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[ replica ] Goldberg ha inviato un messaggio dal titolo: Nuova storia: Amirah, L'Eterna ed ha ricevuto 6 repliche.
messaggio inviato in data: 26/Agosto/2012 11:55:50

Salve a tutti. Voglio condividere con voi una nuova storia. Avverto fin da ora che le mie storie non sono le normali schiaccia/mangia/infila, non troverete un'azione immediata, perchè questo è il mio stile di scrittura, e ne vado molto orgoglioso. Di sicuro attrarrà molti meno fan di altri generi più "diretti", ma sarebbe andare contronatura, per me, se scrivessi in quel modo.
Per me è importante che ogni personaggio, elemento, evoluzione abbia la propria collocazione, un'adeguata importanza e che il tutto risulti armonico.
Auguro una buona lettura a quanti di voi si cimenteranno nella lettura di questo racconto.


Prologo

Amirah, L’eterna

Caro lettore,
quella che voglio raccontarti è forse la storia più assurda che tu avrai mai letto, eppure è la più veritiera. Se sono qui a picchiettare sui tasti del computer, è perché lei ha voluto che io lo facessi. Nessuno è mai sopravvissuto a un rendez-vous con lei, perché di solito è proprio il suo volto, l’ultima cosa che vedi, prima di scomparire, per sempre.
Oltre che per te, carissimo lettore, scrivo prima di tutto per me, così che io riesca a mettere nero su bianco ciò che ho vissuto, e che conservi intatto il mio equilibrio psicologico, perché più di una volta ho rischiato il delirio.
Ebbene sì, ho sfiorato la pazzia, ne ho sentito le calde braccia stringermi, avvinghiarmi in una morsa dalla quale è quasi impossibile divincolarsi, anzi, è certamente più facile lasciarsi cullare in quest’abbraccio e abbandonarsi a un vaneggiamento senza fine, in cui il tempo e lo spazio perdono ogni importanza.
Eppure sono tornato, e l’ho fatto perché lei l’ha voluto. Posso assicurare che quella che stai per leggere è la pura verità. Nemmeno voi avreste dei dubbi al riguardo se aveste vissuto la mia stessa esperienza.
Lei è l’unica eterna, cammina fra noi da così tanto tempo che la noia è diventata la sua più acerrima nemica e nello stesso tempo la più inseparabile compagna di viaggio. Forse è proprio in virtù di questa noia che io sono ancora qui, perché lei ha voluto che io tornassi e scrivessi la sua storia.
Probabilmente nessuno la prenderà sul serio, così come le storie di fantasmi, o le più moderne sui vampiri romantici, ma a lei va bene così. E’ bene, almeno per lei, che gli uomini non si curino della sua presenza, che non ne sospettino l’esistenza. E penso che lo sia anche per noi, comuni esseri umani. La mia vita è cambiata così radicalmente da quando l’ho conosciuta, che tutto ciò che prima reputavo importante adesso è insignificante: il lavoro, le amicizie, gli amori, i sogni.
Oramai io vivo in funzione della sua promessa, tutto il resto non conta più. Io scriverò la sua storia, e una volta terminato, lei mi riprenderà con sé, perché è la cosa che voglio più di ogni altra cosa al mondo.
Quindi, miei cari amici (permettetemi di chiamarvi così), lasciate che io vi racconti la sua storia, così che il mio supplizio abbia fine, ed io possa finalmente tornare da lei, Amirah, l’unica e sola eterna.





Capitolo uno

“Queste sono le chiavi, è tutto confermato. L’auto che avete noleggiato la troverete al vostro arrivo a Ibiza.” ci annunciò sorridente la solerte impiegata dell’agenzia di viaggio. Finalmente l’avevamo: una casetta affittata a Ibiza, per due settimane in Agosto. Dopo un anno di lavoro e sacrifici, eravamo riusciti a mettere da parte abbastanza soldi da poterci permettere due settimane nel fulcro della movida mondiale.
Non era la prima volta che ci andavamo, anzi, era la quarta, ma i miei amici ed io abbiamo sempre pensato che a duri sacrifici corrisponde un giusto premio. Così Marco, Fabrizio ed io, eravamo riusciti ad accaparrarci una splendida casetta. Dopo tre volte in albergo a due stelle, con la stanza piena di puzza di frittura della cucina sottostante, la piscina sporca e il menu che lasciava molto a desiderare, avevamo optato per questa soluzione.
Dal canto mio avevo preparato migliaia di cocktail per altrettante persone, elementi che normalmente non vorrei incontrare nemmeno a un funerale. C’erano volute attenzioni e riguardi per tipi che meriterebbero al massimo una bottigliata in pieno volto. Eppure, così facendo, ero riuscito a racimolare abbastanza mance da permettermi questo piccolo lusso.
I miei amici lavoravano con me, ma come camerieri, e se i miei sforzi erano stati imponenti, i loro erano stati anche maggiori, perché al tavolo è ancora peggiore.
Ormai non importava più, perché eravamo in Maggio, e sapevamo che ad Agosto i nostri sforzi sarebbero stati ricompensati.
In quel momento, mai avrei creduto che quell’estate avrei incontrato colei che mi ha cambiato la vita per sempre. Tutto quello che riuscivo a immaginare era sesso con straniere brille, alcol a fiumi e serate nei locali più in voga di Ibiza.
Quanto mi sbagliavo…

Più tardi, lo stesso giorno, ero a casa, nel piccolo bilocale che avevo affittato per conto mio. Era davvero comodo non dover più limitarsi per la presenza di genitori e fratelli. Potevo tranquillamente bere birra alle undici del mattino senza che nessuno mi dicesse che era troppo presto. Soprattutto, potevo disporre liberamente del mio pc, senza avere più la preoccupazione che qualcuno scoprisse il mio “lato oscuro”, la passione per quel particolare tipo di feticismo, la Macrofilia, o detto più semplicemente, fantasticare di essere minuscolo di fronte a una donna gigantesca.
Oh, che gran cosa internet! Fino all’arrivo della rete nella mia vita, avevo sempre pensato di essere l’unico a covare queste idee, mi sentivo diverso, a volte anche malato. Finché un bel giorno non cominciai a scrivere il termine “Gigantessa” sulla barra di Google, e boom! Migliaia di voci, pagine, immagini, siti e forum dove tantissimi altri condividevano la mia stessa passione.
Capii subito che questo feticismo era così complesso e ramificato da coinvolgere generi che mai avrei immaginato, e cosa più importante, per la prima volta non mi sentii più solo, diverso.
La prima cosa che notai fu l’evidente sproporzione fra uomini e donne, tipo una donna ogni quaranta o cinquanta utenti maschi. Per di più, imparai anche a diffidare delle donne, perché compresi a mie spese che, fin troppo spesso, dietro un profilo femminile si celava un uomo, e sinceramente, ancora oggi non riesco a capire cosa spinga certi individui ad agire in questo modo: è un po’ come se un uomo guardasse altri maschi eccitarsi.
Quest’esperienza mi lasciò addosso una sensazione così forte di viscidume, che ben presto cominciai a isolarmi dal resto degli uomini. In fondo, non m’interessava sapere cosa eccitasse loro, anzi, direi il contrario.
Ero piuttosto attratto dalle gigantesse, ovviamente direi, ma non solo per il loro ruolo. Mi piaceva comprendere più a fondo il loro modo di ragionare, le loro fantasie, la loro storia, quello che avevano provato prima di conoscere internet.
Spesso trovavo molte similitudini sulle esperienze del passato, ma allo stesso tempo, trovavo inconciliabili differenze sull’aspetto caratteriale. Penso sia a causa del mio temperamento, la mia indole sempre un po’ ribelle, che mi aveva causato più di un problema. Non riuscivo a essere un fedele “servitore” o “pet” come molti altri, mi dava proprio fastidio la sola idea di chiamare qualcun altro “dea”, ho sempre avuto problemi nei rapporti con figure autoritarie, professori, genitori, e anche forze dell’ordine.
Così mi allontanai un po’ dai vari forum, limitandomi a postare ogni tanto qualche racconto, ma alienandomi dalla “vita sociale” di questo microcosmo. La mia attività si era ormai ridotta alla raccolta di vario materiale a tema, dai fumetti (più di quanto mi aspettassi), ai disegni e ai lavori in grafica, molti dei quali di pregevole fattura.
Anche quel giorno, dopo un’oretta al pc, mi buttai sul letto e mi addormentai. Non era facile lavorare di notte, e se poi ti alzavi presto la mattina, diventava davvero pesante. Un’altra serata a servire cocktail a gente di una stupidità imbarazzante mi aspettava, meglio dormirci sopra.

