per qualche istante mentre mangiavo e alla fine si rimise comoda affondando nel divano e riappoggiando i piedi sul tavolino , vicino a me. Io guardai le sue piante un pò sporche e continuai a mangiare con il pisello duro come il marmo; "chissà se lei immaggina minimamente quello che che mi fa provare!" pensai, poi mi dissi :" probabilmente se lo sapesse mi reputrebbe un porco... bah, ma in fondo già lo sa!"

Mangiai a sazietà e bevvi molta acqua, poi mi sdraiai sul tavolino in modo che i piedi della mia professoressa mi dominassero completamente ed iniziai a riposare osservando le sue belle dita carnose muoversi rilassatamente e le sue piante piegarsi e stendersi soffici; senza nemmeno accorgermene mi addormentai.

Mi svegliai solo una mezz’ora dopo a causa di un fastidioso senso d’oppressione; appena aprii gli occhi capii che non avevo digerito male, ma che , piuttosto, la professoressa, addormentatasi a sua volta, aveva abbassato il suo piede destro su di me, e che io stavo dormendo con i polpastrelli delle dita della donna sospesi a meno di dieci centimetri (per me) dal mio corpo e dal mio viso. L’odore era fortissimo e li sotto faceva anche caldo, così , diedi un bel bacio al polpastrello del secondo dito della prof e strisciai un po’ più indietro per continuare a riposarmi all’aria aperta; fu una fortuna. Un attimo dopo che io mi ero sfilato da li sotto , la professoressa G posò tutto il suo piede sul tavolino e intorno ad esso apparve un alone di calore sulla fredda superficie del vetro. Io scossi la testa mezzo addormentato e feci per rimettermi a dormire nonostante il leggero russare della prof, non appena , però , mi fui sdraiato un movimento brusco della professoressa fece inclinare il tavolo , ed il ripiano di vetro del tavolino , che era appoggiato su di una sola base centrale, si inclinò e cadde a terra; non si ruppe, ma io caddi violentemente sulla moquette, tra i piedi della donna che si svegliò di soprassalto.

<< oh mio Dio! >> esclamò : << Riccardo… dove.. dove sei? Stai bene? >> continuò a farfugliare alzandosi in piedi e guardando in basso sperando di vedermi ancora tutto intero. Io feci per rialzarmi ma la professoressa , agitata finì col pestarmi le gambe sotto il piede io urlai di dolore ma grazie a Dio un attimo dopo la donna mi vide e preoccupata mi raccolse e mi avvicinò al viso:

<< tutto bene? Scusami , mi ero addormentata! >> io con il viso sofferente, sdraiato nel palmo della sua mano le indicai le gambe e la prof si agitò ancora di più. Io non mi ero fatto malissimo , sentivo solo un pò di dolore latente , come quando si cade e si fa un bel botto, nient’altro, eppure mi piacque far pensare alla professoressa di essermi fatto davvero male. La donna mi portò di corsa in cucina e mi depositò su di un bel tavolo di legno, si chinò su di me e mi disse :

<< dimmi all’orecchio cos’hai! >>… era agitatissima , non era da lei, le dissi allora con tono tranquillo:<< niente professoressa, si calmi mi ha solo calpestato per un attimo le gambe e mi fanno un po’ male ma non è niente di grave! Tra un attimo sono apposto! >> la professoressa , ancora agitatissima rispose : << oh! Meno male! Sei sicuro che non hai niente!? >> e mi riavvicinò l’orecchio, io allora pensai di sfruttare l’occasione per farle la mia domanda:

<< professoressa G. , le ho detto che sto bene e la ringrazio per la premura. Ho una domanda da farle però… perché lei ha un rimpicciolitore ? >> La donna sembrò calmarsi, si sedette davanti a me , su di una sedia di legno imbottita e si appoggiò al tavolo appoggiando le belle mani davanti a me , ed anche i suoi bei seni tondi e sodi.

<< beh, fino a questa mattina avrei potuto farti la stessa domanda, ma adesso ho capito quali erano i tuoi intenti da allupato! >>
disse, poi , assumendo un tono di voce più serio (simile a quello con cui faceva lezione), continuò:

<< un rimpicciolitore rappresenta per una professoressa di chimica uno strumento interessante; funziona diminuendo lo spazio e comprimendo i legami delle molecole ed agisce tramite un impulso eltettromagnetico… su molte riviste avevo letto degli studi che hanno portato alla realizzazione di questo fantastico apparecchio… >> si interruppe un attimo , poi riprese guardandomi dritto negli occhi:

<< però il mio interesse non è il motivo per cui l’ho comprato, e ti prego di tenere quello che sto per dirti solo per te e di non dirlo a nessuno… d’altronde ti sono dovute delle spiegazioni dato che non ti ho permesso di tornare a casa e ti tengo io come “prigioniero”! Dunque; all’inizio di quest’anno è arrivato a scuola un nuovo studente, ti assicuro, un vero e proprio stronzetto! Marco L., lo conosci? >>

io feci cenno di no e la donna riprese :

<< beh, questo Marco è capitato in una delle mie classi e mi mancava puntualmente di rispetto; è arrivato perfino a rigarmi la macchina , facendomi una bella M sullo sportello! Io in principio l’ho mandato in presidenza, dove si è preso una bella sospensione , ma , tornato a scuola, ha iniziato a comportarsi anche peggio, chiamandomi addirittura puttana! Ti rendi conto? A me queste cose fanno imbestialire, così pensai che l’unico modo per ottenere il suo rispetto era spaventarlo e fargli capire che doveva temermi! Così, dato che a lui le punizioni scolastiche non facevano ne caldo ne freddo, ho deciso di comprare un rimpicciolitore..: >>
io aguzzai le orecchie interessatissimo alla storia :

<< …un giorno me lo sono portato a scuola e poi ho fatto rimanere Marco dopo la scuola , dicendogli che dovevo parlargli; lo aspettai nella classe vuota, lui arrivò tutto spavaldo , io gli dissi di chiudere la porta e non appena lui lo fece io presi il rimpicciolitore dalla borsetta e glielo puntai contro; l’ho fatto diventare un microbo di un centimetro; quasi non riuscivo a vederlo da lontano su quel pavimento della classe! >>

il mio interesse era al massimo, penso che in tre anni non ero mai stato così attento alle parole della mia professoressa di chimica. Restai a bocca aperta quando lei continuò dicendo:

<< … guardando bene dove mettevo i piedi mi avvicinai al punto in cui lui era scomparso e me lo ritrovai sotto che si agitava ed urlava terrorizzato. La sensazione di potere che provai fu stupenda e senza pensare alle conseguenze mi abbassai la zip del mio stivale destro e lo sfilai, poi afferrai quello stronzetto tra indice e pollice e ce lo lasciai cadere dentro. Ero talmente eccitata dalla situazione che mi riinfilai lo stivale e sentii Marco agitarsi sotto le mie dita, aggrappandosi alla mia calza di nylon, gli dissi: “bene bene insettino, penso proprio che ti terrò li per un bel po’, così impari a comportarti da stronzo, e se ti farò tornare normale ti consiglio di non dire quello che è sta accadendo a nessuno, altrimenti la prossima volta di rimpicciolisco e poi ti schiaccio sotto la suola dei miei stivali!” In tutta tranquillità mi sedetti alla cattedra ed accavallai le gambe, compiacendomi al pensiero che quell’arrogante stesse intrappolato nel mio stivale, costretto a respirare l’odore dei miei piedi e a difendersi dalle mie dita con le quali continuavo a torturarlo. Alla fine lo tirai fuori e lo feci tornare normale, lui era sudato e aveva gli occhi pieni di lacrime, se ne andò di corsa e non mi disse niente, vedendolo in quello stato pensai di aver ottenuto quello che volevo. Pensai di averlo spaventato abbastanza e che da quel momento in poi non mi avrebbe più dato fastidio , che mi avrebbe temuto e rispettato, in fondo era in mio potere fare di lui ciò che volevo… mi sentivo quasi una Dea. Purtroppo però non ero troppo lucida e realista, avevo agito spinta dalla rabbia, così, quando il giorno dopo il preside mi convocò nel suo studio, venni a sapere che i genitori di Marco avevano fatto cambiare scuola al figlio e che io ero stata denunciata per maltrattamenti. >>

Io ero incredulo, ed estasiato al pensiero che quella donna gigantesca davanti a me , oltre ad essere una gran figa , aveva anche deciso di punire un suo studente infilandoselo nello stivale! << Alla fine, il preside trovò un accordo con i genitori di Marco e garantì che avrebbe preso provvedimenti… evitai il tribunale ma il preside minacciò di licenziarmi! Fortunatamente mi diede un’altra possibilità e io mantenei il mio posto ed il mio stipendio che questo inverno mi sembrava necessario per poter convivere con il mio fidanzato( con cui ora ho rotto). Finita questa brutta avventura decisi di buttare il rimpicciolitore e lo gettai per terra, rompendolo, poi però non riuscii a gettarlo, era uno strumento meraviglioso sia per il potere che mi dava, sia perché a volte mi ci divertivo con il mio ragazzo! >> e dicendo ciò mi lanciò un’occhiata maliziosa per poi esclamare : << eh, lo so… ti sarebbe piaciuto anche a te divertiti, ma adesso non metterti a sognare troppo! >> e rise senza approfondire intenzionalmente l’argomento, lasciandomi libero di farmi tutte le mie fantasie.