I mesi che mancavano alla partenza, passarono velocemente, anche se non si direbbe, fra lavoro, serate fra amici all’insegna dell’alcol, sesso insignificante con donne facili, senza rischio di complicazioni affettive, non erano quelle di cui avevo bisogno.
Finalmente il locale chiuse, come sempre per tutto il mese di Agosto, e dopo una settimana di baldoria e bagordi, arrivò il tanto sospirato giorno della partenza, Ibiza ci aspettava.



Capitolo due

Atterrammo intorno a mezzogiorno all’aeroporto di Ibiza, insieme a centinaia di altre persone intente a trosportare bagagli troppo abbondanti. Come da accordi, una Peugeot 207 ci aspettava all’uscita. Il cortese addetto alla consegna spagnolo ci aspettava, e ci spiegò come meglio poteva, variando dallo spagnolo all’inglese, le funzioni fondamentali dell’autovettura.
Lo congedammo con un saluto amichevole, e dopo aver settato le coordinate, partimmo per la nostra destinazione, a finestrini aperti,sotto il caldo sole di Ibiza.
La casa era molto spartana, un arredamento essenziale, ma per quelle che erano le nostre esigenze, bastava avere un letto su cui dormire, e un frigo in cui tenere le bibite in freddo. Tutto il resto era superfluo.
Dopo aver comprato qualcosa per riempire il frigorifero (in pratica due bottiglie d’acqua e due casse di birra), ci riposammo un po’, con l’immancabile aria condizionata accesa, poiché fuori si sfioravano i trentotto gradi.
Ci svegliammo circa tre ore dopo, dovevamo ancora riprenderci del tutto dai postumi della sera precedente, e seguendo il detto “chiodo scaccia chiodo”, ci scolammo un paio di birre a testa, mentre fuori il sole cominciava a scendere.
Dovevamo sbrigarci, non volevamo perdere la spettacolare esperienza del tramonto al Cafe del Mar.
Come al solito, i posti a sedere nel locale erano tutti occupati, e dopo aver preso un drink, scendemmo a sederci sugli scogli, circondati da centinaia di persone, per lo più giovani, di tutto il mondo.
Mi piaceva quel mix unico di pelli, visi e lingue. Sentire parlare in francese, in inglese, in spagnolo, russo, e in lingue che non riuscivo a distinguere. Ragazze dai lineamenti delicati e dalla pelle candida tipica del nord Europa, che anche dopo settimane al sole riescono a diventare al massimo rosee. Sicuramente in netto contrasto con noi latini, gli italiani, gli spagnoli, i greci, i portoghesi, con le nostre abbronzature che descrivevano tutta la gamma del color bronzo.
A un tratto notai uno scoglio inspiegabilmente sgombero, anche se in ottima posizione. Su di esso, svettava una splendida donna sulla trentina, che a braccia incrociate sotto il florido seno, ammirava il tramonto, come tutti noi, lasciando che la brezza marina facesse svolazzare la gonna lunga dell’abito di lino color crema. La sua pelle era color caramello, e i sandali alla schiava salivano a cingere i suoi polpacci torniti. Il suo volto era sereno, disteso, un naso evidentemente africano, ma non troppo grande, e gli occhi erano socchiusi per schermare la luce del sole morente. Il tutto circondato da una riccia chioma di capelli neri, che in parte appuntati sulla testa, scendevano rigogliosi in morbide ciocche perfettamente definite.
Il tutto le concedeva un’area regale, e nella mia fervida immaginazione, la vedevo una fiera principessa di una qualche popolazione africana, magari egiziana.
Non mi accorsi di quanto a lungo e insistentemente la stessi fissando, fino a quando lei non si girò, guardandomi dritto negli occhi, proprio me, fra altre centinaia di persone.
Io non riuscii a distogliere lo sguardo, mi era praticamente impossibile. L’unica cosa che riuscii a fare fu un sorrisino ebete, che mi fece vergognare profondamente. Non era da me restare così imbambolato di fronte a una donna.
Lei mi guardò per un attimo che sembrò interminabile, poi il suo cipiglio inespressivo si dissolse in un sorriso caldo, sincero. Sentii qualcosa dentro di me, non saprei dire se morsa, fitta, dolore, ma fu qualcosa che non avevo mai provato prima.
Mi ritrovai ad alzare la mano in un cenno di saluto, senza neanche accorgermene. Mi sentii un bambino. Lei invece parve apprezzare, e ricambiò il gesto da lontano, regalandomi un altro di quei sorrisi che ancora oggi bramo disperatamente.
Poi, con mio sommo dispiacere, si voltò e scese aggraziatamente dallo scoglio, tenendo sollevato il bordo della gonna per non inciampare, e si voltò a guardarmi un’ultima volta, prima di sorridere e salutarmi da lontano con un cenno della mano, prima di darmi le spalle, e cominciare a camminare con un incedere che mi parve davvero pregno di regalità.
Non mi ero nemmeno accorto che il sole era tramontato, né tantomeno che il cocktail nel mio bicchiere si era oramai annacquato. La vidi scomparire fra la folla che si allontanava dopo il tramonto, e finalmente tornai in me.
Maledicendomi silenziosamente per la mia figura da bambino, buttai il cocktail imbevibile e dissi agli altri che ne andavo a prendere un altro. Mi consolai pensando che eravamo su una piccola isola dopo tutto, e che avevo molte possibilità di rivederla.











Capitolo Tre

Passarono quattro giorni, ma a lei pensavo ancora. Avevo avuto la mia abbondante porzione di sesso insignificante, di serate brave, e il fatto di avere un appartamento proprio aiutava moltissimo. Ogni sera davamo un party di fine serata, e ogni mattina mandavo via ragazzotte inglesi, australiane, statunitensi. Ormai sapevamo come muoverci, dove andare, ed era fin troppo facile tornare a casa con le ragazze.
Capitava che venisse con noi anche qualche maschio, amico delle ragazze, ma per lo più si addormentava del tipico sonno pesante da sbornia. Fuori gioco fino all’indomani.
Il quinto giorno ero proprio stanco, non mi andava di fare baldoria fino alle quattro del mattino. Decisi di lasciare l’auto ai miei amici, e dopo l’ottima cena a base di pesce sul lungomare di San Antonio, dissi che sarei rimasto lì, avevo il numero del taxi sul cellulare, sarei tornato a casa presto.
Tentarono invano di convincermi, poi alla fine se ne andarono, con altre due ragazze della sera precedente, che avevamo incontrato di nuovo lì al ristorante.
Restai un quarto d’ora a bere vino bianco ben freddo, poi il cameriere mi fece capire che il tavolo serviva per altre persone, e non feci obiezioni. Mi alzai, e nella mia comoda camicia di lino colo kaki mi incamminai sul lungomare, due passi, dopo una cena del genere, sono d’obbligo.
C’erano come sempre gli scultori di sabbia, riuscivano a creare dei veri e propri capolavori, e non lesinai nel dar loro qualche moneta. Apprezzo sempre chi sa fare bene il proprio mestiere, specialmente se è un lavoro manuale.
Oltre gli scultori, c’erano molti artisti di strada, capaci di dipingere notevoli quadri, anche di piccole dimensioni, con le bombolette di vernice spray, e chiunque ne abbia maneggiato una sa quanto è difficile un lavoro del genere. Diedi anche a loro delle monete, senza però comprare nulla, visto che avevo almeno otto di quei quadri in casa.
Camminando tranquillamente, arrivai nella zona del porto, e lì decisi di sedermi ad un bar non molto affollato. Una giovane ragazza spagnola, molto carina, prese la mia ordinazione, e tornò pochi minuti dopo con una coppa di vino bianco frizzante, ben freddo.
Non mi pesava essere lì da solo, chiunque mi conosca sa benissimo che non disdegno affatto la solitudine. Penso sia un meccanismo di compensazione rispetto alla mia vita lavorativa, che mi porta a stare in posti sovraffollati per molto tempo, più di quanto sia necessario sicuramente. Così mi godevo un po’ di pace, sorseggiando il mio vino, quasi ipnotizzato dalle barche all’ancora, che parevano essere cullate dal mare, un dolce dondolio che mi dava un senso di serenità. Socchiusi gli occhi, ero proprio dove volevo essere.

“Ciao..”, sobbalzai rischiando di cadere dalla sedia. Non riuscivo a crederci, lei, la splendida donna del tramonto, era lì di fronte a me, sorridente, e mi aveva appena salutato.
Istintivamente mi girai, convinto che stesse salutando qualcuno alle mie spalle, ma dietro di c’era una coppia intenta a parlare fitto fra loro in francese.
“Non sai parlare?” disse ancora sorridendo.
“Scusami, non avevo capito che stessi dicendo a me..” dissi balzando in piedi, come un alunno di fronte alla maestra. Era alta poco meno di me, ed io sono alto un metro e ottanta.
“Non mi inviti a sedermi?” disse lei continuando a sorridere. Aveva capito il mio imbarazzo, e la cosa sembrava divertirla.
“Scusami, sono imperdonabile.. Accomodati!” le dissi indicando la sedia con un gesto volutamente plateale. Cercavo di riprendere la situazione, non potevo fare di nuovo la figura del bamboccio.
Lei si accomodò di fianco a me, fasciata in un abito bianco che scendeva fin poco sopra il ginocchio, una sottile catenella d’oro alla caviglia sinistra, sul polso destro indossava un bracciale a fascia su cui spiccavano dei delicati bassorilievi di divinità egizie, riconobbi solo Bastet dalla testa di gatto, mentre al petto era adornata di uno splendido pendaglio d’oro raffigurante il dio egiziano Ra, raffigurato nella sua classica rappresentazione con la testa di falco. Sono molto appassionato di folklore oltre che essere un barman sciupa femmine.
“Cosa bevi?” le chiesi mentre con la mano richiamavo l’attenzione della graziosa ragazza di prima.
“Lo stesso che bevi tu..” disse, ravvivandosi dietro l’orecchio una ciocca ribelle.
Improvvisamente fui trafitto da una domanda: come faceva a sapere che sono italiano? E a parlare così bene la mia lingua?
“Scusa –le chiesi-, ma come fai a sapere che sono italiano?”.
“Ti ho sentito parlare l’altro giorno, al Cafe del Mar..” rispose con naturalezza, prima di continuare: “E se ti chiedi perché parlo bene la tua lingua, è perché ho vissuto parecchi anni in Italia..” .
“Beh, sei giovanissima –la adulai-, ci sarai stata da bambina immagino..”
Lei sorrise maliziosa, aveva capito subito il mio intento adulatorio: “Ti ringrazio, ma non sono proprio giovane, e per rispondere alla tua domanda: si, diciamo che ero una bambina quando ho vissuto in Italia.”
La ragazza arrivò con il vino per lei, e non potei fare a meno di notare il seno sodo sotto la camicetta, quando la sentii parlare con una nota di disappunto: “Lasciala perdere, è una sgualdrina.. Va a letto con turisti rinquattrinati, e dopo li deruba..”
Restai di stucco, sgranando gli occhi: “Come fai a saperlo?”.
Lei sorrise, deliziata dalla mia reazione: “Oh, ti stupiresti delle cose che conosco..”.
Era bellissima, ora potevo vedere anche i suoi occhi, che alla luce dei lumini sul tavolo si riempivano di screziature verde, su un fondo color nocciola. Era davvero incantevole.
“Devo dire che sei un po’ scarso come Don Giovanni.. Non ti sei nemmeno presentato.” disse provocatoria.
L’ennesima figuraccia, ormai era diventata una collezione di gaffe. Rosso in viso, allungai la mano: “Hai ragione.. Sono una frana stasera.. Il mio nome è Mattia. Piacere di conoscerti.”
Lei prese la mia mano, e guardandomi negli occhi disse: “Io sono Amirah, e credimi, il piacere è tutto mio.”
Ritrasse la mano e assunse un’area enigmatica, continuando a fissarmi, mentre io non riuscivo a non guardare i suoi occhi, così profondi.
Restammo lì a parlare per almeno un’ora, discutendo del più e del meno. Appresi che lei era di famiglia facoltosa, quindi non lavorava, si godeva semplicemente la vita. Parlammo dei viaggi fatti, di Ibiza, dell’Italia, e dalle sue parole compresi che amava molto il mio paese, lo conosceva addirittura meglio di me, essendo stata in luoghi che io non avevo mai visitato.
Poi venne il momento di andare, avevo capito che quella notte non sarei rimasto solo. Così fui io a propormi per primo: “Ti va di venire da me? Ho una casa affittata non molto lontano da Ibiza.”
Lei mi guardò con quello sguardo profondo, in cui notai una scintilla, un piccolo bagliore, e poi disse: “No, preferisco andare da me, saremo di sicuro più tranquilli…”.
Si alzò, mise a posto la gonna, e tendendomi la mano mi disse: “Andiamo?”.
Istintivamente afferrai la sua mano, cercando di non apparire troppo affrettato, e risposi:
“Certamente mia cara.. ”, il vino mi aveva reso decisamente più tranquillo, e quindi anche più intraprendente.
Ricordandomi di non avere la macchina, presi il cellulare e le dissi: “Chiamo un taxi..”, ma lei pose una mano sul cellulare, dicendo: “Non ce n’è bisogno..”, e con molta flemma, alzò l’aggraziata mano destra, quello che indossava il bracciale di Bastet, e a quel cenno vidi i fari di una macchina che si accesero, e dal rumore che produsse il motore quando si accese, capii che non era un’utilitaria.
Era una splendida Bentley Mulsanne grigio fumo. Al suo passare i turisti si voltavano a indicarla, e la notte si illuminava dei flash delle macchine fotografiche, e mentre i passanti ammiravano l’auto accostarsi al marciapiede, vidi il conducente scendere dall’auto, un nubiano di almeno un metro e novantacinque, in un vestito su misura dello stesso colore dell’auto. Con movimenti rapidi e aggraziati, aprì lo sportello posteriore, pronto ad accoglierci mentre ci avvicinavamo.
Era perfettamente sull’attenti, con lo sguardo su Amirah, pronto a eseguire qualunque ordine. Non dubitai del fatto che mi avrebbe distrutto in un secondo se solo Amirah glielo avesse chiesto, ma lei si limitò a dire, e in modo molto gentile fra l’altro:
“Portami a casa Chaka, stasera abbiamo un ospite.”
“Molto bene madame – rispose con voce ferma l’enorme uomo in livrea grigia-, avviserò mentre siamo per strada.”
“Ti ringrazio Chaka..” si limitò a dire Amirah sorridendogli. Trovai che fosse una bella cosa il modo in cui lo trattava.
Guardai l’autista, e sorridendo gli dissi : “Buonasera Chaka..”.
L’uomo mi sorprese, rivolgendomi il più gioviale dei sorrisi, illuminandogli il volto:
“Buonasera signore.. Prego, si accomodi.”, mi indicò cordialmente lo sportello che teneva aperto, e che chiuse delicatamente quando fui salito.
Ripartimmo, e a giudicare dall’auto, la casa non sarebbe stata di certo da meno. Amirah intanto mi toccò il braccio con la mano, e disse: “Avverti i tuoi amici che per tre giorni sei mio ospite.”
Sul momento mi vennero mille rimostranze, pensai a quello che avrebbero pensato Marco e Fabrizio, ci sarebbero rimasti male, dopotutto eravamo partiti per stare insieme, ma quando cercai di esprimere a voce le mie obiezioni, colsi di nuovo quell’accenno di bagliore nei suoi occhi, e senza nemmeno accorgermene, stavo già scrivendo il messaggio, che inviai, e poi spensi anche il cellulare.
Mi parve tutto così naturale, non sapevo ancora quanto Amirah potesse essere persuasiva, ma l’avrei scoperto presto.