<< Comunque ho preferito nasconderlo in camera mia e con il tempo mi è passato di mente e ancora non l’ho aggiustato, forse non l’avrei mai fatto, ma ora le cose sono diverse! E non voglio assolutamente che tu torni a casa alto tre centimetri, se i tuoi dovessero prendersela e andare a protestare dal preside, io risulterei l’unica possibile colpevole , e mi licenzierebbe in tronco… quindi ti prego, anche quando sarai normale non accennare nemmeno alla storia del rimpicciolimento e a tanto meno a me! >>

Io annuii, la situazione mi era ben chiara. Volevo continuare a parlare con la professoressa, ero estasiato dalla sua mentalità ed incredibilmente curioso, ma la donna si alzò di scatto da tavola dicendo:

<< bene! Sono le quattro! Faccio una volata al negozio in fondo alla strada per portare a riparare il rimpicciolitore, poi faccio un po’ di spesa e torno, tu restatene qui sul tavolo e non metterti nei guai! Ecco qui, così non muori di sete! >> disse in fine posando sul grande tavolo della cucina un altro tappo pieno d’acqua. Senza dire nient’altro andò in salotto, si mise i sandali, prese la borsa , le chiavi della macchina ed infine uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle.

Continua...
Chimica al liceo.

Parte III inviata da Jryan^ e caricata in data 27/Marzo/2004 13:48:14

Mi ritrovai a passare gran parte del pomeriggio in completa solitudine; alle sei la professoressa ancora non era rientrata ed io non riuscivo a smettere di fantasticare su di lei , di ripensare al suo racconto e a ciò che aveva fatto. Se la bellezza della professoressa e i suoi modi autoritari mi avevano portato a farmela piacere, ora , la sua mentalità , il suo modo di comportarsi (come ad esempio l’avermi chiesto un massaggio ai piedi), la rendevano una gigantessa perfetta; una donna di immensa bellezza che senza farlo apposta e che, anzi, spontaneamente mi dominava con distratta continuità.

Iniziai a pensare che sarebbe stato bello potermi aprire con la mia professoressa, confessarle le mie fantasie, chiederle di usarmi come lei desiderava, di rendermi il suo giocattolino per tutto il tempo necessario per la riparazione del rimpicciolitore…desideravo fortemente ritrovarmi di nuovo a tu per tu con la sua bella vagina e per tutto il pomeriggio non feci altro che pensare al modo più cortese e convincente per aprire il mio cuore alla mia prof di chimca.
Me ne restai seduto per lungo tempo sul bordo del tavolo a guardarmi intorno, fui tentato di provare a scendere e andarmene a zonzo per la casa della professoressa G. e nascondermi e spiarla una volta rincasata. Non mi dispiaceva affatto l’idea. Avevo anche notato che le sedie avevano dei soffici cuscini sui quali sarei potuto saltare senza farmi nulla, il problema sarebbe stato poi scendere fino a terra. In ogni caso , alla fine, me ne restai sul tavolo, le mie fantasie erano forti, ma la prudenza e la parte ragionevole della mia mente mi fecero trattenere.

Verso le sei e mezza sentii la porta aprirsi e poi dei sordi boati, un attimo dopo entrò in cucina la professoressa , con grosse buste di spesa ed il viso rosso. La donna poggiò le buste vicino al tavolo e mi fece un sorriso vedendomi ancora sul tavolo: << bene , vedo che hai fatto il bravo! >> disse , e poi continuò legandosi i capelli dietro la nuca:

<< non sai che sudata, fa già un gran caldo! Devo proprio andarmi a fare una doccia, tu hai bisogno di qualcosa ? >> io le feci cenno di no, allora la professoressa iniziò a svuotare le buste e a riporre il latte nel frigo.

<< adesso rimetto in piedi quel tavolino in salotto, così ti lascio li, almeno guardi un po’ di tv! >> Agli occhi della prof ero solo un piccolo ragazzo che aveva fatto una bravata e che adesso aspettava tranquillo di tornare delle sue normali dimensioni ,alla sua solita vita. Dentro di me , invece,desideravo fortemente dire alla professoressa che volevo diventare il suo schiavo per quei giorni di attesa che per me sarebbero stati lunghi come anni. Sapevo che sarebbe stato difficile dirlo, mi vergognavo e temevo la reazione di quella gigantessa, d’altronde però, ero convinto che se non le avessi rivelato le mie fantasie me lo sarei rimproverato per tutta la vita!
Quando la professoressa venne a prendermi per portarmi in salotto, dove intanto aveva risistemato il tavolino, io le feci cenno di fermarsi; << cosa c’è ? >> mi disse distrattamente mentre continuava ad avvicinarmi dall’alto la sua gigantesca mano aperta per afferrarmi, io mi indicai l’orecchio , cercando di farle capire che volevo parlarle, lei mi afferrò tra indice e pollice e poi mi sollevò fino al viso facendomi provare un nauseante senso di vertigine. Posizionandomi davanti ai suoi grandi occhi marroni disse di nuovo:

<< allora? Ma cosa stai cercando di dirmi? >> io le riuscii a comunicare che volevo mi avvicinasse all’orecchio per parlarle e lei annuì, camminò fino in salotto tenendomi nella mano e poi si sedette sul divano. Accavallate le gambe e spenta la tv (che già aveva acceso per me), mi portò vicino al suo orecchio e mi ci tenne vicino , tenendomi per le gambe. Era difficile cominciare a parlare e tra l’altro farle una confessione così compromettente stando penzolante a testa in giù mi faceva sentire proprio un cretino. La professoressa G. però mi spronò scuotendomi un po’ con la mano e dicendo:

<< Insomma! Che c’è!? Ti ho detto che voglio andarmi a fare una bella doccia! Se non ti sbrighi te la faccio fare anche a te! >> quella sua battutina ironica mi fece iniziare a creare centinaia di fantasie , così le dissi con tono un po’ tremante :

<< Professoressa… è un po’ imbarazzante per me, ma sento che devo dirle che lei mi piace moltissimo e che popola le mie fantasie erotiche da quando l’ho conosciuta.. >> La professoressa allora esclamò: << questo l’avevo capito, piccolo spione! Mi stai facendo perdere tempo per queste stupidaggini o c’è dell’altro? >>

Io allora dissi con il cuore che mi batteva velocemente nel petto:
<< si…se non le dispiace sarei molto contento se lei mi usasse …ehm…diciamo , per darsi piacere… >> notai che la professoressa continuava a tenermi vicino all’orecchio e la cosa mi incoraggiò in quanto pensai che fosse interessata alle mie parole:

<< …non lo verrebbe a sapere nessuno però per me sarebbe stupendo poterla adorare come merita!>> La professoressa disse con sarcasmo:
<<Se vuoi che ti usi per darmi piacere , allora sdraiati sul pavimento e lasciati calpestare! >>

mi sentii offeso ma le risposi timidamente: << Sono disposto a farlo, mi piacerebbe moltissimo morire schiacciato da lei prof, se lei lo desidera. Sono disposto a fare qualsiasi cosa, per questi giorni vorrei tanto che lei mi reputasse suo schiavo! >>

La professoressa mi allontanò dall’orecchio e mi tenne sospeso davanti al suo viso, fissandomi con i suoi occhi penetranti. Mi sentii uno schifo e sperai che la donna non mi rispondesse e che ignorasse semplicemente il mio sfogo, lei invece sembrò volermelo far pesare e mi disse con tono distaccato:

<< Allora sei proprio un pervertito! >> chiusi gli occhi, non volevo credere di essermi cacciato in quella situazione. La donna continuò:
<< A questo punto non oso pensare di che genere siano le tue “fantasie erotiche”! >> mi vide in difficoltà e disse :

<< Che hai ? sei in imbarazzo? Lo credo bene! Non solo non hai dato peso alla figura di maniaco che hai fatto sta mattina quando ti ho trovato nelle mutande, ma ti sei anche rivelato un gran porco! >>
non provai a rispondere, cercai solo di accettare il mio destino, ma la professoressa continuò a parlare, allontanadomi un po’ dal viso, come se volesse gettarmi via:

<< Sentiamo, se fossi mio schiavo cosa avresti acconsentito di fare? >>
io esclamai : << tutto! >> e lei lo capì leggendo il labiale:

<< …tutto…se ti avessi chiesto di leccare la suola dei miei sandali l’avresti fatto? Avresti leccato tutta quella sporcizia ? e se avessi deciso di gettarti nel wc e poi di fare di te quello che desideravo l’avresti accettato senza battere ciglio? O ancora, ti saresti fatto veramente schiacciare come uno scarafaggio sotto i miei piedi? >>

io risposi di si a tutto, esasperato, anche si in realtà non avrei amato leccare la suola dei suoi sandali, bensì i suoi piedi, e l’essere gettato nel wc non mi piaceva affatto! Mi sarei fatto schiacciare, si , ma era una mia fantasia da sempre, e ora , che poteva realizzarsi, forse non mi sarebbe piaciuto affatto, forse sarei stato terrorizzato! Pensai solo che volevo baciarla , leccarle ogni parte del corpo e ricevere lo stesso trattamento.