Capitolo Quattro

Capii subito che ci stavamo dirigendo verso l’entroterra, viste le premesse, non mi sarei aspettato nulla di meno. I veri ricchi stavano all’interno, non si mischiavano ai comuni mortali come noi.
Osservavo il paesaggio attorno a noi cambiare, e le fitte case bianche dei centri abitati, cominciarono a lasciare spazio a campagna aperta, alberi di ulivo, di agrumi, e gli immancabili fichi d’india, che anche qui crescevano negli anfratti più impervi.
“Mi hai colpito subito.. ”, disse improvvisamente, destandomi dall’ammirazione del paesaggio.
Ringalluzzito e galvanizzato dal complimento mi lanciai anch’io: “Anche tu sei bellissima.. Sei forse la donna più bella che io abbia mai visto in vita mia..”.
Lei mi poggiò la mano sulla mia, mi sorrise teneramente e poi parlò: “Ti ringrazio molto, ma non è della bellezza che parlavo.. ”
“Ah, mille grazie allora..” cercai di fare il finto offeso, per spezzare l’antipatica empasse che si stava creando.
“Non fraintendermi –disse sorridendo-, ti trovo molto carino, ma non è la bellezza che mi ha colpito, è qualcosa che hai nel profondo, una cosa che può unirci in un modo così intimo e speciale che mai avrei sperato fosse possibile.”
“Così mi spaventi..”e non dico che avevo paura, ma c’era qualcosa che suonava inquietante in quelle parole.
“Non temere, stiamo per arrivare, presto tutto sarà più chiaro.. ”, e poi mi strinse dolcemente la mano.
“Beh, spero sia una bella sorpresa allora..”, io immaginavo già scene di sesso bollente.
“Non è quel che credi, sappi solo una cosa: non hai nemmeno idea di quanto tempo io abbia aspettato uno come te..”.
Non risposi, non riuscivo a decifrare il significato di quelle parole, ma mi sentivo stranamente calmo, anche se ero in una macchina di lusso con una sconosciuta di cui sapevo solo il nome, guidata da un autista così grosso che avrebbe potuto uccidermi senza nemmeno sudare, e tuttavia ero sereno. Davvero strano.


Capitolo Cinque

Riconobbi la zona di Santa Gertrusis, la più interna dell’isola. Era il posto ideale per restare al riparo dalla folla che gremiva i litorali. Qui sui colli si godeva di una vista mozzafiato, e si riconosceva ancora l’isola come era stata prima della “colonizzazione” turistica.
La Bentley Mulsanne cominciò a rallentare dolcemente. Mi accorsi di una lunga schiera di Ginepri rossi che delimitavano un’area davvero vasta, e mi bastò guardare verso l’alto per scorgere una grandissima villa, sapientemente illuminata nella notte stellata.
I ginepri erano intervallati da bassi fari che illuminavano il bordo della strada, delineando un sentiero luminoso che conduceva a quella che sembrava in apparenza, una normale casetta in legno, ma mi accorsi essere una sorta di guardiola.
Da una grossa vetrata lucidissima, vidi un uomo che sembrava la fotocopia di Chaka, almeno per dimensioni, non riuscii a vedere bene il volto. Il guardiano, solerte, attivò il meccanismo della barra, lasciando che la Bentley su cui viaggiavamo si immettesse nell’ampio viale, delimitato ai lati da graziosi alberi di ulivo, e illuminati con la stessa cura del precedente. Un sentiero luminoso che si inerpicava su per la collina, ma non riuscii a vedere oltre la coltre delle fronde degli ulivi.
Dopo circa un chilometro, arrivammo nell’ampio piano di selciato che si trovava di fronte la villa. L’auto si fermò delicatamente, e subito dopo Chaka scese ad aprire lo sportello, accogliendoci con un sorriso franco e benevolo.
La vista era da mozzare il fiato. Una costruzione grandissima su due piani, tutta in arenaria gialla, si stagliava su una vasca larga quanto l’edificio stesso. L’immensa vasca si interrompeva solo in prossimità della rampa di scale che conduceva all’ingresso.
In quelle acque calme, galleggiavano grosse ninfee, e dei piccoli fari circolari ne evidenziavano il perimetro internamente, lasciandomi intravedere il movimento di alcuni pesci al di sotto delle piante acquatiche.
La scala in marmo bianco di Carrara saliva fino ad un patio sorretto da colonne quadrate in arenaria, su un pavimento dello stesso materiale delle scale, impreziosito da diversi mosaici, su cui erano rappresentate varie divinità egizie. L’occhio di Ra accoglieva all’inizio della larga scalinata, illuminato da un faretto sulla facciata della casa.
Il patio era delimitato da una piccola balconata, formata da piccoli sostegni sferici in marmo di Carrara, mentre la ringhiera era della stessa arenaria gialla del resto dell’edificio.
Trovai meraviglioso tutto l’insieme, una magnificenza che non cozzava con l’ambiente tipico mediterraneo circostante. Altre ville che avevo visto in passato, erano dei progetti notevoli dal punto di vista architettonico, ma il contrasto con il paesaggio circostante era troppo marcato, stridente.
“Quando hai finito di guardarti attorno potremmo anche entrare in casa..” annunciò con finto disappunto Amirah, che ora più che mai, in questa splendida villa, mi appariva come una principessa egiziana, la medesima impressione del nostro primo incontro.
“Si, perdonami. E’ una costruzione splendida, mi sono perso ad ammirarla. Davvero complimenti per le scelte.”.
“Ti ringrazio, è una delle mie abitazioni preferite, mi ricorda tanto la mia infanzia.” Asserì gentilmente, senza dare troppo risalto al fatto di avere altre abitazioni oltre questa.
“Bene, direi che possiamo entrare adesso.” Annunciò con un sorriso, mentre il grande portone in legno si apriva dall’interno, e delle graziose cameriere dalla pelle mulatta attendevano docilmente, nelle loro ampie tuniche di lino marrone, strette alla vita da delle cinture di un materiale che mi parve oro, e i capelli raccolti in un’elegante treccia che scendeva ordinatamente dietro la nuca.
“Dopo di te mia cara..” dissi facendo un plateale inchino. Lei sorrise genuinamente di questa piccola gag, e mi precedette, entrando in casa, ed io la seguii.

All’interno, un grandissimo lampadario di cristallo sovrastava il vasto ingresso, riflettendo il proprio bagliore su un lucidissimo pavimento in marmo nero del Belgio. Nell’ampio salone trovavano posto una moltitudine di divani e poltrone dal design minimalista, in pelle bianca, oltre a tavolini in vetro lucidissimo. In alcuni tratti dei grandi tappeti persiani creavano un gradevole contrasto, spezzando l’alternanza di bianco e nero che era comunque il liet motiv dell’arredamento.
“E’ tutto pronto in camera madame.” Annunciò in tono docile la governante.
“Benissimo, grazie Danuwa. Dai ordine che non mi si disturbi per nessun motivo. Chiamerò io quando avrò bisogno. E’ tutto.” Rispose Amirah in tono fermo ma non maleducato.
“Come desiderate madame..” disse Danuwa chinando il capo, e ritirandosi rispettosamente.
Amirah si rivolse a me, e porgendomi la mano disse: “Vogliamo andare?”.
“Pensavo non me l’avresti mai chiesto..” cercai di fare lo spiritoso, e in effetti la battuta la fece ridere di gusto, e mi beai del suono argentino della sua risata.
Tenendo la sua mano ci avviammo su per le scale in marmo nero, sembravamo proprio una coppia regale in quel momento.
“Preparati mio Don Giovanni italiano, l’esperienza che vivrai stanotte cambierà la tua vita per sempre.” Mi annunciò guardandomi negli occhi con uno sguardo malizioso.
“Non vedo l’ora..” le risposi, convinto che lei mettesse un po’ troppo pathos nell’attesa, dopo tutto di notti bollenti ne avevo avute abbastanza.
“Vedrai, tutto quello che hai sperimentato fino ad ora è niente rispetto a quello che ti darò. Ci uniremo in un modo che hai solo sognato, io realizzerò il tuo più grande desiderio.” E stavolta aggiunse un sorriso che sapeva troppo di misterioso.
Mai avrei immaginato cosa mi stesse aspettando. Da lì a poco i desideri del mio “lato oscuro” sarebbero divenuti realtà, non immaginavo nemmeno fino che punto.