I miei si esasperati, però fecero sulla professoressa un effetto inaspettato; mi guardò con occhi più dolci e mi disse depositandomi nel palmo dell’altra mano:

<< Poverino… l’adolescenza fa veramente impazzire! Tu non hai un briciolo d’amor proprio, sei talmente spaventato dall’universo femminile che cerchi di rapportarti con esso in tutti i modi che ti vengono in mente! E sei talmente attratto dalle donne che le hai deificate a tal punto da accettare anche di essere ucciso! >>
restai colpito dalle sue parole, poi lei continuò:

<< sotto alcuni punti di vista sonno affascinata dalla prorompenza dei tuoi sentimenti! Li trovo esasperati, ma in fondo è giusto che siano così, alla tua età, che tutto sia così spaventosamente avventuroso, così divinamente attraente! >> Mi sorrise e io feci un respiro di sollievo , mi sentii sollevato, leggero come una piuma.

La professoressa G. mi avvicinò al viso, ed io restai sdraiato nel vasto palmo della sua mano, poi mi disse :

<< quindi, ai tuoi occhi io sono una Dea? >> e lo disse con un tono che sembrava emozionato, seppure cercasse di apparire severo e distaccato. Le risposi di si , e lei non riuscì a trattenere un sorriso ed un’espressione compiaciuta.

Capii che la situazione stesse volgendo a mio favore; le mie strane fantasie l’avevano colpita, la mia abnegazione l’aveva adulata…insomma, non potevo sperare in un risultato migliore. Pensai che che con molta probabilità mi avrebbe concesso di vivere con lei esperienze sensuali ma ad un tratto la professoressa disse:

<< Va bene schiavetto.. >> quell’appellativo mi fece restare incredulo: << …ho deciso cosa fare di te! >> e così dicendo si alzò dal divano e mi depose ai suoi piedi. L’odore che emanavano le sue enormi estremità era acre e pungente, io guardai in alto per capire cosa volesse fare la professoressa, la sua voce mi raggiunse dalla sua immensa altezza, come se fosse la voce i una vera Dea:

<< non voglio che la forza delle tue sensazioni e dei tuoi sentimenti diminuisca con l’età e che un domani tu sia divenuto come tutti gli altri! Sono rimasta talmente tanto colpita che ho deciso di realizzare il tuo desiderio… >> io non riuscivo bene a capire dove volesse arrivare, ma tremai quando vidi che si sfilava il sandalo destro; poggiò il suo bel piedone nudo davanti a me, sulla punta, tenendo le belle dita carnose divaricate, compresse sul pavimento a pochi centimetri da me. L’odore era terribile e i suoi polpastrelli, come la pianta, erano ingrigiti dalla sporcizia.

<< Sdraiati.. >> disse e io tremai di terrore, poi la professoressa continuò a dire, sollevando il piede sopra di me e occupando tutta la mia visuale con la sua enorme pianta:

<< …ho deciso che mi prenderò la tua vita, ti calpesterò sotto il mio piede nudo, così morirai stando a contatto con la mia pelle e sentendone l’odore, non potresti sperare in una morte migliore! Tu sarai contento ed io avrò impedito che la vita distruggesse un ragazzo così sensibile! >>

Io non mi ero sdraiato e , anzi, ero terrorizzato, pensai seriamente di scappare il più lontano possibile, ma la professoressa già abbassava il piede, vedevo il suo viso scrutarmi tra le sue dita divaricate, era seria e spietata. Disse :

<< addio… >> un attimo prima che il suo piede fosse così vicino da nascondermi completamente alla sua vista. Io chiusi gli occhi e non mi mossi, ero terrorizzato e allo stesso tempo attratto da quella fine che avevo tanto sognato.

Tutto divenne buio e l’odore del piede della professoressa era insopportabile, sentii il suo avanpiede posarsi alle mie spalle, pensai fosse questione di attimi e che la prof avesse posato il resto del piede schiacciandomi invece non accadde, aprii gli occhi con il cuore in gola e mi ritrovai sormontato dal suo immenso arco plantare e dal suo tallone, immobili. Un attimo dopo la prof allontanò il piede e disse sorridendomi dall’alto:

<< Però! Che coraggio! Non sei scappato! Dicevi la verità allora! >>
Capii che era tutta una farsa e mi sentii mancare, svenni.

Continua...
Chimica al liceo.