[ replica ] Goldberg ha inviato un messaggio dal titolo: Capitolo 6 ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 30/Agosto/2012 13:26:32

Nonostante i numerosi commenti ( :D ), posto il seguito del mio racconto. So di non essere il più simpatico degli utenti, ho avuto le mie rogne un pò con tutti, ma uno scrittore ha comunque bisogno di raccontare la sua storia, i commenti possono fare piacere, ma sono secondari, a me interessa regalare qualche momento piacevole a chiunque legga la mia storia.
Buona lettura.

Capitolo Sei

Tenendomi per mano, mi condusse attraverso il corridoio centrale, fino all’ultima porta. Una volta aperta, ci ritrovammo in una stanza da letto davvero incantevole, in cui il bianco era il colore dominante.
Il letto a baldacchino, i tappeti, gli eleganti tavolini, un divano, due poltrone, uno scrittoio, le tende che danzavano all’invisibile movimento del vento.
“Hai davvero una splendida casa.” Dissi assolutamente sincero. Era vero, era in assoluto la casa più bella in cui fossi mai stato.
“Ti ringrazio. Sai, quando hai molto tempo libero, come me, cerchi qualcosa per impegnarlo, e l’arredamento è una di queste. Più tardi te ne mostrerò altre.” Aggiunse guardandomi di sottecchi, mentre prendeva dello champagne da un secchiello di cristallo colmo di ghiaccio. La aprì, e ne versò due abbondanti flute, porgendomene una.
“A cosa brindiamo?” le chiesi alzando in alto il mio calice.
Lei alzò gli occhi al soffitto, come se stesse cercando ispirazione, poi disse:
“Brindiamo alla vita, perché, dopo tanto tempo, riesce ancora a stupire.”
“Alla vita allora. ” ripresi il suo brindisi, nonostante mi apparisse quantomeno singolare.
Lei bevve, e poi si spostò sul grande terrazzo col pavimento in cotto, girandosi a guardarmi, per essere certa che la seguissi.
In quel momento pensai ai miei amici, persi chissà dove su quell’isola, a cercare di farsi amica qualche turista alticcia, magari in qualche locale di terz’ordine. Mi sentii quasi in colpa pensando a loro, mentre io stavo in questo posto da sogno. In effetti, avrei potuto sentirmi in colpa rispetto alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Un lusso del genere era davvero da pochissimi.
“Stai tranquillo, i tuoi amici se la stanno spassando lo stesso. ” mi disse a un tratto, lasciandomi di stucco.
“Come fai a sapere che stavo pensando a loro? L’ho detto ad alta voce per caso?”.
“Una donna non rivela mai i propri segreti.” Disse con un sorriso accattivante.
Cercai di fare la prima mossa, mi avvicinai a lei, ma lentamente, lasciandole il tempo di ritrarsi se l’avesse voluto. Non si mosse. Eravamo vicinissimi, il mio viso era vicino al suo, a una spanna o poco più.
Mi mossi verso di lei, le mie labbra a un centimetro dalle sue. La mia mano le sfiorò la guancia, e poi scese a cingerle il viso, sulla delicata linea della mascella. La attirai a me, e finalmente sentii il gusto delle sue labbra.
Socchiusi gli occhi, e a un tratto mi sentii mancare letteralmente il terreno da sotto i piedi. La mia mente fu investita da un fiume d’immagini, come frammenti di altre storie. Era come una clip d’immagini troppo veloci. Vidi lei, Amirah, un po’ più giovane, con i capelli sciolti e in una veste bianca, sorridente. Vidi un fiume che, stranamente, seppi con assoluta certezza essere il Nilo. Vidi case di fango del colore dell’argilla, bianche lenzuola che sventolavano al sole, uomini con corti gonnellini intenti a raccogliere il grano, bambini sorridenti rincorrersi in un cortile polveroso, un’anziana donna corpulenta dai lunghi capelli bianchi, una moltitudine di uomini trascinare grossi blocchi di pietra, una piccola via in mezzo a quelle case di fango illuminate da lampade a olio appese fuori dalle porte, alte palme da datteri, enormi distese di sabbia a perdita d’occhio.
Mi staccai. Quell’esperienza era troppo per il mio cervello. Sgranai gli occhi, e non c’era più il suo splendido volto di fronte a me. Sentivo la sua risata, ma non era la sua, non quella che avevo conosciuto io almeno. Suonava troppo forte, quasi impersonale, ed era come se permeasse tutto lo spazio intorno a me. Poi alzai gli occhi al cielo, e finalmente capii.
Lei era ancora lì, ma svettava su di me, enorme. Mi osservava divertita da un’altezza che non saprei quantificare. Guardandomi attorno, a qualche decina di metri da me, su entrambi i lati, c’erano i suoi poderosi piedi nudi. Ero poco più alto del collo del suo piede.
Avevo desiderato questo momento da sempre, eppure non fui in grado di fare nemmeno un movimento. Non un respiro o una parola. Restai letteralmente impietrito.
“Non temere, se avessi voluto farti del male, lo avrei già fatto.” Annunciò Amirah chinandosi in avanti, e mettendo il suo palmo vicino a me, in modo che io potessi salire.
“Sali, tranquillo. Mi viene il torcicollo a parlare guardando in basso.”. Sorrise trasmettendomi serenità, che era proprio la cosa di cui avevo bisogno in quel momento. Sospettai che fosse in grado di influenzare la volontà altrui, anzi, fu quasi una certezza. In ogni caso decisi di salire, e tenendomi al pollice eretto, balzai sul palmo della sua mano, e in breve fui trasportato verso l’alto, quasi all’altezza del suo viso.
“Come ho già detto, non hai nulla da temere. C’è un motivo per cui ho scelto te. – e mentre lo diceva, carezzava la sommità della mia testa con il suo dito indice- Sei il primo essere umano che conosco, che ha questa fantasia per le gigantesse.”
Fui sicuro che potesse leggere anche nel pensiero. Non ne avevo fatto nemmeno un accenno.
“Si hai ragione, -mi sorprese- riesco a leggere nel pensiero, a influenzare la volontà altrui, a rimpicciolire la gente, e innumerevoli altre cose.”
Intanto c’eravamo spostati in camera, e lei sedeva comodamente su una delle due poltrone bianche, e mi depose sul suo grembo. Non tentai di fuggire, non avrei avuto scampo. Stavo vivendo il mio più grande sogno e tuttavia, ancora faticavo a realizzare che fosse la realtà.
“Ma com’è possibile? Come fai ad avere questo potere?” dissi dando voce alla curiosità impellente che montava dentro di me.
“Non è ancora il momento. Fra poco ti racconterò la mia intera storia. Te ne ho già dato un breve assaggio mentre ci baciavamo. A proposito, baci proprio bene. Gli italiani non si smentiscono mai.”.
Era sincera, non avrebbe avuto motivo di mentirmi, non c’era nulla che non potesse ottenere da sola, quindi fui lusingato da quel complimento.
“Ti ringrazio. Vorrei poter fare molto di più, ma in queste dimensioni diventa difficile.”.
“E perché mai? Ho per la prima volta in tutta la mia lunga esistenza, l’opportunità di avere un partner minuscolo che desiderava davvero esserlo. Tu hai in te una novità che cercavo da molto tempo. Sai, quando vivi a lungo come me, la noia diventa la peggiore compagna di viaggio che possa esistere. Ho cercato di ovviare a questo problema, più tardi ti mostrerò meglio come. Penso ne rimarrai sorpreso. Tu, invece, sei una piacevole sorpresa. ”
“Non sono il solo ad avere questa fantasia. Se solo accedi a internet, potresti accorgertene da sola.”.
“Non sono mai riuscita ad appassionarmi a internet. E’ una cosa che non mi appartiene del tutto, e non esercita chissà quale fascino su di me. ”
Restammo ad ammirarci a vicenda per un lungo istante, poi finalmente qualcosa scattò nei suoi occhi.
“Realizziamo uno dei tuoi sogni. Almeno da piccolo, riesco a vedere che hai anche fantasie da coppia di giganti, e anche questa cosa mi eccita non poco. Ora, però, vediamo cosa sai fare.”
Si alzò, mi depose sul letto, davvero enorme per me, e cominciò a spogliarsi lentamente. Si slacciò i sandali leggeri, poi insinuò le sue dita affusolate sotto le spalline dell’abito bianco. Le bastò alzarle leggermente, e poi allargarle verso l’esterno, per poi lasciarlo scivolare su di se.
L’abito scese dolcemente sulla sua pelle liscia color caramello, liberando quel magnifico corpo nudo. Non indossava nulla sotto l’abito. Il suo seno prosperoso si ergeva in tutta la sua magnificenza, alzandosi e abbassandosi dolcemente al ritmo del suo respiro calmo. Il suo addome piatto scendeva naturalmente verso quello splendido giardino segreto, dove una rada e curata peluria nera nascondeva le porte del suo paradiso nascosto.
Decise che era rimasta a farsi ammirare abbastanza, e venne verso di me. Salì sul letto puntellandosi sulle ginocchia, e carponi si diresse da me, che nudo, restavo seduto al centro del letto. Si fermò su di me, tenendosi sulle braccia, il suo florido seno dondolava sopra la mia testa, e lei divertita mi fissava sorridendomi con un’espressione che era a metà fra l’indulgente e il calcolatore.
Improvvisamente, scese su di me. I suoi morbidi seni mi sovrastarono, e mi trovai a respirare un profumo di fiori di henné, prima che quelle soffici mammelle mi coprissero del tutto. Presi a muovermi spasmodicamente, baciando, stringendo, leccando, accarezzando. Ero come un bambino in un negozio di caramelle, l’ingordigia era padrona di me. Non riuscivo a controllarmi.
Avvertii il tocco della sua mano che si era insinuata sotto di me. Mi sorresse mentre lei si voltava in posizione supina, in effetti, cominciavo a respirare difficilmente. Mi lasciò, e disse:
“Sei libero, conduci tu il gioco. Tutto ti è concesso.”
Mi si riempirono gli occhi di lacrime di gioia. Stavo per realizzare il sogno della mia vita.
Salii più velocemente che potei verso il suo viso, e in piedi sul suo collo mi chinai a baciare le sue morbide labbra ora umide. Lei ricambiò i miei baci, solo che il suo copriva metà del mio corpo. Avvertii nuovamente la familiare pressione sulla mia schiena, come a dirmi di indugiare un po’ di più sulle sue labbra. Non era per niente un peso per me.
Mi stesi come meglio potei per raggiungere con le mie mani protese verso l’esterno, gli angoli della sua bocca. Lei dischiuse le labbra, rivelando una serie di denti bianchissimi, mentre il suo caldo respiro mi avvolse. Persi nuovamente il controllo. La sua rosea lingua accarezzava il mio corpo, avviluppandomi in un abbraccio umido e caldo. Mi ritrovai cavalcioni sul suo viso, con il bacino all’altezza delle sue labbra.
E’ inutile dire che ebbi l’erezione più poderosa della mia vita. I suoi occhi sornioni erano fissi su di me, e le sue labbra si atteggiarono in un breve sorriso, prima di chiudersi dolcemente all’altezza del mio sesso fremente.
Il calore della sua bocca, la dolcezza della sua lingua, il sapiente movimento delle sue labbra furono troppo per me a quelle dimensioni, e quasi sicuramente lo sarebbe stato anche in dimensioni normali. Raggiunsi la vetta del piacere. Il godimento più intenso della mia vita fino a quel momento.
Non riuscii a controllarmi, e sentii il mio seme esplodere in un fiotto violento e liberatorio. Lei sorrise, avvertendo sicuramente quel che era sorriso, e delicatamente mi prese e mi pose sul suo addome piatto.
“Bene, hai avuto il tuo piacere, ora tocca a me.” Disse indicando con la punta del suo indice verso il basso.
M’illuminai, entusiasta e consapevole. Ancora umido della sua saliva, ma lasciai scivolare sul suo basso ventre, e poi sul suo monte di venere, atterrando in piedi fra le sue cosce dischiuse, e mi voltai.
La sua vagina si trovava di fronte a me, avvolta in quella rada e curata peluria. Giurai quasi di intravedere delle micro gocce imperlare quei radi peli pubici, ma la cosa che avvertii più di tutto fu il calore che s’irradiava dal suo interno.
Ero nel bel mezzo del mio sogno più sfrenato. Per un momento ebbi paura di dovermi svegliare da un momento all’altro, ritrovandomi fra lenzuola macchiate.
Dovevo vivere quel momento al meglio che potevo.
Mi avvicinai lasciando che le mie mani scorressero dolcemente sul suo interno coscia, avvertendo tutto attorno a me, il fremito che le causavo. Il calore dal suo interno stava crescendo.
Cercai di non farmi prendere dalla frenesia, di nuovo, e tentai di mantenere un minimo di sangue freddo. In fondo, ero stato con diverse donne. Sapevo dove e come toccare, anche se ognuna ha le sue peculiari preferenze. Feci un respiro profondo, senza contrastare tuttavia l’eccitazione che montava in me. Mi ritrovai con un’altra erezione dolorosamente grande, ed era davvero singolare averne un’altra dopo così poco tempo ma visto il momento, forse non era nemmeno così strano.
Mi avvicinai ancora di più, e cominciai a baciare la sottile striscia di pelle del suo inguine, godendo della sensazione quasi elettrica che le suscitavo. Le mie mani si muovevano in gesti fluidi, naturali, sulla sua pelle nuda. I movimenti erano continui, dolci, e dall’esterno si avvicinavano verso l’interno.