Parte IV inviata da Jryan^ e caricata in data 27/Marzo/2004 14:39:18

Quando rinvenni avevo un forte mal di testa e mi ci volle parecchio per riuscire ad alzarmi e mettermi a sedere. Mi stropicciai gli occhi , poi mi guardai intorno , ero sul ventre piatto e liscio della mia professoressa che se ne stava nuda, sdraiata sul letto della sua stanza. Pensai fosse un sogno mentre guardandomi intorno vidi la peluria pubica della donna a poca distanza e , voltandomi vidi i suoi seni ergersi in lontananza come due dolci colli rotondi. Accanto a me era posata la mano della prof che però non sembrava dare segni di vita; “è addormentata?!!” pensai e decisi di andarlo a scoprire di persona. Camminai sulla pancia della Professoressa G ed arrivai al suo seno, vi passai in mezzo, eccitato in maniera indescrivibile, affondando un po’ ad ogni passo nella morbidezza delle sue carni. Mi fermai a poca distanza dal suo viso, le vedevo solo il mento, la donna aveva un respiro regolare e calmo, era addormentata.

Provai una piacevole sensazione di serenità; il fatto che la professoressa, preoccupata per me dopo lo spavento che mi aveva fatto prendere, mi avesse adagiato sul suo colossale corpo nudo mi rincuorava, e pensai che a lei non dispiacesse affatto avermi , letteralmente, tra le sue gambe.

Evitai , comunque , di infilarmi in strani posti o di assumere atteggiamenti che avrebbero potuto infastidire la prof non appena si fosse svegliata, volevo fosse lei a dirmi di farle qualcosa, di baciarla…e qualsiasi altra cosa.

Me ne tornai , così, sul ventre della mia prof e li mi sdraiai , cullato dal suo stesso respiro. Non avevo idea di che ora fosse, sicuramente, però la professoressa si era già fatta la doccia.
La donna si svegliò all’improvviso, si stirò e poi si mise a sedere sul letto, io fui fatto scivolare verso la sua enorme vagina e mi aggrappai ai folti peli neri per poi guardare incombere sulla mia testa il bel seno nudo della prof ed il suo sguardo assonnato posarsi su di me:

<< Oh! Ti sei ripreso! >> mi disse :

<< Ti devo proprio aver terrorizzato prima eh? Sei rimasto svenuto per più di un ora, adesso come ti senti ? >>

le risposi urlando : << bene!>> e intanto continuavo a tenermi stretto ai suoi peli, lei sembrava indifferente a quella mia posizione “particolare” e non accennò minimamente a togliermi di li.
<< è ora di cena, sarà meglio andare a preparare qualcosa da mangiare… >> disse d’un tratto la professoressa e con naturalezza si alzò dal letto.

Io mi tenni forte ,guardai giù e vidi le gambe della prof scomparire in basso , verso il pavimento, i suoi piedi erano lontani e piccoli da dove ero io!

<< tieniti stretto ! >> mi disse sorridendo e si avvicinò ad un mobile, aprì un cassetto e ne tirò fuori un perizoma, iniziò ad infilarselo e prima di tirarselo tutto su guardò li aggrappato ai peli della sua figa e disse :

<< …Naturalmente, ti terrò qui dentro fino a quando non sarà pronta la cena, spero starai comodo, e non ti agitare troppo,non vorrei mi scivolassi fuori dal perizoma! >> e così dicendo indossò fin su il perizoma comprimendomi con forza tra i suoi peli.

Ero incredulo, la prof di chimica mi teneva nelle sue mutandine!
La donna, come se io non ci fossi , indossò una canottiera sul seno nudo e poi scese in cucina, camminando a piedi nudi. Con tutta calma iniziò a preparare la cena, poi dopo parecchi minuti si infilò una mano nelle mutandine e mi afferrò, mi portò davanti al suo viso e mi disse:

<< Adesso ti metto sul tavolino del salotto, cerca di non sparire! Io devo andarmi a vestire, aspetto un’amica per cena! Non ho intenzione di farti vedere da lei quindi ti terrò ancora nelle mie mutandine e se vuoi potrai anche divertirti un po’ a leccarmela, intesi! >> e così dicendo mi lasciò sul tavolino e mi accese la tv.

Mi sentivo strano, tra l’eccitato ed il confuso… non mi sembrava vero che la prof mi parlasse in quel modo… sembrava un sogno!
Mi sedetti sul freddo tavolino e guardai un po’ di tv mentre pensavo a quando avrei mangiato io , dato che la prof voleva tenermi nascosto, avevo un certo appetito e , soprattutto una gran sete.

Guardandomi in torno, sperando che la Prof mi avesse lasciato il solito tappo con l’acqua dentro, notai che c’era quello dell’ora di pranzo sul pavimento vicino al divano, con poche , preziosissime gocce d’acqua che comq sarebbero bastate per dissetarmi. Aspettai per chiedere alla prof di raccogliermelo ma per più di mezz’ora la donna non accennò a scendere, fu allora che decisi di tentare di scendere, una volta a terra avrei aspettato la prof e lei mi si sarebbe infilato dove voleva.