A un tratto mi fermai, e baciai le sue grandi labbra con la dolcezza di un innamorato verso la propria donna. Il calore dal suo interno crebbe vertiginosamente. Con le mie mani seguii il profilo delle sue grandi labbra, risalendo verso l’alto, dove ancora celato, languiva il suo clitoride. Le mie mani vi si strinsero attorno a coppa, istintivamente. La sua eccitazione si palesò immediatamente. Strinse le cosce d’impulso, come succede sempre in questi casi, tuttavia viste le mie dimensioni fu un esperienza non del tutto piacevole. L’aria mi sfuggì dolorosamente dai polmoni, e lei, avvertendolo, allentò subito la morsa, e portò le sue mani sulle cosce, come a trattenerle.
“Perdonami, devo stare attenta. Ma continua ti prego.”
Non vedevo il suo viso, udivo solo la sua voce. Andai avanti. Cominciai a baciare il suo clitoride, che ormai si mostrava fiero in tutta la sua grandezza, libero dalla sua prigione di pelle.
Lo massaggiai, con gesti circolari, puntellandomi contemporaneamente con i piedi sul suo inguine. Lo leccai, lo strinsi, con il mio corpo adiacente alla sua vagina, che avvertivo sempre più umida sotto di me.
Compresi anche i suoi sforzi immani nel trattenere le sue cosce dallo stritolarmi, tanto era il piacere che le donavo.
Mi lasciai andare dai miei appigli, e scivolai dolcemente sul suo dolce pendio, fino a restare in piedi davanti ad esso.
Poggiai le mie mani sulle sue grandi labbra, come avrei potuto fare su di un muro, e le scostai delicatamente. Una piacevole brezza di fiori selvatici mi avvolse, e un umido calore mi attrasse come la fiamma per una falena.
I suoi umori copiosi erano della consistenza della melassa calda dentro di lei, e compresi che era il momento giusto. Dovevo entrare in di lei, e donarle il piacere che tanto bramava, così come ardentemente desideravo anch’io.
Sostenendomi sulle braccia, scivolai leggermente con la testa verso quella carne pulsante, e senza alcuna resistenza, mi trovai dentro con la parte superiore del mio corpo.
Lasciai comunque le mie braccia protese in avanti, dovevo avere la possibilità di muovermi.
Una pioggia dei suoi caldi succhi di piacere mi accolse, e il suo interno fremente si strinse attorno a me. Non riuscivo più a muovermi, la morsa era troppo intensa perché mi permettesse di farlo. Ricordai allora il suo potere, e silenziosamente le dissi:
“Muovimi. Io non riesco più. Voglio regalarti il più intenso piacere della tua vita.”.
Funzionò. Sentii la presa gentile delle sue dita sulle mie caviglie, e mi ritrovai in posizione orizzontale dentro di lei, le mani protese in avanti.
Dolcemente mi spinse attraverso quel corridoio di madida carne pulsante, pregna di quel profumo di fiori che non riesco a dimenticare ancora oggi.
Delicatamente mi fece scorrere dentro e fuori da lei, senza tuttavia farmi uscire del tutto, né farmi arrivare fino in fondo. Lei sapeva cosa e come lo voleva.
La velocità aumentò in proporzione alla profondità, e finalmente riuscii a sfiorare la sua cervice turgida, che continuava a inondare di umori quella splendida prigione vivente. La strinsi, con tutto me stesso, mi afferrai a essa, sorprendendo perfino lei, che mi lasciò fare. Tenendola saldamente nella mia morsa, o meglio, cercando di farlo, visto quanto era pregna dei suoi succhi, mi trascinai dentro di lei, fino a sfiorare la sua fremente cervice con il mio viso.
Presi a baciarlo, avidamente, con le mie mani che si muovevano vorticosamente attorno ad esso, percorrendone il profilo innumerevoli volte, e lo sentivo chiaramente crescere, inturgidirsi, e inondarmi ancora del sui viscoso liquido del piacere.
La presa attorno alle mie caviglie si fece più salda, così come la morsa delle sue pareti vaginali attorno a me. Lei cominciò a sbattermi quasi con violenza contro la sua cervice, e potevo sentire chiaramente i suoi gemiti, anche dal suo interno.
Una, due,tre, dieci volte sbattei con il mio viso sulla sua cervice, tenendomi ancorato con le braccia attorno ad esso, nella più completa oscurità. Poi la sorpresi.
Mi ritrassi dalla sua presa, entrai per intero in essa, con i miei piedi che per ultimi scomparirono fra le sue grandi labbra. Puntai i piedi come meglio riuscii su quella superficie scivolosa, e trovando un appoggio stabile lanciai l’affondo decisivo.
Scivolai con il mio intero busto sulla sua cervice, avanti e indietro, più volte. Poi con movimenti circolari rapidi, concentrici, e infine, facendo forza sulle ginocchia, che avevano trovato un altro precario appiglio, agii come un amante focoso e animalesco, e diedi poderosi colpi con il mio intero busto sulla sua cervice, mentre il mio pene cozzava un po’ più in basso.
Il calore divenne insostenibile, e lei ebbe un copioso orgasmo. Dalla sua cervice fuoriuscì un’ondata di succhi, che mi sommerse come un’onda, e per un lungo attimo, le sue pareti vaginali si strinsero attorno a me, intrappolandomi in un umido e quasi doloroso abbraccio. Per un breve istante ebbi paura di non sopravvivere a quell’intimo momento di piacere, poi, invece, lei rilassò i suoi muscoli, ed io scivolai fuori trascinato dai suoi effluvi di piacere.
Mi ritrovai prono, fra le sue cosce, ricoperto dai suoi viscosi fluidi, e senza preavviso, un’istantanea sensazione di vertigine mi assalì. Ero di nuovo delle mie dimensioni normali.
Amirah era sotto di me, nuda e splendida, e mi guardava con un’espressione adorante, mentre io, ancora cavalcioni su di lei, ero attonito per l’improvviso cambiamento.
Le sue braccia si strinsero attorno a me, e mi attirò su di essa, con passione. Le sue labbra che mi ricoprivano di baci, sulla bocca, sul viso, sul collo, sulle spalle. Avidi e focosi baci esternavano il suo stato d’animo.
“E’ stato meraviglioso. Stupendo.. ” disse fra un bacio e l’altro, e mi parve quasi di scorgere delle lacrime fare capolino sui suoi splendidi occhi nocciola.
Ricambiai i suoi baci, gli abbracci, con lo stesso impeto di una normale coppia d’innamorati dopo aver fatto l’amore.
Il tempo, lo spazio, il mio passato, i miei amici chissà dove su quell’isola, chiunque fossi stato fino a quel momento, non contavano più, ero proprio lì, dove volevo essere.


La sporcai dei suoi stessi copiosi effluvi, quindi ci spostammo nell’elegante e grande bagno in camera, e ancora in quello stato di grazia, facemmo una doccia insieme. In quella doccia enorme, impreziosita da pregevoli mosaici, facemmo nuovamente l’amore, stavolta in dimensioni normali.
La passione che ci aveva unito era qualcosa di unico, d’inimmaginabile. La sincronia ch ci legava era così forte da far scomparire tutto il resto, tutto tranne noi due.
Raggiungemmo ancora una volta l’orgasmo insieme. Anche se erano le prime volte che facevamo l’amore, avevamo trovato un perfetto equilibrio, come se fosse la cosa più naturale del mondo, o come se fossimo amanti da sempre.
Non saprei dire se fu quello, il momento in cui m’innamorai perdutamente di lei.
Restammo stretti l’uno nelle braccia dell’altra, a baciarci teneramente, sotto la tiepida pioggia artificiale della doccia, per non so quanto tempo.

Fasciato in un pregiato accappatoio bianco, sedevo in una poltrona in vimini su quello splendido terrazzo che mostrava quasi l’intera isola, cullato nella dolce brezza della sera.
Lei, Amirah, arrivò subito dopo, portando due coppe di champagne. Si avvicinò a me, e chinandosi mi baciò sulle labbra, teneramente, e le sue braccia che ancora brandivano i bicchieri, si strinsero attorno al mio collo.
Poi, dopo avermi porto un calice, e dato un altro lungo bacio, prese posto nella poltrona accanto alla mia, baciata dal chiarore della luna piena in cielo.
“Mi hai donato il piacere più intenso della mia vita.” Disse facendo una pausa per guardare il cielo stellato su di noi, prima di riprendere a parlare.
“Non sei il primo che mi ama in questo modo, in queste dimensioni intendo. Fino ad ora però, nessuno di loro era veramente e di propria volontà partecipe. Dovevo influenzarne le azioni con i miei poteri, e tuttavia, erano sempre le mie intenzioni, le mie volontà. Loro erano solo dei burattini senz’anima. Tu invece no. Sei il primo che mi ha donato questa sensazione.”.
“Potrei dire tranquillamente la stessa cosa.” dissi poggiando la mia mano sulla sua, che si chiuse intorno alla mia.
“Tu stanotte hai realizzato il mio sogno più utopico, quello che mai avrei creduto fosse possibile esaudire, se non appunto in sogno. Mi hai fatto il regalo più grande che potessi ricevere. Ed io mi sono perdutamente innamorato di te.”.
“Lo so-disse sorridendo-, riesco a leggere nei tuoi pensieri e anche nel tuo cuore. Devi credermi, sono davvero felice, ma anche triste, perché presto dovrò lasciarti.”.
“Io non voglio lasciarti -protestai vibrantemente-. Non ora che ti ho trovato.”
“Tu non sai chi sono veramente, le atrocità che ho commesso prima di conoscerti.”
“Non m’importa, davvero. Non voglio perderti.”
Lei si voltò a guardarmi, i suoi occhi profondi mi scrutavano l’anima, e non feci nulla per sottrarmi al suo sguardo. Poi, dopo aver soppesato le mie intenzioni, o i miei pensieri, parlò.
“Allora facciamo così. Io ti racconterò la mia vera storia. E’ bene che tu sappia che sei il primo cui la racconto, e che potrebbe portarti a ripudiarmi, a odiarmi.”.
“Non succederà mai.”
“Non essere precipitoso, non sai ancora nulla.”
“Io non voglio perderti. Non ho mai amato nessuno come amo te. Anzi, non ho mai amato davvero nessuno prima di te.”. Dissi sentendo il calore delle lacrime dietro gli occhi, e senza tuttavia tentare di celarle.
“Mio giovane amore, mi hai colpito come nessun altro aveva mai fatto. Ci sono però delle differenze inconciliabili fra noi.”
“Si lo so. Io non sono ricco come te.” Dissi sconsolato, ma lei sorrise divertita.
“No, non sono i soldi il problema. Non ho problemi economici, come puoi vedere, e non ho bisogno di altri soldi.”.
“E allora cosa può essere? Non c’è niente che potrebbe tenermi lontano da te.”.
Lei mi fissò un ultimo attimo, e vidi l’afflizione apparire sul suo viso.
“Io sono immortale. Ho più di seimila anni.”.
Restai di sasso. Non potevo credere a quanto aveva appena detto. Non credevo fosse possibile, la reputavo una favola da romanzi, ma in cuor mio sapevo che stava dicendo la verità, l’idea che mentisse non mi sfiorò nemmeno lontanamente.
Amirah, dopo avermi dato sufficiente tempo per assorbire il colpo, riprese a parlare, con quel tono di voce dolce.
“Nonostante io abbia molti poteri, non posso dare la vita eterna ad altre persone. Sarei costretta a vederti invecchiare, ammalarti, appassire e infine morire. E non riuscirei a sopportarlo.”
Restai in silenzio, con un frastuono d’idee contrastanti nella mia mente. Le sue parole suonavano come dei muri immensi che si frapponevano al nostro futuro insieme. Poi, quasi senza accorgermene, parlai, dando voce al mio cuore disperato all’idea di perderla, e alla mia anima che non sopportava un’idea di una vita senza di lei.
“Allora lascia che io sia il tuo compagno di viaggio, per un certo tempo. Perché vuoi perdere l’opportunità di essere felice, anche se per poco, rispetto alla tua esistenza eterna?”
Lei fu colpita dalle mie parole, e scoppiò in lacrime, portandosi le mani al viso. Istintivamente mi alzai, e la strinsi fra le mie braccia, e lei ricambiò l’abbraccio.
“Ti prometto che, quando capirò di cominciare a essere diventato troppo vecchio, me ne andrò. Sono il più fortunato fra tutti quelli che condividono la mia passione. Come potrei mai rinunciare al sogno della mia vita?”.
Lei scivolò via dalle mie braccia, mi guardò e, come avrei appreso dopo, sondandomi nel profondo, disse: “Non sei il solo ad avere questa passione?”.
Sorrisi, pensando a quanti forum, social network e siti esistessero sull’argomento, e dissi:
“No, assolutamente, siamo una moltitudine in tutto il mondo.”
Amirah parve riflettere su quelle parole, come se una nuova, infinita serie di opportunità si manifestassero all’improvviso.
“Allora ti propongo un patto: io ti racconterò la mia storia. Tu, in seguito, la racconterai a loro. Tu, dopo aver ascoltato la mia storia, saprai veramente chi sono, cosa ho fatto e quello che sono in grado di fare. Una volta che saprai chi sono, sarai libero di scegliere cosa fare del tuo futuro.”.
“Io lo so già adesso.” Risposi prontamente, il sangue che mi ribolliva nelle vene.
“Non essere frettoloso. Magari scapperai via terrorizzato.”
“Non potrei mai farlo, qualunque cosa tu abbia fatto.”
“E non sei geloso di sapere, che tutti quelli come te sapranno che esisto, che ci sono, e vorranno che tu condivida me con loro?”
Io sorrisi di gusto, sapevo come funziona in questo mondo.
“E’ impossibile che prendano questa come qualcosa di più di una semplice storia. La leggeranno, qualcuno di loro si darà all’autoerotismo, e poi passeranno alla storia successiva.”.
“Voglio fidarmi di te, e tuttavia voglio che racconti loro la mia storia, la storia del nostro incontro. Poi, come ti ho già detto, deciderai cosa fare.”.
“T’insegnerò a usare internet, in modo che tu possa capire meglio il nostro mondo: Non posso vivere per sempre, e non posso averti per l’eternità. Loro, gli amanti di questo mondo fantasioso, invece, non finiranno mai. Così tu avrai sempre modo di incontrare qualcuno di noi, di esaudire il loro sogno, come hai esaudito il mio. Sarebbe egoistico da parte mia non condividerti con gli altri, tenerti tutta per me. Sei un po’ come il sole, nessuno può dire di possedere il sole, è un bene di tutti.”.
Lei si commosse, anche se millenaria è pur sempre una donna, e come tale mi abbracciò, baciandomi teneramente per un lungo istante, prima di staccarsi e sedersi di nuovo comodamente.
“Mettiti comodo allora, quella che sto per raccontarti è una lunga storia.”
“Non vedo l’ora di conoscerla, la storia di Amirah, l’eterna.”
“Mi piace come suona.” Disse convinta ed entusiasta.
“Sì, è il titolo della storia che scriverò.”
Mi guardò di nuovo, e a dispetto dei millenni che aveva, mi apparse come una ragazzina in trepida attesa. Era davvero splendida.
“Cominciamo allora.” Le dissi mal celando la mia impazienza.
“Come desideri mio giovane amore. Ti racconterò la mia storia, la storia di Amirah, l’eterna.” Disse pronunciando con enfasi il titolo che avevo dato alla storia, certamente compiaciuta del suono che aveva.
Mettetevi comodi, miei cari amici, perché è davvero una storia straordinaria.




[ replica ] isi de ha inviato un messaggio dal titolo: splendido!!! ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 30/Agosto/2012 15:07:16

finalmente una "vera" storia, con personaggi appassionanti e una trama ben definita, mi piacerebbe ne facessero un film :)

[ replica ] dolceluna ha inviato un messaggio dal titolo: Spettacolo!! ed ha ricevuto 0 repliche.
messaggio inviato in data: 01/Settembre/2012 00:23:53

Che meraviglia!! Davvero ben scritto. Sarebbe fichissimo se riuscissi a fare due robe: uno, continuarla; due, non affrettarla e banalizzarla nelle parti a venire.
Grazie per lo splendido lavoro!

[ replica ] dolceluna ha inviato un messaggio dal titolo: Peró... ed ha ricevuto 1 repliche.
messaggio inviato in data: 01/Settembre/2012 00:28:53

Quando tu ti rimpicciolisci lei ha i piedi nudi. Poi vi trasferite sul letto e, quando lei si spoglia si toglie anche dei sandali leggeri. Ho capito male? C'è un'imprecisione? Sono ingiustificatamente una cagacazzo?!!

[ replica ] abc ha inviato un messaggio dal titolo: bella storia ed ha ricevuto 1 repliche.
messaggio inviato in data: 04/Settembre/2012 13:30:40

Mi piace il fatto che ci siano molti dettagli anche se, ad essere sincero, non è il genere che preferisco. Nel senso, mi piace però sono più per le storie "brevi", ma è una preferenza personale, niente di che. Si vede che sei un'appassionato o studioso di storia, di certo sono dettagli che non passano inosservati. In genere, dal modo in cui si scrive una storia, si capiscono tante cose della vita dell'autore. Attenderò gli altri capitoli, continua così!

[ replica ] dolceluna ha inviato un messaggio dal titolo: ALLORA?!!! ed ha ricevuto 1 repliche.
messaggio inviato in data: 15/Settembre/2012 00:17:14

Cribbio! Vogliamo andare avanti con questa storia o no?!!!

Goldberg ha scritto: Nuova storia: Amirah, L'Eterna ed ha ricevuto 6 repliche. [***]
inviato in data: 26/Agosto/2012 11:55:50
   Goldberg ha replicato con: Capitolo 6
   isi de ha replicato con: splendido!!!
   dolceluna ha replicato con: Spettacolo!!
   dolceluna ha replicato con: Peró...
     Goldberg ha replicato con: preziosissimo consiglio..
       Goldberg ha replicato con: Capitolo 7: La storia di Amirah (prima parte)
         dolceluna ha replicato con: Che meraviglia!!
           Goldberg ha replicato con: Grazie mille..
             Goldberg ha replicato con: Piccola precisazione
   abc ha replicato con: bella storia
     Goldberg ha replicato con: Grazie ABC
       abc ha replicato con: complimenti
   dolceluna ha replicato con: ALLORA?!!!
     Goldberg ha replicato con: Scriverò questo week end..
       dolceluna ha replicato con: Dunque?
         Goldberg ha replicato con: Troppi impegni al momento..



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