Camminai verso il bordo del tavolino di vetro , cercando di trovare un modo per scendere a terra, mi voltai verso sinistra e vidi che una bella pianta d’appartamento protendeva i suoi rami fogliosi fino a pochi centimetri dal tavolino, così mi ci avvicinai , feci un salto e mi aggrappai ai sottili rametti della pianta che si piegarono lentamente verso il basso. Arrampicandomi un poco raggiunsi il divano , vi salii e poi scesi giù lentamente , tenendomi aggrappato alle cuciture sul bordo.

Raggiunsi il pavimento che avevo ancora più sete di prima, così mi gettai sul tappo e iniziai a bere con foga. Una volta dissetatomi rovesciai il tappo vuoto e mi ci sedetti sopra in attesa che la prof scendesse e mi vedesse, non ero per niente preoccupato, e sbagliavo!
Sentii i rumorosi passi della professoressa scendere velocemente le scale e poi lei apparve in fondo al salotto , in tutta la sua bellezza; aveva pettinato i suoi lunghi capelli mori , che ora le scendevano lisci e lucenti fin sotto le spalle, indossava sul perizoma e la maglietta un abito leggero di un bel colore rosso che le arrivava fino a sopra le ginocchia, ai piedi, smaltati in rosso come il vestito,si era infilata dei sabot neri , aperti, con il tacco basso. Vederla camminare veloce verso la cucina , così bella e gigantesca fu uno spettacolo magnifico e lo era ancora di più se pensavo all’atteggiamento che ora la prof aveva nei miei confronti… ero eccitatissimo, e lo ero perché mi sentivo totalmente in suo potere, nelle mani di quell’essere stupendo.

La professoressa G. restò indaffarata in cucina per qualche minuto, probabilmente intenta a controllare l’arrosto ,di cui sentivo il buon odore spandersi per tutta la casa ,e ad apparecchiare la tavola della cucina. Poi venne in salotto e camminò diritta verso il tavolino di vetro dicendo:

<< vieni Riccardo…tra poco arriva… >> a quel punto si interruppe perplessa, non vedendomi dove mi aveva lasciato; io , da parte mia, mi trovavo sormontato dalla gigantesca professoressa, ero a poca distanza dai suoi splendidi piedoni ed ero un po’ agitato perché mi si era avvicinata troppo velocemente e con troppa distrazione… sarebbe bastato un passo in più e io avrei potuto far una triste fine!
Iniziai ad urlarle : << Professoressa, sono qui! Stia tranquilla! >> ed agitai il braccio verso l’alto per farmi notare , sperando che lei abbassasse lo sguardo; grazie a Dio lo fece subito e guardandomi con un espressione un po’ innervosita esclamò :

<< ma che cavolo ci fai li per terra! Se non ti vedevo questa volta ti pestavo veramente! >> si chinò a gambe divaricate praticamente sopra di me , dandomi uno stupendo spettacolo delle sue cosce e del suo sottile perizoma dal quale spuntavano alcuni peli che facevano presagire la bellezza di ciò che circondavano, e mi prese tra indice e pollice, tenendomi per il busto , lasciando solo le mie gambe e il mio addome libere dalla soffice morsa dei suoi polpastrelli.

<< E poi come hai fatto a scendere ?! >> disse alterata senza darmi la possibilità di rispondere, mi posò semplicemente su di una credenza in cucina ed aprì un cassetto. Io mi alzai in piedi e cercai di dirle che avevo sete, lei però non volle prestarmi la minima attenzione :

<< Non voglio che tu ti prenda queste libertà mettendo a rischio la tua vita e anche la mia indirettamente! Tra l’altro non voglio che la mia amica ti veda e inizi a fare domande…ci conosciamo da tanto ma lei è pur sempre una mia ex-allieva! >>

Tirò fuori dal cassetto un sottile spago , abbastanza lungo e lo tese davanti ai miei occhi per poi dire: << …Quindi, devo tenerti assolutamente sotto controllo, allunga la gamba! >>
Io esitai e allora la prof esclamò:

<< Lo faccio per te! non mi costringere ad usare le maniere forti! >> io tesi la gamba e lei vi passò intorno lo spago , poi fece un bel nodo e lo strinse;

<< come va così? Troppo stresso? Troppo poco? >> io le dissi che andava bene e la donna per fare una prova strattonò un po’ il filo , io caddi a terra pesantemente e lei si ritrovò con tutto lo spago in mano:

<< era troppo largo! >> disse sorridendo: << …Facciamo i furbi eh? Schiavetto?! >> Io sorrisi di rimando, ma quando la Prof mi prese in mano ed iniziò a passarmi lo spago intorno al busto, pensai che farmi stringere di più il nodo alla caviglia sarebbe stato meglio!
La Professoressa G strinse abbastanza il laccio intorno al mio addome, riuscivo a respirare bene e non ne ero troppo infastidito…l’unico problema era che graffiava un po’; la prof però sembrò essere disinteressata al problema e tenendomi penzolate al filo camminò verso il tavolo della cucina, si chinò sotto di esso ed assicurò l’altro capo del filo alla gamba del tavolo, proprio sotto la sedia sulla quale sarebbe stata seduta lei :

<< ecco.. >> disse mentre si rialzava : << …legato qui sotto sarai al sicuro, lei non ti vedrà e io potrò farti cadere qualcosina da mangiare, naturalmente tu stai a tento a non farti schiacciare! >> sorrise e fece per andare al forno, mi vide, però, molto indignato intento a tirare il filo , volevo liberarmi e allora tornò verso di me e posando il suo piede destro a pochi centimetri da me , scatenando un terremoto , disse :

<< Ti avrei voluto metterne nelle mutandine, ma data l’esperienza di sta mattina ho pensato che questo sia il posto più sicuro

[ replica ] anjsuu ha inviato un messaggio dal titolo: Secondo me... ed ha ricevuto 2 repliche.
messaggio inviato in data: 26/Gennaio/2008 21:50:38

...dovresti continuare la storia L'incantesimo^^

[ replica ] Di3go ha inviato un messaggio dal titolo: Voto Oltre il Sospetto ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 27/Gennaio/2008 07:52:24



[ replica ] vuva ha inviato un messaggio dal titolo: b - chimica al liceo ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 27/Gennaio/2008 11:46:26



[ replica ] nipotino-formichino ha inviato un messaggio dal titolo: Re : Storia da Proseguire ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 28/Gennaio/2008 12:28:46

Voto per «Chimica al Liceo».
Un peccato non votare anche per le altre...

Comunque, anche quando non le completi le tue Restano grandi Storie.

nipotino formichino.


[ replica ] max ha inviato un messaggio dal titolo: chimica al liceo ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 29/Gennaio/2008 21:49:18



[ replica ] gg ha inviato un messaggio dal titolo: ricordo "Una gelida serata di novembre" ed ha ricevuto 1 repliche.
messaggio inviato in data: 01/Febbraio/2008 00:07:22

Perchè non ritorni alla bella storia ititolata : <Una gelida serata di novembre> ...era proprio avvincente!!!

[ replica ] jryan^ ha inviato un messaggio dal titolo: bene bene ed ha ricevuto 1 repliche.
messaggio inviato in data: 02/Febbraio/2008 09:19:04

Apparte il fatto che le storie che ho postato non sono complete e quindi le riposterò a breve in versione integrale fino al punto in cui veramente mi sono fermato, Per adesso la situazione è la seguente:

Al primo posto tra le storie da continuare c'è : Chimica al Liceo, un classico delle storie rimpicciolimento/gts
Al secondo : Oltre il Sospetto
Al terzo : L'incantesimo

Sono state proposte storie esterne alla votazione, tipo il copiatore e "una gelida serata di novembre" e vi giuro, quest'ultima non la ricordo per niente... dove sta? qualcuno la può postare per favore??

Ora aspetto altri voti, e ci terrei a voti di Vegy, Dolceluna, Packi e chissà, magari di grey. Poi mi metterò a continuare la storia vincitrice e una delle esterne alla classifica.


grazie a tutti per l'interessamento e l'entusiasmo:)

jryan^ ha scritto: SONDAGGIO: La Storia da proseguire ed ha ricevuto 9 repliche. [***]
inviato in data: 26/Gennaio/2008 18:39:48
   jryan^ ha replicato con: Oltre il sospetto
   jryan^ ha replicato con: Chimica al Liceo
   anjsuu ha replicato con: Secondo me...
     mikalo ha replicato con: se qualcuno è d accordo posso continuare anke la mia...se qualcuno se la ricorda
     Mamunia ha replicato con: l il Copiatore....
   Di3go ha replicato con: Voto Oltre il Sospetto
   vuva ha replicato con: b - chimica al liceo
   nipotino-formichino ha replicato con: Re : Storia da Proseguire
   max ha replicato con: chimica al liceo
   gg ha replicato con: ricordo "Una gelida serata di novembre"
     jryan^ ha replicato con: appunto dicevo
   jryan^ ha replicato con: bene bene
     Mix (Banned) ha replicato con: E' nella sezione storie di questo sito



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